PERCORSI DI ATTUALITà Emigrazione e identità 4. «Un popolo di poeti di artisti di eroi / di santi di pensatori di scienziati / di navigatori di trasmigratori»: così recita l’epigrafe apposta sul Palazzo della Civiltà italiana, costruito a Roma alla fine degli anni Trenta. In fondo a un elenco tanto illustre può stupire la presenza di “trasmigratori”, termine aulico per “emigranti”. Tuttavia, i fatti sono incontestabili: dal 1861 al 1990 ben 28 milioni di italiani lasciarono i confini nazionali per disperdersi ai quattro angoli del globo. Per molti, la motivazione era stringente: sfuggire la fame nera e la schiavitù del lavoro agricolo, che imponeva condizioni degradanti e feudali. Per realizzare i loro sogni, accettarono di affrontare una vita dura e piena di pericoli: naufragi, sfruttamento, lavori usuranti, razzismo... Dopo il 1945 l’immigrazione divenne soprattutto un fenomeno interno: tra il ’51 e il ’65 milioni di italiani si spostarono dalle campagne alle città, dal Sud al Nord, dal Nordest al Nord­ovest. Il miracolo economico italiano dovette la sua impressionante rapidità proprio agli emigrati, che fornivano alle industrie fiumi di manodopera a basso costo, anche minorile. A tale fenomeno si ispira Marco Balzano nel romanzo ( T1), storia di un siciliano salito a Milano da ragazzino, per lasciarsi alle spalle la miseria cronica della campagna. L’ultimo arrivato ▶  In seguito la situazione si rovescia: l’Italia è ormai un paese ricco e sviluppato, e attrae stranieri in cerca di migliori condizioni di vita. Con gli anni Novanta il fenomeno acquista proporzioni sempre più vistose: oggi circa l’8% della popolazione italiana è composto da immigrati. I nuovi “trasmigratori” provengono da una larga varietà di zone, come il Nordafrica, i Balcani, l’Asia e l’America Latina. I ruoli si invertono ma molti meccanismi rimangono gli stessi: come sempre, l’inserimento degli stranieri in una nuova realtà implica altissimi costi umani, tra sfruttamento, illegalità, degrado sociale e rigurgiti razzisti. Autori immigrati di prima e seconda generazione – come Igiaba Scego ( T2) – dedicano le loro opere alla convivenza tra le culture e all’ibridazione delle identità. Una compiuta integrazione nel tessuto sociale italiano è un obiettivo difficile, messo in discussione da alcuni commentatori, come Massimo Fini ( T3), per il quale ciò che conta è il rispetto delle leggi. ▶  ▶