Lavoriamo sui testi analizzare Come Giovanni Pascoli (San Mauro di Romagna 1855-Bologna 1912) X agosto “Marzocco”, 1896; poi in , 1897 Tratto da Myricae quartine in cui si alternano decasillabi e novenari, secondo lo schema ABAB CDCD ecc. Metro Il poeta dedica questo componimento alla morte del padre, che il 10 agosto 1867 fu ucciso in un agguato, mentre rincasava da un viaggio di lavoro. Il misfatto riecheggia nel destino di una rondine, anch’essa uccisa mentre tornava al nido, portando del cibo alla sua nidiata. Nel frattempo – come di norma avviene nella notte di San Lorenzo – il cielo notturno si riempie di stelle cadenti: l’intero universo, infatti, sembra piangere per il male commesso sulla Terra. Irina Makoveeva,  , 1999. Swallow (Hirundinidae)  Asset ID: 15 ( )  let-audlet-x-agosto-g-pascoli230.mp3 Audiolettura San Lorenzo, io lo so perché tanto di stelle per l’aria tranquilla arde e cade, perché sì gran pianto nel concavo cielo sfavilla.  La particolare costruzione della frase contribuisce a creare un effetto cantilenante, sia per gli   (in particolare quello ai vv. 1-2), sia per l’uso di una  , cioè basata sulla ripetizione di  , che in entrambi i casi introduce una subordinata interrogativa indiretta. 1-4 perché tanto... sfavilla: enjambement sintassi iterativa perché è un martire del III secolo d.C., festeggiato il 10 agosto. Nello stesso giorno cade l’anniversario della morte del padre del poeta e in quella data e nei giorni vicini, di notte, il cielo è attraversato da numerose stelle cadenti. 1. San Lorenzo: così tante stelle ( ), nell’aria tersa della notte, brillano e cadono ( ). 1-3. tanto di stelle… arde e cade: tanto di stelle arde e cade un così vasto pianto. La metafora associa le stelle luminose alle lacrime. 3. sì… pianto: nel cielo curvo ( ) risplende di luce abbagliante. 4. nel… sfavilla: concavo       Ritornava una rondine al tetto: 5 l’uccisero: cadde tra spini: ella aveva nel becco un insetto: la cena dei suoi rondinini.  Introducendo il motivo doloroso dell’assassinio, Pascoli impiega una  , adatta a esprimere la rapidità e l’ineluttabilità della vicenda. 5-6 Ritornava... spini: sintassi franta il nido sotto la grondaia; è frequente sineddoche per “casa”. 5. tetto: tetto rovi. 6. spini: la nidiata dei piccoli. 8. rondinini: Ora è là, come in croce, che tende     quel verme a quel cielo lontano; 10 e il suo nido è nell’ombra, che attende, che pigola sempre più piano.  La similitudine della croce, relativa alla posizione assunta dalla rondine colpita a morte e caduta tra le spine con le ali aperte, si carica di forti  : infatti la croce rimanda, al di là del  , alla morte di Gesù Cristo, e più in generale al sacrificio di sé e all’uccisione di chi è innocente. 9 come in croce: valori connotativi senso letterale con le ali distese come se fosse crocifissa. 9. come in croce: per metonimia, i piccoli che lo occupano. 11. il suo nido: che emette pigolii sempre più fiochi (perché i stanno perdendo le forze a causa della fame). 12. che… piano: rondinini Anche un uomo tornava al suo nido: l’uccisero: disse: Perdono;     e restò negli aperti occhi un grido: 15 portava due bambole in dono…  Lungo il componimento Pascoli alterna   e  . Alcuni termini di uso comune, tra cui   (v. 7),   (vv. 11 e 13),   (v. 16), convivono con altri, di sapore aulico e letterario, come i successivi   (v. 17) e   (v. 19). 16 due bambole: lessico elevato medio insetto nido bambole romita attonito a casa sua. 13. al suo nido: Ora là, nella casa romita, lo aspettano, aspettano in vano: egli immobile, attonito, addita     le bambole al cielo lontano. 20  Qui, come ai vv. 5-6, il testo è costruito su una marcata opposizione spaziale  . I due cadaveri – quello della rondine e quello del padre – giacciono a terra e tendono il loro dono verso il cielo stellato, quasi volessero comunicare con esso. 19-20 egli... lontano: alto-basso solitaria, abbandonata dal capofamiglia. 17. romita: invano, inutilmente. 18. in vano: egli, immobile e sbalordito ( ), mostra le bambole – un dono per i figli – alla lontana volta celeste. quasi sbigottito di fronte alla malvagità degli uomini. 19-20. egli… lontano: attonito attonito: E tu, Cielo, dall’alto dei mondi sereni, infinito, immortale, oh! d’un pianto di stelle lo inondi quest’atomo opaco del Male! Giovanni Pascoli, , introduzione di P.V. Mengaldo, Rizzoli, Milano 2006 Myricae  Nell’ultima strofa – caratterizzata da un rispetto al resto del componimento – il poeta dipinge la Terra come un piccolissimo dominato dalla malvagità degli uomini, e disperso dentro un universo vastissimo e indifferente. L’opposizione , così, viene intensificata ulteriormente: cadendo dall’alto verso il basso, le stelle “sommergono” il minuscolo pianeta con le loro lacrime luminose. 21-24 E tu... Male!: registro più alto atomo alto-basso gli altri pianeti del cosmo, perché indifferenti alle vicende della Terra, non ne conoscono la sofferenza. 21-22. mondi sereni: sereni lo sommergi con un pianto fatto di stelle cadenti. Il pronome è collegato a , al verso seguente. 23. d’un pianto… inondi: lo quest’atomo la perifrasi è una metafora con cui il poeta si riferisce alla Terra: la raffigura così come un piccolo frammento dell’universo ( ) privo di luce ( ) e dominato dal Male. L’opacità della Terra – dovuta al fatto che si tratta di un pianeta, dunque privo di luce propria – diventa simbolicamente una sorta di opacità interiore, di ombra cupa causata dal male morale che la pervade. 24. quest’atomo opaco del Male: atomo opaco