T1 La battaglia contro i mulini a vento , parte I, capp. 7-8 Don Chisciotte Ancora oggi “combattere contro i mulini a vento” significa formulare propositi vani, affrontare problemi immaginari o insolubili, inseguire i propri fantasmi. Questo perché, tra le tante avventure di don Chisciotte, quella dello scontro con i mulini a vento è senza dubbio una delle più celebri ed emblematiche. Anche in questo caso l’inesausta fantasia dell’aspirante cavaliere identifica, nella modesta realtà di alcuni mulini, potenti avversari immaginari: giganti nemici del bene, da combattere con coraggio e senza esitazione, con dedizione e altruismo, per ottenere onore e fama eterna. Invano lo scudiero Sancho, con il suo buon senso contadino, cerca di distogliere il padrone da questa avventura insieme folle e pericolosa. La follia della fantasia In questo tempo don Chisciotte fece pressioni, per prenderlo al suo servizio, su un contadino del suo paese, uomo dabbene (se si può dare questo titolo a chi è povero) ma con pochissimo sale in zucca. In conclusione, tanto gli disse e promise, tanto lo esortò che il povero villico si decise a partire con lui e a fargli da scudiero. 1 Gli diceva, tra l’altro, don Chisciotte che si disponesse a seguirlo di buon animo, 5 perché poteva forse capitargli qualche avventura che gli facesse guadagnare in un batter d’occhio una isola dove avrebbe lasciato lui come governatore. Con queste e altre simili promesse, Sancho Panza (poiché così si chiamava il contadino) lasciò la moglie e i figli e diventò scudiero del suo compaesano. Poi don Chisciotte si diede a procurarsi denaro, e, vendendo una cosa, impegnandone 10 un’altra, sempre a suo scapito, mise insieme una discreta somma. Così 2 anche si provvide d’uno scudo rotondo che chiese in prestito a un suo amico 3 e, riparata come meglio poté la celata rotta, avvertì il suo scudiero Sancho del 4 giorno e dell’ora in cui pensava di mettersi in cammino, affinché si provvedesse di ciò che gli sembrasse più necessario: anzitutto gli raccomandò di portare bisacce. 15 Egli rispose che le avrebbe portate e che pensava anche di portare un suo asino, buonissimo, perché non era abituato a camminare molto a piedi. Sulla faccenda dell’asino don Chisciotte rifletté un poco, cercando di ricordarsi se qualche cavaliere errante si fosse portato dietro uno scudiero a cavallo di un asino, ma non gliene venne alcuno in mente; ciò nonostante gli concesse di portarselo, con la 20 riserva di provvederlo di una più onorevole cavalcatura, non appena se ne fosse data l’occasione, togliendo il cavallo al primo scortese cavaliere in cui s’imbattesse. Si fornì inoltre di camicie e di quante altre cose poté, seguendo il consiglio che gli aveva dato l’oste; fatti tutti questi preparativi, senza che Sancho si congedasse dai figli e dalla moglie, né don Chisciotte dalla sua governante e da sua nipote, una 25 notte uscirono dal paese non visti da alcuno; e nel corso di essa camminarono tanto che all’alba si considerarono sicuri di non essere trovati anche se cercati. Sancho Panza andava sul suo asino come un patriarca, con l’otre e le bisacce, 5 ed un gran desiderio di vedersi presto governatore dell’isola che il suo padrone gli aveva promesso. Don Chisciotte riuscì a prendere la medesima direzione e la 30 medesima strada che aveva preso nel primo viaggio, cioè andò per la campagna di Montiel, attraverso la quale ora camminava con minor disagio della volta precedente perché, essendo di mattina presto e i raggi del sole ferendolo obliqui, non lo stancavano. Ad un certo punto Sancho Panza disse al suo padrone: «Mi raccomando, signor cavaliere errante, vossignoria non dimentichi quello 35 che mi ha promesso riguardo all’isola, che io saprò governarla, per quanto grande essa sia». villano, contadino. 1 villico: contro il proprio interesse, rimettendoci, cioè vendendo a un prezzo inferiore a quello giusto (altro sintomo di follia, sembra voler sottintendere l’autore). 2 a suo scapito: si munì. 3 si provvide: l’elmo (la parte frontale), che si era rotto in uno scontro precedente. 4 la celata rotta: con solennità (i patriarchi sono i vescovi delle Chiese orientali); in questa prima fase Sancho sembra aderire pienamente alla visione del suo padrone, atteggiandosi come lui. 5 come un patriarca: Al che don Chisciotte rispose: «Devi sapere, amico Sancho Panza, che fu costume assai diffuso tra gli antichi cavalieri erranti di fare i loro scudieri governatori delle isole o dei regni che essi 40 conquistavano, e io ho ferma intenzione di non venir meno a questa così lodevole usanza; anzi penso di spingermi ancora più in là; perché essi alcune volte, e forse il più delle volte, aspettavano che i loro scudieri diventassero vecchi, e quando ormai erano stufi di servire e di passare brutti giorni e peggiori notti, davano loro un titolo di conte o tutt’al più di marchese di qualche valle o provincia più o meno 45 importante; ma, se tu ed io viviamo, potrebbe essere che prima di sei giorni io conquistassi un tal regno, che ne avesse annessi altri, e sarebbe un’occasione assai opportuna per incoronarti re di uno di essi. E non crederla una cosa straordinaria, perché ai cavalieri erranti accadono cose e casi in forme talmente imprevedute e impensate che facilmente potrei darti anche più di quel che ti prometto». 50 «In tal modo», rispose Sancho Panza, «se io per uno di quei miracoli che la signoria vostra dice, diventassi re, Juana Gutiérrez, mia moglie, diverrebbe per lo meno regina e i miei figli principi ereditari». «E chi lo mette in dubbio?», rispose don Chisciotte. «Io, lo metto in dubbio», replicò Sancho Panza, «perché sono convinto che, 55 anche se Dio facesse piovere corone reali sulla terra, nessuna starebbe bene sulla testa di Maria Gutiérrez. Sappia signore, che come regina non vale due soldi: 6 contessa le andrà meglio, e sempre che Dio ce la mandi buona». 7 «Tu raccomanda la cosa a Dio, Sancho», rispose don Chisciotte, «che Egli le darà ciò che più le conviene; ma non umiliarti tanto da contentarti di essere meno 60 di governatore». «Non lo farò, mio signore», rispose Sancho, «soprattutto avendo un padrone così illustre qual è la signoria vostra, che mi saprà dare tutto ciò che mi conviene e che io ho la capacità di adempiere». *** In quel mentre scoprirono trenta o quaranta mulini a vento che si trovano in quella 65 campagna, e non appena don Chisciotte li vide, disse al suo scudiero: «La fortuna guida le nostre cose meglio di quel che potremmo desiderare; perché, guarda lì, amico Sancho Panza, dove si scorgono trenta, o poco più, smisurati giganti con i quali mi propongo di venire a battaglia e di ucciderli tutti, in modo che con le loro spoglie cominceremo ad arricchirci, ché questa è buona guerra, ed è rendere 70 un gran servigio a Dio togliere questa mala semenza dalla faccia della terra». 8 «Che giganti?», domandò Sancho Panza. poche righe sopra l’aveva chiamata Juana. Nel romanzo c’è una certa confusione sul nome della moglie di Sancho. 6 Maria Gutiérrez: evidentemente lo scudiero ha della consorte un’opinione non molto lusinghiera. 7 e sempre… buona: stirpe malvagia. 8 mala semenza: «Quelli che vedi lì», rispose il suo padrone, «dalle lunghe braccia, che alcuni possono averle di quasi due leghe». 9 «Badi la signoria vostra», replicò Sancho, «che quelli che si vedono là non son 75 giganti, ma mulini a vento, e ciò che in essi sembrano braccia sono le pale che, girate dal vento, fanno andare la pietra del mulino». «È chiaro», disse don Chisciotte, «che non te ne intendi di avventure; quelli sono giganti; e se hai paura, togliti da qui e mettiti a pregare, mentre io combatterò con essi un’aspra e impari battaglia». 80 E, così dicendo, diede di sprone al suo cavallo Ronzinante, senza badare a quello che il suo scudiero Sancho gli gridava per avvertirlo che, senza alcun dubbio, erano mulini a vento e non giganti quelli che andava ad attaccare. Ma egli era talmente convinto che si trattasse di giganti da non udire le grida del suo scudiero Sancho, né accorgersi, sebbene fosse già molto vicino, di quello che erano; anzi 85 andava gridando a gran voce: «Non fuggite, gente codarda e vile, che è un cavaliere solo ad attaccarvi». Nel frattempo si alzò un po’ di vento, e le grandi pale cominciarono a muoversi; don Chisciotte, visto ciò, disse: «Anche se moveste più braccia del gigante Briareo, me la pagherete». 90 10 E, così dicendo, raccomandandosi ardentemente alla sua dama Dulcinea, chiedendole che lo soccorresse in tale frangente, ben coperto dalla rotella, con 11 la lancia in , lanciò Ronzinante a gran galoppo e assalì il primo mulino che ▶ resta gli stava davanti; ma, avendo egli dato un colpo di lancia alla pala, il vento la fece girare con tanta violenza che ridusse in pezzi la lancia, portandosi via dietro cavallo 95 e cavaliere, il quale rotolò molto malconcio per terra. Sancho Panza accorse a dargli aiuto, con l’asino a tutta carriera, e, quando lo raggiunse, trovò che non si 12 poteva muovere, tale era stato il colpo che aveva dato con Ronzinante. «In nome di Dio!», disse Sancho. «Non l’avevo detto io alla signoria vostra che stesse bene attento a quel che faceva, perché non erano se non mulini a vento, e 100 solo chi ne avesse altri in testa poteva non accorgersene?». 13 «Sta’ zitto, amico Sancho», rispose don Chisciotte, «che le cose della guerra, più di ogni altra, sono soggette a continui mutamenti; tanto più che io penso, ed è certamente così, che quel mago Frestone il quale mi ha rubato la stanza e i 14 libri, ha cambiato questi giganti in mulini per togliermi la gloria di vincerli, tale 105 è l’inimicizia che nutre per me; ma, alla resa dei conti, le sue male arti avranno 15 poco valore di fronte alla bontà della mia spada». «Così voglia Iddio, che tutto può», rispose Sancho Panza. TRECCANI ▶ Le parole valgono La era un ferro di varia foggia, applicato sulla parte destra del petto della corazza per appoggiarvi il calcio della lancia in combattimento; poteva essere fisso o a cerniera, e si incominciò a usare verso la metà del XV secolo. «Mettere la lancia in » significa quindi “disporsi al combattimento”. resta resta resta ▶ Avrai forse sentito qualche volta utilizzare l’espressione «partire con la lancia in resta » (o anche «partire lancia in resta »). Oggi viene usata per lo più in senso figurato e con tono scherzoso. Che cosa significa? la lega è un’unità di misura di distanza usata in passato, che in Spagna equivaleva a circa cinque chilometri e mezzo. 9 due leghe: essere mostruoso della mitologia classica, è il gigante con cento braccia e cinquanta teste che aiutò gli dèi dell’Olimpo contro i Titani. 10 Briareo: scudo. 11 rotella: a gran velocità. 12 a tutta carriera: cioè un pazzo, con mulini a vento al posto del cervello. 13 chi ne avesse altri in testa: barbiere e curato, dopo aver bruciato alcuni libri di don Chisciotte, avevano murato la biblioteca di casa sua contenente i libri restanti, facendogli poi credere che la stanza fosse stata fatta sparire dall’incantesimo del mago Frestone (personaggio che ricorre spesso nei romanzi cavallereschi), disceso dalle nuvole in groppa a un drago. 14 mago Frestone: incantesimi maligni. 15 male arti: E quando egli l’ebbe aiutato ad alzarsi, don Chisciotte rimontò su Ronzinante che era mezzo spallato. Così, parlando della passata avventura, continuarono 110 16 ad andare in direzione di Puerto Lápice, perché don Chisciotte diceva che lì non era possibile che non si dovessero incontrare molte e varie avventure, essendo un luogo di gran transito, ma era molto dolente che gli fosse venuta a mancare la 1 7 lancia e, parlandone al suo scudiero, gli disse: «Mi ricordo di aver letto che un cavaliere spagnolo, di nome Diego Pérez de 115 Vargas, essendoglisi rotta la spada in battaglia, asportò da una quercia un grosso ramo o tronco, con il quale fece tali cose in quella giornata e massacrò tanti mori che gli rimase il soprannome di Massacra, e da allora in poi tanto lui quanto i 18 suoi discendenti si chiamarono Vargas Massacra. Ti ho detto questo perché penso anch’io di asportare dalla prima quercia o rovere che mi si presenti un ramo, 120 grosso e forte come immagino fosse quello; e mi propongo di compiere con esso tali imprese che tu ti debba stimare ben fortunato di aver meritato di vederle e di essere testimone di fatti che a stento potranno esser creduti». «Con l’aiuto di Dio», disse Sancho, «io credo a tutto ciò, proprio come la signoria vostra dice; ma stia un po’ più diritto, perché sembra che penda tutto da 125 19 una parte, forse per la spossatezza della caduta». «È proprio così», rispose don Chisciotte, «e se non mi lamento per il dolore è perché non è concesso ai cavalieri erranti lamentarsi per ferita alcuna, anche se da essa gli vengano fuori le budella» con il dorso mezzo rotto. 16 mezzo spallato: in cui passa molta gente. 17 di gran transito: una simile sorte toccherà anche a don Chisciotte: prima chiamato «Cavaliere dalla Triste Figura» per la non eccessiva avvenenza fisica, si ribattezzerà da solo «Cavaliere dei Leoni» dopo aver affrontato questi animali. 18 gli rimase… di Massacra: la frase crea una sottile ironia, poiché l’invito di Sancho al suo padrone si contrappone alle gesta mirabolanti che quest’ultimo si ripromette di compiere. 19 ma stia un po’ più diritto: >> pagina 127 ANALISI ATTIVA I contenuti tematici In questo brano troviamo un’evidente parodia della materia cavalleresca. Come ogni cavaliere errante che intenda essere degno di questo nome, don Chisciotte non tarda a compiere la sua , cioè il viaggio alla volta dell’avventura e alla ricerca della gloria. Nel caso del nostro protagonista, però, gli esiti di tale impresa saranno grotteschi e paradossali. quête Il meccanismo è sempre lo stesso a ogni episodio: don Chisciotte ha una percezione allucinata della realtà, in virtù della quale banali situazioni quotidiane vengono trasfigurate in una rilettura poetica e simbolica, del tutto avulsa dal principio di realtà: in questo caso semplici mulini a vento diventano (rr. 68-69) (r. 73). smisurati giganti dalle lunghe braccia Un eroismo dagli esiti grotteschi Qual è l’oggetto della di don Chisciotte? 1. quête In che modo il protagonista tende a travisare la realtà? Riassumi i punti del testo in cui ciò accade. 2. Viene qui introdotta per la prima volta nel romanzo la figura di Sancho Panza, caratterizzato come […] (rr. 2-3). C’è indubbiamente in lui una certa creduloneria, che emerge in questo episodio, per esempio, dalla sua fiducia nella possibilità di diventare davvero governatore di un’isola. Tuttavia in un altro passo del romanzo Cervantes lo definisce «la voce del buon senso», ovverosia il controcanto oggettivo alle fantasticherie e alle illusioni del cavaliere. uomo dabbene ma con pochissimo sale in zucca Sarebbe sbagliato, tuttavia, cogliere nella coppia solo gli aspetti antagonistici: il loro viaggio è pur sempre comune, mosso com’è da un miraggio alternativo alla realtà. La differenza è che il paladino è votato a leggere le cose umane sublimandole mediante la follia, lo scudiero è invece più concreto anche nella realtà immaginaria: egli non ambisce alla gloria, ma alla ricchezza materiale. Il controcanto di Sancho Panza >> pagina 128 Che cosa promette don Chisciotte a Sancho Panza nella prima parte del brano? 3. Qual è l’esito dello scontro con i mulini a vento? 4. Come si comporta Sancho di fronte all’“impresa” del suo signore? 5. Come giustifica don Chisciotte la sparizione dei presunti giganti e la comparsa dei mulini, di cui, dopo il “combattimento”, riconosce finalmente l’esistenza? 6. Le scelte stilistiche Il conflitto “culturale” e “caratteriale” tra don Chisciotte e Sancho Panza si riverbera nelle due voci e nei rispettivi universi linguistici: nei loro dialoghi vivaci è reso il gioco di contrappunto tra le velleità altisonanti del cavaliere e la saggezza alla buona del suo . Il linguaggio del primo, entro una sintassi impostata, di norma ipotattica, non disdegna infatti le suggestioni della convenzionale terminologia cavalleresca ( , r. 80), convenienti al suo rango immaginario, né i richiami involontariamente comici al mito classico (il , r. 90) e le massime dal sapore filosofico ( , rr. 102-103). La parlata contadinesca del servitore è invece strutturata in periodi molto più semplici, nei quali si alternano la saggezza elementare dell’uomo con i piedi per terra ( , r. 72; […] , rr. 75-76) e l’appello popolaresco al soccorso provvidenziale ( , r. 99; , r. 108; , r. 124). alter ego aspra e impari battaglia gigante Briareo le cose della guerra, più di ogni altra, sono soggette a continui mutamenti Che giganti? Badi la signoria vostra che quelli che si vedono là non son giganti, ma mulini a vento In nome di Dio! Così voglia Iddio Con l’aiuto di Dio Due registri linguistici a confronto Individua nel testo i punti in cui don Chisciotte fa riferimento alle sue letture cavalleresche per giustificare le proprie scelte e intenzioni. Risulta convincente oppure no? Spiega perché. 7. Indica nella tabella gli elementi della realtà e l’interpretazione che ne fornisce don Chisciotte. 8. Il mondo reale La rilettura di don Chisciotte “Combattere contro i mulini a vento” significa affrontare problemi immaginari o insolubili, nemici inesistenti, frutto della propria fantasia. Ti è mai successo? Racconta in un testo narrativo di circa 20 righe un tuo combattimento “contro i mulini a vento”. 9. scrivere per raccontare Il protagonista del romanzo di Cervantes è ormai diventato, per antonomasia, una persona che combatte, per motivi anche nobili, battaglie che non potranno mai essere vinte (“contro i mulini a vento”). Chi sono, oggi, i “donchisciotte”? Discutine con la classe. 10. dibattito in classe