T2 Contro la pena capitale , par. 28 Dei delitti e delle pene Il paragrafo, di cui riportiamo le prime pagine, è giustamente celebre: a partire dalla sua concezione delle pene – da intendersi non come vendetta della società sul colpevole, ma come disincentivo ai delitti, in virtù del loro effetto dissuasivo – Beccaria condanna senza appello l’istituto della pena di morte. Illiceità e inutilità della vendetta di Stato 28. Della pena di morte Questa inutile prodigalità di supplicii, che non ha mai resi migliori gli uomini, 1 mi ha spinto ad esaminare se la morte sia veramente utile e giusta in un governo 2 bene organizzato. Qual può essere il diritto che si attribuiscono gli uomini di trucidare i loro simili? Non certamente quello da cui risulta la sovranità e le leggi. 5 Esse non sono che una somma di minime porzioni della privata libertà di ciascuno; esse rappresentano la volontà generale, che è l’aggregato delle particolari. 3 Chi è mai colui che abbia voluto lasciare ad altri uomini l’arbitrio di ucciderlo? Come mai nel minimo sacrificio della libertà di ciascuno vi può essere quello del massimo tra tutti i beni, la vita? E se ciò fu fatto, come si accorda un tal principio 10 coll’altro, che l’uomo non è padrone di uccidersi, e doveva esserlo se ha potuto dare altrui questo diritto o alla società intera? Non è dunque la pena di morte un , mentre ho dimostrato che tale diritto 4 5 essere non può, ma è una guerra della nazione con un cittadino, perché giudica necessaria o utile la distruzione del suo essere. Ma se dimostrerò non essere la 15 morte né utile né necessaria, avrò vinto la causa dell’umanità. La morte di un cittadino non può credersi necessaria che per due motivi. Il primo, quando anche privo di libertà egli abbia ancora tali relazioni e tal potenza che interessi la sicurezza della nazione; quando la sua esistenza possa produrre una rivoluzione pericolosa nella forma di governo stabilita. La morte di qualche 20 cittadino divien dunque necessaria quando la nazione ricupera o perde la sua libertà, o nel tempo dell’anarchia, quando i disordini stessi tengon luogo di leggi; ma durante il tranquillo regno delle leggi, in una forma di governo per la quale i voti della nazione siano riuniti, ben munita al di fuori e al di dentro dalla forza 6 7 8 dalla opinione, forse più efficace della forza medesima, dove il comando non 25 9 10 è che presso il vero sovrano, dove le ricchezze comprano piaceri e non autorità, 11 12 io non veggo necessità alcuna di distruggere un cittadino, se non quando la di lui morte fosse il vero ed unico freno per distogliere gli altri dal commettere delitti, secondo motivo per cui può credersi giusta e necessaria la pena di morte. Quando la sperienza di tutt’i secoli, nei quali l’ultimo supplicio non ha 30 13 14 mai distolti gli uomini determinati dall’offendere la società, quando l’esempio dei cittadini romani, e vent’anni di regno dell’imperatrice Elisabetta di 15 Moscovia, nei quali diede ai padri dei popoli quest’illustre esempio, che equivale 16 almeno a molte conquiste comprate col sangue dei figli della patria, non 17 persuadessero gli uomini, a cui il linguaggio della ragione è sempre sospetto ed 35 efficace quello dell’autorità, basta consultare la natura dell’uomo per sentire la verità della mia assersione. 18 supplizi, pene. 1 supplicii: si intende la pena di morte. 2 morte: è la tesi del contrattualismo (articolata nelle righe successive), in base alla quale ogni individuo, contraendo il patto sociale, rinuncia a una porzione della propria libertà; da questa libera sottomissione nasce la forza delle leggi. 3 Esse… ciascuno: come. 4 mentre: così. 5 tale: le volontà dei cittadini siano concordi. 6 i voti della nazione siano riuniti: difesa. 7 munita: forza militare, esercito. 8 forza: l’opinione pubblica. 9 opinione: il potere. 10 il comando: autorità legittima. 11 vero sovrano: servono a procurarsi agi e svaghi, non a corrompere i governanti. 12 comprano… autorità: l’esperienza del passato. 13 la sperienza di tutt’i secoli: la pena capitale. 14 l’ultimo supplicio: dell’antica Roma. 15 dei cittadini romani: Elisabetta Petrovna (1709-1761), zarina di Russia dal 1741. Abolì la pena di morte, ma introdusse supplizi crudeli ed efferati (cosa, quest’ultima, che forse Beccaria ignorava). 16 Elisabetta di Moscovia: in cui ha fornito ai governanti un esempio sublime, che equivale a molte conquiste ottenute al prezzo del sacrificio di sé offerto dai cittadini che amano la loro patria. 17 nei quali… figli della patria: asserzione, affermazione. 18 assersione: Non è l’intensione della pena che fa il maggior effetto sull’animo umano, ma 19 l’estensione di essa; perché la nostra sensibilità è più facilmente e stabilmente 20 mossa da minime ma replicate impressioni che da un forte ma passeggiero 40 21 movimento. L’impero dell’abitudine è universale sopra ogni essere che sente, e come 22 l’uomo parla e cammina e procacciasi i suoi bisogni col di lei aiuto, così l’idee 23 morali non si stampano nella mente che per durevoli ed iterate percosse. Non 24 è il terribile ma passeggiero spettacolo della morte di uno scellerato, ma il lungo e stentato esempio di un uomo privo di libertà, che, divenuto bestia di servigio, 45 25 26 ricompensa colle sue fatiche quella società che ha offesa, che è il freno più forte i delitti. Quell’efficace, perché spessissimo ripetuto ritorno sopra di noi 27 medesimi, io stesso sarò ridotto a così lunga e misera condizione se commetterò simili , è assai più possente che non l’idea della morte, che gli uomini veggon misfatti 28 sempre in una oscura lontananza. 50 29 La pena di morte fa un’impressione che colla sua forza non supplisce alla pronta dimenticanza, naturale all’uomo anche nelle cose più essenziali, ed accelerata dalle passioni. Regola generale: le impressioni violenti sorprendono gli 30 uomini, ma non per lungo tempo, e però sono atte a fare quelle rivoluzioni che 31 di uomini comuni ne fanno o dei Persiani o dei Lacedemoni; ma in un libero e 55 32 tranquillo governo le impressioni debbono essere più frequenti che forti. La pena di morte diviene uno spettacolo per la maggior parte e un oggetto di mista di sdegno per alcuni; ambidue questi sentimenti occupano ▶ compassione più l’animo degli spettatori che non il salutare terrore che la legge pretende inspirare. 33 Ma nelle pene moderate e continue il sentimento dominante è l’ultimo 60 34 perché è il solo. Il limite che fissar dovrebbe il legislatore al rigore delle pene sembra consistere nel sentimento di compassione, quando comincia a prevalere su 35 di ogni altro nell’animo degli spettatori d’un supplicio più fatto per essi che per il reo. 36 TRECCANI ▶ Le parole valgono L’etimologia latina ( + , “soffrire con”) indica chiaramente il significato della parola : un sentimento di pietà verso chi è infelice, verso i suoi dolori, le sue disgrazie, i suoi difetti, insomma una partecipazione alle sofferenze altrui. Frequente è la locuzione «fare », nel senso di “destare pietà”: «è in uno stato da far ». Ma la medesima espressione può significare anche un’altra cosa, come in queste frasi: «il tuo cinismo mi fa »; «lo spettacolo faceva davvero »; «un pittore, un poeta che fa ». compassione cum pati compassione compassione compassione compassione compassione compassione ▶ Sapresti spiegare il significato del termine in questi ultimi casi? intensità. 19 intensione: durata. 20 estensione: ripetute. 21 replicate: il comportamento degli esseri umani è guidato dall’abitudine. 22 L’impero… ogni essere che sente: si procura ciò di cui ha bisogno. 23 procacciasi i suoi bisogni: per effetto di colpi continuati e ripetuti. 24 per durevoli ed iterate percosse: doloroso. 25 stentato: animale da lavoro. 26 bestia di servigio: ritornello, motto. 27 ritorno: vedono. 28 veggon: indefinita. 29 oscura: violente. 30 violenti: perciò. 31 però: sono adatte a produrre quei cambiamenti ( ) che trasformano degli uomini normali ( ) in persiani o spartani ( ), cioè in popoli valorosi, protagonisti della Storia. Altri studiosi intendono diversamente, individuando nei persiani un popolo schiavo e negli spartani un popolo libero. Sembra tuttavia preferibile la prima interpretazione. 32 sono atte… Lacedemoni: rivoluzioni comuni Lacedemoni la pena di morte, invece di provocare il terrore che essa vorrebbe ispirare ai potenziali delinquenti, finisce per essere considerata uno spettacolo dalla maggior parte delle persone; in altri, invece, suscita un sentimento di verso il condannato, e magari anche lo per la violenza perpetrata dallo Stato su un suo cittadino. 33 La pena di morte… inspirare: compassione sdegno il citato poco sopra. 34 l’ultimo: terrore nello stabilire la durezza ( ) delle pene, il legislatore dovrebbe evitare che il sentimento della , e dunque della solidarietà con il condannato, prevalga sul timore che tali pene vorrebbero incutere. 35 Il limite… compassione: rigore compassione Beccaria ribadisce che lo “spettacolo” delle esecuzioni capitali è allestito soprattutto per coloro che vi assistono; ma il suo effetto deterrente è inefficace, sia perché momentaneo sia perché contaminato dalla compassione per il condannato. 36 un supplicio… per il reo: Perché una pena sia giusta non deve avere che quei soli gradi d’intensione che 65 bastano a rimuovere gli uomini dai delitti; ora non vi è alcuno che, riflettendovi, 37 scieglier possa la totale e perpetua perdita della propria libertà per quanto avvantaggioso possa essere un delitto: dunque l’intensione della pena di schiavitù perpetua sostituita alla pena di morte ha ciò che basta per rimuovere qualunque 38 animo determinato; aggiungo che ha di più: moltissimi risguardano la morte 70 39 40 41 con viso tranquillo e fermo, chi per fanatismo, chi per vanità, che quasi sempre accompagna l’uomo al di là dalla tomba, chi per un ultimo e disperato tentativo o di non vivere o di sortir di miseria; ma né il fanatismo né la vanità stanno 42 43 fra i ceppi o le catene, sotto il bastone, sotto il giogo, in una gabbia di ferro, e il disperato non finisce i suoi mali, ma gli comincia. L’animo nostro resiste più 75 44 alla violenza ed agli estremi ma passeggieri dolori che al tempo ed all’incessante noia; perché egli può per dir così condensar tutto se stesso per un momento per 45 respinger i primi, ma la vigorosa di lui elasticità non basta a resistere alla lunga e 46 ripetuta azione dei secondi. Colla pena di morte ogni esempio che si dà alla 47 nazione suppone un delitto; nella pena di schiavitù perpetua un sol delitto dà 80 48 moltissimi e durevoli esempi, e se egli è importante che gli uomini veggano spesso il 49 poter delle leggi, le pene di morte non debbono essere molto distanti fra di loro: dunque suppongono la frequenza dei delitti, dunque perché questo supplicio sia utile bisogna che non faccia su gli uomini tutta l’impressione che far dovrebbe, cioè che sia utile e non utile nel medesimo tempo. Chi dicesse che la schiavitù 85 perpetua è dolorosa quanto la morte, e perciò egualmente crudele, io risponderò che sommando tutti i momenti infelici della schiavitù lo sarà forse anche di più, ma questi sono stesi sopra tutta la vita, e quella esercita tutta la sua forza in un momento; ed è questo il vantaggio della pena di schiavitù, che spaventa più chi la vede che chi la soffre; perché il primo considera tutta la somma dei momenti 90 infelici, ed il secondo è dall’infelicità del momento presente distratto dalla futura. Tutti i mali s’ingrandiscono nell’immaginazione, e chi soffre trova delle risorse e delle consolazioni non conosciute e non credute dagli spettatori, che sostituiscono la propria sensibilità all’animo incallito dell’infelice. affinché una pena sia giusta (ed efficace), essa non deve superare quel grado di intensità ( ) che basti a distogliere ( ) i cittadini dal commettere i crimini. 37 Perché una pena… dai delitti: intensione rimuovere ergastolo o lavori forzati. 38 schiavitù perpetua: disposto a delinquere. 39 determinato: è più efficace. 40 ha di più: guardano alla morte. 41 risguardano la morte: uscire da una condizione di povertà (proprio attraverso la morte). 42 sortir di miseria: allignano, vivono. 43 stanno: li (pronome in funzione di complemento oggetto). 44 gli: coloro che non esitano ad affrontare la morte, ritenendola una sofferenza passeggera e per di più capace di liberarli dalla miseria della loro esistenza, sono trattenuti dal commettere delitti dalla prospettiva dell’ di una vita in carcere molto più che dalla paura della pena capitale. 45 L’animo nostro… noia: incessante noia i dolori violenti ma passeggeri (come quelli di un’esecuzione capitale). 46 i primi: il tempo prolungato e la noia della prigione a vita. 47 dei secondi: presuppone. 48 suppone: pleonastico. 49 egli: >> pagina 313 ANALISI ATTIVA I contenuti tematici In queste pagine – le più famose del trattato – viene sviluppata un’autorevole ed efficace critica alla pena di morte, di cui si auspica esplicitamente l’abolizione. Idee contrarie alla pena capitale erano state manifestate fin dal Medioevo in circoscritti ambiti teologici e filosofici, ma le posizioni abolizioniste avevano sempre avuto scarsa risonanza. Gli stessi ispiratori del pensiero di Beccaria, pur lamentando l’arretratezza degli ordinamenti penali loro contemporanei, non avevano palesato una particolare ostilità nei confronti della pena capitale: nello (1748) Montesquieu aveva affermato che l’omicida merita la morte, mentre nel (1762) Jean-Jacques Rousseau aveva giustificato il ricorso alla pena capitale nei confronti degli assassini o dei «nemici pubblici». Spirito delle leggi Contratto sociale Negli stessi anni, tuttavia, compaiono anche prese di posizione diverse. Nel 1760 il giurista fiorentino Giuseppe Bencivenni Pelli (1729-1808) è autore di una dissertazione nella quale contesta la validità della pena capitale con motivazioni umanitarie e contrattualiste che anticipano quelle di Beccaria, mentre nel 1764 l’illuminista austriaco Joseph von Sonnenfels (1733-1817) nega che la pena di morte risponda agli specifici scopi preventivi che devono essere propri delle pene. È però soltanto grazie alla pubblicazione del trattato di Beccaria che l’istanza abolizionista penetra in modo definitivo nel dibattito culturale. Un dibattito ancora aperto: a oltre due secoli e mezzo di distanza dalla pubblicazione di , il problema della pena di morte resta drammaticamente attuale, essendo essa tuttora prevista non solo da numerosi regimi totalitari, ma anche da alcuni ordinamenti democratici. Dei delitti e delle pene Il dibattito sulla pena di morte In che cosa consiste l’attualità della riflessione di Beccaria sulla pena di morte? 1. Beccaria affronta il tema della pena di morte nel paragrafo 28 del trattato, dopo avere discusso, in quello precedente, della «Dolcezza delle pene». Su quest’ultimo punto l’autore osserva come l’atrocità dei supplizi sia contraria ai princìpi di umanità, leda il principio di proporzionalità tra delitto commesso e punizione inflitta, e risulti per di più inefficace, in quanto ciò che conta affinché una pena ottenga il suo effetto (vale a dire la deterrenza) non è la crudeltà dei castighi, ma la loro infallibilità (cioè la certezza della pena). È proprio a partire dalla constatazione dell’inutilità di questa (r. 2) che l’autore giunge a discutere se la pena di morte sia veramente utile e giusta. Egli sviluppa essenzialmente due argomenti, che, basati sui princìpi del contrattualismo e dell’utilitarismo, intendono dimostrare l’illegittimità e l’inutilità della pena di morte. prodigalità di supplicii Gli argomenti di Beccaria Perché, secondo Beccaria, l’applicazione della pena di morte non può essere un diritto dello Stato? 2. In quali circostanze, secondo Beccaria, si potrebbe essere portati a ritenere ammissibile la pena capitale? 3. Che cosa colpisce più facilmente l’animo umano, secondo Beccaria? 4. Quali sono, secondo Beccaria, le caratteristiche di una pena giusta? 5. Il primo argomento afferma che la pena di morte è giuridicamente illegittima in quanto non prevista dal patto con cui si è costituita la società e dal quale discendono le leggi e la sovranità stessa. Il diritto di punire si basa sì su una delega contenuta in tale patto, ma con questa delega il singolo non ha affatto concesso ad altri (r. 8). Le leggi che attuano il diritto di punire, infatti, sono costituite dalla (rr. 6-7), e in questo (r. 9) non è compreso quello (r. 10), la vita. l’arbitrio di ucciderlo somma di minime porzioni della privata libertà di ciascuno minimo sacrificio della libertà massimo tra tutti i beni Nella concezione di Beccaria, d’altra parte, la vita costituisce un diritto naturale indisponibile (tanto che , r. 11), e di conseguenza nessuno può avere ceduto il diritto alla vita, dal momento che non si può cedere una cosa di cui non si dispone. l’uomo non è padrone di uccidersi La pena di morte è illegittima >> pagina 314 Perché, secondo Beccaria, la pena di morte è illegittima? Sintetizza la risposta in 3 righe. 6. Il secondo argomento, di tipo utilitaristico, rappresenta la parte maggiormente articolata del discorso di Beccaria, con cui l’autore intende dimostrare che la pena di morte risulta meno efficace – sempre nell’ottica della deterrenza, vero scopo delle pene – della detenzione perpetua (ossia dell’ergastolo). Il ragionamento prende le mosse dall’individuazione di due situazioni ipotetiche nelle quali la morte di un cittadino (r. 17) utile o necessaria, e cioè quando – nei periodi di guerra civile e di anarchia – un soggetto, pur privato della libertà, abbia e tali da rappresentare una minaccia per la e per la (rr. 18-20); oppure quando, anche in una situazione di normalità ( , r. 23), tale pena costituisca (r. 28). La formulazione di queste due ipotesi ha indotto alcuni studiosi a ritenere la posizione di Beccaria contraddittoria e non pienamente abolizionista. In realtà, il ripetuto e sapiente ricorso all’espressione indica come Beccaria non preveda, nell’ambito dello Stato di diritto, alcun caso in cui la pena di morte possa essere giusta, utile e necessaria. Del resto, la prima delle due ipotesi configura una situazione di assenza o di sospensione delle leggi ( , r. 22), e non può dunque essere utilizzata per dimostrare la necessità della pena di morte in una società civile; quanto alla fondatezza della seconda ipotesi, essa è smentita sia dall’esperienza storica sia dall’esame della natura umana. può credersi relazioni potenza sicurezza della nazione forma di governo stabilita durante il tranquillo regno delle leggi l’ unico freno per distogliere gli altri dal commettere delitti può credersi quando i disordini stessi tengon luogo di leggi In ordine a questo secondo punto, Beccaria ricorda che la storia ( , r. 30) dimostra come la pena capitale ( , r. 30) non abbia mai costituito un utile deterrente (cioè non abbia , r. 31). A questo scopo, molto più efficace dell’intensità della pena è la sua estensione nel tempo ( , rr. 38-39). Il massimo effetto dissuasivo non discende dallo spettacolo (r. 44) della morte di un criminale, che impressiona gli animi per breve tempo, ma dall’esempio di un soggetto privato della propria libertà per lungo tempo (dal , rr. 44-46). La (rr. 67-68), cioè appunto la reclusione a vita, deve dunque sostituire la pena di morte, la cui presunta esemplarità ha addirittura effetti contraddittori, arrivando a suscitare la solidarietà dei cittadini nei confronti del condannato (divenendo , rr. 57-58). la sperienza di tutt’i secoli l’ultimo supplicio distolti gli uomini determinati dall’offendere la società Non è l’intensione della pena che fa il maggior effetto sull’animo umano, ma l’estensione di essa terribile ma passeggiero lungo e stentato esempio di un uomo privo di libertà, che, divenuto bestia di servigio, ricompensa colle sue fatiche quella società che ha offesa schiavitù perpetua oggetto di compassione mista di sdegno per alcuni La pena di morte è inutile Perché, secondo Beccaria, la pena di morte è inutile? Sintetizza la risposta in 3 righe. 7. Spiega la seguente affermazione: (rr. 83-85). 8. perché questo supplicio sia utile bisogna che non faccia su gli uomini tutta l’impressione che far dovrebbe, cioè che sia utile e non utile nel medesimo tempo Le scelte stilistiche Nelle argomentazioni qui esaminate il presupposto utilitarista ha una decisa prevalenza sugli altri elementi ideali – a cominciare da quello umanitario, pur presente – che concorrono a formare il pensiero di Beccaria. Anche le scelte stilistiche contribuiscono a sostenere l’uno o l’altro approccio. Come si è già visto, una prosa asciutta e sobria caratterizza lo stile del trattato nei passaggi in cui la concatenazione logica degli argomenti è più serrata e puntuale. Ciò non toglie che la scrittura di Beccaria sappia allontanarsi dall’oggettività propria della prosa filosofica e giuridica, per esprimere invece il punto di vista soggettivo del condannato, attraverso l’evocazione viva e concreta della sua situazione. È il caso della descrizione dello stato di (rr. 68-69), in cui il reo è paragonato a una (r. 45) destinata a trascorrere la vita (r. 74). Gli oggetti propri dell’ambiente di detenzione sono quasi uno specchio della condizione psicologica ed esistenziale del condannato, e il suo punto di vista emerge chiaramente quando l’autore ricorda come la condanna non rappresenti la fine, ma l’inizio dei suoi mali, delineando un regime potenzialmente più crudele della pena capitale (anche se tale condizione, in realtà, , rr. 89-90, dal momento che chi la subisce finisce per concentrarsi sull’infelicità del momento presente, perdendo di vista l’assenza di prospettive future). schiavitù perpetua bestia di servigio fra i ceppi o le catene, sotto il bastone, sotto il giogo, in una gabbia di ferro spaventa più chi la vede che chi la soffre Lo stile al servizio dei contenuti >> pagina 315 Ricostruisci la struttura del discorso di Beccaria, individuando tesi, argomentazioni, esempi. 9. Perché alle rr. 48-49 una frase è riportata in corsivo? 10. In quali punti del testo Beccaria fa ricorso ad argomenti di tipo giuridico? 11. In quali punti del testo Beccaria fa ricorso ad argomenti che richiamano la conoscenza della natura umana? 12. Educazione CIVICA – Spunti di realtà OBIETTIVO PACE, GIUSTIZIA E ISTITUZIONI SOLIDE 16 La , un tempo ritenuta la pena per eccellenza, è ormai giudicata dalla maggior parte degli Stati una nonché una punizione barbara poco consona a uno Stato civile, per cui i paesi che continuano ad applicarla si trovano sempre più in difficoltà nel fornirne una giustificazione. pena di morte violazione dei diritti umani • Quali tra gli argomenti portati da Beccaria contro la pena di morte ritieni ancora validi e dunque attuali nel dibattito su questo tema? Esponi le tue considerazioni in un testo di circa 50 righe. Manifestazione contro la pena di morte in Texas. T3 Prevenzione ed educazione , parr. 41 e 45 Dei delitti e delle pene Dai temi della repressione e della punizione, che veniva concepita tradizionalmente (ma non da Beccaria) come espiazione di colpe morali e religiose, l’accento passa, negli ultimi paragrafi del trattato, a quelli della prevenzione dei delitti e dell’educazione dei cittadini. I mezzi più efficaci per impedire il crimine 41. Come si prevengano i delitti È meglio prevenire i delitti che punirgli. Questo è il fine principale d’ogni buona 1 legislazione, che è l’arte di condurre gli uomini al massimo di felicità o al minimo d’infelicità possibile, per parlare secondo tutt’i calcoli dei beni e dei mali della vita. Ma i mezzi impiegati fin ora sono per lo più falsi ed opposti al fine 5 2 3 proposto. Non è possibile il ridurre la turbolenta attività degli uomini ad un ordine geometrico senza irregolarità e confusione. Come le costanti e semplicissime leggi della natura non impediscono che i pianeti non si turbino nei loro movimenti, così nelle infinite ed oppostissime attrazioni del piacere e del dolore, non possono impedirsene dalle leggi umane i turbamenti ed il disordine. Eppur questa è la 10 4 chimera degli uomini limitati, quando abbiano il comando in mano. Il proibire 5 6 una moltitudine di azioni indifferenti non è prevenire i delitti che ne possono 7 nascere, ma egli è un crearne dei nuovi, egli è un definire a piacere la virtù ed il 8 vizio, che ci vengono predicati eterni ed immutabili. A che saremmo ridotti, se ci dovesse essere vietato tutto ciò che può indurci a delitto? Bisognerebbe privare 15 l’uomo dell’uso de’ suoi sensi. Per un motivo che spinge gli uomini a commettere un vero delitto, ve ne son mille che gli spingono a commetter quelle azioni 9 indifferenti, che chiamansi delitti dalle male leggi; e se la probabilità dei delitti è 10 proporzionata al numero dei motivi, l’ampliare la sfera dei delitti è un crescere la 11 probabilità di commettergli. La maggior parte delle leggi non sono che privilegi, 20 cioè un tributo di tutti al comodo di alcuni pochi. Volete prevenire i delitti? Fate che le leggi sian chiare, semplici, e che tutta la forza della nazione sia condensata a difenderle, e nessuna parte di essa sia impiegata a distruggerle. Fate che le leggi favoriscano meno le classi degli uomini che gli uomini stessi. 25 Fate che gli uomini le temano, e temano esse sole. Il timor delle leggi è salutare, ma fatale e fecondo di delitti è quello di uomo a uomo. Gli uomini schiavi sono più voluttuosi, più libertini, più crudeli degli uomini liberi. Questi meditano 12 13 sulle scienze, meditano sugl’interessi della nazione, veggono grandi oggetti, e 14 gl’imitano; ma quegli contenti del giorno presente cercano fra lo strepito del 30 libertinaggio una distrazione dall’annientamento in cui si veggono; avvezzi all’incertezza dell’esito di ogni cosa, l’esito de’ loro delitti divien problematico per essi, 15 in vantaggio della passione che gli determina. Se l’incertezza delle leggi cade su di una nazione indolente per clima, ella mantiene ed aumenta la di lei indolenza e 16 stupidità. Se cade in una nazione voluttuosa, ma attiva, ella ne disperde l’attività 35 in un infinito numero di piccole ed intrighi, che spargono la diffidenza in ▶ cabale ogni cuore e che fanno del tradimento e della dissimulazione la base della prudenza. Se cade su di una nazione coraggiosa e forte, l’incertezza vien tolta alla fine, formando prima molte oscillazioni dalla libertà alla schiavitù, e dalla schiavitù 17 18 alla libertà. 40 45. Dell’educazione Finalmente il più sicuro ma più difficil mezzo di prevenire i delitti si è di perfezionare l’educazione, oggetto troppo vasto e che eccede i confini che mi sono prescritto, oggetto, oso anche dirlo, che tiene troppo intrinsecamente alla natura del governo perché non sia sempre fino ai più remoti secoli della pubblica felicità 45 un campo sterile, e solo coltivato qua e là da pochi saggi. Un grand’uomo, che 19 illumina l’umanità che lo perseguita, ha fatto vedere in dettaglio quali sieno le 20 principali massime di educazione veramente utile agli uomini, cioè consistere meno in una sterile moltitudine di oggetti che nella scelta e precisione di essi, 21 nel sostituire gli originali alle copie nei fenomeni sì morali che fisici che il caso o 50 l’industria presenta ai novelli animi dei giovani, nello spingere alla virtù per la 22 23 facile strada del sentimento, e nel deviarli dal male per la infallibile della necessità e dell’inconveniente, e non colla incerta del comando, che non ottiene che una 24 simulata e momentanea ubbidienza. TRECCANI ▶ Le parole valgono Dall’ebraico (propriamente “ricezione”, “tradizione”), la (o ) è il complesso delle dottrine mistiche ed esoteriche ebraiche circa Dio e l’universo, che si asserivano rivelate a un numero ristretto di persone e tramandate da generazione a generazione. Per estensione, è l’arte che presume di indovinare il futuro per mezzo di numeri, lettere, sogni. Infine il termine può avere un ulteriore significato, di tipo figurato: “raggiro”, “imbroglio”, “subdolo maneggio”. cabala qabbalah cabala cabbala ▶ Trova almeno altri tre sinonimi del vocabolo in quest’ultima accezione. punirli; qui e di seguito il pronome “li” in funzione di complemento oggetto (a sé stante o assorbito nel verbo) compare nella forma . 1 punirgli: gli in riferimento ai beni e ai mali che la vita può offrire. 2 per parlare secondo tutt’i calcoli… della vita: inadeguati, inefficaci. 3 falsi: le leggi non possono impedire il turbamento e il disordine propri delle passioni umane. 4 non possono impedirsene… il disordine: illusione, pretesa infondata. 5 chimera: che hanno una visione parziale. 6 limitati: ininfluenti sul piano giuridico. 7 indifferenti: il consueto pleonasmo che si trova in Beccaria. 8 egli: lo. 9 gli: le leggi sbagliate. 10 male leggi: le motivazioni dell’agire umano. 11 motivi: dediti ai piaceri (compresi – sembra sottintendere Beccaria – quelli illeciti). 12 voluttuosi: tesi a soddisfare i propri desideri. 13 libertini: vedono nobili esempi. 14 veggono grandi oggetti: «le conseguenze dei loro delitti diventano incerte, portandoli a sperare nell’impunità» (Armani). 15 l’esito… per essi: forse, più che il clima in sé, la parola indica qui il carattere profondo di un popolo. 16 clima: determinando. 17 formando: transizioni. 18 oscillazioni: «che è troppo legato alla natura del governo perché possa essere esaurientemente trattato prima dell’avvento di un governo davvero illuminato; fino ad allora l’educazione è un campo sterile, coltivato da pochi uomini eccezionali» (Marchese-Grillini). 19 che tiene… saggi: si riferisce a Jean-Jacques Rousseau, perseguitato ed esule per motivi politici. 20 grand’uomo… perseguita: materie di studio. 21 oggetti: operosità. 22 industria: freschi. 23 novelli: per la strada (il sostantivo è qui sottinteso, come anche subito dopo: ) che mostra ciò che è necessario e ciò che è dannoso ( ). 24 per la infallibile della necessità e dell’inconveniente: colla incerta del comando inconveniente >> pagina 317 DENTRO IL TESTO I contenuti tematici L’approccio di Beccaria parte sempre da un’osservazione diretta e pratica della realtà, anziché da una visione idealizzante o utopica: di fronte alla complessità e al disordine che caratterizzano le passioni degli esseri umani ( , r. 9), il legislatore non può avere la pretesa di codificare e di normare nei minimi dettagli i comportamenti dei singoli, vietando ogni azione potenzialmente pericolosa o dannosa per il corpo sociale, poiché quest’ultimo non costituisce affatto (rr. 6-7) che renda prevedibile il suo evolversi. Al contrario, se un simile tentativo riuscisse, il suo effetto sarebbe quello di negare la stessa natura umana ( , rr. 15-16). L’autore, d’altra parte, sostiene che spesso l’affastellamento di leggi e norme irrazionali nasconde la volontà dei potenti di proteggere i propri privilegi di classe ( , rr. 20-21). nelle infinite ed oppostissime attrazioni del piacere e del dolore un ordine geometrico privare l’uomo dell’uso de’ suoi sensi La maggior parte delle leggi non sono che privilegi, cioè un tributo di tutti al comodo di alcuni pochi La complessità del reale La ricetta beccariana per la prevenzione dei delitti è precisa e fondata su saldi presupposti razionali: occorrono leggi e (r. 22), tese a proteggere non gli interessi particolari di una classe o di un gruppo specifico, ma la libertà di tutti gli individui ( , r. 25). Soltanto la legge deve suscitare timore nei cittadini, perché quando si teme un individuo particolare, sia pure il più potente della nazione, si entra nel regno dell’arbitrio. Ma la mancanza di libertà e (r. 33) determinano la corruzione morale della società, anticamera dei comportamenti criminali. chiare semplici Fate che le leggi favoriscano meno le classi degli uomini che gli uomini stessi l’incertezza delle leggi Una proposta razionale Fondamentale per la creazione dello spirito civile di un popolo è l’educazione (par. 45), giacché essa pone le premesse per l’azione del legislatore. Beccaria mutua dal filosofo svizzero Jean-Jacques Rousseau – e dal suo romanzo pedagogico (1762), in cui si descrive l’autoeducazione del protagonista a contatto con la natura – l’idea che nella vita di un popolo, come in quella di un individuo, nessun insegnamento potrà mai veramente radicarsi e incidere sui comportamenti se ha la pretesa di affermarsi attraverso la strada (r. 53): l’autoritarismo è capace infatti di ottenere soltanto un’ubbidienza (r. 54). Molto più efficace nel volgere i giovani al bene è il (r. 52), cioè l’insieme delle passioni e dei desideri che rappresentano la via maestra con cui l’essere umano esprime la propria vitalità; affinché non si rivolga al male, però, esso va disciplinato con lo strumento della ragione e, appunto, dell’educazione. Emilio incerta del comando simulata e momentanea sentimento Un’educazione persuasiva >> pagina 318 VERSO LE COMPETENZE Comprendere Qual è (rr. 10-11)? 1 la chimera degli uomini limitati, quando abbiano il comando in mano A quale condizione l’educazione è efficace? 2 Sintetizza i capisaldi del programma pedagogico di Beccaria. 3 Analizzare In (r. 34) quale figura retorica riconosci? 4 aumenta la di lei indolenza a Anafora. b Antitesi. c Climax . d Anastrofe. Interpretare Beccaria usa frequentemente l’infinito sostantivato. Rintraccia qualche esempio e spiega il motivo di tale scelta espressiva. 5 SVILUPPARE IL LESSICO 6 In questo testo sono numerosissime le ripetizioni degli stessi termini: quali? Perché, a tuo giudizio, l’autore non ha utilizzato perifrasi o sinonimi? Puoi ricondurre questa scelta al genere e allo scopo dell’opera? Esponi le tue considerazioni. intrecci CINEMA La pena di morte secondo Patrice Leconte Nel 2000 il francese Patrice Leconte (n. 1947) dirige , il cui titolo originale è laddove (“vedova”) ha un antico e macabro significato per designare la ghigliottina. Il film s’ispira a un fatto di cronaca verificatosi nel 1920, sebbene sia ambientato a metà Ottocento. L’amore che non muore La Veuve de Saint-Pierre, veuve Nel 1849, sull’isola di Saint-Pierre, piccola e sperduta colonia francese al largo delle coste del Canada, il marinaio Neel Auguste viene condannato alla pena capitale per aver ucciso un uomo dopo una notte di bagordi. Sull’isola, però, non è mai stato giustiziato nessuno, e non ci sono né un boia né la ghigliottina: in attesa che lo strumento di morte giunga dalla madrepatria, Neel viene dato in custodia a Jean, il capitano della guarnigione locale. Madame La, moglie del capitano, prende a cuore il destino del criminale e, con l’appoggio del marito, tenta di riabilitarlo agli occhi della comunità. Quando la ghigliottina arriva, il governatore e i notabili dell’isola pretendono l’esecuzione del condannato, ma il capitano Jean si oppone. L’emozionante e suggestivo film di Leconte s’interroga sull’equità e sull’utilità della pena di morte, mostrando come sia possibile il ravvedimento del reo e il suo recupero. La forza umana e morale dell’opera si coglie soprattutto nella contrapposizione tra i notabili di Saint-Pierre da una parte, e Madame La e il capitano dall’altra: come sottolineato dal critico Roberto Escobar, per i primi la ghigliottina «è lo strumento necessario non tanto a uccidere un uomo […], quanto a tener pubblica fede a una loro decisione, e dunque a confermare il loro ruolo», mentre per Jean e la moglie «è lo strumento e il simbolo della barbarie che vince». Colpisce in particolare la figura di Madame La, per la sua capacità di opporsi con coraggio e tenacia a chi non crede si possa combattere la violenza con l’arma della compassione. L’attice Juliette Binoche in una scena di . L’amore che non muore