T8 Solcata ho fronte, occhi incavati intenti , 7 Sonetti Sonetto con schema di rime ABAB BABA CDE CED. Se vogliamo seguire l’indicazione del grande poeta francese Paul Valéry (1871-1945), l’autobiografia di un letterato andrebbe cercata nella forma della sua scrittura: possiamo farlo con Foscolo leggendo il celebre sonetto, composto tra il 1801 e il 1802, in cui il poeta ritrae sé stesso. Metro Il poeta allo specchio Solcata ho fronte, occhi incavati intenti, crin fulvo, emunte guance, ardito aspetto, labbro tumido acceso, e tersi denti, capo chino, bel collo, e largo petto; 4 giuste membra; vestir semplice eletto; ratti i passi, i pensier, gli atti, gli accenti; sobrio, umano, leal, prodigo, schietto; avverso al mondo, avversi a me gli eventi: 8 talor di lingua, e spesso di man prode; mesto i più giorni e solo, ognor pensoso, pronto, iracondo, inquïeto, tenace: 11 di vizi ricco e di virtù, do lode alla ragion, ma corro ove al cor piace: morte sol mi darà fama e riposo. 14 sono i solchi della pelle, cioè le rughe che scavano una fronte aggrottata. profondi, intensi. 1 Solcata: intenti: capelli rossi. viso emaciato. 2 crin fulvo: emunte guance: carnoso. 3 tumido: decoroso. 5 semplice eletto: rapidi. 6 ratti: coraggioso. 9 prode: elogio la. 12-13 do lode alla: inseguo il sentimento. 13 corro... piace: DENTRO IL TESTO I contenuti tematici Nei versi 1-2 i dettagli della descrizione fisica si susseguono, slegati e martellanti, con attributi che suggeriscono i caratteri dell’interiorità travagliata del poeta e la sua tendenza a una cupa ribellione. Nei vv. 3-4 si nota un certo compiacimento del poeta nell’esprimere la propria forza virile, che si mostra soprattutto nel dove è già sottintesa una qualità sentimentale. largo petto Nella seconda quartina la descrizione di sé si amplia a considerazioni psicologiche, evidenti con particolare vividezza in due punti: al v. 6 Foscolo parla dei suoi […] , cioè dell’andatura veloce, rapida, alludendo alla sua inclinazione al vagabondaggio e alla fuga; il parallelismo del v. 8 ( ) riassume in due elementi speculari tutto un destino, quello del poeta che si sente in lotta perpetua e titanica con il suo mondo e con il suo ambiente. ratti passi avverso al mondo, avversi a me gli eventi Dalla descrizione fisica a quella morale Foscolo afferma di essere coraggioso per quello che dice e per quello che fa ( talor di lingua, e spesso di man prode , v. 9), e non privo di difetti ( iracondo , v. 11; di vizi ricco , v. 12). La complessità del suo carattere è in perfetto accordo con i mutamenti culturali del suo tempo, che supera il razionalismo illuministico attraverso un più forte richiamo al sentimento ( do lode / alla ragion, ma corro ove al cor piace , vv. 12-13). Affiora anche la dimensione romantica della solitudine: mesto i più giorni e solo, ognor pensoso (v. 10). Il richiamo conclusivo alla morte è una promessa della quiete tanto agognata, ma anche di celebrità futura: morte sol mi darà fama e riposo (v. 14). Tuttavia, Foscolo ha descritto la propria indole contrastata non soltanto in poesia, ma anche in brani in prosa come quello che segue, dove, riferendosi a sé stesso in terza persona, rintraccia i segni del conflitto interiore perfino nel proprio nome di origine greca: «Insomma diresti che Natura, nel creare quest’individuo, abbia avuto in mira il nome ch’ei doveva portare: significa luce, e significa bile». fos cholos Un carattere complesso >> pagina 606 VERSO LE COMPETENZE Comprendere Che cosa significa letteralmente il v. 9? 1 Che cosa donerà al poeta la morte? 2 Analizzare Individua i predicati sottintesi. 3 Quale figura retorica di tipo sintattico troviamo al v. 10? E al v. 11? 4 scrivere per... descrivere Delinea, sul modello offerto dal sonetto di Foscolo, un tuo autoritratto, in versi o in prosa, evidenziando soprattutto i diversi aspetti del tuo carattere. 5 T9 All’amica risanata , 2 Odi Ode composta da sedici strofe, formate ciascuna da cinque settenari e un endecasillabo, rimati secondo lo schema ABACDD. Scritto nel 1802 per celebrare la guarigione da una lunga malattia di una nobile amica, Antonietta Fagnani Arese, il componimento rappresenta uno degli esempi più raffinati di lirica neoclassica. Come l’ode , il testo voleva essere, nelle intenzioni originarie, una lode galante allo splendore ritrovato dalla donna, ma di fatto trascende l’obiettivo iniziale e l’occasione contingente: la poesia infatti abbandona immediatamente il riferimento realistico, che rimane sullo sfondo fin quasi a scomparire, per diffondersi in considerazioni sulla bellezza che sola può consolare dalle umane sofferenze, e sulla poesia destinata a rendere eterno ciò che nel mondo reale è segnato dalla caducità e dalla minaccia della distruzione. A Luigia Pallavicini caduta da cavallo Metro Il tesoro supremo della bellezza PARAFRASI Qual dagli antri marini l’astro più caro a Venere co’ rugiadosi crini fra le fuggenti tenebre appare, e il suo viaggio 5 orna col lume dell’eterno raggio, 1-6 Come dagli abissi del mare il pianeta caro alla dea Venere sembra sorgere fra le tenebre che scompaiono al mattino con i suoi raggi, che sembrano chiome intrise di gocce di rugiada ( rugiadosi crini ) e abbellisce il suo cammino con i raggi dell’eterno Sole, 1-6 Qual… raggio: la similitudine riecheggia un passo virgiliano ( Eneide , VIII, vv. 589-591). sorgon così tue dive membra dall’egro talamo, e in te beltà rivive, l’aurea beltate ond’ebbero 10 ristoro unico a’ mali le nate a vaneggiar menti mortali. 7-12 così il tuo corpo divino si rialza dal letto in cui giacevi malata ( egro talamo ) e in te rifiorisce la bellezza, quella bellezza preziosa grazie alla quale gli uomini, destinati a inseguire vane passioni ( nate a vaneggiar ), ebbero l’unico sollievo possibile. 8 egro: l’aggettivo, anziché alla donna malata, è riferito al letto (metonimia e ipallage). Fiorir sul caro viso veggo la rosa, tornano i grandi occhi al sorriso 15 insidïando; e vegliano per te in novelli pianti trepide madri, e sospettose amanti. 13-18 Vedo tornare sul tuo viso, che mi è caro, il colore rosato della salute, ritorna il sorriso nei tuoi grandi occhi che sono di nuovo seducenti ( insidïando ); e restano sveglie a causa tua tornando a versare lacrime ( in novelli pianti ) le madri apprensive e le innamorate gelose ( sospettose ). il motivo è tipico della tradizione letteraria. Per ultimo lo aveva proposto Parini («Torna a fiorir la rosa / che pur dianzi languìa», , vv. 1-2). 13-14 Fiorir… rosa: L’educazione il suono della parola è rallentato e sottolineato dalla pausa sulla vocale attraverso la dieresi. 16 insidïando: i Le Ore che dianzi meste ministre eran de’ farmachi, 20 oggi l’indica veste, e i monili cui gemmano effigiati Dei inclito studio di scalpelli achei, 19-24 Le Ore che fino a ieri vegliavano tristemente sulla regolare somministrazione delle medicine, oggi ti portano invece la veste di seta ( indica ), e i gioielli ornati come gemme con le immagini degli dèi, opera mirabile di artisti greci ( scalpelli achei ), personificazioni divine delle misure temporali. 19 Le Ore: che proviene dall’India. Le sete indiane andavano di moda in quanto considerate più leggere e pregiate. 21 indica: e i candidi 25 ▶ coturni e gli amuleti recano onde a’ cori notturni te, Dea, mirando obbliano i garzoni le danze, te principio d’affanni e di speranze: 30 25-30 e gli scarpini ( coturni ) candidi e i gioielli ( amuleti ), per cui nelle feste ( cori ) notturne i giovani ( garzoni ) trascurano ( obbliano ) il ballo, ammirando te, o Dea, causa di turbamenti e di speranze d’amore: TRECCANI ▶ Le parole valgono coturno Coturno è un vocabolo di origine greca che indica la calzatura usata nell’antichità classica dagli attori, specialmente tragici, consistente in una sorta di sandalo di legno dalla suola spessa. Da qui, in senso figurato, la parola può indicare la tragedia stessa o lo stile tragico. ▶ Sempre in senso figurato, che cosa può significare l’espressione «calzare il coturno» ? : grecismo. 27 cori o quando l’arpa adorni e co’ novelli numeri e co’ molli contorni delle forme che facile bisso seconda, e intanto 35 fra il basso sospirar vola il tuo canto 31-36 sia quando rendi più bella ( adorni ) l’arpa con nuove melodie ( novelli numeri ) e con le tue forme flessuose ( molli contorni ) che la veste di lino ( bisso ) morbida e leggera mette in evidenza ( seconda ), mentre fra i sospiri silenziosi il tuo canto si leva : nuove note, nuove misure dei suoni. 32 novelli numeri più periglioso; o quando balli disegni, e l’agile corpo all’aure fidando, ignoti vezzi sfuggono 40 dai manti, e dal negletto velo scomposto sul sommosso petto. 37-42 più insidioso; sia quando nel ballo disegni immagini e librando ( fidando ) il tuo corpo snello nell’aria, alla quale affidi le sue movenze, si rivelano le bellezze sconosciute ( ignoti vezzi ) fra le pieghe della veste e il velo disposto con negligenza ( negletto velo scomposto ) sul petto ansante ( sommosso ). perché troppo ammaliante. 37 più periglioso: la noncuranza, quasi la trascuratezza con cui la donna indossa il velo tradisce la sua volontà seduttiva. 41 negletto: All’agitarti, lente cascan le trecce, nitide per ambrosia recente, 45 mal fide all’aureo pettine e alla rosea ghirlanda che or con l’alma salute April ti manda. 43-48 Mentre ti muovi, le trecce lentamente si sciolgono, splendenti ( nitide ) per i balsami profumati ( ambrosia ) con cui sono state cosparse da poco, ribelli ( mal fide ) al pettine d’oro e alla ghirlanda di rose che Aprile ti offre insieme alla salute vivificante ( alma ). : in linea con il tessuto linguistico dell’ode, l’unguento adoperato per ammorbidire i capelli è detto , il cibo dell’immortalità di cui si nutrivano gli dèi omerici. 45 ambrosia ambrosia Così ancelle d’Amore a te d’intorno volano 50 invidïate l’Ore; meste le Grazie mirino chi la beltà fugace ti membra, e il giorno dell’eterna pace. 49-54 Così le Ore, ancelle d’Amore, volteggiano intorno a te invidiate; guardino le Grazie senza sorriso ( meste ) chi in questo momento ti ricorda ( ti membra ) la fugacità della bellezza, e il giorno della morte. : perché hanno il privilegio di assistere la donna. 51 invidïate Mortale guidatrice 55 d’oceanine vergini, la Parrasia pendice tenea la casta Artemide, e fea terror di cervi lungi fischiar d’arco cidonio i nervi. 60 55-60 La vergine Artemide, che guidava alla caccia le ninfe dell’Oceano, abitava alle pendici del monte Parrasio, e faceva fischiare da lontano la corda del suo arco costruito a Cidone ( cidonio ), suscitando il terrore dei cervi. le pendici del monte Parrasio, in Arcadia, abitate da Diana. 57 Parrasia pendice: Cidone era una città dell’isola di Creta, famosa per la produzione di archi. 60 cidonio: Lei predicò la fama Olimpia prole; pavido Diva il mondo la chiama, e le sacrò l’Elisio soglio, ed il certo telo, 65 e i monti, e il carro della luna in cielo. 61-66 La fama diffusa dai poeti la proclamò progenie divina ( Olimpia prole ); ora il mondo tremante di religioso timore ( pavido ) la proclama dea, e le consacrò il trono dei Campi Elisi ( Elisio soglio ), la freccia infallibile ( certo telo ), le cime dei monti e il carro celeste della Luna. : ad Artemide (Diana nella mitologia romana) erano dedicati tre culti presso gli antichi: essa era adorata come regina degli Inferi ( , vv. 64-65), come cacciatrice infallibile (vv. 59-60) e come Luna in cielo (v. 66). 61-66 Lei predicò… in cielo Elisio soglio Are così a Bellona, un tempo invitta amazzone, die’ il vocale Elicona; ella il cimiero e l’egida 70 or contro l’Anglia avara e le cavalle ed il furor prepara. 67-72 Nello stesso modo, il canto dei poeti ( il vocale Elicona ) innalzò ( die’ ) altari (Are ) a Bellona, un tempo amazzone invincibile ( invitta ); lei ora prepara l’elmo e lo scudo ( il cimiero e l’egida ), i cavalli e il furore guerresco per combattere contro l’Inghilterra avida di conquiste ( Anglia avara ). dea romana della guerra. 67 Bellona: il monte sacro ad Apollo è , cioè canoro, perché risuona del canto delle Muse. 69 il vocale Elicona: vocale allusione alla nuova guerra che Napoleone preparava contro l’Inghilterra. L’aggettivo , latinismo per “avida”, si riferisce al fiorire delle attività mercantili. 71 contro l’Anglia avara: avara E quella a cui di sacro mirto te veggo cingere devota il simolacro, 75 che presiede marmoreo agli arcani tuoi lari ove a me sol sacerdotessa appari, 73-78 E la dea ( quella ) della quale io ti vedo ornare devotamente, con ghirlande di mirto, la statua di marmo ( simolacro […] marmoreo ), che vigila sulle tue stanze più segrete ( arcani tuoi lari ), dove tu appari soltanto a me come una sacerdotessa, Venere. 73 quella: la pianta sacra a Venere. 74 mirto: la camera da letto. I lari, propriamente gli dèi della famiglia, sono in quanto sconosciuti a coloro che non fanno parte della cerchia degli intimi della donna. 77 arcani tuoi lari: arcani regina fu, Citera e Cipro ove perpetua 80 odora primavera regnò beata, e l’isole che col selvoso dorso rompono agli euri e al grande Ionio il corso. 79-84 fu una regina, e regnò felicemente sulle isole di Citera e Cipro, dove si sentono sempre i profumi della primavera, e sulle isole che con i loro monti boscosi spezzano ( rompono ) l’impeto ( corso ) dei venti ( euri ) e le correnti ( il corso ) del grande mare Ionio. isole sacre a Venere, nata dal mare Ionio. Sono complementi oggetto del successivo , forma verbale usata in senso transitivo. 79-80 Citera e Cipro: regnò appellativo generico e collettivo dal nome di un vento specifico, l’Euro, appunto. 84 euri: Ebbi in quel mar la culla, 85 ivi era ignudo spirito di Faon la fanciulla, e se il notturno zeffiro blando su i flutti spira, suonano i liti un lamentar di lira: 90 85-90 Io sono nato sulle rive di quel mare, sul quale ancora vaga lo spirito privo di corpo ( ignudo ) dell’innamorata di Faone, e quando il dolce vento ( zeffiro ) notturno soffia su quelle onde, sembra che le rive ( liti ) risuonino ancora del triste suono della sua lira: il poeta si riferisce a Zacinto, l’isola dove egli nacque. 85 Ebbi… culla: Saffo, la poetessa che, secondo la leggenda, si gettò in mare dalla rupe di Leucade per amore di Faone. 87 di Faon la fanciulla: ond’io, pien del nativo aër sacro, su l’itala grave cetra derivo per te le corde eolie, e avrai, divina, i voti 95 fra gl’inni miei delle insubri nipoti. 91-96 per cui io, pieno dell’aria sacra del mio luogo nativo, in tuo onore ( per te ) trasferisco ( derivo ) il suono della cetra greca sulla austera cetra italiana, e tu grazie alla mia poesia ( fra gl’inni miei ) avrai come una divinità le offerte votive ( avrai, divina, i voti ) dalle future donne lombarde ( insubri nipoti ). evidente la reminiscenza oraziana […] / / (“Si dirà che è merito mio aver trasferito la poesia eolica nel ritmo italico”, , III, 30, vv. 10-14). 92-94 su l’itala… eolie: Dicar princeps Aeolium carmen ad Italos deduxisse modos Carmina l’appellativo viene dalla popolazione dei Galli insubri, stanziati anticamente nell’Italia nord-occidentale. 96 insubri: >> pagina 609 DENTRO IL TESTO I contenuti tematici Fin dal titolo l’ode evidenzia la sua natura di scritto d’occasione, provocato da un intento affettuoso e galante: celebrare la ritrovata bellezza dell’amica Antonietta. L’“occasione” assume però un significato simbolico più ampio: come la dama guarirà dalla sua malattia, così l’animo umano supererà, in nome della bellezza (v. 11), la condizione drammatica e precaria a cui è condannato dai conflitti e dalle delusioni della Storia. L’infermità è infatti solo momentanea: la guarigione, il ristabilito benessere e la fine della sofferenza costituiscono indizi di una possibile redenzione spirituale, che ogni individuo può e deve perseguire se vuole vincere i propri affanni terreni. ristoro unico a’ mali Una poesia “d’occasione” La situazione iniziale diventa immediatamente un pretesto poetico per l’autore, che trasfigura l’evento narrato in una serie di meditazioni di ordine estetico e filosofico e sublima – secondo un procedimento tipicamente neoclassico – una circostanza quotidiana in una sfera di perfezione mitica e atemporale. Dalla descrizione della salute riacquistata dalla donna, assimilata a una dea e paragonata al pianeta Venere (vv. 1-12), si passa a una considerazione di tipo universale: la poesia dona l’immortalità (vv. 55-96), come ben sanno divinità quali Artemide e Bellona, che prima di essere consacrate come tali erano donne mortali al pari della stessa Antonietta, destinata anch’essa all’immortalità garantita dalla fama poetica. La trasfigurazione dell’evento >> pagina 610 I versi 52-54 introducono il tema della caducità e dell’inevitabilità della morte che incombe sulle creature umane. Come ha notato il critico Mario Fubini, «il pensiero della morte e del male fa sorgere più acuto il senso della bellezza e la brama dell’eternità». Alla poesia, che è al tempo stesso custode e memoria della bellezza, spetta il compito di confortare l’uomo nelle avversità, di temperare le sue passioni e di salvare i valori più autentici della civiltà dal logorio incessante del tempo. Il ricordo e la suggestione della civiltà antica rivive così beneficando con la sua salvifica serenità: il poeta, privilegiato dalla propria origine greca e dalla parentela ideale con la più alta testimone letteraria dell’amore, Saffo, potrà consegnare l’amica all’eternità. Morte ed eternità Le scelte stilistiche L’ode esibisce la propria qualità letteraria, che emerge dai continui riferimenti alla tradizione letteraria. La poesia greca e latina, trecentesca, umanistica, rinascimentale: tutte queste epoche della cultura europea rivivono nei versi di Foscolo, racchiuse in termini chiave dalla nobile origine; gli , l’ , i , le , le (per limitarci ai primi otto versi) sono espressioni ricercate, raffinate, persino sofisticate e artificiose, che si accompagnano costantemente a latinismi ( , v. 7; , v. 8; , v. 25; , v. 48 ecc.), ad arcaismi, a forme dotte e a un’aggettivazione ridondante in funzione pittorica ( , v. 3; , v. 10; , v. 25 ecc.). La ricerca della sublimazione si evidenzia nel lavoro di selezione lessicale: del tutto immune dalle soluzioni pluristilistiche dantesche, il poeta persegue un registro monolinguistico, che lo porta a scartare i termini quotidiani a favore delle espressioni più nobilitanti: abbiamo così (v. 21) e non “veste di seta”, (v. 22) e (v. 26) piuttosto che semplici gioielli, (v. 25) al posto di bianchi stivaletti ecc. In questa direzione formale vanno anche le immagini, attinte dal repertorio mitologico, sempre funzionali però a incarnare allegoricamente idee, valori e verità profonde, riguardanti il destino e il pensiero degli uomini. antri marini astro rugiadosi crini fuggenti tenebre dive membra dive egro coturni alma rugiadosi aurea candidi indica veste monili amuleti candidi coturni Il lessico prezioso Il fraseggio tortuoso e la sintassi complicata del testo concorrono infine a creare un sistema di equilibri verbali estremamente armonioso, anche quando le apostrofi e gli iperbati, spesso con enjambement ( l’astro più caro a Venere / […] / appare , vv. 2-5; ond’ebbero / ristoro […] / le […] menti mortali , vv. 10-12 ecc.), alterano l’ordine logico delle parole, che segue comunque una sua ragione interna, volta a creare una musicalità mai prevedibile e sempre dinamica, molto diversa dalla facile melodia e dalla vieta cantabilità tipica di poeti settecenteschi dell’Arcadia. Ritmo e sintassi VERSO LE COMPETENZE Comprendere Dividi l’ode in due parti, assegna a ciascuna di esse un titolo e sintetizzane il contenuto. 1 Spiega la similitudine con la quale si apre l’ode. 2 Quale riferimento alla contemporaneità rompe l’atmosfera mitica del componimento? 3 Analizzare A quali figure femminili della mitologia viene accostata l’ ? 4 amica risanata interpretare Per quale ragione si può affermare che la bellezza esaltata in quest’ode custodisce per Foscolo un valore etico? 5 scrivere per... esporre La malattia è un tema affrontato da molti scrittori e artisti. Conosci qualche altra opera (romanzo, racconto, ma anche canzone, film, quadro) che abbia la malattia come tema centrale? Scrivine in un testo espositivo di circa 20 righe. 6