IN BREVE I moti del Quarantotto ispirano poeti come Manzoni, Mameli e Carducci. Testo PLUS La spigolatrice di Sapri (L. Mercantini) letto infatti come un acronimo, per inneggiare all indipendenza e all unità nazionale: «Viva Vittorio Emanuele Re D Italia . «Fratelli d Italia I moti del Quarantotto vengono accompagnati da un imponente produzione poetica. In occasione delle Cinque Giornate di Milano Alessandro Manzoni pubblica i versi di Marzo 1821, inediti da decenni, per inneggiare alla patria, «una d arme, di lingua, d altare, / di memorie, di sangue e di cor . Alla vigilia dei moti il genovese Goffredo Mameli compone il suo baldanzoso incitamento ai «Fratelli d Italia ( T5, p. 720), presto musicato, come accade a vari altri componimenti, caratterizzati da cadenze marziali e ritornelli facilmente memorizzabili. A eccitare maggiormente le fantasie sono però le imprese di Giuseppe Garibaldi, protagonista di un fortunatissimo Inno composto da Luigi Mercantini, come pure di molti vibranti versi di un poeta di ben altro spessore, Giosuè Carducci. L «arcadia romantica Uno dei pochi poeti a emergere nell Ottocento è Tommaseo, che viene criticato però da Manzoni. Sentimentalismo e stereotipi Nella fase centrale dell Ottocento sono pochi i poeti italiani in grado di elevarsi su una produzione vasta che resta però complessivamente di modesto livello. Tra loro si segnala il dalmata Niccolò Tommaseo (1802-1874), scrittore dai molteplici e vari interessi, autore con Bernardo Bellini di un importante dizionario italiano (pubblicato tra il 1861 e il 1879), che nei suoi versi così come nel romanzo Fede e bellezza (1840, pp. 874-875) lascia traccia di una tormentata sensibilità cattolica, in cui vibranti professioni di fede si alternano agli invincibili richiami della sensualità, che suscitarono tra l altro la perplessità di Manzoni. L autore dei Promessi sposi lamentava in Tommaseo una spregiudicatezza che invano si ricercherebbe in altri poeti dell epoca, intenti per lo più a cantare esili fanciulle appassionate, amanti ingiustamente divisi, languidi sospiri al balcone, paggi, menestrelli, sullo sfondo di un Medioevo di cartapesta che viene fatto oggetto di numerose parodie (la più celebre tra tutte resta La partenza del crociato, di Giovanni Visconti Venosta, 1856). Giosuè Carducci a sua volta si scaglia a più riprese contro il patetico compiaciuto, lo «sguaiato sentimentalismo , il «tenerume , le «rimembranze feudali e monastiche a cui si riduce progressivamente la poesia romantica. Prati e Aleardi sono poeti veneti che si fanno sostenitori di una poesia dei sentimenti. Prati e Aleardi Emblemi di questa nuova «arcadia (come la definiscono prima Carducci e poi Francesco De Sanctis) sono da tempo considerati due poeti veneti, Giovanni Prati (1814-1884) e Aleardo Aleardi (1812-1878), che hanno avuto un percorso per molti versi parallelo: pressoché coetanei, studiano Legge a Padova (come già Tommaseo), sostengono le lotte del Risorgimento da posizioni filosabaude, e nella nuova Italia ricevono onori e fama. Entrambi prendono nettamente posizione a favore dell espressione dei sentimenti in poesia (all appello «Dal cor si favelli! di Prati corrisponde l ammissione di Aleardi «Ho scritto più col cuore che con la mente ), il che guadagna loro l ammirazione del pubblico femminile e dei più giovani. In realtà Prati e Aleardi innestano sul tronco della tradizione italiana, sia pure edulcorandoli, temi e motivi del Romanticismo europeo in precedenza poco frequentati. La novella Edmenegarda di Prati suscita scandalo: l autore invita i lettori alla comprensione emotiva di un adulterio. La novella in versi Edmenegarda Da questo punto di vista la parabola più interessante è quella di Prati, che nella novella in versi Edmenegarda (1841) raggiunge picchi di morbosità che fanno scandalo. Protagonista è una madre di famiglia, che sullo sfondo di una Venezia ambigua tra caffè, gite al Lido, serate a teatro fugge con l amante, il qua- 702 / IL PRIMO OTTOCENTO