Galileo Galilei LA VITA La giovinezza di un genio precoce Galileo Galilei nasce a nel da Vincenzo, valente musicista e commerciante, e Giulia Ammannati, che molti biografi descrivono di carattere sanguigno e prepotente: da lei, si dice, il figlio avrebbe ereditato certi atteggiamenti polemici e talvolta scontrosi. Dopo l’infanzia vissuta a Firenze e i primi studi di musica, disegno e letteratura, viene iscritto all’Università (che a quel tempo si chiamava Studio) di Pisa, per conseguire la laurea in Medicina, ritenuta dal padre l’unica in grado di garantire un florido futuro economico. Pisa 1564 Lo studente è però molto più attratto dalla e dalla , discipline per le quali rivela subito uno straordinario talento: nel 1583, per esempio, a partire dall’osservazione dei movimenti del    , egli arriva a scoprire che le oscillazioni di piccola ampiezza del pendolo sono isocroniche, cioè hanno tutte la stessa durata. Cosciente della propria vocazione scientifica e intenzionato a seguirla fino in fondo, Galileo abbandona lo Studio pisano senza aver conseguito alcun titolo accademico e torna a Firenze, dove si dedica soprattutto alla geometria e alla matematica applicata. fisica matematica ▶ lampadario nel duomo di Pisa Grazie alla pubblicazione, avvenuta nel 1587, del trattato in latino (Teoremi sul baricentro dei solidi), Galileo entra in contatto con i più grandi scienziati dell’epoca. I suoi interessi scientifici, tuttavia, non lo distolgono completamente da quelli letterari, tant’è vero che nel 1588 tiene due lezioni presso l’Accademia fiorentina e, più tardi, scriverà anche le e le , testi nei quali prende posizione a favore dei sostenitori della superiorità dell’ rispetto alla . Theoremata circa centrum gravitatis solidorum Circa la figura, sito e grandezza dell’Inferno di Dante Considerazioni al Tasso Postille all’Ariosto Orlando furioso Gerusalemme liberata Nel 1589 ottiene un incarico come presso lo ; in questo stesso periodo scrive il (Sul moto) e conduce esperimenti sul centro di gravità dei corpi. L’ambiente universitario pisano appare però ai suoi occhi troppo ristretto e refrattario agli influssi esterni, e ciò lo spinge a criticare la vanità dei suoi colleghi in un pungente poemetto satirico in terzine di endecasillabi, , in cui mette alla berlina la limitatezza mentale e i formalismi degli accademici, inclini a far sfoggio della loro veste (la toga, appunto) anche al di fuori delle situazioni ufficiali. professore di matematica Studio pisano De motu Contro il portar la toga Nel 1591 muore il padre e il giovane scienziato si trova a dover provvedere da solo alla madre e ai quattro fratelli. A causa della difficile condizione economica e dei complicati rapporti con il mondo universitario pisano, lo studioso chiede e ottiene la cattedra di matematica presso l’ (città compresa nel territorio della Repubblica di Venezia), dove resta . Qui egli trascorre «li diciotto anni migliori» ( , 23 giugno 1640) della propria vita, anche grazie alla libertà garantita dalla Serenissima ai suoi intellettuali. Galileo vi trova un ambiente in cui la è precise (soprattutto commerciali e militari) della Repubblica: connessione, questa, che favorisce i suoi studi e stimola la sua curiosità. Università di Padova dal 1592 al 1610 Lettera a Fortunio Liceti ricerca scientifica collegata a esigenze pratiche   Video – Galileo Galilei IL LAMPADARIO NEL DUOMO DI PISA Galileo elaborò la “legge del pendolo” nel 1592, dopo essere divenuto professore di matematica nell’Ateneo pisano. Secondo questa legge il periodo di oscillazione del pendolo è indipendente dalla sua ampiezza (isocronismo del pendolo). Si dice che lo scienziato intraprese lo studio del moto del pendolo nel 1581, dopo aver osservato il moto di oscillazione di una lampada sospesa nella Cattedrale di Pisa. Il lampadario esiste ancora oggi ed è conosciuto come la “lampada di Galileo”, benché in realtà non si tratti dell’originale. Il Duomo di Pisa in Piazza dei Miracoli. Il lampadario del Duomo di Pisa.   : ▶ 1586 La bilancetta   : ▶ 1587 Theoremata circa centrum gravitatis solidorum   : ▶ 1589 De motu   : ▶ 1606 Le operazioni del compasso geometrico et militare  >> pagina 73 La drammatica lotta di uno spirito libero Nel 1605 Galileo viene chiamato a far parte dell’ , e poco dopo la granduchessa di Toscana, Cristina di Lorena, lo vuole come precettore del proprio figlio Cosimo, che più tardi diverrà granduca di Toscana e principale sostenitore dello scienziato. Accademia della Crusca L’anno successivo pubblica , un manuale sulle applicazioni pratiche di uno strumento da lui inventato, il compasso proporzionale, che conosce subito un’enorme fortuna: ( , 7 maggio 1610). L’improvvisa fama raggiunta espone però Galileo anche all’invidia di altri studiosi: poco dopo la pubblicazione del libro, l’autore è costretto a scrivere la , per proteggersi dalle accuse di plagio rivoltegli da uno scienziato rivale. Le operazioni del compasso geometrico et militare «è stato talmente abbracciato dal mondo» , scriverà qualche anno dopo, « che veramente adesso non si fanno altri strumenti di questo genere, e io so che sin ora ne sono stati fabbricati alcune migliaia» Lettera a Belisario Vinta Difesa contro alle calunnie et imposture di Baldessar Capra Nel 1609 Galileo viene a conoscenza dell’esistenza di un ausilio ottico capace di mostrare le cose distanti come se fossero vicine, inventato l’anno precedente dall’olandese Hans Lippershey e utilizzato come attrazione spettacolare in un circo nei Paesi Bassi. Intuendone le potenzialità pratiche, lo scienziato pisano perfeziona lo strumento, costruendo un     e donandolo al doge di Venezia, che è entusiasta all’idea di sfruttarlo per finalità difensive: basterà usarlo dal campanile della città per poter scorgere, ingrandite, le navi in lontananza. Ben al di là delle mere applicazioni militari, l’intuizione rivoluzionaria di Galileo è però quella di usare quel “curioso giocattolo”, opportunamente modificato, per esplorare il cielo: di lì a poco, nel 1610, pubblica il trattato in latino (Messaggero celeste), nel quale dà notizia delle sensazionali scoperte fatte grazie al cannocchiale, capaci di offrire prove empiriche della validità della teoria eliocentrica copernicana. primo, rudimentale ▶ cannocchiale Sidereus nuncius L’opera viene dedicata a Cosimo II de’ Medici, il quale propone a Galileo di trasferirsi a Firenze, come «primario matematico e filosofo», senza obbligo d’insegnamento; lo scienziato accetta, sia per ritornare in patria sia per potersi dedicare interamente alla ricerca. Il mette fortemente in discussione le teorie aristoteliche sulle quali si basa la (1225 o 1226-1274) e accettata dalla Chiesa del tempo; per questo l’autore si trova a dover difendere «con la lingua e con la penna» ( , 12 febbraio 1611) le proprie scoperte dagli attacchi di studiosi e religiosi fautori della tradizionale visione del mondo aristotelico-tolemaica. Il primo testo cui Galileo affida questa coraggiosa battaglia scientifica e culturale è il , del 1612, nel quale vengono confutate alcune teorie aristoteliche relative al galleggiamento dei corpi. Sidereus nuncius cosmografia fondata da Tommaso d’Aquino Lettera a Paolo Sarpi Discorso intorno alle cose che stanno in su l’acqua o che in quella si muovono Avversato da gesuiti e domenicani, oggetto di un atteggiamento prima sospettoso, poi apertamente ostile da parte delle gerarchie ecclesiastiche, , pubblicamente e con lettere private, . Denunciato nel 1615 al Santo Uffizio, è costretto a presentarsi l’anno successivo davanti all’Inquisizione, presieduta da papa Paolo V, che condanna ufficialmente il sistema copernicano come eretico e proibisce al pensatore di insegnare le teorie a esso connesse. Galileo difende la posizione copernicana dagli attacchi dei custodi dell’ortodossia IL CANNOCCHIALE Il cannocchiale galileiano è composto da due lenti, una piano-concava e una piano-convessa. I migliori esemplari che lo scienziato riuscì a costruire garantivano un ingrandimento lineare di circa 30 volte (così la superficie della Luna gli appariva 900 volte più grande). Oltre a perfezionare continuamente la qualità delle lenti, Galileo arricchì il cannocchiale di accessori importanti, come il diaframma (per eliminare la luce abbagliante che circondava i pianeti), il micrometro (per misurare le distanze tra i corpi celesti) e l’eliostato (per osservare il disco solare proiettandolo su uno schermo in modo da evitare danni alla vista). Le prolungate osservazioni nelle quali Galileo si impegnò contribuirono a deteriorare progressivamente la sua vista, tanto che divenne completamente cieco negli ultimi anni della sua vita. Galileo mostra l’utilizzo del cannocchiale al doge di Venezia. Anche dopo il processo lo scienziato continua però a confrontarsi con tematiche “pericolose”. Nel 1623 pubblica , con cui entra in polemica con il padre gesuita Orazio Grassi (1583-1654), il quale, usando argomentazioni aristoteliche, aveva contestato le posizioni di Galileo sulla natura delle comete, accusandolo inoltre di essersi immeritatamente attribuito l’invenzione del telescopio. L’elezione al soglio pontificio di , al secolo Maffeo Barberini, un cardinale che aveva in precedenza dato prova di un atteggiamento illuminato nei confronti dei nuovi studi scientifici, lo illude su un possibile nuovo corso ecclesiastico. Il Saggiatore Urbano VIII Le cose vanno però diversamente e Galileo deve attendere a lungo che la sua nuova opera, il riceva l’ (letteralmente il “si stampi”, un atto formale con il quale le autorità ecclesiastiche concedevano il permesso di pubblicare un libro). Dopo pochi mesi lo stesso pontefice ordina di ritirare il volume dal mercato e di processare nuovamente l’autore, dimostratosi sordo agli inviti alla cautela ricevuti nei mesi precedenti da molte autorità della Chiesa. Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, tolemaico e copernicano, imprimatur Nel 1633 Galileo è invitato a presentarsi di fronte al commissario dell’Inquisizione. Dopo un lungo interrogatorio e la minaccia della tortura, il 22 giugno lo scienziato pronuncia    , con la quale ritratta . Evita la condanna capitale, ma rimane sotto il controllo dell’Inquisizione, nella sua casa di Arcetri, fra le colline fiorentine, con il divieto di ricevere ospiti e di scrivere senza autorizzazione. ▶ l’abiura «la falsa opinione che il Sole sia centro del mondo e che non si muova e che la Terra non sia il centro del mondo e che si muova» ristretto agli arresti domiciliari Agli effetti della reclusione si aggiungono i primi sintomi della cecità. Nel 1637 scrive: [infiammazione] ( , 5 giugno 1637). «Mi trovo talmente impedito da una flussione nell’occhio destro, che mi toglie con mio grandissimo dispiacere il poter né scrivere né leggere pur una sola parola» Lettera a Lorenzo Realio Ormai anziano, reso quasi infermo dalle lunghe notti passate all’aperto per osservare il cielo stellato, isolato e lontano dalla comunità scientifica, Galileo trova comunque la forza di consegnare al mondo la sua ultima opera, i , pubblicata a Leida (in Olanda) nel 1638. Si spegne ad nel : le sue spoglie riposano a Firenze, nella basilica di Santa Croce. Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze Arcetri 1642 L’ABIURA A conclusione del processo inquisitoriale, il 22 giugno 1633 fu emessa a Roma, presso il Convento della Minerva, la sentenza di condanna di Galileo da parte dei Padri inquisitori. Subito dopo la lettura della sentenza, il vecchio Galileo, inginocchiato davanti ai giudici, recitò e sottoscrisse l’umiliante formula dell’abiura. Esiste una tradizione popolare, non confermata da alcun documento ufficiale, secondo la quale Galileo, dopo aver pronunciato queste parole, avrebbe battuto la terra con un piede, pronunciando la celebre frase: «Eppur si muove!». Il processo di Galileo a Roma nel 1633. ▶ 1610: Sidereus nuncius ▶ 1612: Discorso intorno alle cose che stanno in su l’acqua o che in quella si muovono ▶ 1613-1615: “Lettere copernicane” ▶ 1623: Il Saggiatore ▶ 1632: Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, tolemaico e copernicano ▶ 1638: Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze IL CARATTERE UN TEMPERAMENTO SANGUIGNO E DETERMINATO Secondo il , scritto nel 1654 da Vincenzo Viviani (1622-1703), che fu alunno e primo curatore dell’opera dello scienziato, questi era «di gioviale e giocondo aspetto», robusto, generoso e di temperamento sanguigno; amante dei piaceri della vita, intenditore e collezionista di buoni vini, si adirava con facilità e ben difficilmente era incline a scendere a compromessi. Racconto istorico della vita di Galileo Il piacere della competizione Questo ritratto coincide, in effetti, con l’immagine che emerge dalle sue opere e dalla infinita galleria delle sue diatribe, in cui affiora sempre una grande polemica, venata spesso dall’ironia corrosiva nei confronti dei malcapitati antagonisti. vis Certamente a Galileo non mancava l’autostima, che lo portava a coltivare il piacere della competizione o, meglio, della contrapposizione. Si era o con lui o contro di lui: da una parte i pochi discepoli fedeli, dall’altra i molti nemici giurati, sui quali lo scienziato – in molte circostanze della sua vita maestro di tolleranza intellettuale – si accaniva con una spietatezza quasi crudele. L’umorismo rivelatore Galileo sapeva, del resto, di essere dotato dell’arma dell’arguzia. È sufficiente pensare a una delle sue prime provocazioni, che saranno destinate ad alimentare contro di lui malumori e inimicizie: il poemetto satirico , che Galileo scrive nel corso della sua esperienza di insegnante all’Università di Pisa, è tutto teso a mettere in ridicolo i magniloquenti professori universitari, i quali nascondono la propria pochezza sotto la toga. Pur trattandosi di un testo giovanile e burlesco, costituisce un’eloquente testimonianza della personalità del suo autore, desideroso di smascherare le convenzioni e le false apparenze. Contro il portar la toga