T9 I bravi minacciano don Abbondio , cap. 1 I promessi sposi È l’inizio del romanzo. Il narratore dapprima descrive lo scenario della vicenda, tratteggiando un pittoresco paesaggio lombardo, incastonato fra le montagne e il lago di Como; poi fa entrare in scena don Abbondio, un parroco di campagna che la sera del 7 novembre 1628, di ritorno da una passeggiata, si trova di fronte due loschi figuri che hanno in serbo per lui una grave minaccia. La paura di un uomo debole Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte 1 di monti, tutto a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare di 2 3 quelli, vien, quasi a un tratto, a ristringersi, e a prender corso e figura di fiume, tra un promontorio a destra, e un’ampia costiera dall’altra parte; e il ponte, che ivi 4       congiunge le due rive, par che renda ancor più sensibile all’occhio questa trasformazione, 5 e segni il punto in cui il lago cessa, e l’Adda rincomincia, per ripigliar poi nome di lago dove le rive, allontanandosi di nuovo, lascian l’acqua distendersi e rallentarsi in nuovi golfi e in nuovi seni. La costiera, formata dal deposito di tre grossi torrenti, scende appoggiata a due monti contigui, l’uno detto di san Martino, 5     l’altro, con voce lombarda, il Resegone, dai molti suoi cocuzzoli in fila, che in 10 6 vero lo fanno somigliare a una sega: talché non è chi, al primo vederlo, purché sia di fronte, come per esempio di su le mura di Milano che guardano a settentrione, non lo discerna tosto, a un tal contrassegno, in quella lunga e vasta giogaia, dagli altri monti di nome più oscuro e di forma più comune. Per un buon pezzo, la 7     costa sale con un pendìo lento e continuo; poi si rompe in poggi e in valloncelli, 15 8 9 in erte e in ispianate, secondo l’ossatura de’ due monti, e il lavoro dell’acque. Il 10 11 lembo estremo, tagliato dalle foci de’ torrenti, è quasi tutto ghiaia e ciottoloni; 12 il resto, campi e vigne, sparse di terre, di ville, di casali; in qualche parte boschi, 13 che si prolungano su per la montagna. Lecco, la principale di quelle terre, e che dà     nome al territorio, giace poco discosto dal ponte, alla riva del lago, anzi viene in 20 14 parte a trovarsi nel lago stesso, quando questo ingrossa: un gran borgo al giorno 15 d’oggi, e che s’incammina a diventar città. Ai tempi in cui accaddero i fatti che 16 prendiamo a raccontare, quel borgo, già considerabile, era anche un castello, e 17 aveva perciò l’onore d’alloggiare un comandante, e il vantaggio di possedere una     stabile guarnigione di soldati spagnoli, che insegnavan la modestia alle fanciulle e 25 alle donne del paese, accarezzavan di tempo in tempo le spalle a qualche marito, a qualche padre; e, sul finir dell’estate, non mancavan mai di spandersi nelle vigne, per diradar l’uve, e alleggerire a’ contadini le fatiche della vendemmia. Dall’una 18 all’altra di quelle terre, dall’alture alla riva, da un poggio all’altro, correvano, e corrono     tuttavia, strade e stradette, più o men ripide, o piane; ogni tanto affondate, 30 19 sepolte tra due muri, donde, alzando lo sguardo, non iscoprite che un pezzo di 20 cielo e qualche vetta di monte; ogni tanto elevate su terrapieni aperti: e da qui la vista spazia per prospetti più o meno estesi, ma ricchi sempre e sempre qualcosa 21 nuovi, secondo che i diversi punti piglian più o meno della vasta scena circostante, 22     e secondo che questa o quella parte campeggia o si scorcia, spunta o sparisce 35 a vicenda. Dove un pezzo, dove un altro, dove una lunga distesa di quel vasto e 23 variato specchio dell’acqua; di qua lago, chiuso all’estremità o piuttosto smarrito in un gruppo, in un andirivieni di montagne, e di mano in mano più allargato tra altri monti che si spiegano, a uno a uno, allo sguardo, e che l’acqua riflette capovolti,     co’ paesetti posti sulle rive; di là braccio di fiume, poi lago, poi fiume ancora, 40 che va a perdersi in lucido serpeggiamento pur tra’ monti che l’accompagnano, 24 degradando via via, e perdendosi quasi anch’essi nell’orizzonte. Il luogo stesso 25 da dove contemplate que’ vari spettacoli, vi fa spettacolo da ogni parte: il monte di cui passeggiate le falde, vi svolge, al di sopra, d’intorno, le sue cime e le balze, 26 27     distinte, rilevate, mutabili quasi a ogni passo, aprendosi e contornandosi in gioghi 45 ciò che v’era sembrato prima un sol giogo, e comparendo in vetta ciò che poco innanzi vi si rappresentava sulla costa: e l’ameno, il domestico di quelle falde tempera 28 29 gradevolmente il selvaggio, e orna vie più il magnifico dell’altre vedute. 30    una delle due diramazioni del lago, quella che si dirige verso sud. 1 Quel ramo… mezzogiorno:    le Alpi Orobie a est e i monti della Brianza a ovest. 2 tra due catene… di monti:    insenature. 3 seni:    pendio tra il monte e la riva. 4 costiera:    vicini, confinanti. 5 contigui:    parola. 6 voce:    di modo che non c’è nessuno che, appena lo vede standogli di fronte, non lo distingua ( ) immediatamente ( ), per questa sua caratteristica particolare ( ) in mezzo a quella lunga e ampia catena montuosa ( ), dagli altri monti che hanno un nome meno famoso e una forma più usuale. 7 talché… di forma più comune: discerna tosto contrassegno giogaia    pendice dei monti. 8 costa:    poco ripido e graduale. 9 lento e continuo:    si frastaglia in collinette e strette valli, in pendii scoscesi e zone pianeggianti. 10 si rompe… ispianate:    la struttura. 11 l’ossatura:    la parte della costa più bassa. 12 il lembo estremo:    di paesi, di villaggi, di case sparse. 13 di terre, di ville, di casali:    sulla. 14 alla:    è in piena. 15 ingrossa:    s’avvia. 16 s’incammina:    roccaforte con guarnigione di soldati. 17 castello:    per rendere meno fitti i grappoli, vale a dire per rubare l’uva. 18 per diradar l’uve:    tuttora. 19 tuttavia:    da dove. 20 donde:    prospettive, panorami. 21 prospetti:    nuovi in qualche parte. 22 qualcosa nuovi:    a seconda dello spazio più o meno ampio inquadrato, e a seconda che questa o quella parte si stagli sullo sfondo o appaia di scorcio, spunti o sparisca del tutto. 23 secondo che… a vicenda:    sempre. 24 pur:    digradando, scendendo lentamente. 25 degradando:    sulle cui pendici passeggiate. 26 di cui passeggiate le falde:    vi dispiega in alto e tutt’intorno le sue vette e le sue ripide pareti. 27 vi svolge… balze:    l’aspetto piacevole per natura (l’ameno) e per la presenza umana, legata ai campi coltivati (il domestico). 28 l’ameno, il domestico:    attenua. 29 tempera:    ancora di più. 30 vie più: Per una di queste stradicciole, tornava bel bello dalla passeggiata verso casa, 31     sulla sera del giorno 7 novembre dell’anno 1628, don Abbondio, curato d’una 50 32 delle terre accennate di sopra: il nome di questa, né il casato del personaggio, non si trovan nel manoscritto, né a questo luogo né altrove. Diceva tranquillamente 33 il suo ufizio, e talvolta, tra un salmo e l’altro, chiudeva il breviario, tenendovi 34 35 dentro, per segno, l’indice della mano destra, e, messa poi questa nell’altra dietro     la schiena, proseguiva il suo cammino, guardando a terra, e buttando con un 55 piede verso il muro i ciottoli che facevano inciampo nel sentiero: poi alzava il viso, e, girati oziosamente gli occhi all’intorno, li fissava alla parte d’un monte, dove la luce del sole già scomparso, scappando per i fessi del monte opposto, 36 si dipingeva qua e là sui massi sporgenti, come a larghe e inuguali pezze di 37     porpora. Aperto poi di nuovo il breviario, e recitato un altro squarcio, giunse a 60 38 una voltata della stradetta, dov’era solito d’alzar sempre gli occhi dal libro, e di 39 guardarsi dinanzi: e così fece anche quel giorno. Dopo la voltata, la strada correva diritta, forse un sessanta passi, e poi si divideva in due viottole, a foggia d’un 40 ipsilon: quella a destra saliva verso il monte, e menava alla cura: l’altra scendeva 41     nella valle fino a un torrente; e da questa parte il muro non arrivava che all’anche 65 del passeggiero. I muri interni delle due viottole, in vece di riunirsi ad angolo, 42 terminavano in un tabernacolo, sul quale eran dipinte certe figure lunghe, ser 43 peggianti, che finivano in punta, e che, nell’intenzion dell’artista, e agli occhi degli 44 abitanti del vicinato, volevan dir fiamme; e, alternate con le fiamme, cert’altre     figure da non potersi descrivere, che volevan dire anime del purgatorio: anime e 70 45 fiamme a color di mattone, sur un fondo bigiognolo, con qualche scalcinatura 46 qua e là. Il curato, voltata la stradetta, e dirizzando, com’era solito, lo sguardo al 47 tabernacolo, vide una cosa che non s’aspettava, e che non avrebbe voluto vedere. Due uomini stavano, l’uno dirimpetto all’altro, al confluente, per dir così, delle 48     due viottole: un di costoro, a cavalcioni sul muricciolo basso, con una gamba 75 spenzolata al di fuori, e l’altro piede posato sul terreno della strada; il compagno, in piedi, appoggiato al muro, con le braccia incrociate sul petto. L’abito, il portamento, e quello che, dal luogo ov’era giunto il curato, si poteva distinguer dell’aspetto, non lasciavan dubbio intorno alla lor condizione. Avevano entrambi     intorno al capo una reticella verde, che cadeva sull’omero sinistro, terminata in 80 49 una gran nappa, e dalla quale usciva sulla fronte un enorme ciuffo: due lunghi 50 mustacchi arricciati in punta: una cintura lucida di cuoio, e a quella attaccate 51 due pistole: un piccol corno ripieno di polvere, cascante sul petto, come una 52 collana: un manico di coltellaccio che spuntava fuori d’un taschino degli ampi e     gonfi calzoni: uno spadone, con una gran guardia traforata a lamine d’ottone, 85 53 congegnate come in cifra, forbite e lucenti: a prima vista si davano a conoscere 54 55 per individui della specie de’ bravi. […] [Una digressione storica chiarisce come i bravi fossero dei soldatacci al servizio dei nobili, che nella società del tempo godevano di un’impunità pressoché totale, nonostante i provvedimenti presi contro di essi dal governo spagnolo.]    pacifico e tranquillo. 31 bel bello:    parroco. 32 curato:    a questo punto del manoscritto dell’anonimo, dal quale Manzoni finge di ricavare la materia della storia. 33 a questo luogo:    le preghiere stabilite per quel momento della giornata. 34 ufizio:    il libro delle preghiere. 35 breviario:    fenditure. 36 fessi:    chiazze. 37 pezze:    brano. 38 squarcio:    svolta. 39 voltata:    a forma. 40 a foggia:    conduceva alla casa del curato, alla canonica. 41 menava alla cura:    ai fianchi di un viandante che passasse da quelle parti. 42 all’anche del passeggiero:    nicchia con all'interno immagini sacre. 43 tabernacolo:    con una punta. 44 in punta:    stavano a rappresentare. 45 volevan dire:    grigiastro. 46 bigiognolo:    alzando. 47 dirizzando:    al bivio. 48 al confluente:    sulla spalla. 49 sull’omero:    fiocco. 50 nappa:    baffi. 51 mustacchi:    nel Seicento le armi da fuoco si caricavano con la polvere da sparo, custodita nell’apposito recipiente. 5 2 un piccol… polvere:    l’elsa, la protezione dell’impugnatura. 53 guardia:    disposte come a formare le iniziali di un nome. 54 congegnate come in cifra:    nitide. 55 forbite: Che i due descritti di sopra stessero ivi ad aspettar qualcheduno, era cosa 56 troppo evidente; ma quel che più dispiacque a don Abbondio fu il dover accorgersi,     per certi atti, che l’aspettato era lui. Perché, al suo apparire, coloro s’eran 90 57 guardati in viso, alzando la testa, con un movimento dal quale si scorgeva che tutt’e due a un tratto avevan detto: è lui; quello che stava a cavalcioni s’era alzato, tirando la sua gamba sulla strada; l’altro s’era staccato dal muro; e tutt’e due gli s’avviavano incontro. Egli, tenendosi sempre il breviario aperto dinanzi, come     se leggesse, spingeva lo sguardo in su, per ispiar le mosse di coloro; e, vedendoseli 95 venir proprio incontro, fu assalito a un tratto da mille pensieri. Domandò 58 subito in fretta a se stesso, se, tra i bravi e lui, ci fosse qualche uscita di strada, a destra o a sinistra; e gli sovvenne subito di no. Fece un rapido esame, se avesse peccato contro qualche potente, contro qualche vendicativo; ma, anche in quel turbamento, il testimonio consolante della coscienza lo rassicurava alquanto: i 100 59 bravi però s’avvicinavano, guardandolo fisso. Mise l’indice e il medio della mano sinistra nel collare, come per raccomodarlo; e, girando le due dita intorno al collo, 60 volgeva intanto la faccia all’indietro, torcendo insieme la bocca, e guardando con la coda dell’occhio, fin dove poteva, se qualcheduno arrivasse; ma non vide nessuno. Diede un’occhiata, al di sopra del muricciolo, ne’ campi: nessuno; un’altra 105 più modesta sulla strada dinanzi; nessuno, fuorché i bravi. Che fare? tornare 61 indietro, non era a tempo: darla a gambe, era lo stesso che dire, inseguitemi, o 62 peggio. Non potendo schivare il pericolo, vi corse incontro, perché i momenti di quell’incertezza erano allora così penosi per lui, che non desiderava altro che d’abbreviarli. Affrettò il passo, recitò un versetto a voce più alta, compose la faccia 110 a tutta quella quiete e ilarità che poté, fece ogni sforzo per preparare un sorriso; quando si trovò a fronte dei due , disse mentalmente: ci siamo; e si ▶  galantuomini fermò su due piedi. TRECCANI ▶ Le parole valgono galantuomo Nel sostantivo  galantuomo  c’è l’aggettivo  galante , nel significato antico di “onesto”, “leale”. Il  galantuomo  è dunque una persona di princìpi e di comportamenti retti, soprattutto nei rapporti con gli altri: «è un vero  galantu o mo , è un fior di  galantuomo »; «comportarsi, agire da  galantuomo ». Nell’Italia meridionale, in passato il vocabolo veniva utilizzato con riferimento alla condizione sociale di possidente, benestante, borghese, per lo più in contrapposizione alla classe dei contadini o cafoni.  ▶   C’è una frase proverbiale che contiene questa parola: «il tempo è galantuomo». Che cosa significa?    là. 56 ivi:    da certi gesti. 57 per certi atti:    assieme. 58 a un tratto:    la testimonianza. 59 il testimonio:    sistemarlo. 60 raccomodarlo:    timorosa. 61 modesta:    non era il caso. 62 non era a tempo: «Signor curato», disse un di que’ due, piantandogli gli occhi in faccia. «Cosa comanda?» rispose subito don Abbondio, alzando i suoi dal libro, che 115 gli restò spalancato nelle mani, come sur un leggìo. «Lei ha intenzione,» proseguì l’altro, con l’atto minaccioso e iracondo di chi coglie un suo inferiore sull’intraprendere una ribalderia, «lei ha intenzione di 63 maritar domani Renzo Tramaglino e Lucia Mondella!» «Cioè...» rispose, con voce tremolante, don Abbondio: «cioè. Lor signori son 120 uomini di mondo, e sanno benissimo come vanno queste faccende. Il povero curato non c’entra: fanno i loro pasticci tra loro, e poi... e poi, vengon da noi, come s’anderebbe a un banco a riscotere; e noi... noi siamo i servitori del comune». 64 65 «Or bene», gli disse il bravo, all’orecchio, ma in tono solenne di comando, «questo matrimonio non s’ha da fare, né domani, né mai». 125 66 «Ma, signori miei», replicò don Abbondio, con la voce mansueta e gentile di chi vuol persuadere un impaziente, «ma, signori miei, si degnino di mettersi ne’ miei panni. Se la cosa dipendesse da me... vedon bene che a me non me ne vien nulla in tasca...» 67 «Orsù», interruppe il bravo, «se la cosa avesse a decidersi a ciarle, lei ci metterebbe 130 68 in sacco. Noi non ne sappiamo, né vogliam saperne di più. Uomo avvertito... lei c’intende». «Ma lor signori son troppo giusti, troppo ragionevoli...» «Ma», interruppe questa volta l’altro compagnone, che non aveva parlato fin allora, «ma il matrimonio non si farà, o...» e qui una buona bestemmia, «o chi lo 135 farà non se ne pentirà, perché non ne avrà tempo, e...» un’altra bestemmia. «Zitto, zitto», riprese il primo oratore: «il signor curato è un uomo che sa il 69 viver del mondo; e noi siam galantuomini, che non vogliam fargli del male, 70 purché abbia giudizio. Signor curato, l’illustrissimo signor don Rodrigo nostro padrone la riverisce caramente». 140 Questo nome fu, nella mente di don Abbondio, come, nel forte d’un temporale 71 notturno, un lampo che illumina momentaneamente e in confuso gli oggetti, e accresce il terrore. Fece, come per istinto, un grand’inchino, e disse: «Se mi sapessero suggerire...» «Oh! suggerire a lei che sa di latino!» interruppe ancora il bravo, con un riso 145 72 tra lo sguaiato e il feroce. «A lei tocca. E sopra tutto, non si lasci uscir parola su questo avviso che le abbiam dato per suo bene; altrimenti... ehm.... sarebbe lo stesso che fare quel tal matrimonio. Via, che vuol che si dica in suo nome all’illustrissimo signor don Rodrigo?» «Il mio rispetto...» 150 «Si spieghi meglio!» «...Disposto... disposto sempre all’ubbidienza». E, proferendo queste parole, non sapeva nemmen lui se faceva una promessa, o un complimento. I bravi le presero, o mostraron di prenderle nel significato più serio. «Benissimo, e buona notte, messere,» disse l’un d’essi, in atto di partir col 155 73 compagno. Don Abbondio, che, pochi momenti prima, avrebbe dato un occhio per iscansarli, allora avrebbe voluto prolungar la conversazione e le trattative. 74 «Signori...» cominciò, chiudendo il libro con le due mani; ma quelli, senza più dargli udienza, presero la strada dond’era lui venuto, e s’allontanarono, cantando 75 una canzonaccia che non voglio trascrivere. Il povero don Abbondio rimase 160 76 un momento a bocca aperta, come incantato; poi prese quella delle due stradette che conduceva a casa sua, mettendo innanzi a stento una gamba dopo l’altra, che parevano aggranchiate. 77    mascalzonata. 63 ribalderia:    banca. 64 banco:    della comunità. 65 del comune:    non si deve. 66 non s’ha da:    nessun vantaggio. 67 nulla in tasca:    chiacchiere. 68 ciarle:    quello che aveva per primo preso la parola. L’espressione è ironica. 69 il primo oratore:    sa come vanno le cose. 70 sa… del mondo:    nel culmine. 71 nel forte:    conosce il latino, e quindi è una persona istruita. 72 sa di latino:    appellativo dato ai parroci nel Seicento. 73 messere:    evitarli. 74 iscansarli:    ascolto. 75 udienza:    dal manoscritto dell’anonimo. 76 non voglio trascrivere:    rattrappite. 77 aggranchiate:  >> pagina 805  DENTRO IL TESTO I contenuti tematici Dopo un’iniziale sequenza descrittiva, il primo a capo segnala l’avvio di una nuova sequenza, di taglio prettamente narrativo. Una delle (r. 49) vede la presenza di un pacifico parroco di campagna, che torna (r. 49) da una passeggiata. Il nome del prete, Abbondio (frequente in quelle zone), suggerisce un’idea di calma e bonarietà: sennonché la precisa indicazione cronologica – è la sera del 7 novembre 1628 – riporta ai tempi cupi della dominazione spagnola. stradicciole bel bello In quella via, e in quella giornata, sta per cominciare la faccenda su cui verte l’intero romanzo. Ma don Abbondio lo ignora: avanza per la sua strada al tramonto, recitando come di consueto le preghiere. Gli avverbi ( ) sottolineano la situazione di routine, che si incrina solo quando, alzati gli occhi verso un crocicchio, vede due uomini fermi in attesa, nei pressi di un tabernacolo. La scena è condotta secondo il suo punto di vista: il prete si accorge subito del loro atteggiamento ambiguo e dell’aspetto poco rassicurante. Ben curati nella persona, a partire dai baffi arricciati e dal ciuffo, portano indosso, in bella vista, una serie di armi, a modo loro eleganti: le pistole attaccate al lucido cinturone di cuoio, il corno con la polvere da sparo pendente sul petto come una collana, il coltello che spunta dagli (rr. 84-85), lo spadone dalla splendida guardia, (r. 85). Sono due bravi: cioè due uomini appartenenti a una delle tante milizie private messe in piedi dai nobili del Seicento, perfetti rappresentanti di un’epoca caratterizzata dal dilagare della violenza e dal gusto dell’esibizione sfarzosa. tranquillamente , oziosamente ampi e gonfi calzoni traforata a lamine d’ottone A questo preciso ritratto Manzoni aggiunge una digressione storica, che spiega la presenza di questi individui nella società lombarda del XVII secolo, e nel contempo accresce la nel lettore, impaziente di scoprire cosa ci stiano a fare, in una stradicciola di campagna. Quando si ritorna alla narrazione il punto di vista è sempre quello di don Abbondio, che si rende conto di essere atteso. I due si guardano fra loro e gli si fanno incon suspense tro. Il parroco si guarda intorno ma non ha vie d’uscita, né persone alle quali chiedere aiuto. È disarmato e solo, come rimarca la triplice anafora di nessuno . Decide allora di affrettare il passo, e dissimulare la paura che lo pervade. La passeggiata di don Abbondio Gerolamo Induno,  , 1862. Milano, Gallerie d’Italia. Pescarenico  >> pagina 806  Ci siamo (r. 112), dice mentalmente don Abbondio quando si trova di fronte i due bravi. “Ci siamo”, potrebbe ripetere il lettore, che si trova di fronte al momento chiave del romanzo, in cui l’ingiustizia dei tempi si concretizza in un episodio preciso. Inizia infatti un dialogo nel quale compare l’ostacolo che mette in moto la vicenda: i bravi gli vietano di celebrare le nozze fra i due promessi sposi, Renzo Tramaglino e Lucia Mondella ( questo matrimonio non s’ha da fare, né domani né mai , r. 125). Il parroco non si ribella, né difende i diritti dei due malcapitati, anzi li accusa di aver fatto i loro pasticci (r. 122) senza pensare a nient’altro. Subito dopo precisa di non avere alcun interesse materiale nella questione: a me non me ne vien nulla in tasca (rr. 128-129). Affiora così il carattere vigliacco e volgare di don Abbondio, in dubbio sul da farsi, come evidenzia la frequenza di frasi lasciate a mezzo e chiuse con i puntini, che troviamo nelle battute dei bravi solo per intimidire: (rr. 131-132). I due sgherri ricorrono piuttosto a frasi esclamative. L’uno apre la bocca per sbraitare bestemmie e minacce, l’altro – sprezzante e sarcastico – porge un saluto per conto dell’ (rr. 139-140). Don Abbondio capisce al volo, e si profonde in un inchino istintivo al mandante, un pericoloso signorotto locale che conosce di fama. Il dialogo, iniziato con un formale (r. 115), si conclude con una professione di “ubbidienza” che lascia soddisfatti i bravi. Le figure sacre del tabernacolo sono testimoni del tradimento di don Abbondio, che invece di restare fedele ai doveri imposti dal suo ruolo si piega alla legge della violenza. Questo parroco, commenta poco oltre il narratore con un’ironica litote, “non era nato con un cuore di leone”. Uomo avvertito… illustrissimo signor don Rodrigo nostro padrone cosa comanda? Il tradimento di un prete pavido Le scelte stilistiche Lo scenario della vicenda, nei primi capitoli dei , è il pittoresco paesaggio dei borghi sul versante orientale del lago di Como, stretti fra l’acqua e le montagne. Dove terminano golfi e insenature, le sponde si stringono e sorge il ponte di Lecco: là punta lo sguardo del narratore, che percorre minuziosamente il panorama dall’alto, quasi fosse in volo, o lo esaminasse su una carta geografica dettagliata; poi si distanzia, sino a immaginare un osservatore che da Milano riconosca l’inconfondibile profilo frastagliato del Resegone. Ma subito la prospettiva si riavvicina e mette a fuoco la città di Lecco, precisando che la storia si svolge in tempi lontani, quando la Lombardia era sotto il giogo degli spagnoli, sui quali viene espresso un giudizio fortemente negativo. Promessi sposi Emerge così il tema dell’ingiustizia, che sarà cruciale nel romanzo, temperato spesso dall’ironia, come avviene già qui, quando si dice che i soldati (rr. 25-27) e saccheggiavano in autunno le vigne, per (r. 28). Dopodiché il narratore torna alla descrizione dei luoghi, concentrandosi sulle stradine che s’intersecano a mezza collina, offrendo magnifici scorci del lago, con i paesetti che vi si riflettono capovolti. Ogni riga lascia intuire l’ammirato affetto di Manzoni, che in quelle terre trascorse buona parte dell’infanzia. insegnavan la modestia alle fanciulle e alle donne del paese, accarezzavan di tempo in tempo le spalle a qualche marito, a qualche padre alleggerire a’ contadini le fatiche della vendemmia La tensione descrittiva  >> pagina 807  VERSO LE COMPETENZE COMPRENDERE Dividi il brano letto in quattro sequenze principali, dando a ciascuna un titolo e indicando di che tipo sono. 1  2 A quale manoscritto si fa riferimento alla r. 52? 3 Da quali segni don Abbondio comprende che i due bravi stavano aspettando proprio lui? 4 Qual è la prima reazione di don Abbondio alla vista dei bravi? ANALIZZARE Individua, nella sequenza descrittiva iniziale, almeno un esempio delle seguenti figure retoriche: 5  anafora; a poliptoto; b allitterazione. c La descrizione iniziale è costruita su numerose antitesi: quali riesci a individuare? Rispondi facendo opportuni esempi. 6  Quali caratteristiche di don Abbondio emergono dalla sua descrizione? Motiva la tua risposta facendo riferimento al testo. 7  Nel colloquio con don Abbondio, i due bravi fanno grande uso della strategia della reticenza: in quali punti? Che scopo ha questa strategia? 8  INTERPRETARE A proposito del matrimonio che “non s’ha da fare”, don Abbondio dice ai bravi: (rr. 121-123). Quale concezione dell’amore e del ruolo del sacerdote emerge da queste parole di don Abbondio? Esponi le tue considerazioni. 9  Il povero curato non c’entra: fanno i loro pasticci tra loro, e poi... e poi, vengon da noi, come s’anderebbe a un banco a riscotere; e noi... noi siamo i servitori del comune Dalla descrizione iniziale e dal comportamento dei bravi, quale giudizio emerge sul dominio spagnolo in Italia e sul modo in cui esso gestisce il potere? 10  Quali sono i motivi per cui, secondo te, Manzoni fa così spesso ricorso all’arma dell’ironia? Quali scopi si propone? 11  Per quale motivo, a tuo giudizio, il narratore si esprime con apparente, indulgente bonarietà, quando evidenzia le miserie morali di don Abbondio? 12  scrivere per... rielaborare Ricostruisci in circa 15 righe e in forma indiretta il dialogo tra il curato e i bravi. 13  raccontare Riscrivi il passo in cui il narratore descrive la dominazione spagnola, ma con aspri toni di denuncia, facendo emergere chiaramente le prevaricazioni e le prepotenze subite dalla popolazione. 14  Educazione CIVICA – Spunti di realtà OBIETTIVO PACE, GIUSTIZIA E ISTITUZIONI SOLIDE 16 Quella subita da don Abbondio da parte dei bravi è una vera e propria “ ”: la prepotenza viene esercitata sui più deboli e indifesi, che non hanno forza e capacità di far fronte alle minacce e di mantenere con fermezza un comportamento corretto e onesto. In tal senso, oggi chi sono i “bravi”? E che cosa intimano alle loro vittime? intimidazione mafiosa • Facendo riferimento alle notizie di cronaca, argomenta la tua risposta in un testo di circa 30 righe, in cui descrivi comportamenti, attitudini, tratti caratteristici dei “bravi moderni”. Una scena del film   (2008), ispirato al libro omonimo di Roberto Saviano, in cui si denuncia il potere della camorra. Gomorra