T12 Il ritratto della monaca di Monza , cap. 9 I promessi sposi Abbandonato il paese natale, Lucia insieme ad Agnese è indirizzata a Monza, nella speranza che la «signora» del convento, una monaca di famiglia potentissima, accetti di darle protezione. La comparsa in scena di Gertrude, la monaca di Monza, è abilmente preparata da Manzoni, che crea tutte le premesse per suscitare la curiosità del lettore. Il primo a nominarla, con rispetto e cautela, è il padre guardiano dei cappuccini, una volta appreso dalla lettera di fra Cristoforo della persecuzione subita da Lucia: «non c’è che la signora: se la signora vuole prendersi quest’impegno…». La domanda sull’identità della «signora» viene posta da Agnese e Lucia al carrettiere che le porta in convento. La risposta aumenta la  : «La chiamano la signora, per dire ch’è una gran signora; e tutto il paese la chiama con quel nome, perché dicono che in quel monastero non hanno mai avuto una persona simile; e i suoi d’adesso, laggiù a Milano, contan molto, e son di quelli che hanno sempre ragione». In attesa del colloquio, Lucia si aggira spaesata nel parlatorio del convento. Dietro una finestra, vede una monaca che la fissa intensamente. Esitante, si avvicina. suspense La descrizione di una donna enigmatica Il suo aspetto, che poteva dimostrar venticinque anni, faceva a prima vista un’impressione di bellezza, ma d’una bellezza sbattuta, sfiorita e, direi quasi, scomposta. Un velo nero, sospeso e stirato orizzontalmente sulla testa, cadeva dalle due parti, discosto alquanto dal viso; sotto il velo, una bianchissima benda di lino cingeva,       fino al mezzo, una fronte di diversa, ma non d’inferiore bianchezza; un’altra benda 5 a pieghe circondava il viso, e terminava sotto il mento in un soggolo, che si 1 stendeva alquanto sul petto, a coprire lo scollo d’un nero saio. Ma quella fronte si raggrinzava spesso, come per una contrazione dolorosa; e allora due sopraccigli 2 neri si ravvicinavano, con un rapido movimento. Due occhi, neri neri anch’essi, si     fissavano talora in viso alle persone, con un’investigazione superba; talora si chinavano 10 in fretta, come per cercare un nascondiglio; in certi momenti, un attento osservatore avrebbe argomentato che chiedessero affetto, corrispondenza, pietà; 3 altre volte avrebbe creduto coglierci la rivelazione istantanea d’un odio inveterato 4 e compresso, un non so che di minaccioso e di feroce: quando restavano immobili     e fissi senza attenzione, chi ci avrebbe immaginata una svogliatezza orgogliosa, chi 15 avrebbe potuto sospettarci il travaglio d’un pensiero nascosto, d’una preoccupazione familiare all’animo, e più forte su quello che gli oggetti circostanti. Le gote 5 pallidissime scendevano con un contorno delicato e grazioso, ma alterato e reso mancante da una lenta estenuazione. Le labbra, quantunque appena tinte d’un roseo 6     sbiadito, pure, spiccavano in quel pallore: i loro moti erano, come quelli degli 20 7 occhi, subitanei, vivi, pieni d’espressione e di mistero. La grandezza ben formata della persona scompariva in un certo abbandono del portamento, o compariva sfigurata in certe mosse repentine, irregolari e troppo risolute per una donna, non che per una monaca. Nel vestire stesso c’era qua e là qualcosa di studiato o di negletto, 8     che annunziava una monaca singolare: la vita era attillata con una certa cura secolaresca, 25 9 e dalla benda usciva sur una tempia una ciocchettina di neri capelli; cosa che dimostrava o dimenticanza o disprezzo della regola che prescriveva di tenerli sempre corti, da quando erano stati tagliati, nella cerimonia solenne del vestimento. 10    fascia che copre il collo e incornicia il viso, indossata dalle suore. 1 soggolo:    è il sintomo di un profondo dissidio interiore. 2 contrazione dolorosa:    amicizia. 3 corrispondenza:    radicato. 4 inveterato:    a cui l’animo era abituato. 5 familiare all’animo:    stanchezza. 6 estenuazione:    movimenti. 7 moti:    trascurato. 8 negletto:    cura mondana, di chi non vive nella regola monacale. 9 cura secolaresca:    della vestizione. 10 del vestimento:  >> pagina 820  DENTRO IL TESTO I contenuti tematici L’apparizione della «signora» è il capolavoro della ritrattistica manzoniana: non a caso, la splendida resa di una bellezza tormentata, inquieta, profondamente romantica, nell’Ottocento ha ispirato numerosi artisti, che hanno tentato di darne un’interpretazione pittorica. Il narratore inizia con un’impressione d’insieme, per poi concentrarsi sui singoli particolari del volto, insistendo sugli occhi, in cui balenano ora la superbia, ora l’odio, ora la disperazione, ora la solitudine e perfino una richiesta di affetto. Non scioglie dunque il mistero sull’animo della donna, amplificato da una serie di ipotesi discrepanti, dal singolare (r. 22) e da quella maliziosa (r. 26), in contrasto con la regola monacale. Tutti gli indizi esterni concorrono a suggerire una pericolosa ambiguità, destinata a trovare conferme nel prosieguo della storia. Sarà proprio la «signora», infatti, a favorire il rapimento di Lucia, per mano del suo amante Egidio. abbandono del portamento ciocchettina di neri capelli L’insieme e i particolari Per quanto crudele, volubile, viziosa, la monaca di Monza è un personaggio che ispira nel lettore pietà, in quanto il male di cui si rende responsabile discende da una gravissima violenza psicologica subita. Come chiarisce in seguito il narratore in una lunga digressione, il convento è stato scelto per lei dal «principe padre», che sin dall’infanzia aveva tentato invano di abituarla all’idea, arrivando a regalarle bambole vestite da suora. Accettato l’abito senza vocazione, la «signora» scivola presto nel peccato, e dal peccato al delitto: si rende complice infatti dell’assassinio della monaca che aveva scoperto la sua tresca con Egidio. Il convento è per lei innanzitutto una prigione, come suggerisce l’insistenza, una volta concluso il ritratto, sulle grate di ferro dietro le quali si staglia la sua figura. Nel crearla l’autore si ispirò alla figura di Marianna de Leyva, nobildonna davvero esistita, condannata dal cardinale Borromeo a espiare i suoi misfatti in una stanzetta murata, dove rimase tredici anni. Una vicenda tragica Le scelte stilistiche Per dare immediato rilievo visivo a una personalità contrastata, il narratore valorizza l’antitesi fra bianco e nero, i due colori dell’abito delle benedettine, che connotano anche l’aspetto fisico della monaca. Bianca la fronte, nere le sopracciglia, neri gli occhi e i capelli, il volto tanto pallido che il (rr. 19-20) delle labbra vi spicca. Su queste tinte prende forma una bellezza efficacemente sintetizzata dall’allitterazione che lega i tre participi: (r. 2). Manzoni evita di spingersi oltre: la frequenza dei , dei , delle formule dubitative ( , r. 14), delle indecisioni ( , r. 24) lascia il lettore esitante, come Lucia al cospetto della monaca. roseo sbiadito sbattuta, sfiorita e, direi quasi, scomposta ma come un non so che qualcosa di studiato o di negletto Bianco e nero VERSO LE COMPETENZE Comprendere Elenca le parti del viso e i dettagli dell’abbigliamento su cui si sofferma il narratore, accostando a ciascuno il significato che gli viene attribuito. 1  Analizzare Nell’espressione (r. 2) si può cogliere un ossimoro: per quale ragione tale figura retorica è adatta alla personalità della monaca? 2  bellezza sbattuta, sfiorita e, direi quasi, scomposta Rintraccia nel testo tutti i riferimenti alla sfera cromatica. 3  Individua tutti gli elementi che suggeriscono nella monaca un disordine interiore. 4  Interpretare Considera il lungo passo dedicato alla descrizione degli occhi. Che cosa vuole suggerire a tuo parere Manzoni? 5  Perché, a tuo giudizio, il narratore in questo passo non propone mai il punto di vista della «signora»? 6