FINESTRA SUL ’900 Verga & Beppe Fenoglio L’IDILLIO MANCATO DI DUE AUTORI DISINCANTATI La lezione antiretorica di Verga Viene spontaneo accostare a Verga tutte le rappresentazioni del mondo contadino caratterizzato dalla miseria, chiuso in un fatalistico immobilismo ma a un certo punto corroso dall’improvviso irrompere della Storia a cui è sempre stato estraneo. La durezza della lotta per la vita, la spietatezza della legge economica, il bisogno di sopravvivenza o di affermazione che infierisce sul nucleo degli affetti familiari, la povertà e la sofferenza che inaridiscono i sentimenti e induriscono gli animi: ogni volta che la letteratura italiana del Novecento ha messo in scena questi aspetti e lo ha fatto senza indulgere alla retorica, al compiacimento paternalistico o peggio al populismo (sempre in agguato, quest’ultimo, quando gli scrittori si cimentano con la descrizione degli umili), la critica ha parlato di una “ ”, di una presenza cioè affiorante o addirittura condizionante specie nei periodi di crisi collettiva, di disagio sociale ed economico. In effetti, non è un caso che le discendenze letterarie verghiane maturino in , a riprova della capacità dei romanzi e delle novelle dell’autore siciliano di superare, con una proposta contenutistica e formale di grande modernità, i confini cronologici o localistici a cui pure per molto tempo la sua produzione è stata confinata. funzione Verga epoche di tensione Il Neorealismo e il desiderio di raccontare La lezione verghiana torna attuale soprattutto all’indomani della Seconda guerra mondiale, nel clima storico-culturale dominato dal cosiddetto Neorealismo, quando la vita dei ceti popolari, segnata da dolore ma anche da nuove speranze, diviene oggetto dell’attenzione degli intellettuali, degli scrittori ma anche dei registi cinematografici. Un’intera generazione di artisti sente l’impulso di e descrivere storie vissute, saldando , narrazione e denuncia. Scriverà anni dopo Italo Calvino: «L’essere usciti da un’esperienza – guerra, guerra civile – che non aveva risparmiato nessuno, stabiliva un’ : si era faccia a faccia, alla pari, carichi di storie da raccontare, ognuno aveva avuto la sua». raccontare aderendo alla realtà letteratura e documento immediatezza di comunicazione tra lo scrittore e il suo pubblico Gruppo di bambini che giocano a biglie, 1910-1920.  >> pagina 273 Il pessimismo di Fenoglio Alla stagione del Neorealismo possiamo connettere anche l’esperienza letteraria di Beppe Fenoglio, che pure per molti versi costituisce un episodio a sé: la sua esistenza di scrittore appartato e quasi chiuso in una solitaria dimensione provinciale e la sua concezione della letteratura, lontana da ogni intento di mera denuncia sociale o di contingente impegno ideologico, lo rendono del tutto . Nella sua opera non troviamo infatti eroi “positivi”, personaggi che si immolano per una fede politica vissuta in modo disinteressato né tanto meno una rappresentazione oleografica della lotta partigiana, che al contrario viene descritta con disincanto come un’esperienza non priva di macchie e contraddizioni. Lo avvicinano a Verga il e la visione pessimistica dell’esistenza, descritta con la durezza disperata di chi non vede alternative a un destino di ineluttabile sofferenza, da sopportare però con dignità e con un’etica istintiva che rifiuta ogni vittimismo. un caso originale nell’ambito della nostra letteratura novecentesca rifiuto di ogni forma di sentimentalismo umanitario   Video – Una finestra su Beppe Fenoglio Il paesaggio che schiaccia Fenoglio rappresenta, infatti, nella sua , la violenza che domina la vita degli uomini: sia la violenza dell’ambiente naturale e sociale che condanna il popolo semplice dei contadini e della gente più umile, sia la violenza che l’uomo esercita sul prossimo nelle pagine più dolorose della Storia, come quella di una tragica guerra fratricida. concretezza quotidiana Anche l’aspro paesaggio delle Langhe sembra suggerire il destino di sofferenza che si abbatte sugli individui, al di là di ogni contingenza storica (anche in questo si coglie un riverbero dell’esperienza verghiana): nuvole, nebbia, vento, fango, soprattutto una pioggia biblica e incessante costituiscono, in un certo qual modo, le da cui non è lecito attendersi altro che la brutalità del male. metafore naturali di un fato inesorabile Partigiani e povera gente Nato ad , in Piemonte, nel , Beppe Fenoglio matura presto una grande passione per la letteratura, specie quella anglosassone; inoltre, grazie all’influenza di alcuni insegnanti (tra questi, il filosofo Pietro Chiodi), apprende i valori che dopo il lo portano a unirsi ai , le colline che circondano la sua città natale: in un primo momento si arruola con i “rossi” della Brigata Garibaldi, poi entra nelle formazioni badogliane (cioè fedeli al nuovo governo presieduto dal maresciallo Pietro Badoglio), dette “azzurre” dal colore del fazzoletto portato al collo di chi vi faceva parte. Dopo la Liberazione, mette a frutto la conoscenza della lingua inglese lavorando come corrispondente con l’estero per un’azienda vinicola, ma contemporaneamente consacra i momenti liberi alla scrittura. Al risale la pubblicazione del primo libro, un volume di racconti dal titolo , ispirati alla guerra partigiana, di cui Fenoglio offre un quadro anticonformistico, a volte perfino burlesco, che suscita molte critiche negli ambienti di sinistra. Alba 1922 1943 reparti partigiani attivi sulle Langhe 1952 I ventitré giorni della città di Alba La stessa rappresentazione che mai cede alla retorica si coglie nei successivi due , entrambi postumi (Fenoglio muore infatti a Torino, nel 1963, appena quarantunenne): e , quest’ultimo caratterizzato da un sorprendente impasto linguistico grazie alla presenza di frasi in inglese, forme dialettali e numerosi neologismi. Protagonista del libro è il giovane Johnny che, aggregatosi alle formazioni partigiane con l’impulso di diventare un eroe, prende progressivamente coscienza del carattere della guerra moderna: non più un’occasione per acquistare gloria, ma un evento drammatico nel quale gli individui si ritrovano soli, satelliti fragili di un cosmo di morte, svuotato di senso. romanzi dedicati alla Resistenza Una questione privata Il partigiano Johnny La delle Langhe è invece l’oggetto privilegiato dell’altro filone della narrativa di Fenoglio: il romanzo (1954), storia di due famiglie “langarole” impegnate, agli inizi del secolo, nella dura lotta per la sopravvivenza, e i racconti riuniti nel 1963 sotto il titolo portano sulla scena un’ , immersa in un mondo sospeso e quasi fuori dal tempo. L’autore descrive i personaggi senza alcuna volontà di sublimarli: recuperando l’artificio verghiano della regressione, esprime il loro punto di vista immergendosi nelle vicende raccontate e utilizzando un linguaggio popolare per dar vita alla dura dimensione remota e primordiale in cui essi vivono. vita contadina La malora Un giorno di fuoco umanità violenta e passionale Nel racconto che proponiamo, dal titolo , ci troviamo nel Piemonte della prima metà del Novecento. La protagonista, Catinina, ha appena tredici anni: è una ragazzina che ama giocare a biglie fra i banchi del mercato, dove lavorano i suoi genitori. Un giorno la madre la chiama per annunciarle una novità destinata a spezzare la sua adolescenza e a cambiarle la vita. La sposa bambina Beppe Fenoglio al tavolo di lavoro, 1955-1960.  >> pagina 274  Catinina del Freddo era di quella razza che da noi si marchia col nome di mezzi zingari 1 2 perché mezza la loro vita la passano sotto l’ala del mercato. 3 Proprio sotto l’ala si trovava, a tredici anni giusti, a giocare coi maschi a tocco e spanna, quando sua madre le fece una chiamata straordinaria. 4 5       «Lasciami solo più giocare queste due bilie!» le gridò Catinina, ma sua madre 5 6 7 fece la mossa di avventarsi e Catinina andò, con ben più di due bilie nella tasca del 8 grembiale. 9 A casa c’era suo padre e sua sorella maggiore, tra i quali vennero a mettersi lei e sua madre, e così tutt’insieme fronteggiavano un vecchio che Catinina conosceva solo     di vista, con baffi che gli coprivano la bocca e nei panni un cattivo odore un po’ 10 come quello dell’acciugaio. I suoi di Catinina stavano come sospesi davanti al vecchio, 10 11 e Catinina cominciò a dubitare che fosse venuto per farsi rendere ad ogni costo del denaro imprestato e i suoi l’avessero chiamata perché il vecchio la vedesse e li compatisse.     Invece il vecchio era venuto per chiedere la mano di Catinina per il suo nipote 15 che aveva diciotto anni e già un commercio suo proprio. 12 Sua madre si piegò e disse a Catinina: «Neh che sei contenta di sposare il nipote 13 di questo signore?» Catinina scrollò le spalle e torse la testa. Sua madre la rimise in posizione: «Neh 14     che sei contenta, Catinina? Ti faremo una bella veste nuova, se lo sposi». 20 Allora Catinina disse subito che lo sposava e vide il vecchio calar pesantemente le palpebre sugli occhi. «Però la veste me la fate rossa» aggiunse Catinina. «Ma rossa non può andare in chiesa e per sposalizio. Perché ti faremo una gran 15     festa in chiesa. Avrai una veste bianca, oppure celeste». 25 è prassi marchiare le bestie con un numero o una sigla. 1 razza che da noi si marchia: chi va per mercati conduce un’esistenza errabonda, un po’ come gli zingari. 2 mezzi zingari: la tettoia, sotto la quale trovano spesso ricovero i banchi del mercato. 3 l’ala del mercato: gioco di strada con le biglie. 4 a tocco e spanna: fuori dell’ordinario, non usuale. 5 straordinaria: soltanto. Regionalismo piemontese. 6 solo più: biglie. 7 bilie: correre verso di lei. 8 avventarsi: grembiule. 9 grembiale: venditore di acciughe. 10 acciugaio: i parenti. 11 I suoi: un’attività. 12 un commercio: vero. 13 Neh: la rimise al suo posto. 14 la rimise in posizione: nozze. 15 sposalizio: A Catinina la gran festa in chiesa diceva poco o niente, quella veste non rossa già le cambiava l’idea, per lo scoramento si lasciò piombare una mano in tasca e fece 16 suonare le bilie. Allora la sorella maggiore disse che le avrebbero portato tanti confetti; a sentir     questo Catinina passò sopra alla veste non rossa e disse di sì su tutto. Anche se quei 30 confetti non finivano in bocca a lei. Si sposarono alla vicaria di Murazzano, neanche un mese dopo. Lo sposo dava 17 alla vista meno anni dei suoi diciotto dichiarati, aveva una corona di pustole sulla 18 19 fronte, più schiena che petto, e certi occhi grigi duretti.     Fecero al Leon d’Oro il pranzo di nozze, pagato dal vecchio e dopo vespro partirono. 35 20 C’era tutto il paese a salutar Catinina, e perfino i signori ai loro davanzali. avvilimento. 16 scoramento: chiesa parrocchiale di Murazzano, paese dell’Alta Langa. 17 alla vicaria di Murazzano: dimostrava. 18 dava alla vista: foruncoli. 19 pustole: alla sera. 20 dopo vespro: Félix-Édoward Vallotten, , 1895 ca. Chiaro di luna Lo sposo, che era padrone di mula e carretto, aveva giusto da andare fino a Savona a caricar stracci, che era il suo commercio, e ne approfittava per fare il viaggio di nozze con Catinina.     Alla sposa venne da piangere quando, salita sul carretto, dominò di lassù tutta 40 quella gente che rideva, ma le levò quel groppo un cartoccio di mentini che le offrì 21 una donna anche lei della razza dei mezzi zingari. Alla fine partirono, ma ancora a San Bernardo avevano il tormento di quei bastardini che fino a ieri giocavano alle bilie con la sposa. Quantunque lo sposo non tardasse     a girare la frusta. 45 22 Viaggiavano sulla pedaggera e ne avevano già ben macinata di ghiaia, e Catinina 23 24 non aveva ancora aperto la bocca se non per infilarci quei mentini uno dopo succhiato l’altro, e lo sposo le sue quattro parole le aveva dette alla mula. Ma passato Montezemolo lo sposo si voltò e le disse: «Voi adesso la smettete di 25     mangiare quei gommini verdi», e Catinina smise, ma principalmente per lo stupore 50 che lo sposo le aveva dato del voi. 26 Veniva su la luna, e dopo un po’ fu un mostro di vicinanza, di rotondità e giallore, navigava nel cielo caldo a filo del greppo della langa, come li volesse accompagnare 27 fino in Liguria.     Catinina toccò il suo sposo e gli disse: «Guarda solo un momento che luna». 55 Ma quello le si rivoltò e quasi le urlò: «Voi avete a darmi del voi, come io lo do a voi!» Catinina non rifiatò, molto più avanti disse semplicemente che il listello di legno l’aveva tutta indolorita dietro, dopo ore che ci stava seduta. E allora lui parlò con una voce buona, le disse che al ritorno sarebbe stata più comoda, lui l’avrebbe aggiustata     sugli stracci. 60 28 Arrivarono a Savona verso mezzogiorno. Lo sposo disse: «Quello lì davanti è il mare» che Catinina già ci aveva affogati gli occhi. «Che bestione» diceva Catinina del mare «che bestione!»     Tutte le volte che pascolava le pecore degli altri in qualche prato sotto la strada 65 del mare e sentiva d’un tratto sonagliere, si arrampicava sempre sull’orlo della strada 29 e da lì guardava venire, passare e lontanarsi i carrettieri e le loro bestie in cammino verso il mare con grandi carichi di vino e di farine. Qualche volta li vedeva anche al ritorno, coi carri adesso pieni di vetri di Carcare e di Altare e di stoviglie d’Albisola, 30     e si appostava per fissare i carrettieri negli occhi, se ritenevano l’immagine del 70 31 mare. le tolse quella tristezza. 21 le levò quel groppo: i ragazzini che giocavano a biglie con Catinina seguono il carretto, nonostante lo sposo li minacci con la frusta. 22 il tormento… frusta: strada che da Alba va verso la Liguria. 23 pedaggera: con le ruote del carro, perché le strade al tempo non erano asfaltate. L’espressione significa “ne avevano fatta di strada”. 24 già ben macinata di ghiaia: uno degli ultimi paesi delle Langhe. 25 Montezemolo: allora in uso anche fra coniugi, ma non fra ragazzi. 26 voi: sul margine della collina. 27 a filo del greppo della langa: avrebbe sistemato degli stracci, per ammorbidire il sedile. 28 aggiustata sugli stracci: striscia di cuoio provvista di sonagli, posta al collo delle bestie da soma. 29 sonagliere: paesi liguri. 30 Carcare, Altare, Albisola: conservavano. 31 ritenevano: Ora se lo stava godendo da due passi il mare, ma lo sposo le calò una mano sulla spalla e si fece accompagnare a stallare la bestia. Ma 32     poi le fece vedere un po’ di porto e poi prendere 75 un caffellatte con le paste di meliga. Dopodiché 33 andarono a trovare un parente di lui. Questo parente stava dalla parte di Savona verso il monte e a Catinina rincresceva il sangue del cuore 34     distanziarsi dal mare fino a non avercene nemmeno più 80 una goccia sotto gli occhi. Ce ne volle, ma alla fine trovarono quel parente. Era un uomo vecchiotto ma ancora galante, e quando si vide alla porta i due ragazzi sposati fece subito venire vino bianco e paste     alla crema ed anche dei vicini, ridicoli come lui. 85 Mangiarono, bevettero e cantarono. Catinina in quel buonumore prese a snodarsi e a rider di gola e ad ammiccare come 35 una donna fatta, e teneva bene testa al parente galante ed 36 ai suoi soci; lo sposo le era uscito di mente ed anche dagli occhi,     non lo vedeva, seduto immobile, che pativa a bocca stretta 90 e col bicchiere sempre pieno posato in terra fra i due piedi. Quando si ritirarono per la notte in una stanza trovata dal parente, allora riempì di schiaffi la faccia a Catinina. E nient’altro, tanto Catinina non era ancora sviluppata.     Al mattino Catinina aveva per tutto il viso delle macchie gialle 95 con un’ombra di nero, lo sposo venne a sfiorargliele con le dita e poi scoppiò a piangere. Proprio niente disse o fece Catinina per sollevarlo, gli disse solo che voleva tornare a Murazzano. E sì che si sarebbe fermata un altro giorno tanto volentieri per via   di quel parente così ridicolo, ma ora sapeva cosa le costava il buonumore, e poi il mare 100 le diceva molto meno. Lo sposo caricò in fretta i suoi stracci, la fece sedere sul molle e tornarono. La mattina dopo, il panettiere di Murazzano, che si levava sempre il primo di tutto il paese, uscito in strada a veder com’era il cielo di quel nuovo giorno, trovò Catinina   seduta sul selciato e con le spalle contro il muro tiepido del suo forno. 105 «Ma sei Catinina? Sei proprio Catinina. E cosa fai lì, a quest’ora della mattina?» Lei gli scrollò le spalle. «Cosa fai lì, Catinina? E non scrollarmi le spalle. Perché non sei col tuo uomo?» «Me no di sicuro!»   «Perché te no?» 110 mettere al riparo l’animale. 32 stallare la bestia: dolci a base di farina di frumento. 33 paste di meliga: dispiaceva molto. 34 rincresceva il sangue del cuore: sciogliersi. 35 snodarsi: attirare l’interesse come una donna esperta. 36 ammiccare come una donna fatta: Giovane sposa con costume tipico piemontese, 1930 ca. Allora Catinina alzò la voce. «Io non ci voglio più stare con quello là che mi dà del voi!» «Ma come non ci vuoi più stare? Invece devi stargli insieme, e per sempre. È la legge». «Che legge?»   «O Madonna bella e buona, la legge del matrimonio!» 115 Catinina scrollò un’altra volta le spalle, ma capiva anche lei che scrollar le spalle non bastava più, e allora disse: «Io non ci voglio più stare con quello là che mi dà sempre del voi. E poi che casa mi ha preparata che io c’entrassi da sposa? Una casa senza lume a petrolio e senza il poggiolo!» 37   L’uomo sospirò, la fece entrare nel suo forno, disse piano al suo garzone: «Attento 120 che non scappi, ma non beneficiartene altrimenti il mestiere vai a impararlo da 38 un’altra parte» e uscì. Quando tornò, c’era con lui l’uomo di Catinina. Col panettiere testimone, le promise il lume a petrolio per subito e di farle il poggiolo, tempo sei mesi.   Catinina il lume a petrolio l’ebbe subito, e poi anche il poggiolo, ma dopo un anno 125 buono, che lei aveva già un bambino sulle braccia. Perché Catinina non era la donna che per aver la grazia dei figli deve andarsi a sedere sulla santa pietra alla Madonna del Deserto e pregare tanto. 39 Questo primo figlio, dei nove che ne comprò 40   nella sua stagione, l’addormentava alla meglio in 130 una cesta e poi subito correva sotto l’ala a giocare a tocco e spanna con quei maschi di prima. Dopo un po’ il bambino si svegliava e strillava da farsi saltare tutte le vene, finché una vicina si faceva 41   sull’uscio e urlava a Catinina: 135 «O disgraziata, non senti la tua creatura che piange? Vieni a cunarlo, o mezza zingara!» 42 «Lasciatemi solo più giocare questa bilia!» balcone. 37 poggiolo: approfittartene. 38 beneficiartene: non aveva bisogno di recarsi in pellegrinaggio per chiedere la grazia di restare incinta. Il santuario di Nostra Signora del Deserto sorge a Millesimo, nell’entroterra di Savona. 39 non era la donna… pregare tanto: ne partorì. 40 ne comprò: si affacciava. 41 si faceva: cullarlo. 42 cunarlo: Giorgio Kiernek, , 1900. Pavia, Musei civici del Castello Visconteo. L’enigma umano. Il silenzio  >> pagina 279 La voce del narratore In una nota al racconto, Fenoglio chiarì d’avere ascoltato questa storia dalla voce di un parente: molti tratti, in effetti, rimandano a una . Come si vede già nella prima frase ( , r. 1), il narratore conosce bene il mondo che rappresenta, anzi vi appartiene, come accade a chi racconta le novelle verghiane: anche lui, come i personaggi, fa ricorso a parole, modi di dire, giri sintattici tipici della zona e ricalcati sul dialetto ( , r. 76; , r. 79 e così via), badando più all’efficacia che all’eleganza. dimensione orale e locale quella razza che da noi si marchia col nome di mezzi zingari! paste di meliga le rincresceva il sangue del cuore Inoltre il narratore si guarda bene dal criticare o commentare la barbara usanza del matrimonio combinato, all’epoca normale, limitandosi a riferire gli eventi e assumendo spesso . In questo modo può emergere l’ingenuità con cui la ragazza affronta le nozze con un estraneo: cresciuta nell’ambiente del mercato, del tutto inesperta, non si rende bene conto di ciò che le accade intorno; né, d’altro canto, la famiglia intende spiegarle nulla. Basta la convinzione di aver fatto un buon affare, sistemandola con un venditore ambulante di stracci, brutto ma dal commercio già bene avviato. , strada facendo. il punto di vista di Catinina Catinina dovrà capire da sola La luna, il mare Lasciato il paese, gli sposi viaggiano con un carro sul crinale delle colline. A un certo punto, a filo dell’orizzonte, si alza una luna meravigliosa: (rr. 52-54). Catinina se ne accorge e la indica al marito, ma questi non le bada e risponde in modo aggressivo. La distanza è sottolineata dall’uso del “voi”, con il quale pretende che gli si rivolga: (r. 56). Quando poi giungono a Savona, lei si incanta nel vedere il mare, il (r. 64) sul quale aveva tanto fantasticato fin da bambina, guardando i carretti carichi di merce che ne tornavano. Vengono in mente certi squarci paesaggistici dei , ma anche qui l’idillio dura poco: (rr. 73-74). La sua è la scontrosità di un , più che cattivo. Lo lasciano credere anche le brusche cortesie che riserva alla piccola moglie: (r. 76) e gli stracci sistemati per farla stare comoda sul carro al ritorno. un mostro di vicinanza, di rotondità e giallore, navigava nel cielo caldo a filo del greppo della langa, come li volesse accompagnare fino in Liguria Voi avete a darmi del voi, come io lo do a voi! bestione Malavoglia lo sposo le calò una mano sulla spalla e si fece accompagnare a stallare la bestia ragazzo timido e immaturo un caffellatte con le paste di meliga La madre bambina In conseguenza di un breve momento di allegria, al quale si abbandona in casa di parenti, Catinina deve subire una scarica di schiaffi dal marito, che la vuole schiva e supina. Al ritorno vorrebbe lasciarlo, ma deve sottostare alla (r. 115), che le chiarisce il fornaio di Murazzano. Si accontenta di un (r. 119): di più, non può desiderare. legge del matrimonio lume a petrolio e di un poggiolo Un anno più tardi Catinina ha già dato alla luce il primo dei suoi nove figlioli. : da sposa, è divenuta una madre bambina, per la quale il richiamo delle biglie continua a rimanere irresistibile. Proprio come nell’universo descritto da Verga, anche in quello di Fenoglio il destino non può essere modificato: l’unico modo per fronteggiarlo è resistervi con stoica sopportazione. La società langarola non prevede altro ruolo per la donna Berthe Morisot, , 1872. Parigi, Musée d’Orsay. La culla