Poemetti IN BREVE Pubblicati in prima edizione nel , con l’aggiunta successiva di nuovi componimenti, i saranno suddivisi dall’autore in (1904) e (1909). 1897 Poemetti Primi poemetti Nuovi poemetti Rispetto a , in questa raccolta domina un’intenzione più narrativa, evidenziata dall’adozione di , come la terzina dantesca, coerenti con lo scopo di innalzare toni e contenuti: non a caso il poeta colloca in epigrafe l’emistichio virgiliano (“Cose un po’ più grandi”, cioè temi un po’ più alti). La maggiore altezza annunciata si accompagna alla celebrazione della natura, vista come un salvifico contraltare alla realtà brutale e artificiosa della civiltà industriale. In quest’ottica vanno dunque comprese l’ e la mitizzazione della siepe come protezione, reale e metaforica, di un mondo-«nido» ancorato all’immutabile semplicità di azioni, riti e pratiche quotidiane, correlati ai cicli delle stagioni. La celebrazione della natura e del mondo rurale Myricae strutture metriche più ampie Paulo maiora esaltazione della piccola proprietà rurale I temi dominanti dei Poemetti sono la e la . Nella sua ricerca lessicale il poeta mira all’ . natura vita contadina aderenza delle parole alle cose Sul piano espressivo, a tale trasfigurazione della vita semplice e umile corrisponde una ricerca lessicale puntigliosa, che mira a una pertinenza assoluta, ossia all’individuazione degli oggetti attraverso parole “vergini”, autentiche, nuove. Con una ardita, che attinge a disparati registri formali e ricorre a prestiti e contaminazioni, il poeta raggiunge soluzioni molto innovative, come l’innesto nel componimento di termini dialettali (in particolare della Garfagnana) e di vocaboli di una “lingua speciale”, l’inglese italianizzato parlato dagli italiani emigrati in America. Lo stile sperimentazione linguistica Italy   Testi plus –  Digitale purpurea   Testi plus –  L’aquilone T12 Italy , Canto primo, I-V Primi poemetti Il poemetto racconta in due canti di complessivi 450 versi la storia della piccola Maria-Molly, che dagli Stati Uniti viene portata in Italia, nel paese d’origine del padre, nella speranza che il clima mite la possa guarire dalla tubercolosi. Qui la bambina conosce un mondo diverso da quello in cui ha vissuto fino a quel momento e fa fatica ad ambientarsi. Poi, però, a poco a poco il solco che la divide dai suoi parenti si assottiglia, fino a scomparire: la bambina guarisce e, prima di partire, promette di tornare, un giorno, da quella che ora riconosce come la sua famiglia. Terzine dantesche di endecasillabi a rima incatenata (ABA BCB CDC ecc.). Ogni strofa termina con un verso isolato che rima con il penultimo della terzina precedente. METRO L’emigrazione come sradicamento dal «nido» della patria Sacro all’Italia raminga * I A Caprona, una sera di febbraio, gente veniva, ed era già per l’erta, veniva su da Cincinnati, . Ohio La strada, con quel tempo, era deserta. Pioveva, prima adagio, ora a dirotto, 5       tamburellando su l’ombrella aperta. La Ghita e Beppe di Taddeo lì sotto erano, sotto la cerata ombrella del padre: una ragazza, un giovinotto. E c’era anche una bimba malatella, 10     in collo a Beppe, e di su la sua spalla mesceva giù le bionde lunghe anella. Figlia d’un altro figlio, era una talla del ceppo vecchio nata là: Maria: d’ott’anni: aveva il peso d’una galla. 15     Ai ritornanti per la lunga via, già vicini all’antico    , ▶ focolare la lor chiesa sonò l’Avemaria. Erano stanchi! avean passato il mare! Appena appena tra la pioggia e il vento 20     l’udiron essi or sì or no sonare. Maria cullata dall’andar su lento sembrava quasi abbandonarsi al sonno, sotto l’ombrella. Fradicio e contento veniva piano dietro tutti il nonno. 25     TRECCANI ▶ Le parole valgono Il ( in latino tardo, mentre in quello di Cicerone avremmo trovato ) era la parte del camino, più o meno rialzata da terra, ma situata direttamente sotto la cappa, in cui si faceva il fuoco per cuocere vivande e riscaldare ambienti. Abbiamo usato l’imperfetto perché si trattava di una caratteristica delle antiche e povere dimore prive di termosifoni e fornelli, anche se il è oggi tornato di moda nelle ville signorili in cui il camino è un arredo . D’altro canto, poiché era la parte più intima della casa, il è rimasto il simbolo del calore familiare: «Mi piace tornare al domestico». focolare focolare focus ignis focolare chic focolare focolare ▶ Oggi è di uso per lo più ironico un’espressione (un tempo utilizzata invece seriamente) quale «l’angelo del focolare ». Sai indicare a chi si riferisce? * Sacro… raminga : dedicato all’Italia emigrante. la frazione di Castelvecchio di Barga dove Pascoli si ritira a vivere dal 1895. 1 Caprona: strada in salita (che porta a Caprona). 2 erta: Cincinnati è una città industriale situata nel Sudovest dell’Ohio, Stato settentrionale degli Stati Uniti. Si noti l’uso della rima “plurilinguistica” ( fa rima con ), già sperimentata in Italia da Niccolò Tommaseo e dagli Scapigliati Emilio Praga e Arrigo Boito. 3 Cincinnati, Ohio : Ohio febbraio battendo fittamente. 6 tamburellando: rispettivamente i fratelli Margherita (il diminutivo Ghita è preceduto dall’articolo, secondo un’usanza non solo toscana) e Giuseppe di Taddeo (cioè figlio di Taddeo, a sua volta figlio di Zi’ Meo, il nominato più avanti, al v. 25). Sono gli zii di Molly, la del v. 10. 7 La Ghita e Beppe di Taddeo: nonno bimba malatella impermeabile. 8 cerata: malaticcia. 10 malatella: in braccio. 11 in collo: lasciava cadere giù i suoi lunghi riccioli ( ) biondi. 12 mesceva… anella: anella una nipote ( è, nella parlata toscana, un ramo che si trapianta) della famiglia originaria ( , letteralmente “piede di un albero”) della Toscana, nata laggiù (si intende in America). 13-14 una talla… là: talla ceppo ghianda. 15 galla: gli emigrati che tornano nel paese natale. 16 ritornanti: avevano attraversato l’Oceano. 19 avean passato il mare!: Bartolomeo Caproni (Zi’ Meo), che è andato ad accogliere i nipoti al loro arrivo. 25 nonno: II Salivano, ora tutti dietro il nonno, la scala rotta. Il vecchio Lupo in basso non abbaiò; scodinzolò tra il sonno. E tentennò sotto il lor piede il sasso davanti l’uscio. C’era sempre stato 30     presso la soglia, per aiuto al passo. E l’uscio, come sempre, era accallato. Lì dentro, buio come a chiuder gli occhi. Ed era buia la cucina allato. La mamma? Forse scesa per due ciocchi… 35     forse in capanna a mòlgere… No, era al focolare sopra i due ginocchi. Avea pulito greppia e rastrelliera; ora, accendeva… Udì sonare fioco: era in ginocchio, disse la preghiera. 40     Appariva nel buio a poco a poco. «Mamma, perché non v’accendete il lume? Mamma, perché non v’accendete il fuoco?» «Gesù! che ho fatto tardi col rosume…» E negli stecchi ella soffiò, mezzo arsi; 45     e le sue rughe apparvero al barlume. E raccattava, senza ancor voltarsi, tutta sgomenta, avanti a sé, la mamma, brocche, fuscelli, canapugli, sparsi sul focolare. E si levò la fiamma. 50     ripida e dissestata. si coglie forse un riferimento all’episodio omerico del cane Argo ( , XVII, vv. 290-327), che riconosce Ulisse al suo ritorno a Itaca. 27 rotta: Lupo: Odissea per facilitare l’entrata. 31 per aiuto al passo: socchiuso. 32 accallato: la nonna di Maria. Pascoli riporta in discorso indiretto libero le parole dei due emigranti che, entrati in casa, si chiedono dove sia la loro mamma. ceppi da ardere. 35 La mamma: ciocchi: stalla. mungere (voce dialettale). 36 capanna: mòlgere: inginocchiata. 37 sopra i due ginocchi: la mangiatoia e l’utensile di legno che vi sta appeso sopra, in cui si sistema il fieno. 38 greppia e rastrelliera: le campane che suonano l’Avemaria. 39 sonare: perché. rimasugli dello strame (cioè il fieno) delle bestie. 44 che: rosume: ramoscelli. fusti di canapa. 49 brocche: canapugli: III E i figli la rividero alla fiamma del focolare, curva, sfatta, smunta. «Ma siete trista! siete trista, o mamma!» Ed accostando agli occhi, essa, la punta del pannelletto, con un fil di voce: 55     «E il Cecco è fiero? E come va l’Assunta?» «Ma voi! Ma voi!» «Là là, con la mia croce». I muri grezzi apparvero col banco vecchio e la vecchia tavola di noce. Di nuovo, un moro, con non altro bianco 60     che gli occhi e i denti, era incollato al muro, la lenza a spalla ed una mano al fianco: roba di là. Tutto era vecchio, scuro. S’udiva il soffio delle vacche, e il sito della capanna empiva l’abituro. 65     Beppe sedé col capo indolenzito tra le due mani. La bambina bionda ora ammiccava qua e là col dito. Parlava, e la sua nonna, tremebonda, stava a sentire e poi dicea: «Non pare 70     un luì quando canta tra la fronda?» Parlava la sua lingua d’oltremare: «… » «un piccolo luì…» a chicken-house «… for mice and rats » «che goda a cinguettare,      75 zi zi» « Bad country, Ioe, your Italy! » grembiule (in dialetto lucchese). 55 pannelletto: sta bene? 56 è fiero?: così così, con le mie sofferenze. Allude alla lontananza dei figli emigrati. 57 Là… croce: armadio per la biancheria (altra forma dialettale). 58 banco: unica novità (nell’arredamento). l’immagine di un nero in una stampa regalata dai figli. 60 Di nuovo: un moro: proveniente dall’America. 63 di là: la puzza (toscanismo). 64 il sito: dimora. 65 abituro: indicava. 68 ammiccava: turbata. 69 tremebonda: uccellino, il cui nome deriva dal suo verso. 71 luì: che veniva dall’America, cioè l’inglese. 72 d’oltremare: Pascoli riproduce qui il dialogo tra la bambina e la nonna, che è intenerita dal cinguettare infantile della nipotina, non comprendendo le sue espressioni di disgusto. Molly infatti definisce la casa un pollaio ( ), la giudica adatta a topi e ratti ( ) e, rivolgendosi a Beppe (Joe, che il poeta trascrive scorrettamente ), esclama: “Brutto paese, Joe, la tua Italia!”. 73-75 «… … »: a chicken-house Italy! a chicken-house for mice and rats Ioe IV , penso, se la prese a male. ITALY Maria, la notte (era la Candelora), sentì dei tonfi come per le scale… tre quattro carri rotolarono… Ora vedea, la bimba, ciò che n’era scorso! 80     la neve, a cui splendea l’aurora. the snow! Un gran lenzuolo ricopriva il torso dell’Omo-morto. Nel silenzio intorno parea che singhiozzasse il Rio dell’Orso. Parea che un carro, allo sbianchir del giorno, 85     ridiscendesse l’erta con un lazzo cigolìo. Non un carro, era uno storno, uno stornello in cima del Palazzo abbandonato, che credea che fosse marzo, e strideva: marzo, un sole e un guazzo! 90     Maria guardava. Due rosette rosse aveva, aveva lagrime lontane negli occhi, un colpo ad or ad or di tosse. La nonna intanto ripetea: «Stamane fa freddo!» Un bianco borracciol consunto 95     mettea sul desco ed affettava il pane. Pane di casa e latte appena munto. Dicea: «Bambina, state al fuoco: nieva! nieva!» E qui Beppe soggiungea compunto: « qui non trovi il pai con fleva!» 100  Poor Molly! personificazione dell’Italia. 76 ITALY : il 2 febbraio. Secondo la tradizione cattolica, è il giorno della purificazione di Maria e della benedizione delle candele (da qui il nome della festa). 77 Candelora: forse il rumore per la caduta di mucchi di neve. 78 tonfi: il rumore è assimilato a quello provocato dalle ruote di un carro. 79 tre… rotolarono: quel che era risultato (da quei suoni notturni). 80 ciò… scorso: la neve! sulla quale. 81 the snow! : a cui: manto nevoso. 82 lenzuolo: la schiena (vale a dire il profilo) dei monti che formano il cosiddetto Omo Morto, un massiccio delle Alpi Apuane, così chiamato perché il suo aspetto ricorda quello di un uomo disteso. 82-83 il torso dell’Omo-morto: nome di un ruscello. 84 Rio dell’Orso: aspro. 86 lazzo: uccello passeriforme dal becco piatto e dalle penne di colore nero. 87 storno: il poeta si riferisce a un edificio sul colle di Caprona. 88-89 Palazzo abbandonato: emetteva un verso stridulo. schiarite e acquazzoni improvvisi, come capita spesso nell’imprevedibile mese di marzo. 90 strideva: un sole e un guazzo: gli zigomi arrossati a causa della febbre provocata dalla tubercolosi. 91 rosette rosse: ogni tanto. 93 ad or ad or: strofinaccio. 95 borracciol: tavola dove si mangia. 96 desco: nevica. 98 nieva: imbarazzato. 99 compunto: «Povera Molly! Qui non c’è alcuna torta ( , da ‘pie’) con gli aromi ( , da ‘flavour’)». Le parole vengono trascritte secondo la pronuncia. 100 « fleva!»: Poor Molly… pai fleva V Oh! no: non c’era lì né né pie flavour né tutto il resto. Ruppe in un gran pianto: « Ioe, what means nieva? Never? Never? Never? » Oh! no: starebbe in Italy sin tanto 105 ch’ella guarisse: one month or two, poor Molly! E godrebbe questo po’ di scianto! Ioe Mugliava il vento che scendea dai colli bianchi di neve. Ella mangiò, poi muta fissò la fiamma con gli occhioni molli. Venne, sapendo della lor venuta, 110  gente, e qualcosa rispondeva a tutti , grave: « , è fiero… vi saluta… Ioe Oh yes molti bisini, … No, tiene un frutti- oh yes stendo… , vende checche, candi, scrima… Oh yes Conta moneta: può campar coi frutti… 115  Il baschetto non rende come prima… , un salone, che ci ha tanti bordi… Yes , l’ho rivisto nel pigliar la stima…» Yes Il tramontano discendea con sordi brontoli. Ognuno si godeva i cari 120  ricordi, cari ma perché ricordi: quando sbarcati dagli ignoti mari scorrean le terre ignote con un grido straniero in bocca, a guadagnar danari per farsi un campo, per rifarsi un nido… 125  scoppiò (il soggetto è Molly). 102 Ruppe: «Joe, che cosa significa nieva? Significa mai (in inglese )?». L’equivoco spaventa Molly che teme di non poter tornare più in America. 103 « »: Ioe… Never? never un mese o due. 105 one… two : riposo (toscanismo). 106 scianto: mugghiava. 107 Mugliava: serio. è contento. 112 grave: è fiero: affari (storpiatura della parola inglese ). 113 bisini: business ha un banchetto di frutta (in inglese ). 113-114 tiene un frutti-stendo: fruitstand dolci, canditi, gelati ( , , ). 114 checche… scrima: cakes candies ice cream banchetto da ambulante (in inglese significa “canestro”). 116 baschetto: basket un bar che ha tanti tavoli ( è italianizzazione di , di ). 117 un salone… bordi: salone saloon bordi boards mentre prendevo la nave ( ). 118 nel pigliar la stima: steamer vento di tramontana. 119 tramontano: rumori di tuoni. 119-120 sordi brontoli: percorrevano. 123 scorrean: il richiamo del venditore ambulante, in inglese. 123-124 grido straniero:  >> pagina 439 DENTRO IL TESTO I contenuti tematici Il tema dell’emigrazione è qui tradotto in un vero e proprio racconto, una narrazione di cronaca familiare ispirata a un episodio reale di cui il poeta fu testimone nel 1895 a Caprona, il borgo in cui viveva: il ritorno dagli Stati Uniti di una bambina (Maria o Molly, che nella realtà si chiamava Isabella), nipote di Bartolomeo Caproni detto Zi’ Meo (il fattore di casa Pascoli), figlia di emigranti e venuta in Italia per curare la tubercolosi. Cronaca di emigrazione Il carattere narrativo del poemetto consente di dividere il brano in cinque sequenze ben distinte: l’arrivo dei tre emigranti (Margherita e Giuseppe di Taddeo, detti Ghita e Beppe, e Maria-Molly) accompagnati dal nonno (I); l’ingresso nella vecchia casa e l’incontro con la nonna che accende il fuoco (II); il colloquio con la nonna e la descrizione della casa, con la sua miseria e il suo squallore (III); la nevicata notturna e la scoperta, al mattino, del paesaggio innevato (IV); l’incontro di Giuseppe con alcuni compaesani che raccolgono informazioni sulla vita degli amici rimasti in America (V). Le sequenze di una vicenda realistica Il tema fondamentale è il rapporto tra due civiltà lontane: quella dell’immobile provincia agricola toscana e quella della moderna America, che ha sconvolto vita, costumi e lingua degli emigranti. Molly fa fatica a entrare in contatto con un ambiente molto diverso dal suo: non parla italiano, le condizioni di vita del borgo le sembrano – e in effetti sono – misere, il rapporto con la nonna è inizialmente impossibile per la differenza di età, ma soprattutto di lingua, abitudini, cultura e mentalità. Fra i due mondi, insomma, la comunicazione è assai difficile, come si capisce dall’equivoco sorto intorno ai commenti negativi di Molly (che definisce la casa una un pollaio, adatta solo ai topi), che la nonna scambia per teneri cinguettii. chicken-house , for mice and rats , Due mondi lontani Eppure proprio da questa diversità nasce, a poco a poco, una specie di miracolo: nella seconda parte della poesia (qui non antologizzata), mentre la sua salute migliora giorno dopo giorno, la bambina scopre il telaio della nonna e comincia a trascorrere ore intere con lei, aiutandola nel lavoro. Insomma, saprà riconoscere, come in virtù di un inconscio sentimento di parentela, i luoghi, i volti e gli affetti che gli emigranti conservano nella memoria. In primavera Molly finalmente guarisce, ma la nonna si ammala: a lei, ormai morente, la bambina regala la sua bambola, pegno di amore e di riconoscenza per aver appreso dalla sua voce e dal suo esempio la bellezza degli antichi valori della società contadina. La metamorfosi della bambina  >> pagina 440 L’emigrazione è per Pascoli una realtà dolorosa, un evento lacerante che scardina il «nido» familiare e determina un profondo trauma interiore in quanto separa dalla comunità contadina d’origine, dalla famiglia e da una cultura secolare. Tuttavia il ritorno al «nido» (alla famiglia, ma anche alla patria) può donare agli emigranti, che hanno sofferto le pene della lontananza e dell’esilio, la salute e la serenità perdute: la malattia e la guarigione di Molly vogliono rappresentare proprio questo. In tal senso la trama del poemetto non nasconde, attraverso una vicenda esemplare che permette di assimilarlo a un apologo edificante, la velleità dell’autore di cimentarsi con una poesia sociale dalle chiare valenze ideologiche. Quello di Molly-Maria è infatti una sorta di percorso di formazione: la bambina nata in America, dopo l’iniziale disgusto per la povertà della sua famiglia, vi riscopre i suoi stessi valori e la sua stessa identità. Non a caso, ai fanciulli che – nella chiusa del poemetto – le chiederanno se un giorno tornerà in Italia, lei risponderà «Sì», con la prima parola italiana che pronuncia dopo essersi espressa fino ad allora in inglese. Il tema del «nido» si è così dilatato, dall’originario significato autobiografico ed esistenziale, a quello sociale e politico. Un apologo ideologico Questo percorso di riappropriazione di sé avviene grazie all’incontro tra le generazioni che erano state divise dall’emigrazione: è la scoperta della saggezza della nonna a permettere alla bambina di ritrovare le proprie radici. Più avanti, nel secondo canto del poe­metto, la vecchia morirà, ma anche questo evento luttuoso riveste un preciso significato simbolico: sarà Molly, ora, a far rivivere e a trasmettere gli affetti e i valori che la nonna le ha lasciato come ultimo atto di amore e di fedeltà alla terra. L’eredità delle generazioni Le scelte stilistiche La materia del componimento, come si è visto, è realistica, ma lo stile non lo è affatto. Troviamo infatti un’amplificazione epica delle scene narrative (che hanno il ritmo di un’arcaica saga contadina), l’indeterminatezza spazio-temporale della vicenda (nonostante l’autenticità dei toponimi) e una certa frammentazione dei dialoghi (che sembrano rimanere sospesi fra ampie zone di silenzio). Assai originale è soprattutto l’incastro plurilinguistico, ottenuto grazie all’inserzione di vocaboli ed espressioni di diversa matrice: accanto al lessico dialettale ( , v. 13; , v. 36; , v. 58; , v. 98) e a tasselli della lingua colta della tradizione ( , v. 2; , v. 12; , v. 15; , v. 85; , v. 86) e del vocabolario tecnico contadino ( , , , v. 49), Pascoli immette nel linguaggio poetico l’idioma italo-americano, senza però alcun intento caricaturale (gli emigranti che ne fanno uso rappresentano per il poeta tutt’altro che ridicole macchiette): non si tratta dell’inglese standard, ma di una variante americana del registro familiare, su cui si innestano gli echi della parlata italiana ( , v. 100; , v. 113). talla mòlgere banco nieva erta anella galla sbianchir lazzo brocche fuscelli canapugli pai con fleva bisini Il gergo degli emigranti Giuseppe Pellizza da Volpedo,  , 1906. Collezione privata. Neve  >> pagina 441 Ma il plurilinguismo pascoliano non rimanda solo a una scelta di riproduzione del rea­le di stampo veristico. L’inglese da una parte e l’italiano e il dialetto garfagnino dall’altra simboleggiano infatti due mondi antitetici, con i rispettivi valori, in quanto la lingua è un fattore fondamentale dell’identità di una comunità: la nuova cultura dei figli (cioè delle vittime) dell’emigrazione, che hanno reciso il legame con la propria storia, di contro alla cultura originaria, espressione di una visione del mondo ancora pura e non corrotta dall’industrializzazione e dal capitalismo. In mezzo a queste due opposte polarità sta il linguaggio ibrido degli emigranti di prima generazione (Ghita e Beppe), che nell’ostinata resistenza a non perdere del tutto il patrimonio della propria lingua rivelano di non aver abbandonato il desiderio di tornare in patria, tra gli affetti più cari, (v. 125). per rifarsi un nido Il valore affettivo e psicologico del linguaggio VERSO LE COMPETENZE Comprendere  Riassumi il contenuto dei versi antologizzati. 1 Analizzare Individua e trascrivi nella tabella vocaboli ed espressioni in inglese, italo-americano e dialetto. 2  Inglese Italo-americano Dialetto Interpretare  Quali elementi positivi emergono nel racconto dei compaesani di -Beppe reduci dall’America? 3 Ioe sviluppare il lessico  Scrivi almeno cinque prestiti linguistici dall’inglese di uso comune, poi confrontali con quelli dei tuoi compagni e, insieme, divideteli per ambito d’uso (cibo, tecnologia, trasporti…). 4 scrivere per... esporre  Descrivi in prosa, in un testo espositivo di circa 20 righe, la realtà sociale, economica e culturale che emerge dalla lettura del brano, come se dovessi comporre un racconto verista. 5 Famiglia di migranti italiani sul traghetto da Ellis Island a New York City, 1905. Collezione privata.