T5 Lo strappo nel cielo di carta , cap. 12 Il fu Mattia Pascal Mattia Pascal, sotto il nome di Adriano Meis, alloggia a Roma, in casa di Anselmo Paleari. Alla bizzarra figura di questo filosofo-spiritista sono di frequente affidate riflessioni apparentemente poco chiare, piene di astrusi ragionamenti sui quali Mattia-Adriano ironizza con sarcasmo. Eppure, in brani come quello che segue, si trova il cuore filosofico del pensiero pirandelliano, come se il personaggio prestasse la sua voce all’autore. Il pensiero di un filosofo stravagante «La tragedia d’Oreste in un teatrino di marionette!», venne ad annunziarmi il 1 signor Anselmo Paleari. «Marionette automatiche, di nuova invenzione. Stasera, alle ore otto e mezzo, in via dei Prefetti, numero cinquantaquattro. Sarebbe da andarci, signor Meis».       «La tragedia d’Oreste?». 5 «Già! , dice il manifestino. Sarà l’ . Ora senta un po’, che D’après Sophocle 2 Elettra bizzarria mi viene in mente! Se, nel momento culminante, proprio quando la marionetta che rappresenta Oreste è per vendicare la morte del padre sopra Egisto e la 3 madre, si facesse uno strappo nel cielo di carta del teatrino, che avverrebbe? Dica lei».     «Non saprei», risposi, stringendomi ne le spalle. 10 «Ma è facilissimo, signor Meis! Oreste rimarrebbe terribilmente sconcertato da quel buco nel cielo». «E perché?». «Mi lasci dire. Oreste sentirebbe ancora gl’impulsi della vendetta, vorrebbe     seguirli con smaniosa passione, ma gli occhi, sul punto, gli andrebbero lì a quello 15 strappo, donde ora ogni sorta di mali influssi penetrerebbero nella scena, e si sentirebbe cader le braccia. Oreste, insomma, diventerebbe Amleto. Tutta la differenza, 4 signor Meis, fra la tragedia antica e la moderna consiste in ciò, creda pure: in un buco nel cielo di carta».     E se ne andò, ciabattando. 20 Dalle vette nuvolose delle sue astrazioni il signor Anselmo lasciava spesso precipitar così, come valanghe, i suoi pensieri. La ragione, il nesso, l’opportunità di essi rimanevano lassù, tra le nuvole, dimodoché difficilmente a chi lo ascoltava riusciva di capirci qualche cosa.     L’immagine della marionetta d’Oreste sconcertata dal buco nel cielo mi rimase 25 tuttavia un pezzo nella mente. A un certo punto: «Beate le marionette», sospirai, «su le cui teste di legno il finto cielo si conserva senza strappi! Non perplessità angosciose, né ritegni, né intoppi, né ombre, né pietà: nulla! E possono attendere bravamente e prender gusto alla loro commedia e amare e tener se stesse in considerazione     e in pregio, senza soffrir mai vertigini o capogiri, poiché per la loro 30 statura e per le loro azioni quel cielo è un tetto proporzionato». si tratta dell’ del tragediografo greco Sofocle (V sec. a.C.), come afferma Anselmo Paleari poco dopo. In questa tragedia Elettra assiste all’uccisione del padre Agamennone da parte della madre Clitemnestra e dell’amante di lei Egisto. Il fratello Oreste compirà la vendetta, uccidendo i due assassini. 1 La tragedia d’Oreste: Elettra 2 D’après Sophocle : espressione francese che significa “tratto da Sofocle”. sta per. 3 è per: Oreste compie la sua vendetta in modo diretto e deciso, facendo riferimento a un saldo sistema di certezze. Amleto (protagonista dell’omonima tragedia shakespeariana) è invece pieno di dubbi: pur volendo vendicare il padre, ucciso dalla madre e dallo zio, non riesce ad agire con fermezza. Questo atteggiamento lo avvicina agli antieroi della modernità, smarriti e privi di certezze. 4 Oreste… Amleto:  >> pagina 754 DENTRO IL TESTO I contenuti tematici Riprendendo con un’altra immagine metaforica i temi della , Pirandello induce il lettore a riflettere sul crollo delle certezze sulle quali si era sostenuta la coscienza premoderna. L’umanità, vissuta per secoli entro un illusorio “teatro” – l’universo concepito secondo la concezione aristotelico-tolemaica, con la Terra immobile al suo centro –, scopre all’improvviso di essersi ingannata. Le rassicuranti volte celesti, ossia la fede, il sapere tradizionale, l’ordine sociale, erano in realtà soltanto un (r. 19) fragile e sottile, creduto vero ma in realtà solo immaginato. Quando il cielo si squarcia, mostrando un buco nero inquietante, la vita degli individui è travolta da (r. 16), che «entrano dal cielo copernicano dentro il teatro tolemaico» (Mazzacurati). L’essere umano è colto, per la prima volta, dalla vertigine dell’infinito, dalla percezione di un “oltre” sconosciuto, enigmatico e oscuro, dal quale provengono domande senza risposte. Premessa seconda cielo di carta ogni sorta di mali influssi L’illusione strappata Osservando lo (r. 9), la marionetta – cioè l’essere umano – si rende conto di aver recitato: di aver ostentato certezze che, sopravvenuto il dubbio, non sono più tali. L’individuo moderno, qui rappresentato dall’eroe della tragedia greca, rimane stordito da questo epocale cambiamento del punto di vista sul mondo ( , rr. 11-12). La sua individualità si sfalda insieme a tutta la realtà che lo circonda; egli diventa estraneo a sé stesso e, non riconoscendosi nel sistema di certezze in cui ha da sempre riposto la sua fiducia, perde anche l’immagine mentale del proprio io. Paralizzato dal turbamento, Oreste smette di recitare la sua parte, non si riconosce più in quel mondo a misura d’uomo entro il quale tutto si muoveva in modo equilibrato e perfetto, e in cui la sua vendetta aveva un senso preciso ( , rr. 14-16). Assediato dai dubbi e dallo sconcerto, non è più Oreste: diviene Amleto, un eroe straniato, pieno di turbamenti, indeciso, privo di una compiuta immagine di sé e del mondo, un eroe che non sa più vivere perché si guarda vivere. La condizione dell’uomo moderno, sembra dire Paleari-Pirandello, è come quella di Amleto. strappo nel cielo di carta Oreste rimarrebbe terribilmente sconcertato da quel buco nel cielo Oreste sentirebbe ancora gl’impulsi della vendetta, vorrebbe seguirli con smaniosa passione, ma gli occhi, sul punto, gli andrebbero lì a quello strappo Oreste diventa Amleto Le scelte stilistiche L’immagine del teatrino di marionette, usata per condurre il discorso sulla condizione umana prima e dopo Copernico, è presentata attraverso un espediente stilistico tipico della narrativa pirandelliana: il dialogo serrato tra due personaggi. Alle brevi domande di Mattia ( , r. 5; , r. 13), dettate da un’accondiscendenza solo di superficie (in realtà egli non nutre alcun interesse per le elucubrazioni del padrone di casa), Anselmo Paleari risponde con toni diretti e colloquiali ( , r. 11; , r. 14). La tragedia d’Oreste? E perché? Ma è facilissimo, signor Meis! Mi lasci dire La chiusa didascalica, con la quale il personaggio-filosofo, dopo aver fatto lezione, esce comicamente di scena ( , r. 20), è invece un perfetto esempio di quella contaminazione tra linguaggio teatrale e narrazione che rappresenta la cifra stilistica dell’autore. E se ne andò, ciabattando Un dialogo sul teatro , fotografia di Rick Neibel. Profilo di uomo seduto con la testa fra le mani contro le sbarre di una cella  >> pagina 755 VERSO LE COMPETENZE Comprendere 1 Quale tragedia verrà rappresentata nel teatrino di marionette? In quale momento della tragedia di Oreste si ipotizza che avvenga lo (r. 9)?   2 strappo nel cielo di carta del teatrino Analizzare 3 Perché Oreste rimarrebbe sconcertato dal buco nel cielo di carta? 4 Perché Adriano Meis invidia le marionette? 5 Quale metafora viene usata per spiegare i ragionamenti del signor Paleari? Quale significato ha? Interpretare Che cosa rappresentano Oreste e Amleto? 6 Le idee del signor Anselmo paiono agli occhi di Mattia […] (r. 21); egli le giudica secondo un punto di vista interno alla narrazione, disorientato in mezzo a peripezie esistenziali e intellettuali di cui ancora non conosce l’esito. Qual è invece la posizione dell’autore? Coincide con quella di Mattia? 7 nuvolose astrazioni sviluppare il lessico Per molto tempo il francese è stata la lingua delle classi colte e agiate, e l’inserimento di prestiti linguistici dal francese (come , r. 6) nella conversazione era segno di eleganza e distinzione. Conosci il significato dei seguenti termini ed espressioni? Indicalo con l’aiuto del dizionario. 8 D’Après Sophocle • chauffeur • à la carte • prêt-à-porter • c’est la vie • cherchez la femme • mannequin scrivere per... argomentare Il (r. 19) è metafora della frattura che separa il mondo delle certezze e dei sistemi coerenti da quello delle angosce esistenziali dell’uomo moderno. Narratore e autore sembrano ugualmente rimpiangere l’organica proporzione e la circolare perfezione del mondo antico. A tuo avviso tali sensazioni sono diffuse anche nel mondo attuale? Anche nella società di oggi vengono percepiti il “disagio” profondo della modernità, la mancanza di punti di riferimento e di un orizzonte trascendente al quale affidare il senso della vita? Scrivi un testo argomentativo di circa 30 righe. 9 buco nel cielo di carta T6 La filosofia del lanternino , cap. 13 Il fu Mattia Pascal In questo brano l’autore presenta, attraverso un’altra metafora, la propria concezione dell’individuo nella modernità. Divenuta celebre con il nome di «lanterninosofia», la riflessione di Paleari-Pirandello assume la forma di un vero e proprio ragionamento filosofico, stemperato tuttavia da sottili sfumature umoristiche. Una lanterna per cercare la verità Per consolarmi, il signor Anselmo Paleari mi volle dimostrare con un lungo ragionamento che il bujo era immaginario. «Immaginario? Questo?», gli gridai. «Abbia pazienza: mi spiego».       E mi svolse (fors’anche perché fossi preparato a gli esperimenti spiritici, che si 5 sarebbero fatti questa volta in camera mia, per procurarmi un divertimento) mi svolse, dico, una sua concezione filosofica, speciosissima, che si potrebbe forse 1 chiamare . lanterninosofia Di tratto in tratto, il brav’uomo s’interrompeva per domandarmi:     «Dorme, signor Meis?». 10 solo in apparenza ben fondata e coerente, in realtà astrusa e forzatamente complessa. 1 speciosissima: E io ero tentato di rispondergli: «Sì, grazie, dormo, signor Anselmo». Ma poiché l’intenzione in fondo era buona, di tenermi cioè compagnia, gli rispondevo che mi divertivo invece moltissimo e lo pregavo anzi di seguitare.     E il signor Anselmo, seguitando, mi dimostrava che, per nostra disgrazia, noi 15 non siamo come l’albero che vive e non si sente, a cui la terra, il sole, l’aria, la pioggia, il vento, non sembra che sieno cose ch’esso non sia: cose amiche o nocive. A noi uomini, invece, nascendo, è toccato un tristo privilegio: quello di sentirci vivere, con la bella illusione che ne risulta: di prendere cioè come una realtà fuori     di noi questo nostro interno sentimento della vita, mutabile e vario, secondo i 20 tempi, i casi e la fortuna. E questo sentimento della vita per il signor Anselmo era appunto come un lanternino che ciascuno di noi porta in sé acceso; un lanternino che ci fa vedere sperduti su la terra, e ci fa vedere il male e il bene; un lanternino che projetta     tutt’intorno a noi un cerchio più o meno ampio di luce, di là dal quale è l’ombra 25 nera, l’ombra paurosa che non esisterebbe, se il lanternino non fosse acceso in noi, ma che noi dobbiamo pur troppo creder vera, fintanto ch’esso si mantiene vivo in noi. Spento alla fine a un soffio, ci accoglierà la notte perpetua dopo il giorno fumoso della nostra illusione, o non rimarremo noi piuttosto alla mercé     dell’Essere, che avrà soltanto rotto le vane forme della nostra ragione? 30 «Dorme, signor Meis?». «Segua, segua pure, signor Anselmo: non dormo. Mi par quasi di vederlo, codesto suo lanternino». «Ah, bene… Ma poiché lei ha l’occhio offeso, non ci addentriamo troppo nella 2     filosofia, eh? e cerchiamo piuttosto d’inseguire per ispasso le lucciole sperdute, 35 che sarebbero i nostri lanternini, nel bujo della sorte umana. Io direi innanzi tutto che son di tanti colori; che ne dice lei? secondo il vetro che ci fornisce l’illusione, gran mercantessa, gran mercantessa di vetri colorati. A me sembra però, signor Meis, che in certe età della storia, come in certe stagioni della vita individuale, si     potrebbe determinare il predominio d’un dato colore, eh? In ogni età, infatti, si 40 suole stabilire tra gli uomini un certo accordo di sentimenti che dà lume e colore a quei lanternoni che sono i termini astratti: Verità, Virtù, Bellezza, Onore, e che so 3 io… E non le pare che fosse rosso, ad esempio, il lanternone della Virtù pagana? Di color violetto, color deprimente, quello della Virtù cristiana. Il lume d’una     idea comune è alimentato dal sentimento collettivo; se questo sentimento però si 45 scinde, rimane sì in piedi la lanterna del termine astratto, ma la fiamma dell’idea vi    dentro e vi guizza e vi singhiozza, come suole avvenire in tutti i periodi ▶ crepita che son detti di transizione. Non sono poi rare nella storia certe fiere ventate che spengono d’un tratto tutti quei lanternoni. Che piacere! Nell’improvviso bujo,     allora è indescrivibile lo scompiglio delle singole lanternine: chi va di qua, chi di 50 là, chi torna indietro, chi si raggira; nessuna più trova la via: si urtano, s’aggregano per un momento in dieci, in venti; ma non possono mettersi d’accordo, e tornano a sparpagliarsi in gran confusione, in furia angosciosa: come le formiche che non trovino più la bocca del formicajo, otturata per ispasso da un bambino crudele. TRECCANI ▶ Le parole valgono è un verbo che descrive lo scoppiettare tipico del fuoco o della legna che brucia, ma può riferirsi anche alla pioggia, alla grandine, agli spari di armi automatiche («le mitragliatrici in lontananza»), perfino alle foglie secche che scricchiolano sotto i nostri passi. crepitare Crepitare crepitavano ▶ Scrivi per ciascuna delle seguenti definizioni la voce onomatopeica corrispondente: “vociare continuo e sommesso di gente raccolta in un luogo”, “suono stridente di congegni non lubrificati”, “rumore prodotto da serpi striscianti”, “lieve rumore prodotto da persone che sussurrano”. Adriano Meis si è sottoposto a un intervento chirurgico per correggere lo strabismo da cui è affetto. 2 occhio offeso: metafora per indicare le ideo­logie di una determinata epoca, i sistemi di valori, le visioni del mondo e della vita. 3 lanternoni:     Mi pare, signor Meis, che noi ci troviamo adesso in uno di questi momenti. Gran 55 bujo e gran confusione! Tutti i lanternoni, spenti. A chi dobbiamo rivolgerci? Indietro, forse? Alle lucernette superstiti, a quelle che i grandi morti lasciarono accese su le loro tombe? Ricordo una bella poesia di Niccolò Tommaseo: 4 La piccola mia lampa      60 Non, come sol, risplende, Né, come incendio, fuma; Non stride e non consuma, Ma con la cima tende Al ciel che me la diè.      65 Starà su me, sepolto, Viva; né pioggia o Vento, Né in lei le età potranno; E quei che passeranno Erranti, a lume spento,      70 Lo accenderan da me. Ma come, signor Meis, se alla lampa nostra manca l’olio sacro che alimentava 5 quella del Poeta? Molti ancora vanno nelle chiese per provvedere dell’alimento necessario le loro lanternucce. Sono, per lo più, poveri vecchi, povere donne, a cui mentì la vita, e che vanno innanzi, nel bujo dell’esistenza, con quel loro sentimento     acceso come una lampadina votiva, cui con trepida cura riparano dal 75 gelido soffio degli ultimi disinganni, ché duri almeno accesa fin là, fino all’orlo fatale, al quale s’affrettano, tenendo gli occhi intenti alla fiamma e pensando di continuo: “ ” per non udire i clamori della vita intorno, che suonano Dio mi vede! ai loro orecchi come tante bestemmie. “ ” perché lo vedono loro, Dio mi vede…     non solamente in sé, ma in tutto, anche nella loro miseria, nelle loro sofferenze, 80 che avranno un premio, alla fine. Il fioco, ma placido lume di queste lanternucce desta certo invidia angosciosa in molti di noi; a certi altri, invece, che si credono armati, come tanti Giove, del fulmine domato dalla scienza, e, in luogo di quelle lanternucce, recano in trionfo le lampadine elettriche, ispira una sdegnosa commiserazione.     Ma domando io ora, signor Meis: E se tutto questo bujo, quest’enorme 85 mistero, nel quale indarno i filosofi dapprima specularono, e che ora, 6 pur rinunziando all’indagine di esso, la scienza non esclude, non fosse in fondo che un inganno come un altro, un inganno della nostra mente, una fantasia che non si colora? Se noi finalmente ci persuadessimo che tutto questo mistero non     esiste fuori di noi, ma soltanto in noi, e necessariamente, per il famoso privilegio 90 del sentimento che noi abbiamo della vita, del lanternino cioè, di cui le ho finora parlato? Se la morte, insomma, che ci fa tanta paura, non esistesse e fosse soltanto, non l’estinzione della vita, ma il soffio che spegne in noi questo lanternino, lo sciagurato sentimento che noi abbiamo di essa, penoso, pauroso, perché limitato,     definito da questo cerchio d’ombra fittizia, oltre il breve àmbito dello scarso lume, 95 che noi, povere lucciole sperdute, ci projettiamo attorno, e in cui la vita nostra rimane come imprigionata, come esclusa per alcun tempo dalla vita universale, eterna, nella quale ci sembra che dovremo un giorno rientrare, mentre già ci siamo e sempre vi rimarremo, ma senza più questo sentimento d’esilio che ci angoscia?   Il limite è illusorio, è relativo al poco lume nostro, della nostra individualità: nella 100 realtà della natura non esiste. Noi, – non so se questo possa farle piacere – noi abbiamo sempre vissuto e sempre vivremo con l’universo; anche ora, in questa forma nostra, partecipiamo a tutte le manifestazioni dell’universo, ma non lo sappiamo, non lo vediamo, perché purtroppo questo maledetto lumicino piagnucoloso   ci fa vedere soltanto quel poco a cui esso arriva; e ce lo facesse vedere almeno 105 com’esso è in realtà! Ma nossignore: ce lo colora a modo suo, e ci fa vedere certe cose, che noi dobbiamo veramente lamentare, perbacco, che forse in un’altra forma d’esistenza non avremo più una bocca per poterne fare le matte risate. Risate, signor Meis, di tutte le vane, stupide afflizioni che esso ci ha procurate, di tutte le   ombre, di tutti i fantasmi ambiziosi e strani che ci fece sorgere innanzi e intorno, 110 della paura che c’ispirò!». poeta, romanziere, saggista, linguista, nonché esponente di spicco del Risorgimento, Tommaseo (1802-1874) è proposto come un autore a cui forse si potrebbe fare riferimento in epoca di crisi. La poesia, dal titolo , è del 1855: in questo caso la lampada è simbolo di una fede religiosa salda, di una fiamma che non può essere spenta. 4 Niccolò Tommaseo: La mia lampana simbolo della certezza inattaccabile della fede religiosa, sopravvissuta soltanto nella pratica devozionale di donne e anziani. 5 olio sacro: invano. 6 indarno:  >> pagina 758 ANALISI ATTIVA I contenuti tematici Tutta la (r. 7) concezione filosofica esposta da Anselmo Paleari (nella voce del quale non è difficile sentire quella dello stesso autore) è costruita intorno a una metafora visiva semplicissima, quella di un lanternino che rappresenta l’io individuale. Mentre le piante, gli animali e gli altri elementi della natura vivono senza consapevolezza ( , r. 16), l’essere umano, unico tra i viventi, è condannato a “sentirsi vivere”: (rr. 22-23). A differenza dell’albero che vive nel buio, cioè all’oscuro di ogni consapevolezza della propria condizione, l’essere umano osserva il mondo attraverso i vetrini colorati di questa lanterna, proiettando intorno a sé un cerchio di luce limitato e dai contorni sfumati. Come un fascio di luce che investe un personaggio sul palcoscenico, il lanternino circoscrive una ristretta zona d’azione entro la quale vivere e pensare. speciosissima vive e non si sente E questo sentimento della vita per il signor Anselmo era appunto come un lanternino che ciascuno di noi porta in sé acceso L’uomo dimentica, tuttavia, che il cerchio della sua esistenza individuale in realtà non esiste: esso non è un dato oggettivo, ma una proiezione soggettiva dei propri ideali, delle fantasie e dei desideri custoditi in quella lanterna colorata; in altre parole, è frutto di un relativismo “metafisico”, che riguarda la stessa condizione ontologica dell’essere umano. Di conseguenza, anche l’ombra che dilaga al di là del cerchio di luce è un’illusione fittizia, che esiste soltanto fino a quando teniamo acceso il nostro lanternino. Io e non-io, luce e ombra, sono forme passeggere della vita universale ed eterna, che la nostra identità individuale cerca di fissare in forme stabili e definite. In quest’ottica, il timore della morte non ha senso, perché essa non fa altro che spegnere l’illusione di questo (rr. 104-105), dissolvendo in un istante il (r. 99). Se la luce del lanternino ci esclude dalla vita universale, la morte, paradossalmente, ci riconcilia con essa. maledetto lumicino piagnucoloso sentimento d’esilio che ci angoscia Il lanternino Hubert Robert,  , 1769 ca. Napoli, Museo di Capodimonte. La grotta di Posillipo  >> pagina 759  Quale concezione della morte emerge da questo brano? 1. Se è vero che ciascuno di noi proietta intorno a sé una luce di un colore particolare (ed ecco, accanto al relativismo di cui si è già detto, anche un relativismo della morale e del pensiero), in ogni epoca certe tonalità prevalgono sulle altre. Anselmo Paleari le chiama (r. 42), e si riferisce alle grandi astrazioni del pensiero e della morale ( , rr. 42-43), alle grandi ideologie e ai sistemi di valori che dominano in un certo periodo storico. Ne cita due in particolare, quello di colore rosso della vitalistica virtù pagana e quello (r. 44) della fede cristiana. lanternoni Verità, Virtù, Bellezza, Onore, e che so io… violetto, color deprimente La luce collettiva dei assicura agli individui un orizzonte di riferimento, un insieme di valori codificati cui fare affidamento; ma quando essa si spegne, le piccole luci colorate dei singoli uomini brulicano caotiche nello scompiglio generale ( , rr. 50-51). Noi – dice Paleari – viviamo proprio in una di queste epoche di angosciante disorientamento, privi di un lanternone collettivo cui guardare: l’uomo moderno si aggira spaesato nell’oscurità. Qualcuno si rivolge alla fede, qualcun altro alla scienza, tutti – sbagliando – si affannano a cercare una luce che dissipi le tenebre, non riconoscendo una verità fondamentale, ossia che (rr. 89-90). lanternoni chi va di qua, chi di là, chi torna indietro, chi si raggira; nessuna più trova la via tutto questo mistero non esiste fuori di noi Una descrizione della modernità  Che cosa crea i colori delle diverse lanterne? 2.  Con quale metafora viene descritta la confusione nel momento in cui uno dei   si spegne? Che immagine dell’umanità ne emerge? 3. lanternoni  Con quale atteggiamento sono considerati coloro che ancora si recano in chiesa ad alimentare le loro  ? 4. lanternucce Le scelte stilistiche Pirandello espone la sua visione del mondo e tocca i punti più profondi della sua concezione dell’esistenza con il tono in apparenza leggero dell’intrattenimento ( , rr. 31-33). La stessa scelta di chiamare (r. 8) una teoria filosofica ha lo scopo di lasciare il lettore perplesso: il termine ironico e quasi buffo fa intendere che si tratti di uno scherzo, del vaneggiamento di un folle in cerca di un contatto con l’aldilà (tutto il discorso di Anselmo Paleari è, in prima istanza, rivolto a trovare un saldo ancoraggio ai suoi esperimenti spiritici). In realtà, l’obiettivo dell’autore – riflettere sulla condizione dell’essere umano nell’universo e sui rapporti tra individui e sistemi di valori – è tutt’altro che banale, ma è ottenuto ancora una volta con un procedimento umoristico, che all’iniziale comicità (l’«avvertimento del contrario»: una filosofia seria non dovrebbe avere un nome ridicolo) fa subentrare il «sentimento del contrario», una riflessione meditata e amara. «Dorme, signor Meis?». «Segua, segua pure, signor Anselmo: non dormo. Mi par quasi di vederlo, codesto suo lanternino» lanterninosofia Profondità e leggerezza  Il signor Paleari espone la propria   in un dialogo: rintraccia nel testo gli elementi discorsivi tipici del parlato. 5. lanterninosofia  Individua nel testo le battute ironiche con cui il narratore-protagonista Adriano Meis commenta il discorso del signor Paleari. 6.    La morte non esiste, non è   (r. 93). Riconoscersi parte di un tutto è l’invito rivolto da Pirandello all’uomo moderno. Il messaggio, ancora solo abbozzato nel  , verrà portato alle estreme conseguenze in  , con l’abbandono definitivo, da parte del protagonista Vitangelo Moscarda, di ogni connotazione individuale. Prova a riflettere, in un testo argomentativo di circa 40 righe, sul concetto paradossale di un “individuo senza identità”: un essere umano che si perde nel flusso della «vita» universale è ancora tale? 7. scrivere per argomentare l’estinzione della vita, ma il soffio che spegne in noi questo lanternino Fu Mattia Pascal Uno, nessuno e centomila