CRITICI A CONFRONTO Adriano Tilgher e Lucio Lugnani Un solo dualismo o tanti dualismi? «Vita», «forma» e altre contraddizioni Nel primo brano, risalente al 1923 ma ancora fondamentale nel dibattito critico, il filosofo e saggista Adriano Tilgher (1877-1941) analizza il conflitto tra «vita» e «forma» nell’opera di Pirandello, mettendo in luce il tema dell’impossibilità di una liberazione totale e completa delle «costruzioni sociali». Secondo il critico Lucio Lugnani, invece, le contraddizioni dell’universo pirandelliano sono maggiori e più radicali: i personaggi si muovono agitati da un perenne conflitto, tentando di fuggire da un mondo claustrofobico o di aderirvi bloccando e inibendo pulsioni e ribellioni; il desiderio della vita urta continuamente con la tentazione della morte; un’infinità di altre coppie si scontra vanamente: ora l’anima contro il corpo, ora la follia contro la saggezza, ora la verità contro la finzione e così via. Kazimir Malevic, , 1928-1932. San Pietroburgo, Museo Statale Russo. Sportsmen Adriano Tilgher All’uomo anche più incolto e rozzo è essenziale di essere e di sapere di essere, di vivere e di sapere di vivere. Nell’uomo dalla vita si è distaccato e le si è contrapposto il sentimento della vita, dice Pirandello, la coscienza, la riflessione, il pensiero, direi io, in termini filosoficamente più esatti. In questo distacco, con l’illusione che ne deriva di assumere come realtà obbiettivamente esistente fuori dell’uomo questo interno sentimento della vita mutabile e vario, è la causa prima dell’infelicità umana. Prima, non ultima, ché una volta staccatosi dalla vita, il sentimento della vita, o coscienza che dir si voglia, tende, passando attraverso il filtro del cervello, a raffreddarsi, chiarificarsi, idealizzarsi e da sentimento particolare contingente mutabile effimero a cristallizzarsi in idea astratta generale (cfr. L’umorismo ). Elevatosi per via dell’astrazione logica a seconda potenza di sé, divenuto pensiero riflesso, il sentimento della vita tende a chiuder la vita in limiti fissi e precisi, a farla scorrere tra argini prestabiliti, a colarla in forme rigide immobili date una volta per tutte: i concetti e gl’ideali del nostro spirito, le convenzioni, costumi, tradizioni, abitudini, leggi della società. Si determina così un dualismo fondamentale: da una parte, il flusso della Vita cieca muta oscura eternamente instabile e irrequieta, eternamente rinnovantesi di momento in momento; dall’altra, un mondo di Forme cristallizzate, un sistema di costruzioni, che tentano di arginare e di comprimere in sé quel flusso in eterno gorgogliante. Godere della Vita nella sua nudità e libertà infinita, al di fuori di tutte le forme e costruzioni in cui la società, la storia e gli eventi di ciascuna particolare esistenza ne hanno incanalato il corso, non si può. Lo tentò Mattia Pascal, che, facendosi passar per morto e cambiando nome e connotati, credette di poter cominciare una vita nuova, tutta ebrezza di libertà sconfinata. Egli imparò a sue spese che, tagliandosi fuori da tutte le forme e costruzioni sociali, non gli era più concesso se non di assistere da spettatore e forestiero alla vita degli altri, senza più possibilità di mescolarsi ad essa e di goderne nella sua pienezza. Straniatosi dalle forme della Vita, questa non gli si concesse più che superficialmente, dal di fuori. E quando, cedendo al suo richiamo, egli s’illuse di poter ridiscendere nel fiume della Vita e farsi riavvolgere tutto dalle sue onde, quel fiume lo respinse da sé, ed egli, ancora a sue spese, imparò che non è possibile far da vivo e da morto insieme, onde, disperato, si decise a risuscitare. Troppo tardi per risedersi al banchetto dell’esistenza, in tempo solo per vedervi sedere gli altri (cfr. il romanzo ). Straniarsi dalle forme della Vita è possibile, sì, certo, ma solo a patto di rinunciare a vivere. Il fu Mattia Pascal (Adriano Tilgher, Studi sul teatro contemporaneo , Libreria di Scienze e Lettere, Roma 1923) Lucio Lugnani La contraddizione è la stella doppia che presiede all’universo narrato pirandelliano e che sprigiona l’energia che lo muove. Quel mondo è attraversato da conflitti polari non risolubili, da istanze contrarie non conciliabili, da valori contrapposti che simultaneamente vigono e guidano le azioni dei protagonisti. È perciò un mondo fobico e chiuso, nel quale i personaggi sono tutti reclusi che cercano una via di scampo e di fuga, ora vanamente tentando di sfuggire a un corno della contraddizione col correre ciecamente incontro all’altro polo, ora sottraendosi alla coazione ripetitiva e alla costrizione per la via del nulla e con la morte, ora implacabilmente imponendosi un’autodisciplina di immobilità che li tiene bloccati e sospesi fra le due istanze irriducibilmente contraddittorie. La vita e la morte, del resto, la loro definizione e la loro marca assiologica, sono la più profonda e sommersa, la più fondante delle contraddizioni. Il corpus oscilla tra un inno alla vita e un complementare elogio della morte, tra un desiderio e una paura della vita la cui intensità e ricorrenza è pari al desiderio e alla paura della morte. La vita è ora bene supremo, anelito primario, forza sacra e inesauribile, ora il peggiore e il primo dei mali, anzi il male per antonomasia, rapina irrefrenabile, voglia matta e bestiale, condanna antropologica senza risarcimento né fine. Complementarmente, la morte è ora termine insensato della vita, orrore del vuoto, immobilità fredda, pesante, insensibile, ora è leggerezza, liberazione, emancipazione, evasione, sogno di rinascita e di ricongiungimento all’unità indivisa e indistinta del cosmo. Da questi valori ancipiti della vita e della morte discendono altre coppie di contrari che la riproducono e infinitamente la replicano nell’ordine del reale e del soggettivo: l’anima e il corpo, l’imperturbabilità e la passione, l’illusione e la realtà, la sincerità e la finzione, l’io e i suoi doppi, la follia e la saggezza. (Lucio Lugnani, Introduzione a Luigi Pirandello, Novelle , Einaudi, Torino 1994) PER SCRIVERNE È possibile uscire dalla contraddizione? Esiste un modo per vivere al di fuori del carcere dei condizionamenti e delle convenzioni sociali che imprigionano l’individuo, impedendogli di essere libero? Si tratta, a tuo giudizio, di domande che hanno ancora senso oggi? Viviamo ancora in un’epoca “pirandelliana” e noi tutti ci troviamo nello stesso stato dei suoi personaggi? Ragiona su questi temi ed esprimi il tuo punto di vista in un testo argomentativo.