PALESTRA DI SCRITTURA Tutto il fuoco di Leopardi Lo scrittore e insegnante Alessandro D’Avenia (n. 1977) indirizza una lettera immaginaria a Giacomo Leopardi. Partendo dall’esperienza di insegnamento della sua poesia, l’autore cerca nelle parole del poeta di Recanati spunti di riflessione sulla condizione dei ragazzi di oggi. Analisi e interpretazione di un TESTO ARGOMENTATIVO Questa ed altre misere circostanze ha posto la fortuna intorno alla mia vita, dandomi una cotale apertura d’intelletto e di cuore Giacomo Leopardi, Lettera a Pietro Giordani, 2 marzo 1818 Caro Giacomo, quando devo iniziare la parte di programma che ti riguarda, non dichiaro la tua identità, ma dico che è venuta l’ora di leggere il più grande poeta moderno, un poeta che ha trasformato ogni limite in bellezza, ed ebbe chiaro che questa era la sua vocazione all’età dei ragazzi che ho di fronte.       Mi guardano con gli occhi grandi per quei pochi secondi che dura l’attenzione 5 al nuovo di questa generazione, in attesa del nome. Ma dal momento che non lo rivelo, cominciano a fare ipotesi. Quando qualcuno indovina, quasi subito una voce aggiunge: «No... quello sfigato di Leopardi, no!». Abbi pazienza, sono giovani e ignoranti: si fanno prestare i luoghi comuni pur di avere un pensiero in bocca.     Ma vedi, Giacomo, io spero che usino quell’aggettivo, perché smaschera tutta la 10 paura che nasconde, quella di una cultura per la quale chi si chiede il senso delle cose non è altro che “sfigato”, tanto quanto chi non ha un corpo perfetto. Eri veramente uno sfortunato da cui stare alla larga? Chi ha la gobba porta fortuna, si dice, ma tu ce l’avevi davvero? Pensa che c’è chi, per giustificare la tua poesia, parte     proprio dalla gobba, anziché dal rapimento. Sei morto per una crisi respiratoria 15 provocata dalla compressione del tuo corpo storto sul cuore. Non hai trovato mai un amore che corrispondesse ai tuoi innamoramenti. Insomma, sei la quintessenza del giovane che nessun giovane vorrebbe essere. È vero, Giacomo? Ti difendi da solo o devo farlo io? Puoi farlo da solo, ma io devo ridurre la distanza tra la     corazza dei miei studenti e la tua pelle. Devo spaccare quell’armatura di paure che 20 impedisce loro di capire che l’arte da imparare in questa vita non è quella di essere invincibili e perfetti, ma quella di saper essere come si è, invincibilmente fragili e imperfetti. Per spaccare la corazza ho bisogno di una punta affilata e temprata, e allora ti impugno come una spada e leggo come se tu stesso parlassi ad alta voce,     con le pause giuste: 25 Questa ed altre misere circostanze ha posto la fortuna intorno alla mia vita, dandomi una cotale apertura d’intelletto perch’io le vedessi chiaramente, e m’accorgessi di quello che sono, e di cuore perch’egli conoscesse che a lui non si conviene l’allegria, e, quasi vestendosi a lutto, si togliesse la malinconia per compagna     30 eterna e inseparabile.   (Lettera a Pietro Giordani, 2 marzo 1818) Chi ha l’ardire di chiamare sfigato un ragazzo così, capace di accettare e trasformare le sue sfortune in trampolino per aprire la testa e il cuore? Chi è capace come lui di affrontare la vita con questo coraggio e avere la malinconia come compagna di cammino, e nonostante questo creare così tanta bellezza? Mi fermo e chiedo:     riuscireste voi a trasformare in canto il dolore della vita, i vostri fallimenti, la vostra 35 inadeguatezza? A nutrirvi del vostro destino, più o meno fortunato che sia, per farne un capolavoro immortale? Alle tue parole cala il silenzio. Abbiamo capito che con te non si scherza, non si banalizza. Così, proprio dalla porta della sfortuna, entriamo nella tua grandezza,     Giacomo, e io li vedo risvegliarsi, perché ciascuno di noi nasconde dentro di sé 40 la stanza della sfortuna, quella in cui le fragilità e inadeguatezze sono evidenti. Abbassano le difese, ché questo è il compito della letteratura: rendere l’uomo più vero e autentico, spogliandolo delle menzogne che lo allontanano da sé, dalla vita, dagli altri. Così si risveglia la passione assopita, la propria originalità, e si     confina la paura di non essere “abbastanza”: 45 Sebbene è spento nel mondo il grande e il bello e il vivo, non ne è spenta in noi l’inclinazione. Se è tolto l’ottenere, non è tolto né possibile a togliere il desiderare. Non è spento nei giovani l’ardore che li porta a procacciarsi una vita, e a sdegnare la nullità e la monotonia.   (Zibaldone, 1° agosto 1820)     Ma questo desiderio di vita, di felicità, d’amore, fondamento del cuore dei giovani 50 (e di tutti), è materia naturale e inestinguibile, e, quando non è indirizzato alla costruzione del mondo e della speranza, «circola e serpeggia e divora sordamente come un fuoco elettrico», scrivi in un altro passaggio del tuo diario nell’agosto del 1820. Non più un fuoco che riscalda e dà luce, ma un fuoco che prima o poi esploderà     «in temporali e terremoti». Io vedo oggi con molta chiarezza questa energia 55 che si disperde nel nulla. Incontro centinaia di ragazzi, e centinaia sono quelli che mi scrivono, stufi di non sapere per cosa giocarsi quell’infinito che sentono nel cuore. Vogliono progetti, non oggetti. Mentre noi cerchiamo di soddisfare il desiderio con le cose, loro chiedono quello che il desiderio contiene: la speranza     dell’impossibile reso possibile. 60 Forse, in fondo, non è cambiato molto da quando eri giovane tu. L’adolescenza, secondo i ragazzi stessi a cui ho chiesto di definirla, è “energia” che vuole indirizzarsi alla vita per costruirla. Ecco la prima cosa che vedo in loro e che tu hai definito tanto bene: una forza creatrice, che si libera trovando forma in parole     impugnate come armi per far esplodere il dolore o la gioia, per fuggire da «nullità 65 e monotonia». Un ragazzo una volta mi ha detto: «Quando ho finito di leggere il suo libro un fuoco si era acceso dentro di me, e mi dicevo: io voglio vivere così. Adesso lei deve spiegarmi come mai questo è accaduto». Adolescenza è questo fuoco che non vuole altro che ardere di passione e di passioni, a volte fino a bruciare     sé stessa per mancanza di combustibile. Questo fuoco c’è, io l’ho visto. È il 70 fuoco della vita. Può trasformarsi in distruzione e, al limite, in autodistruzione, ma non può essere spento, e se sembra estinguersi, languire, divorato dal cinismo, dalla mancanza di speranza, poi riaffiora sotto forme esplosive o implosive, «temporali e terremoti» tu li chiami, io li chiamo: dipendenze, violenze, fughe,     autolesionismi, suicidi, disturbi alimentari... 75 Questa generazione vuole testimoni, prima che maestri, perciò, Giacomo, tu devi aiutarmi. Le passioni si risvegliano a contatto con il fuoco, non con le istruzioni per accenderlo, soprattutto in questi ragazzi che le istruzioni non le leggono più, ma vogliono mettersi subito in gioco, on fire, come si dice nella lingua di     Shakespeare. 80 (Alessandro D’Avenia, , Mondadori, Milano 2016) L’arte di essere fragili. Come Leopardi può salvarti la vita  >> pagina 183  COMPRENSIONE E INTERPRETAZIONE Perché, per D’Avenia, Leopardi è un autore particolarmente adatto a parlare ai giovani? 1 Come appare all’autore la soglia di attenzione degli adolescenti di oggi? 2 Qual è il luogo comune su Leopardi che D’Avenia contesta? 3 Che cosa afferma Leopardi nella prima lettera citata da D’Avenia? Sintetizzane il contenuto con parole tue. 4 In che cosa è consistita la grandezza di Leopardi secondo D’Avenia? 5 Qual è la principale difficoltà dei giovani di oggi secondo l’autore? E quale l’errore degli adulti? 6 Che cosa insegna Leopardi sulla “fragilità”? 7 Qual è il “fuoco” che questo poeta può trasmettere ai ragazzi? 8 RIFLESSIONI E COMMENTO Scegli una delle seguenti tracce e sviluppala in un testo argomentativo di circa 2 facciate di foglio protocollo. Confronta la visione della giovinezza che emerge dalle parole di D’Avenia con l’immagine leopardiana di questa età della vita contenuta nelle poesie che hai letto. Qual è la lettura dell’età giovanile offerta da Leopardi? Ti sembra che vi sia una corrispondenza con quanto detto da D’Avenia? Spiega perché. a Per D’Avenia i problemi e le emergenze sociali degli adolescenti ( ) sono conseguenza della a cui i giovani stessi sono condannati da una società cinica e materialista. Per questo – scrive ancora l’autore – i ragazzi hanno bisogno di , più che di . Sei d’accordo con questa sua interpretazione della realtà? Dove pensi che possano essere trovati questi “testimoni”? Ritieni che la letteratura sia in grado di rappresentare un serbatoio di voci e di esperienze utili ai giovani di oggi? b dipendenze, violenze, fughe, autolesionismi, suicidi, disturbi alimentari... mancanza di speranza testimoni maestri