5 La noia IN BREVE La tragedia di sentirsi disadattati «La noia è manifestamente un male, e l’annoiarsi una infelicità. Or che cosa è la noia? Niun male né dolore particolare ma la semplice vita sentita, provata, conosciuta, pienamente presente all’individuo»: con queste parole Leopardi definisce nello Zibaldone una delle principali peculiarità della condizione umana. Questo sentimento occupa infatti secondo l’autore gran parte della vita, in una sorta di posizione di confine tra gli interminabili intervalli che si frappongono tra il desiderio del piacere e la scoperta della sua irrealizzabilità. T19, p. 132) Il motivo ricorre in tutta la produzione leopardiana, sia in versi sia in prosa, in particolare nelle Operette morali ( Dialogo di Torquato Tasso e del suo Genio familiare ▶ . Si tratta di quel senso di vuoto che l’uomo percepisce quando cadono le sue aspirazioni e si sente incapace di vivere e partecipare al flusso della vita, sempre così diversa dai sogni, dalle speranze e dalle immaginazioni, immobile in un tempo umano uniforme e indistinto. Gran parte dell’esistenza è tesa tra del piacere e di realizzarlo. desiderio impossibilità Tuttavia, la noia non colpisce tutti gli uomini in modo indiscriminato. Se da un lato infatti essa nasce da quell’ infinita che appartiene a tutti gli uomini, dall’altro coglie esclusivamente chi ha : chi, in altri termini, vive la dimensione emotiva della fragilità e della transitorietà dell’esistenza e perciò vede frustrato il proprio bisogno di assoluto. Da qui il della noia, chiaramente delineato da Leopardi in uno dei (68): «Il non potere essere soddisfatto da alcuna cosa terrena, né, per così dire, dalla terra intera; considerare l’ampiezza inestimabile dello spazio, il numero e la mole meravigliosa dei mondi, e trovare che tutto è poco e piccino alla capacità dell’animo proprio; immaginarsi il numero dei mondi infinito, e l’universo infinito, e sentire che l’animo e il desiderio nostro sarebbe ancora più grande che sì fatto universo; e sempre accusare le cose d’insufficienza e di nullità, e patire mancamento e voto, e però noia, pare a me il maggior segno di grandezza e di nobiltà, che si vegga della natura umana». La noia come condizione degli animi inappagati inappagato desiderio di felicità coscienza della vanità delle cose carattere “ sublime ” Pensieri La nasce dalla constatazìone che il provato dagli uomini è destinato a rimanere . noia desiderio di felicità inespresso Sempre le stesse cose La responsabilità di questo stato d’animo ricade sulla natura: è essa ad alimentare il desiderio di piaceri, che si rivelano poi irrealizzabili. L’«apparir del vero», come Leopardi scrive nel canto A Silvia ( ▶ T12, p. 81), fa infatti svanire la speranza che il domani sia diverso dal presente: i giorni, i mesi e gli anni sono invece destinati a trascorrere sempre uguali e il tempo della vita si rivela una sequenza senza variazioni. Per poter sperare nella felicità, all’uomo non rimane che – illusoriamente – rinviarla sempre a un domani migliore.