Il dialetto: lingua madre che unisce
vedi La poesia in dialetto, p. 62
Abbiamo visto come la poesia di Porta a Milano e quella di Belli a Roma ebbero grande successo presso il popolo: questo anche perché all’epoca il dialetto era la lingua del popolo, e lo sarebbe stata ancora a lungo. Una vera unificazione linguistica dell’Italia ebbe luogo infatti soltanto nella seconda metà del XIX secolo, quando a poco a poco i dialetti cominciarono a essere abbandonati dalle nuove generazioni di parlanti. E oggi? Qual è lo “stato di salute” dei dialetti nel nostro paese? Per certi versi sembra quasi di assistere a una riscossa degli idiomi locali. Del tema si occupa questo articolo di Roberta Scorranese.
“Nella sua ultima apparizione pubblica prima della morte (avvenuta nel 1975), Pier Paolo Pasolini tenne un famoso discorso a Lecce. Parlò dei dialetti a rischio scomparsa, della televisione colpevole di un «genocidio culturale » con l’imposizione di una lingua standard, «quella di Mike Bongiorno», per capirci. Era un’altra Italia, quella del 1975: tra le classi sociali c’erano fossati culturali che andavano riempiti e la padronanza dell’italiano era il punto di partenza. I dialetti erano stati già stigmatizzati dal fascismo e negli anni Settanta, come osserverà poi un grande sociolinguista come Gaetano Berruto, «ci si vergognava della propria lingua madre». E la televisione unificava il Paese con un idioma omogeneo, accessibile a tutti ma intriso di una fredda correttezza formale che agli occhi di Pasolini suonava come una spaventosa ingiunzione dall’alto.
Mike Bongiorno: celebre conduttore televisivo (1924-2009).