A Zacinto

di Ugo Foscolo, da Poesie, Sonetti, 9

La patria e il figlio lontano

In questo sonetto Foscolo si rivolge a Zacinto (antico nome di Zante), isola greca dove è nato e che ha dovuto lasciare.

Parafrasi

Né più mai toccherò le sacre sponde
ove il mio corpo fanciulletto giacque,
Zacinto mia, che te specchi nell’onde
del greco mar da cui vergine nacque


Non toccherò mai più le sacre rive
dove trascorsi la mia infanzia,
Zacinto mia, che ti specchi nelle onde
del mare greco, da cui nacque vergine


sponde, rive

Venere, e fea quelle isole feconde
col suo primo sorriso, onde non tacque
le tue limpide nubi e le tue fronde
l’inclito verso di colui che l’acque


Venere, che rese fertili quelle isole
col suo primo sorriso; così anche [Omero] parlò
delle tue nuvole chiare e delle tue fronde
nei suoi versi famosi


fea, rendeva
l’inclito verso, i versi famosi

cantò fatali, ed il diverso esiglio
per cui bello di fama e di sventura
baciò la sua petrosa Itaca Ulisse.


e cantò i viaggi di Ulisse decisi dal Fato [l’acque cantò
fatali
], e l’esilio in tanti luoghi diversi, dopo i quali, carico
di fama e di sventura, poté baciare la sua rocciosa Itaca.


Tu non altro che il canto avrai del figlio,
o materna mia terra; a noi prescrisse
il fato illacrimata sepoltura.


Tu non avrai niente altro che i versi del tuo figlio,
o materna mia terra [Zacinto]; perché il destino
ha deciso che sulla mia tomba nessuno piangerà.



DENTRO IL TESTO

METRO: sonetto con schema di rime ABAB ABAB CDE CED
In questo sonetto torna il tema dell’esilio. Foscolo si paragona a Ulisse, anche lui per molti anni lontano da Itaca. Anche se Ulisse infine è tornato alla sua isola, mentre il poeta sa che il suo esilio durerà fino alla morte e lo destinerà a essere sepolto in terra straniera.
Particolare in questo sonetto l’uso dei tempi verbali: il futuro all’inizio (toccherò) e alla fine (avrai) si riferisce al destino immutabile riservato al poeta.
Il presente è usato in riferimento all’isola; mentre per il resto viene usato il passato remoto.