La lingua italiana

Nell’Ottocento, in Italia non esiste una lingua comune parlata e compresa da tutti. Nella tradizione letteraria esiste una lingua usata solo per le composizioni in versi.
Per il romanzo invece manca, per questo Manzoni riscrive I promessi sposi tre volte, ogni volta in un “italiano” diverso.
La prima stesura è in un italiano di provenienza varia; il risultato è una lingua artificiosa, non spontanea.
Per la seconda stesura (1827) Manzoni si sforza di usare il dialetto toscano; a quel tempo molti pensano che il toscano debba diventare la “lingua italiana” ufficiale. Ma il dialetto in cui Manzoni parla è il milanese; e il risultato è ancora una volta una lingua mista e poco naturale.
Prima di comporre la terza stesura Manzoni va a Firenze.
Impara bene il dialetto fiorentino parlato dalle classi colte e riscrive ancora una volta I promessi sposi.
Questa edizione, scritta in dialetto fiorentino e pubblicata nel 1840, è quella che leggiamo ancora oggi.
Oltre a riscrivere il suo romanzo, Manzoni scrive trattati sulla lingua italiana e interviene più volte pubblicamente sull’argomento. È convinto, infatti, che la “questione della lingua” sia prima di tutto una questione politica, e che senza unità linguistica sia impossibile anche l’unità politica.

Frontespizio dell’edizione del 1827, con il visto della censura austriaca
Frontespizio dell’edizione del 1827, con il visto della censura austriaca

La “questione della lingua”

In Italia per secoli si parla solo in dialetto, e le persone provenienti da regioni italiane diverse non possono capirsi tra loro.
Quando gli italiani cominciano a sentire la necessità di una lingua comune si interrogano su quale dialetto debba diventare la “lingua italiana.”
Molti credono che la lingua da scegliere sia il dialetto fiorentino perché è la lingua di Dante, Petrarca e Boccaccio. Ma il dibattito, iniziato nel Trecento, di fatto sarà risolto dopo l’Unità d’Italia.


LE OPERE

Nella fase giovanile Manzoni scrive soprattutto poesie, fortemente influenzate dalle idee rivoluzionarie e dal Classicismo.
Dopo la conversione religiosa, lascia questi temi e si dedica alla composizione di odi civili e poesie religiose.