Il manoscritto ritrovato. Nell’introduzione, Manzoni dichiara di aver trovato un manoscritto scritto da un “anonimo” e di aver deciso di farlo pubblicare con il titolo I promessi sposi. È un espediente usato da molti scrittori (tra cui Cervantes nel Don Chisciotte), che aumenta l’interesse del lettore perché gli dà l’impressione di avere davanti il racconto di qualcosa di realmente accaduto.
L’ironia. L’espediente del manoscritto ritrovato fa sì che ne I promessi sposi ci siano due voci narranti: da una parte l’“anonimo” e dall’altra il narratore.
Il narratore usa un tono fortemente ironico, e spesso prende le distanze da quello che racconta l’“anonimo” con frasi come: “così scrive l’anonimo, ma sapete che tipo strano sia”.
Il male. Ne I promessi sposi viene rappresentato sia il male come ingiustizia sociale (il nobile don Rodrigo che tormenta due popolani) sia il male che viene dalla volontà di Dio (la peste).
La Provvidenza. Ne I promessi sposi, Dio colpisce anche gli innocenti. Ma il male mandato da Dio è provvidenziale: Renzo infatti, che voleva vendicarsi su don Rodrigo, dopo aver visto Milano devastata dalla peste lo perdona, salvando così la sua anima dal commettere un peccato.
Le scelte linguistiche. Manzoni riscrive più volte I promessi sposi non solo perché non sa in quale “italiano” scrivere il romanzo, ma soprattutto per cercare di ottenere una lingua non letteraria. E ci riesce: l’ultima edizione de I promessi sposi usa una lingua semplice e naturale per l’epoca, con esclamazioni e frasi tipiche del parlato.
Ad esempio:
- la frase “la peste l’ho avuta”, al tempo di Manzoni altri avrebbero scritto “ho avuto la peste”;
- la frase “quelli che muoiono, bisogna pregare Dio per loro”, all’epoca altri avrebbero scritto “bisogna pregare Dio per quelli che muoiono”.