Palestra verso l Esame 3. Prove di lingua e cultura latina e lingua e cultura greca 3.1 Otium e negotium Cicerone, De re publica Platone, VII lettera PRIMA PARTE: traduzione di un testo in lingua latina Nel De re publica, scritto tra 54 e 52 a.C., Cicerone sostiene la priorità dell impegno attivo a servizio dello Stato rispetto all otium: nel passo proposto mostra le ragioni della sua convinzione facendo riferimento alla personale esperienza politica. Classe IV PRE TESTO Quando io, deponendo il consolato, dinanzi all assemblea del popolo, che manifestò unanime il suo consenso, giurai d aver salvato la repubblica, sentii di essere largamente ricompensato di tutte le pene e le preoccupazioni che avevo sofferto. E, a dire il vero, le mie vicende furono per me motivo d onore più che di travaglio, di gloria più che di molestia, e dal rammarico dei buoni ebbi un conforto maggiore dell afflizione procuratami dall esultanza dei malvagi. Ma, come ho già detto, se anche non fosse stato così, come avrei potuto lamentarmi, dal momento che nulla mi era accaduto di inaspettato o di più grave di quanto avessi previsto in compenso di tante mie fatiche? Is enim fueram, cui cum liceret aut maiores ex otio fructus capere quam ceteris propter variam suavitatem studiorum in quibus a pueritia vixeram, aut si quid accideret acerbius universis, non praecipuam sed parem cum ceteris fortunae condicionem subire, non dubitaverim me gravissimis tempestatibus ac paene fulminibus ipsis obvium ferre conservandorum civium causa, meisque propriis periculis parere commune reliquis otium. Neque enim hac nos patria lege genuit aut educavit, ut nulla quasi alimenta exspectaret a nobis, ac tantummodo nostris ipsa commodis serviens tutum perfugium otio nostro suppeditaret et tranquillum ad quietem locum, sed ut plurimas et maximas nostri animi ingenii consilii partis ipsa sibi ad utilitatem suam pigneraretur, tantumque nobis in nostrum privatum usum quantum ipsi superesse posset remitteret. POST TESTO chiaro che i nostri avversari, quando affermano che alla vita pubblica partecipano uomini per lo più indegni, con i quali non è lotta; e che il venire a conflitto con la moltitudine, soprattutto quando sia infuriata, apporta pene e rischi, cercano scuse per vivere più liberamente nell ozio e ricorrono a pretesti, che noi non dobbiamo assolutamente tenere in alcuna considerazione. Essi ritengono infatti che non convenga al saggio prendere le redini del governo, dal momento che non può tenere a freno le insane e indomite passioni del volgo, e che non sia degno di un uomo libero battersi con avversari infami e tracotanti e subire oltraggi, che il sapiente non può tollerare; come se per gli uomini buoni, animosi ed energici non vi fosse causa più giusta per entrare nella vita pubblica che affrontare i malvagi ed impedire loro di sovvertire lo stato, quando essi non possano, pur desiderandolo, portare soccorso. (trad. A. Resta Barrile) 90
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