L individuo e la comunità DI TESTO IN TESTO Infatti esaminando più a fondo le cause perché gli uomini si uniscono e godono della società reciproca, risulterà senz altro evidente che ciò non avviene in modo che per natura non possa accadere diversamente. Se infatti l uomo amasse l uomo naturalmente, cioè in quanto uomo, non vi sarebbe nessuna ragione perché ciascuno non dovesse amare ugualmente ciascun altro, in quanto ugualmente uomo, o perché dovesse preferire di frequentare coloro, dalla cui società possono derivare a lui, piuttosto che ad altri, onore e utile. Quindi non cerchiamo dalla natura soci, ma di trarre da essi onore e vantaggio. [ ] Sebbene poi le cose utili a questa vita possano essere accresciute con l aiuto reciproco, questo può avvenire molto meglio con il dominio sugli altri, piuttosto che entrando in società con essi: per cui non si deve dubitare che, se non vi fosse il timore, gli uomini sarebbero portati dalla loro natura molto più a desiderare il dominio che la società. Si deve dunque stabilire che le società grandi e durevoli hanno tratto origine non dalla benevolenza reciproca degli uomini, ma dal timore reciproco. (Thomas Hobbes, De Cive, a cura di T. Magri, Editori Riuniti, Roma 1992) FINO A TE Lucrezio e il filosofo inglese Thomas Hobbes (1588-1679) mettono in luce le motivazioni che spingono gli uomini a uscire dallo stato di natura e a vivere in società. Ma, se Lucrezio individua nell avidità del singolo la causa della conflittualità sociale, Hobbes ritiene invece che sia proprio l indole degli uomini a portarli naturalmente a prevaricare l uno sull altro. Con i tuoi compagni e le tue compagne organizza un debate per decidere se la violenza sociale sia il risultato di ciò che è legato alla dimensione culturale degli uomini o se invece sia l espressione dello stato di natura intrinseco al genere umano. T5 L individuo e la folla Seneca Epistole a Lucilio 7, 1-9 Nelle lettere indirizzate al giovane amico Lucilio, Seneca (4 a.C.-65 d.C.), uomo politico e filosofo stoico, rivolge al destinatario una serie di esortazioni morali tese a guidarlo in un opera di costante miglioramento di sé stesso. Riportiamo qui, quasi per intero, una delle prime lettere della raccolta, nella quale l autore incoraggia Lucilio a evitare la compagnia della folla, per non farsi contagiare dai vizi e dalle brutali passioni che si manifestano quando un gran numero di uomini si raduna insieme: come avviene, per esempio, durante i combattimenti tra gladiatori (o tra comuni criminali), una delle forme di spettacolo più seguite dal popolo della Roma imperiale. 5 Mi chiedi che cosa tu debba specialmente evitare.1 Rispondo: la folla. Non puoi ancora affidarti ad essa senza pericolo. Ti confesserò questa mia debolezza: non torno mai a casa quale ne ero uscito; qualcosa si turba di quell ordine che avevo posto nel mio spirito, e riappare qualche difetto di cui mi ero liberato. Ciò che capita a coloro che, per essere stati a lungo ammalati, sono così deboli da non potersi più muovere senza danno, capita anche al mio spirito, che si sta rimettendo dopo una lunga malattia. La compagnia della moltitudine è dannosa: c è sempre qualcuno che ci rende gradevole un vizio o, senza che ce ne accorgiamo, ce lo trasmette in tutto o in parte. 1. Mi chiedi evitare: Seneca risponde (o immagina di rispondere) a una precedente lettera di Lucilio. 33