Diverse visioni del mondo T1 Tutte le cose si rinnovano l una dall altra Lucrezio De rerum natura III, 931-951 e 964-977 In questo passo del suo poema, Lucrezio ricorre a una prosopopea (figura retorica in cui si introducono a parlare persone assenti o defunte, o anche cose inanimate, astratte, come se fossero presenti, vive, animate) e lascia la parola alla natura stessa, la protagonista , sin dal titolo, dell opera. La Natura si rivolge a un uomo, rimproverandolo per il suo timore della morte: è presentato così in forma retorica e patetica (volta cioè a suscitare emozioni) uno dei temi più importanti della filosofia epicurea, cioè la necessità di superare, appunto, il timore della morte. Alcuni versi più avanti è invece il poeta a spiegare, questa volta in termini razionalistici, che in realtà la morte non esiste, dal momento che «è legge che tutte le cose si rinnovino l una dall altra , e che il tempo che seguirà la nostra morte è uguale a quello che l ha preceduta, ed è, dunque, «nulla per noi (nil ad nos). 935 940 945 950 965 Se infine la natura a un tratto cominciasse a parlare e muovesse rimprovero a uno di noi in questo modo: «Che cosa ti sta così a cuore, o mortale, che indulgi in modo eccessivo al dolore, e piangi e lamenti la morte? Se infatti la vita trascorsa finora ti è stata gradita, e se tutte le gioie, quasi accolte in un urna incrinata, non fluirono via, né si persero ormai divenute sgradevoli, perché non ti allontani come commensale sazio della vita1 e a cuore sereno non prendi, o stolto, un sicuro riposo? Se invece tutto ciò che hai goduto è perito e dissolto nel nulla, e la vita ti è in uggia, perché cerchi ancora di aggiungere ciò che avrà triste fine, a sua volta, e un ingrato tramonto totale, e piuttosto non poni fine alla vita e ai tuoi affanni? Tutto quanto difatti io escogiti e possa inventare che ti piaccia, non serve: le cose sono sempre le stesse. Se il tuo corpo non è oramai putrido di anni, e le tue membra stremate non languono, le cose tuttavia restano sempre le stesse. Durasse la tua vita sino a vincere tutte le stirpi, o anche piuttosto non dovessi morire giammai ; che cosa rispondiamo, se non che la natura rivolge un accusa legittima ed espone una causa fondata? [ ] Cede sempre il suo posto l antico estromesso dal nuovo, ed è legge che tutte le cose si rinnovino l una dall altra; né alcuno discende giammai nell abisso tenebroso del Tartaro. 1. perché vita: la metafora del banchetto della vita è caratteristica della filosofia epicurea, ma si trova anche più volte in un poeta come Orazio (che talora si dichiara epicureo , ma in realtà non appartiene ad alcuna scuola filosofica) e in un filosofo stoico come Seneca. 7
T1 Tutte le cose si rinnovano (Lucrezio, De rerum natura III 931-951 e 964-977)