L autore Orazio in breve per trovare rifugio nella saggezza (I, 1, 1-3 e 10-12). L epistola, in quanto sermo cioè conversazione, seppure in versi, pur sempre prosaica si offre a Orazio come il mezzo migliore per dedicarsi a questa nuova poesia filosofica. Egli tende così a elargire raccomandazioni comportamentali, senza però mai mostrarsi depositario di una verità assoluta: egli stesso, nell epistola I, 1, ammette di attingere a indirizzi filosofici differenti, a seconda delle circostanze, sentendosi per questo più vicino agli edonisti della scuola di Aristippo che ai rigorosi seguaci dello stoicismo (I, 17, 16-24). I due elementi dominanti sono la meditazione intima, sviluppata nel colloquio con il destinatario, e la raccomandazione morale. La saggezza che Orazio propugna è fondata sulla misura; è descritta con toni sempre amabili e pacati e soprattutto non ha alcunché di eroico: il poeta sa bene che in alcune circostanze bisogna scendere a compromessi con la realtà e ricercare relazioni utili con personaggi d alto rango per raggiungere determinate posizioni; da qui i consigli pratici a Sceva (I, 17) e a Lollio (I, 18), che vogliono fare carriera. Orazio avverte però l incapacità di trovare per sé stesso e per i suoi dedicatari un rimedio sicuro contro gli affanni quotidiani. Da questo senso di inadeguatezza e di insoddisfazione discende una pacata malinconia, che pervade tutto il libro e conferisce un fascino singolare alle urbane conversazioni con i vari destinatari del poeta. Le riflessioni letterarie Le due epistole del secondo libro sono più corpose quanto a numero di versi rispetto a quelle del primo (entrambe di oltre duecento versi) e il tema dominante è la letteratura. Dall epistola II, 2 emerge un atmosfera analoga a quella del primo libro: il dedicatario del testo, Floro, vorrebbe che Orazio continuasse a scrivere poesia, ma il poeta sente il peso della vecchiaia, soffre perché deluso dal pubblico, mal tollera la vita cittadina, è infastidito dal dilettantismo poetico che dilaga fra i contemporanei. Egli trova le forze per difendere con fermezza le proprie idee su forme e tecniche poetiche, per biasimare con decisione il vuoto esibizionismo di alcuni suoi colleghi poeti, per proclamare con convinzione la funzione educatrice della poesia. Tuttavia, di fronte alla serietà di questi temi, Orazio mantiene un delicato e maturo distacco: pervaso da un senso di malinconico declino, più accentuato rispetto a quello del primo libro, il poeta guarda con più trasporto alla filosofia, la sola occupazione nella quale può trovare rifugio contro il dolore della morte che egli sente ormai vicina. Lo stesso tenore caratterizza l epistola II, 1 ad Augusto, dove però Orazio si esprime con maggiore fermezza nel difendere le proprie convinzioni, nel ridicolizzare la moda di attribuire valore soltanto agli scrittori di età arcaica e nel denunciare le debolezze formali del gusto letterario dei contemporanei. Ma la questione più importante affrontata da Orazio riguarda il teatro latino. Emerge chiaramente da questa epistola, infatti, l intenzione di Augusto di rivitalizzare il teatro, con il quale, a suo avviso, i messaggi dell ideologia del principato avrebbero raggiunto più facilmente il grande pubblico. Ma Orazio manifesta un forte scetticismo nei confronti della scelta del princeps: guarda, infatti, con pessimismo all eventualità che le masse dei teatri abituate a spettacoli di mimi e di acrobati possano apprezzare una produzione drammatica dotta, quale era richiesta dalla generazione degli scrittori augustei, e sollecita, piuttosto, il princeps a selezionare con cura e a sostenere altri poeti di qualità. Il secondo libro delle Epistole è dedicato alla riflessione su tematiche di letteratura: Orazio guarda con sospetto (e talvolta disprezzo) al pubblico, ad alcuni poeti del suo tempo, alle intenzioni di Augusto di rinnovare il teatro, e afferma l importanza del ruolo educativo della poesia. La nota malinconica è qui più evidente. à Il sarcofago delle Muse (particolare con maschere teatrali), II secolo a.C. Ostia, Museo Archeologico di Ostia Antica. 235