L autore Orazio 85 90 95 100 105 110 115 largamente alle provviste di ceci e d avena con i chicchi lunghi. Gli servì anche, portandoglieli in bocca, uva passa e pezzetti di lardo rosicchiati, sperando, con la varietà dei cibi, di rintuzzare la schifiltosità dell ospite. Che invece, con spocchioso dente, assaggiava appena. Quanto a lui, l anfitrione, adagiato sulla paglia fresca assaporava farro e loglio,21 pur lasciando all altro i bocconi più squisiti. Alla fine il topo cittadino: Amico chiese, che gusto mai ci trovi a vivere con tanti sacrifici in questo bosco, su un versante dirupato? Non vorresti accordare alla città, agli uomini, il primato sulle selve? Mettiti in viaggio, dammi retta. T accompagno io. Agli esseri terrestri è stata data in sorte un esistenza definita. Grande o piccolo, nessuno può sfuggire alla sua morte. Per cui, mio caro, fin che ti è possibile, goditi i piaceri della vita. Sii felice, rammentando quanto poco durerai . Queste parole fanno effetto sul topo di campagna. Scatta fuori, svelto, dalla tana. Compiono insieme il viaggio programmato. Non vedono l ora di varcare, strisciando furtivi, nottetempo, le mura cittadine. La notte aveva ormai toccato il suo apogeo, quando i due topi misero piede in un abitazione di gran lusso, dove un drappo tinto di rosso scarlatto sfolgorava, steso su divani d avorio, e parecchi vassoi contenenti avanzi d una cena sostanziosa, consumata il giorno prima, riempivano in disparte canestri traboccanti. Fatto accomodare il campagnolo su un tappeto di porpora, il topo cittadino corre avanti e indietro come un servo con la veste rincalzata, imbandisce vivande una dopo l altra, svolge insomma tutti i compiti servili, non esclusa la leccata preventiva22 a ciò che porta. Comodamente l ospite si gode l inversione delle parti, e in quella pacchia gioca il ruolo del beato commensale. Quand ecco, a farli saltare giù di colpo dai triclini, un grande strepito di porte. Corse affannose da una parte all altra della sala, e tanto più tremore e fiato mozzo nel momento in cui la vasta casa riecheggiò latrati di molossi.23 Il topo di campagna, allora, Questa vita disse non è fatta per me. Ti saluto: là nel bosco, nella tana sicura da ogni insidia, chiederò conforto a un piatto di umili lenticchie . (trad. M. Beck) 21. farro e loglio: il pasto modesto del topo di campagna è costituito da queste piante povere, mentre il cibo più pregiato è riservato al topo di città. 22. la leccata preventiva: nelle case patrizie la servitù comprendeva anche il praegustator, uno schiavo incaricato di assaggiare i cibi prima che venissero serviti. 23. molossi: particolare razza di cani da guardia, proveniente dall Epiro e oggi estinta. 285