L ET DI AUGUSTO in breve 5. Lo stile di Ovidio I versi di Ovidio La metrica Per l estrema regolarità ed eleganza del suo modo di comporre versi, Ovidio si sono fluidi, regolari, è affermato come il modello più importante di versificazione latina nei secoli successivi e musicali. fino all epoca moderna. Dal punto di vista metrico, innanzitutto, sono evitate quasi sempre tutte quelle particolarità (dallo iato all allungamento in arsi davanti a cesura, per fare soltanto due esempi), che possono variare e, in qualche modo, spezzare il regolare fluire dei versi dattilici: il risultato è una piacevole regolarità che però non diviene mai monotona o ripetitiva (un po come avviene nella musica di Mozart, il compositore più affine, da questo punto di vista, al poeta Ovidio). Questo aspetto è amplificato, naturalmente, nelle opere composte in distici elegiaci, nelle quali il succedersi delle unità metriche, quasi sempre coincidenti con unità sintattiche, rende il ritmo ancor più cadenzato; ma anche nelle Metamorfosi, dove il rapporto tra metrica e sintassi è più movimentato (troviamo, per esempio, pause sintattiche forti anche all interno dell esametro e si fanno più frequenti gli enjambement*), la versificazione rimane, comunque, estremamente fluida e musicale. Il lessico ovidiano La lingua Nel lessico Ovidio si mostra un poeta risolutamente moderno: da una parte perché è moderno; evita, salvo eccezioni, termini arcaici, rimasti nella lingua poetica dopo che erano stati usati dai è frequente primi poeti e, in particolare, da Ennio e impiegati ancora, pochi anni prima, da Virgilio; dall all introduzione di tra perché introduce in poesia termini e costrutti sintattici che, per quanto è possibile ipotizzare, nuovi vocaboli e costrutti. ne erano in precedenza esclusi, o addirittura conia termini nuovi (soprattutto composti oppure formazioni con suffisso: per esempio aurige na, nato dall oro ; semisepultus, semisepolto ; reso nabilis, risonante ; florile gus, che raccoglie fiori ecc.). Di fronte a un termine o a un costrutto che si incontra per la prima volta in Ovidio non possiamo essere certi che esso non comparisse in uno degli innumerevoli testi poetici più antichi che sono andati perduti; ma il fatto che così tanti termini e diversi costrutti compaiano in Ovidio e vengano, poi, regolarmente ripresi dagli autori successivi lascia supporre che sia stato proprio lui a introdurli per la prima volta o, comunque, ad averne legittimato, con l autorità di un modello, l impiego in poesia. Influenzato dalla Le scelte formali Ciò che rende estremamente brillante lo stile di Ovidio, al di là della formazione retorica, regolarità ritmica e della generale scorrevolezza della lettura, è l elaborazione retorica che Ovidio ricorre pervade la sua poesia e nella quale si riflette, con ogni verosimiglianza, la sua formaziospesso a tecniche ne nell arte oratoria. Frequentissimi, spesso ripetuti e insistiti con evidente compiacimento, e meccanismi dell ars oratoria. sono i concettismi e i giochi di parole, la cifra stilistica forse più caratteristica di Ovidio (meno frequenti, invece, rispetto ai poeti di epoca precedente sono le figure di suono, come le allitterazioni*); ma l influsso dell eloquenza si avverte anche nella costruzione del componimento, che spesso sviluppa un tema in base ai dettami della precettistica retorica. Nell uso sistematico e spesso virtuosistico della retorica non è da vedere un limite, quanto il ricorso, più semplicemente, a un tipo di linguaggio, che Ovidio usa peraltro in modo estremamente personale, adattandolo ai diversi temi e ai diversi contesti della sua poesia: dal lusus degli amori giovanili al dramma dell esilio. Le critiche degli antichi sono istruttive sotto questo punto di vista: non accusano Ovidio di insincerità ma, piuttosto, di eccesso di arte. Seneca Retore (suo contemporaneo) e Quintiliano (seconda metà del I secolo d.C.), per esempio, rimproverano Ovidio in quanto nimium amator ingenii sui, troppo amante del proprio ingegno (Quintiliano, Institutio oratoria X, 1, 88), e incapace di frenare il proprio talento: nescit quod bene cessit relinquere, non sa abbandonare ciò che gli è riuscito bene , cioè continua ad aggiungere e a ripetersi (Seneca Retore, Controversiae IX, 5, 1). Si tratta, comunque, di riserve che hanno il sapore di omaggi, in quanto sottolineano gli straordinari risultati formali e artistici conseguiti dal poeta in tutte o quasi le sue opere. 458