Il viaggio, l esilio T1 Le cose più belle sono sempre con noi Seneca Consolatio ad Helviam 8, 2-6 Nello scrivere alla propria madre per consolarla della condanna all esilio in Corsica che gli è stata comminata dall imperatore Claudio (e che durerà otto anni), il filosofo stoico Seneca (4 a.C.-65 d.C.) sostiene che i disagi legati alla condizione di esiliato siano ben poca cosa a fronte di quelli che, secondo il pensiero dello stoicismo, sono i beni più preziosi e non ci abbandonano mai: la nostra virtù personale e la possibilità di godere del creato, patria comune a tutti gli esseri umani. Perciò, se anche ci trovassimo a dover percorrere le strade di tutto il mondo (Emetiamur quascumque terras), non saremo mai davvero in esilio (nullum inveniri exsilium potest), perché «al mondo non c è luogo che sia straniero all uomo (nihil enim quod intra mundum est alienum homini est). 5 10 15 20 25 Due cose ci seguono dovunque noi andiamo e sono le più belle che esistono: la natura, che è comune a tutti, e la nostra virtù personale. Questo è voluto, credimi, dal creatore dell universo, chiunque egli sia, un dio signore di tutte le cose o una mente incorporea artefice di opere meravigliose, o uno spirito divino uniformemente diffuso in tutte le cose, le più grandi come le più piccole, o il destino e la successione immutabile di cause connesse fra loro; questo, ripeto, è voluto perché soltanto le cose infime fossero soggette all arbitrio altrui. Ciò che vi è di meglio nell uomo è sottratto al potere umano e non può essere né dato né tolto. Questo universo che di tutte le creazioni della natura è la più grande e la più bella, il nostro animo che questo universo contempla e ammira e del quale è parte splendidissima, appartengono a noi per sempre e resteranno con noi tanto più a lungo quanto noi stessi più a lungo esisteremo. Perciò, di buon animo e fieri, affrettiamoci con passo fermo dovunque la sorte ci spinga. Percorriamo tutta la terra, non vi sarà nessun esilio; infatti al mondo non c è luogo che sia straniero all uomo. Da ogni parte, egualmente, si può volgere lo sguardo al cielo; la distanza che separa l uomo da dio è sempre la stessa. Per questo, purché i miei occhi non siano privati di quello spettacolo di cui sono insaziabili, purché mi sia consentito di guardare il sole e la luna, purché io possa fissare gli altri astri e studiarne il sorgere e il tramontare, le loro distanze e le cause del loro moto, ora più veloce ora più lento, e ammirare le tante stelle che brillano nella notte, alcune immobili altre che si spostano, non però nello spazio infinito ma in un orbita che si sono tracciata, altre ancora che spuntano all improvviso, altre che quasi abbagliano in un guizzo di fiamma e sembra che cadano o che, per un lungo tratto di cielo, passano oltre con una gran luce, purché io possa contemplare tutto questo e, per quanto sia lecito a un uomo, partecipare alla vita del cielo, purché l animo mio che tende alle cose a lui affini sia sempre rivolto al cielo, che cosa mi importa quale terra io calpesti? (trad. N. Marziano) 571
T1 - Le cose più belle sono sempre con noi (Seneca, Consolatio ad Helviam)