Il viaggio, l esilio come un esperienza gioiosa: se Rutilio Namaziano lascia a malincuore Roma per tornare in Gallia, anche il ritorno a casa di Primo Levi, sopravvissuto ad Auschwitz, non viene vissuto con la gioia che ci si potrebbe aspettare, ma con grossi sensi di colpa nei confronti di chi nel lager aveva lasciato la vita. FINO A TE Documentati su entrambe le opere, il De reditu suo di Rutilio Namaziano e La tregua di Primo Levi; con l aiuto di alcuni compagni e compagne, e realizza poi una breve presentazione, mettendo in evidenza i punti di contatto e quelli di divergenza, alla luce del comune denominatore che può essere rappresentato dalla ripresa del tòpos odissiaco del nòstos, ovvero del ritorno a casa. T4 «Avvincente ma terribile : l esilio nel Novecento Edward W. Said Riflessioni sull esilio In un saggio del 1984, del quale ti proponiamo tre brevi estratti, lo studioso e critico statunitense di origine palestinese Edward W. Said (1935-2003), tra i più influenti della seconda metà del Novecento, riflette sul ruolo svolto dagli intellettuali in esilio nella cultura del secolo scorso, dominato dai totalitarismi e dalle migrazioni di massa. Si sofferma in particolare sul contrasto tra il loro ruolo pubblico, che spesso li rende personaggi apprezzati e ammirati per la loro vita, per le loro opere o per entrambe le cose e il loro dramma privato. 5 10 15 L esilio è qualcosa di singolarmente avvincente a pensarsi, ma di terribile a viversi. una crepa incolmabile, perlopiù imposta con forza, che si insinua tra un essere umano e il posto in cui è nato, tra il sé e la sua casa nel mondo. La tristezza di fondo che lo definisce è inaggirabile. Se è vero che la storia e la letteratura sono gremite di gesta eroiche e slanci romantici, di imprese gloriose e azioni trionfali tutte compiute da vite in esilio, tali episodi non sono che meri tentativi di lenire il dolore inconsolabile provocato dal distacco e dall estraneità. Le conquiste di un esule sono costantemente minate dalla perdita di qualcosa che si è lasciato per sempre alle spalle. Eppure, una volta ammesso che l esilio allude di per sé a una condizione di perdita definitiva, perché mai la rappresentazione che se ne dà nella cultura moderna ha potuto tradursi in un tema tanto potente e ricco di suggestioni? Abbiamo iniziato a familiarizzare con l idea di una modernità orfana, spiritualmente alienata: l era dell ansia, dello straniamento generalizzato. Nietzsche1 ci ha insegnato il disagio nei confronti di ogni tradizione, Freud2 a vedere nella stessa intimità familiare la facciata rispettabile di una violenza sorda, parricida e incestuosa. La cultura dell Occidente moderno è in larga parte il prodotto di esuli, emigrati, rifugiati. Negli Stati Uniti, per esempio, il pensiero accademico, intellettuale ed 1. Nietzsche: Il filosofo tedesco Friedrich Nietzsche (1844-1900), che nelle sue opere porta una violenta critica all intera tradizione filosofica, morale e religiosa dell Occidente, profetizzando l avvento di un uomo nuovo, capace di affrontare la tragicità della vita senza bisogno di certezze filosofiche o religiose. 2. Freud: Sigmund Freud (1856-1939), il neurologo e psichiatra austriaco fondatore della psicanalisi. Insieme a Nietzsche e al teorico del comunismo Karl Marx (1818-1883), è considerato uno dei tre maestri del sospetto (secondo la definizione del filosofo francese Paul Ricoeur, 1913-2005), accomunati dalla volontà di smascherare le finzioni dell ideologia, della cultura e della coscienza. 575
T4 - «Avvincente ma terribile»: l’esilio nel Novecento (Edward W. Said, Riflessioni sull’esilio)