PERCORSI TEMATICI DI TESTO IN TESTO Nel romanzo Il Ciclope, lo scrittore e giornalista triestino Paolo Rumiz (n. 1947) racconta del suo soggiorno di un mese in una ignota località nel Mediterraneo, presso un faro. Con la sua luce a squarciare le tenebre della notte, il faro ricorda all autore il personaggio mitologico di Polifemo, che sovrasta gli uomini con il suo unico e inquietante occhio. Era quella che si dice una giornataccia. Salivo per il sentiero a picco sul mare lottando con le raffiche e nel buio dovevo badare a dove mettere i piedi. Da ovest arrivava il temporale, la folgore mitragliava un promontorio lontano simile ad una testuggine. [ ] Non ricordo in che lingua gridai che ero lì, che stavo salendo, che mi venissero incontro, ma non mi rispose che il suono dei frangenti. [ ] Un colpo di vento mi sveglia di soprassalto. Accendo la lampada tascabile e illumino una stanza nuda, intonacata di bianco [ ]. Sono nella macchina di luce, nella sua pancia, come Giona nella balena. La prima notte nel faro non è ancora finita e il Ciclope si è impossessato di me. Controlla i miei sogni. (Paolo Rumiz, Il Ciclope, Feltrinelli, Milano 2015) FINO A TE L incipit del romanzo esprime il terrore del protagonista di vivere su un isola deserta, nella dimensione nuova e inconsueta dell essere prigioniero del faro-ciclope . Nel seguito della narrazione questi timori iniziali si dissolveranno, per lasciare il posto alla riscoperta dei valori autentici della vita e di un profondo legame del protagonista con la natura. Dopo aver letto il romanzo, soffermati a considerare le situazioni narrative dell incontro con il ciclope , emblema di un mondo selvaggio e lontano dalla civiltà: spiega, alla luce dei diversi ambienti storico-culturali cui appartengono Virgilio e Rumiz, perché la ricezione del mito omerico di Polifemo sia così diversa nei due autori e da quali bisogni dell uomo contemporaneo nasca la rivalutazione di un personaggio come il ciclope, che in passato è stato invece un simbolo di inciviltà e barbarie. T2 Il meraviglioso e terribile potere di Medusa Ovidio Metamorfosi, IV, 772-801 Il passo delle Metamorfosi dedicato a Medusa, la mostruosa donna con serpenti al posto dei capelli e la capacità di pietrificare con lo sguardo, è un concentrato del meraviglioso ovidiano: nel giro di poche decine di versi vengono passate in rassegna, quasi come in un circo delle meraviglie, due vecchie sorelle (le Graie) che possiedono un solo occhio e lo usano scambiandoselo al bisogno; le statue di uomini e animali tramutati in pietra per aver visto il volto di Medusa; la nascita, dal sangue sgorgato dal capo mozzato di quest ultima, del cavallo alato Pègaso e di un gigante; un viaggio in cielo in sella allo stesso Pègaso; la trasformazione, nel passato, dei capelli di Medusa in serpenti. Ciascuno di questi brevi episodi potrebbe essere fonte di riflessioni e interpretazioni in chiave psicologica o simbolica, ma particolarmente affascinante è l effetto caleidoscopico provocato dalla loro serrata successione, che trasporta il lettore in una realtà di fantasia assoluta e sbrigliata. 668
T2 - Il meraviglioso e terribile potere di Medusa (Ovidio, Metamorfosi)