Giuseppe Ungaretti SPECCHI di CARTA Come si esprime il dolore? Non la sofferenza fisica ma quella spirituale, che ci devasta il cuore. Abbandonarsi al pianto, ai singhiozzi, alla disperazione è la reazione più normale, che regala un sollievo immediato, sebbene non duraturo. Almeno quando siamo soli, perché di fronte agli altri spesso subentra la vergogna o la timidezza. Ma esistono forme di do- lore che non trovano sfogo, persino quando siamo sicuri che nessuno ci veda. Capitano occasioni in cui non riusciamo nemmeno a ragionare, pietrificati dall angoscia. Ungaretti ci insegna come in questi casi la scrittura possa offrire una valida mano a sciogliere i nodi che paralizzano le emozioni, a liberare da un peso impossibile da esprimere a voce. GUIDA ALLA LETTURA L aridità della pietra La poesia si apre con una prolungata similitudine, che occupa l intera prima strofa, senza che il lettore venga a conoscere il secondo termine di paragone. L immagine chiave è costituita dalla pietra, una delle tante che i soldati si trovavano intorno, combattendo nelle brulle vallate del Carso. Ungaretti la raccoglie, e sulle sensazioni che ricava dal contatto con essa, imposta un crescendo, scandito dal così, ripetuto ben cinque volte. L anafora accompagna le qualità sensibili del sasso, progressivamente intensificate come se il poeta lo stringesse sempre più forte nella mano. La pietra è fredda, dura, prosciugata, refrattaria: una sequenza caratterizzata dalla prevalenza dei duri suoni dentali. Il pianto invisibile La seconda strofa si apre con la ripetizione del verso iniziale, che finalmente chiude il paragone. Come questa pietra / è il mio pianto (vv. 9-10): la similitudine si risolve in un ossimoro spiazzante, che avvicina un oggetto arido a un elemento liquido, le lacrime. un opposizione che attraversa tutta L allegria: in questo caso siamo di fronte a un affinità paradossale, rimarcata dal legame fonico (tecnicamente, una paronomasia) fra pietra e pianto. Ungaretti si immedesima dunque in un oggetto senza traccia di vita per rappresentare il proprio stato d animo: la sua metamorfosi non ha nulla a che fare con le euforiche immersioni nella natura proposte nel primo Novecento da Gabriele d Annunzio nell Alcyone. Il pianto del poeta c è ma non si vede (v. 11), è prosciugato prima ancora di apparire, come l acqua che viene assorbita dalle pietre porose del Carso per poi evaporare senza più manifestarsi. Un ambigua sentenza La sofferenza continua invece ad accompagnare il cammino del poeta, come evidenzia la terza e ultima strofa, formata da tre versi che si compongono in una sentenza di ardua comprensione. Probabilmente Ungaretti intende dire che, quando l uomo giunge a rinnegare la sua natura, come accade in guerra, l esistenza si trasforma in un itinerario di dolore, che trova la sua liberazione soltanto con la fine. Negativo e positivo si scambiano così i ruoli in un ulteriore ossimoro, che associa la vita, in genere connotata positivamente, alla morte, porto di pace e serenità. Trincee della Prima guerra mondiale sul monte San Michele.
T3 - Testo esemplare, La metrica - Sono una creatura (da L’allegria)