La malattia mentale al cinema Il cinema ha sempre sfruttato l ambivalenza di attrazione e repulsione con cui guardiamo alla follia. Uno dei primi esempi risale al 1920: si tratta del Gabinetto del dottor Caligari, diretto da Robert Wiene, in cui solo alla fine si scopre che il protagonista è un malato mentale che ha narrato una realtà distorta frutto della sua immaginazione, coinvolgendo medici e pazienti del manicomio in cui è rinchiuso. Numerose sono le pellicole che insistono sulla realtà effettiva dell ospedale psichiatrico, come Qualcuno volò sul nido del cuculo (1976), di Milo Forman, in cui Jack Nicholson porta scompiglio in un ambiente governato da regole rigide e repressive, nel tentativo di fuggire. In Ragazze interrotte (1999) il regista James Mangold trascina gli spettatori all interno di una clinica femminile e nei meandri della depressione, seguendo la vicenda di una ragazza affetta da disturbo della personalità, interpretata da Winona Ryder. Locandina del film Il gabinetto del dottor Caligari (1920). Ma i disturbi mentali si possono raccontare senza rinunciare all allegria, come ha fatto Paolo Virzì nella Pazza gioia (2016), tratteggiando l amicizia fra due donne ricoverate in una comunità, interpretate da Valeria Bruni Tedeschi e Micaela Ramazzotti. A fianco, un fotogramma tratto da Qualcuno volò sul nido del cuculo (1976). Sopra, una scena di Ragazze interrotte (1999). 422