T7 Todero: il vincitore sconfitto , atto III, scene XIV-ultima Sior Todero brontolon Benché ricco, Todero – un “rustego” (cioè uno zotico) brontolone e dispotico – priva il figlio, Pellegrino, e la nuora, Marcolina, di qualsiasi agio e libertà. Grazie all’iniziativa dell’amica Fortunata, Marcolina trova per la figlia Zanetta un buon partito, Meneghetto: ricco, rispettoso, di modi eleganti, parente della stessa Fortunata. I due giovani si piacciono, ma Todero ha già stabilito di far unire in matrimonio Zanetta con il modesto Nicoletto, figlio del suo fattore, Desiderio, così da tutelare i propri interessi e risparmiare sulla dote. Marcolina si oppone al progetto, ma non può contare sull’aiuto del marito, debole di carattere e succube del padre. Così, con la complicità di Zanetta combina il matrimonio tra la propria servetta e Nicoletto; poi, grazie all’onestà di Meneghetto, che si dichiara disposto a rinunciare alla dote (almeno finché vive Todero), riesce a far sposare i due giovani. Riportiamo le ultime tre scene della commedia, in cui compaiono tutti i personaggi per lo scioglimento finale, in un vivace e incalzante scambio di battute. Come burlarsi di un vecchio avaro ATTO III, scena quattordicesima Todero, Marcolina, Fortunata, Meneghetto e Desiderio. E mi? Cossa ha da esser de mi? DESIDERIO E vu tornerè a Bergamo a arar i campi. TODERO Oh! sior patron, la sa con quanta attenzion, con quanta fedeltà l’ho servia.  DESIDERIO       La servirò ancora per gnente, senza salario, per gnente. 5 Me servirè per gnente? TODERO ( con più dolcezza ) Sior sì, ghe lo prometto. DESIDERIO Sior sì, sior sì, el ve servirà per gnente. Ma de aria no se vive. El ve servirà  FORTUNATA per gnente, e el se pagherà da so posta. ( a Todero, forte )      Cossa gh’ìntrela ela? Me vorla veder precipità? 10 DESIDERIO Tasè là. Son poveromo; mi no posso pagar un fattor. TODERO ( a Desiderio ) ( a  Fortunata ) Caro sior missier, no gh’avè vostro fio? MARCOLINA TODERO Nol xe bon da gnente. ( a Marcolina )      Sior Meneghetto lo assisterà. 15 FORTUNATA ( a Todero ) Cossa gh’ìntrelo elo in ti fatti mii? TODERO ( a Fortunata ) El gh’intreria, sel volesse. FORTUNATA ( a Todero, dolcemente ) Intèndelo, sior missier? MARCOLINA ( a Todero, dolcemente ) Coss’è, coss’è stà? Cossa voleu che intenda? Che zente seu? No savè gnanca  TODERO     parlar. 20 Parlè vu, sior zerman. FORTUNATA ( a Meneghetto ) Sior Todero, la vede che quella scrittura sì fatta xe revocada dal fatto. MENEGHETTO Ben; e cussì? TODERO Se la se degna de accordarme so siora nezza… MENEGHETTO      Via; gh’è altro? 25 TODERO Son pronto a darghe la man. MENEGHETTO E no disè altro più de cussì? TODERO La comandi. MENEGHETTO No m’aveu ditto che la torrè senza dota? TODERO      Sior sì, senza dota. 30 MENEGHETTO Mo vedeu? No savè parlar. Sior sì, son galantomo: quel che ho promesso,  TODERO mantegno: ve la darò. Bravo, sior missier, son contenta anca mi. MARCOLINA No ghe xe bisogno che siè contenta, o che no siè contenta; co son contento  TODERO     mi, basta. 35 (Mo el xe ben un omazzo!). MARCOLINA E vu, sior, cossa feu qua? TODERO ( a Desiderio ) Stago a veder sta bella scena: vedo tutto, capisso tutto. Che i se comoda,  DESIDERIO che i se sodisfa; ma mi non anderò via de qua. Ho servio, semo parenti. Faremo      lite. 40 Avanti de far lite, che sior Desiderio renda conto della so  MENEGHETTO amministrazion. El diavolo che ve porta. Vago via per no precipitar. DESIDERIO ( parte ) ATTO III, scena quindicesima Todero, Marcolina, Fortunata, Meneghetto, poi Zanetta.      Credeu che el m’abbia robà? 45 TODERO Anemo, anemo: ve sè liberà, no ghe pensè più. La vegna, la vegna, siora  FORTUNATA Zanetta. ( alla porta ) Cossa comàndela? ZANETTA (Ala savesto?). FORTUNATA ( a Zanetta )      (Ho sentìo tutto). 50 ZANETTA ( a Fortunata, con allegria ) Finalmente, siora Zanetta, spero che el cielo seconderà le mie brame e  MENEGHETTO me concederà l’onor de conseguirla per mia consorte. Sior sì… la fortuna… per consolarme… El compatissa, che no so cossa dir. ZANETTA Via, deve la man. MARCOLINA      Tasè là, siora: tocca a mi a dirghelo. 55 TODERO ( a Marcolina ) (Oh poveretta mi!). ZANETTA Sposeve. TODERO ( a Zanetta e Meneghetto ) Questa xe mia muggier. MENEGHETTO Questo xe mio mario. ZANETTA ( forte con spirito, e presto )      Brava, brava. La l’ha ditto pulito. 60 FORTUNATA ATTO III, scena ultima Pellegrino e detti. Coss’è? Cossa xe stà? Ghe xe strepiti, ghe xe sussuri? Me maraveggio;  PELLEGRINO son qua mi; son paron anca mi. ( in aria di voler far il bravo ) Martuffo! TODERO      Saveu che strepiti, saveu che sussuri che ghe xe? Che vostra fia xe  65 MARCOLINA novizza. Con chi? PELLEGRINO Co sior Meneghetto. MARCOLINA No ve l’oggio ditto, che sarave andà tutto ben? PELLEGRINO      Sior sì, xe andà tutto ben; ma no per vu, no per la vostra direzion. Muè  70 MARCOLINA sistema, sior Pellegrin; za che sior missier ha mandà via de casa sior Desiderio,  preghelo che el ve fazza operar, che el ve prova, che el se prevala de vu. In quel  che no savè, sior Meneghetto ve assisterà. Mi pregherò sior missier de  compatirme, de averme un poco de carità, de non esser con mi cussì aspro, de non      esser in casa cussì suttilo. Ringraziemo el cielo de tutto, e ringraziemo de cuor  75 chi n’ha sofferto con tanta bontà; pregandoli, che avendo osservà che brutto  carattere che xe l’indiscreto, che xe el brontolon, no i voggia esser contra de mi  né indiscreti, né brontoloni.  >> pagina 444 TRADUZIONE ATTO III, scena quattordicesima Todero , Marcolina , Fortunata , Meneghetto e Desiderio . E di me? Che cosa ne sarà di me? DESIDERIO E voi tornerete a Bergamo ad arare i campi. TODERO Oh! signor padrone, sa con quanta cura, con quanta fedeltà l’ho servita. La servirò ancora per niente, senza salario, per niente. DESIDERIO Mi servirete per niente? ( ) TODERO con più dolcezza Signor sì, glielo prometto. DESIDERIO Signor sì, signor sì, vi servirà per niente. Ma di aria non si vive. Vi servirà per niente, e si pagherà da solo. ( ) FORTUNATA 1 a Todero, forte Che cosa c’entra lei? Mi vuole vedere andare in rovina? DESIDERIO Taci. ( ) Sono un poveruomo; non posso pagare un fattore. ( ) TODERO a Desiderio 2 a Fortunata Caro signor suocero, non avete vostro figlio? MARCOLINA È un buono a nulla. ( ) TODERO a Marcolina Il signor Meneghetto lo assisterà. ( ) FORTUNATA a Todero Che cosa c’entra lui nei fatti miei? ( ) TODERO a Fortunata C’entrerebbe se voi voleste. ( ) FORTUNATA a Todero, dolcemente Capite, signor suocero? ( ) MARCOLINA a Todero, dolcemente Cos’è, cos’è questa cosa? Cosa volete che capisca? Che gente siete? Non sapete neanche parlare. TODERO 3 Parlate voi, signor cugino. ( ) FORTUNATA a Meneghetto Signor Todero, vede che quel contratto è stato sciolto da ciò che è successo. MENEGHETTO 4 Bene; e perciò? TODERO Se si degna di concedermi la sua signora nipote… MENEGHETTO Via; c’è altro? TODERO Sono pronto a darle la mano. MENEGHETTO E non dite altro più di così? TODERO Comandi. MENEGHETTO Non mi avevate detto che la prendete senza dote? TODERO Signor sì, senza dote. MENEGHETTO Dunque vedete? Non sapete parlare. Signor sì, son galantuomo: quello che ho promesso, mantengo: ve la darò. TODERO 5 Bravo, signor suocero, sono contenta anch’io. MARCOLINA Non c’è bisogno che tu sia contenta, o che non sia contenta; quando sono contento io, basta. TODERO (Ma costui è davvero un grand’uomo!). MARCOLINA 6 E voi, signore, che cosa fate qua? ( ) TODERO a Desiderio Sto a vedere questa bella scena: vedo tutto, capisco tutto. Che facciano quel che vogliono, quel che a loro pare; ma io non andrò via di qua. Ho servito, siamo parenti. Andremo in tribunale. DESIDERIO Prima di ricorrere al tribunale, che il signor Desiderio renda conto della sua amministrazione. MENEGHETTO Che il diavolo vi porti. Vado via per non andare in rovina. ( ) DESIDERIO 7 parte ATTO III, scena quindicesima Todero, Marcolina, Fortunata, Meneghetto, poi Zanetta. Credete che mi abbia derubato? TODERO Andiamo, andiamo: vi siete liberato, non ci pensate più. Venga, venga, signora Zanetta. ( ) FORTUNATA alla porta Che cosa comanda? ZANETTA (Lo ha saputo?). ( ) FORTUNATA a Zanetta (Ho sentito tutto). ( ) ZANETTA a Fortunata, con allegria Finalmente, signora Zanetta, spero che il cielo asseconderà i miei desideri e mi concederà l’onore di averla come mia consorte. MENEGHETTO Signor sì… la fortuna… per consolarmi… Cerchi di capire, che non so che cosa dire. ZANETTA Via, datevi la mano. MARCOLINA Tacete, signora: tocca a me a dirglielo. ( ) TODERO a Marcolina (Oh poveretta me!). ZANETTA Sposatevi. ( ) TODERO a Zanetta e Meneghetto Questa è mia moglie. MENEGHETTO Questo è mio marito. ( ) ZANETTA forte con spirito, e presto Brava, brava. L’ha detto ben chiaro. FORTUNATA ATTO III, scena ultima Pellegrino e detti. Cosa c’è? Cos’è questa faccenda? Si fanno strepiti, si sussurra? Mi meraviglio; sono qua io; sono padrone anch’io. ( ) PELLEGRINO con l’aria di voler fare il bravaccio Sciocco! TODERO Volete sapere che strepiti, che sussurri, che cosa c’è? Che vostra figlia è sposa. MARCOLINA Con chi? PELLEGRINO Con il signor Meneghetto. MARCOLINA Non ve l’avevo detto, che sarebbe andato tutto bene? PELLEGRINO Signor sì, è andato tutto bene; ma non per voi, non per la vostra iniziativa. Cambiate sistema, signor Pellegrino; giacché il signor suocero ha mandato via di casa il signor Desiderio, pregatelo che vi faccia agire, che vi metta alla prova, che si avvalga di voi. In quel che non sapete, il signor Meneghetto vi assisterà. Io pregherò il signor suocero di scusarmi, di concedermi un poco di carità, di non esser con me così aspro, di non esser in casa così suscettibile. Ringraziamo il cielo di tutto, e ringraziamo di cuore chi ci ha sopportato con tanta bontà; pregandoli che, avendo osservato che brutto carattere è l’indiscreto, è il brontolone, non voglia che ci siano contro di me né indiscreti, né brontoloni. MARCOLINA 8 cioè imbrogliando sui conti. 1 si pagherà da solo: Todero sperava di ottenere gratuitamente le prestazioni di Nicoletto in virtù del suo matrimonio con Zanetta. 2 Sono… fattore: perché non parlano della cosa più importante, cioè che Meneghetto rinuncia alla dote. 3 Non sapete neanche parlare: Meneghetto si riferisce alla promessa di matrimonio tra Nicoletto, figlio di Desiderio, e Zanetta, nipote di Todero, promessa ormai superata dal matrimonio tra Nicoletto e Cecilia, la cameriera di Marcolina. 4 contratto: Todero si dice “galantuomo” ma mantiene la promessa solo perché risparmia la dote. 5 Signor sì… ve la darò: l’espressione esprime l’ammirazione verso la generosità di una persona; in questo caso, rivolta (con l’enfasi resa dal punto esclamativo) da Marcolina a Todero, che ha appena dimostrato il proprio irriducibile e gretto egoismo, assume un valore ironico: significa infatti l’esatto contrario di ciò che afferma. 6 Ma costui… grand’uomo! : grand’uomo è chiaro, a questo punto, che Desiderio imbrogliava Todero. 7 Che il diavolo… rovina: gli spettatori. 8 chi : L’attore Carlo Micheluzzi interpreta un personaggio della commedia  , 1945 ca. Sior Todero brontolon  >> pagina 446 DENTRO IL TESTO I contenuti tematici «Non vi è niente di più fastidioso, di più molesto alla Società, di un uomo che brontola sempre; cioè che trova a dire su tutto, che non è mai contento di niente, che tratta con asprezza, che parla con arroganza e si fa odiare da tutti. in questa commedia non è solamente, ma avaro e superbo […]. Tutta la morale di questa Commedia consiste nell’esposizione di un carattere odioso, affinché se ne correggano quelli che si trovano, per loro disgrazia, da questa malattia attaccati»: così spiega Goldoni nell’introduzione ( ) che, nell’edizione a stampa, precede la commedia. Todero brontolon L’autore a chi legge Tutti i difetti di Todero contribuiscono in effetti a renderlo ridicolo e odioso agli occhi degli spettatori. In queste scene finali, pur dovendo accettare il fatto compiuto (l’impossibilità di far sposare la nipote Zanetta con Nicoletto), egli cerca ancora di imporsi come vincitore ( , r. 55), mettendo così in evidenza il contrasto tra la sua meschinità ( , rr. 34-35), che fino all’ultimo non gli permette di avere altri interessi se non il proprio guadagno ( , r. 29), e la dignità e nobiltà d’animo del giovane Meneghetto, il quale dimostra disinteresse per il denaro ( , r. 30). Tasè là, siora: tocca a mi a dirghelo co son contento mi, basta No m’aveu ditto che la torrè senza dota? Sior sì, senza dota Correggere i costumi con l’ironia Accanto alla satira dei comportamenti umani, l’opera contiene anche una dimensione di denuncia sociale. Todero è un vecchio e ricco mercante, dunque un rappresentante di quella borghesia veneziana cui Goldoni aveva attribuito, nelle commedie della prima fase, un ruolo preminente nella società, e che ora dipinge con i vizi e le ottusità tipiche della nobiltà. Egli non è soltanto burbero e scostante, ma anche incapace di condurre i propri affari in modo conveniente. Alla fine della vicenda, è proprio Meneghetto a liberare il vecchio Todero dall’amministratore Desiderio, che si rivela profittatore e truffatore ( , rr. 41-42). Si viene così a scoprire come il vecchio despota, che allo scopo di rimanere l’unico padrone della sua attività non aveva mai concesso considerazione e stima al figlio, si sia in realtà lasciato truffare proprio da colui che aveva scelto come collaboratore. Il confronto tra i due personaggi, Todero e Meneghetto, fa emergere dunque, su un piano sociale, l’involuzione di una classe mercantile avida e cinica, che ha dimenticato i valori positivi della bontà, della lealtà e della sincerità. Avanti de far lite, che sior Desiderio renda conto della so amministrazion Un borghese ottuso Pellegrino, il figlio di Todero, conferma anche nell’ultima scena l’incapacità di opporsi al padre o di assumersi responsabilità; al contrario, Marcolina e Fortunata – grazie alle quali si è concluso il matrimonio – sono intraprendenti e determinate. La ribellione di Marcolina, però, è tutta privata: si è opposta al suocero e ha sottratto la figlia a un destino di tristezze e frustrazioni, ma sa di averlo fatto per conto del marito, di cui non contesta il ruolo. Alla fine della commedia, infatti, esorta Pellegrino a prendere parte attiva negli affari del padre e si propone di chiedere comprensione e benevolenza al suocero, dimostrando di adeguarsi alle gerarchie che governano la famiglia e la società borghese, dove il matrimonio è contrattato dai parenti affinché sia conveniente alle parti in gioco. Ancora una volta, quindi, Goldoni mostra di stimare l’intelligenza femminile alla pari di quella maschile – condividendo la posizione degli Illuministi –, ma senza mettere in discussione l’assetto sociale consolidato dalla tradizione. Le donne: il motore della storia Jean-Baptiste Greuze,  , 1761. Parigi, Museo del Louvre. Contratto nuziale  >> pagina 447 Le scelte stilistiche L’avidità e la mancanza di sensibilità di Todero sono messe alla berlina soprattutto attraverso i dialoghi. Rispondendo a Meneghetto con domande incalzanti, e solo apparentemente ingenue ( , r. 23; , r. 25; , r. 27), il vecchio brontolone spinge il giovane a confermare la propria rinuncia alla dote, prima di concedere la mano della nipote ( , rr. 31-32), presentandosi sfacciatamente come uomo leale, attraverso l’uso del termine (r. 31) e dei verbi (r. 31) e (r. 32), quando il suo comportamento è ispirato soltanto alla difesa del proprio interesse. Ben; e cussì? Via; gh’è altro? E no disè altro più de cussì? Sior sì, son galantomo: quel che ho promesso, mantegno: ve la darò galantomo promesso mantegno Lo strumento del dialogo Il dialetto è utilizzato nei registri più adatti alla caratterizzazione dei personaggi: più studiato e formale quello di Meneghetto ( , r. 22), più colloquiale quello di Desiderio ( , r. 43). Sior Todero, la vede che quella scrittura sì fatta xe revocada dal fatto El diavolo che ve porta. Vago via per no precipitar La sua efficacia non è solo realistica, ma anche comica, costituendo una riserva di espressioni spontanee che danno colore e vivacità ai dialoghi con immagini iperboliche dal significato ironico ( , r. 36), termini popolari ( , r. 64) ed esortazioni che rendono bene la concretezza della quotidianità ( , rr. 46-47). Mo el xe ben un omazzo! Martuffo! Anemo, anemo: ve sè liberà, no ghe pensè più. La vegna, la vegna, siora Zanetta Il colore del dialetto VERSO LE COMPETENZE Comprendere Riassumi in circa 10 righe il contenuto del brano.   1 Come appare, nelle scene qui antologizzate, il rapporto fra Todero e il figlio Pellegrino?   2 Analizzare Spiega quali scelte stilistiche conferiscono un significato ironico alla seguente battuta di Fortunata: […] (rr. 8-9).   3 Sior sì, sior sì el se pagherà da so posta Interpretare Cerca nel testo il passaggio in cui Meneghetto viene presentato a Todero e spiega in che cosa consiste l’astuzia di Fortunata nel convincere il vecchio mercante a concedergli la mano di Zanetta.   4 SVILUPPARE IL LESSICO 5 Associa a ciascun termine o espressione dialettale il corrispondente italiano. gnente   missier   zerman   me maraveggio   gh’ìntrela   zente   la vegna   za   xe   nezza   tase   cussì   scrivere per... esporre Il dialetto è oggi tornato a svolgere una funzione espressiva importante: esistono serie televisive recitate in dialetto ( , per esempio, in napoletano) e cantanti e gruppi musicali (Davide Van de Sfroos, 99 Posse e altri) che ne fanno un uso artistico. Svolgi una ricerca sull’argomento e illustrane i risultati in un testo espositivo di circa 40 righe.   6 Gomorra raccontare Conosci un dialetto? Prova a tradurre una scena a tua scelta, fra quelle proposte, nel dialetto che conosci. Se non conosci nessun dialetto, puoi utilizzare un’altra lingua o un linguaggio gergale che ti è familiare.   7