FINESTRA SUL ’900 Goldoni & Eduardo De Filippo VIVERE PER IL TEATRO Due rivoluzioni teatrali Nel cuore del Novecento, il napoletano Eduardo De Filippo compie un’ simile a quella realizzata due secoli prima da Goldoni. Alla metà del Settecento, l’autore veneziano rinnova a fondo la commedia dell’arte: ne conosce i trucchi, i tipi umani, la comicità, ormai sempre più banale e ripetitiva, per poi sottoporla a una radicale revisione, trasformando le maschere, approfondendo le psicologie dei personaggi e attribuendo alle commedie uno spessore realistico arricchito da precise implicazioni morali e ideologiche. azione di riforma e di superamento della tradizione teatrale Anche De Filippo rivoluziona dall’interno un repertorio che padroneggia molto bene, in quanto figlio naturale di uno dei maestri della commedia napoletana di fine Ottocento, Eduardo Scarpetta. Proprio dal padre apprende una lezione che egli porterà alle estreme conseguenze, grazie alla strenua – certo divertenti ma ormai logore – che mettevano in scena la miseria e la vivacità della plebe napoletana, soprattutto attraverso la maschera di Pulcinella. volontà di superare le gratuite volgarità delle opere buffe, delle farse e delle parodie   Video – Una finestra su Eduardo de Filippo Eduardo: un attore-autore Contrariamente a Goldoni, Eduardo è, oltre che autore, anche attore. Anzi è lecito affermare che senza l’uno non sarebbe esistito l’altro: nessuno meglio di lui ha incarnato la teatralità in tutti gli aspetti, fondendo le . capacità di scrittura, il talento nell’interpretazione, l’abilità nel mestiere della regia e dell’organizzazione scenica Alla fine di una lunghissima parabola creativa, la sua produzione annovera la bellezza di , molte delle quali diventate veri e propri classici del teatro novecentesco italiano e internazionale, anche per merito delle sue qualità di impresario e capocomico dotato di fiuto promozionale: basti pensare all’uso che egli ha fatto della televisione per diffondere le proprie opere presso un pubblico di massa, compreso quello non abituato a frequentare le sale teatrali. 55 commedie Oggi possiamo dire che, nonostante il valore degli attori delle generazioni più giovani, nessuno sarà in grado di recitare le commedie di Eduardo come chi le ha scritte e ne ha incarnato con la voce, il viso e il corpo l’essenza più profonda; tuttavia non per questo esse hanno perso la validità e la forza del loro messaggio umano, scaturito da un’esistenza che si è appunto identificata completamente nell’espressione teatrale. Eduardo De Filippo sul set del film  , 1957. Fortunella  >> pagina 461 Il destino sulla scena Eduardo De Filippo nasce a nel e si ritrova bambino sulle scene insieme ai due fratelli, e . Autodidatta, apprende precocemente i segreti della drammaturgia trascrivendo per la compagnia del padre i copioni delle sue farse e commedie. Dopo aver lavorato a lungo come attore nella compagnia del fratellastro Vincenzo Scarpetta, dà vita con i fratelli al “Teatro umoristico I De Filippo”, con cui, nel 1931, esordisce trionfalmente al teatro Kursaal di Napoli con la commedia . Napoli 1900 Titina Peppino Natale in casa Cupiello Negli anni Trenta Eduardo , del quale porta in scena alcune opere tradotte in dialetto napoletano: questa esperienza mette in crisi il sodalizio con Peppino, che è dotato di una più accentuata vocazione comica, e accresce il desiderio di Eduardo di trovare nuovi strumenti espressivi. Le opere scritte nell’immediato dopoguerra concretizzano questa ricerca: si tratta di capolavori come (1945), (1946) e (1946), nei quali l’autore affronta temi diversi quali le condizioni della plebe napoletana, l’adulterio e i rapporti familiari, tra affetti, inganni e ipocrisie. Anche gli anni successivi regalano al pubblico altri testi memorabili, da (1948) a (1957), da (1962) a (1973). Intanto si susseguono riconoscimenti e premi in tutto il mondo fino alla nomina a , nel 1982. Eduardo muore a Roma nel . entra in contatto con Pirandello Napoli milionaria! Questi fantasmi Filumena Marturano Le voci di dentro De Pretore Vincenzo Il sindaco del rione Sanità Gli esami non finiscono mai senatore a vita 1984 Eduardo, Titina e Peppino De Filippo in uno scatto del 1925 ca. Il teatro e la vita Come per Goldoni, anche per Eduardo il costituisce lo più efficace . Esso non va svilito a semplice occasione di intrattenimento o di evasione né tanto meno ridotto a una futile successione di trovate comiche fini a sé stesse: dietro l’umorismo delle commedie di De Filippo esiste sempre un ; nella comicità del quotidiano si annida la complessità di una condizione esistenziale ora ipocrita, ora vacua, ora sofferente o malata. Le architetture verbali dei due autori immettono sulla scena una , sulla superficie della quale si depositano i tic, le ambiguità e le ambizioni di un’ : le parole dei loro personaggi, che siano dialettali o in lingua italiana, sembrano prese di peso dalla vita, ma in realtà sono il frutto di una chimica sapiente, capace di rendere la finzione verità e di fare del veneziano, del chioggiano e del napoletano altrettanti , con i quali affrontare problemi e trasmettere valori anch’essi universali. teatro strumento per osservare i comportamenti umani risvolto conoscitivo lingua diretta e vitale umanità variegata linguaggi universali Il dramma del Natale Per il commediografo napoletano questi elementi sono visibili già nell’opera che possiamo considerare il suo primo capolavoro, , portata in scena inizialmente nel 1931 come semplice , ma poi trasformatasi nel corso degli anni in un copione impegnativo, strutturato in tre atti e venato da una certa amarezza. Il titolo può trarre in inganno: a prima vista sembrerebbe una spensierata celebrazione del Natale tradizionale napoletano. Non è così: si tratta infatti di un vero e proprio , che trae origine dalla decisione di Luca e della moglie Concetta di spingere la figlia Ninuccia a sposare, sia pure controvoglia, il benestante Nicola, nella speranza di migliorare la condizione economica della famiglia. Natale in casa Cupiello sketch dramma familiare Eduardo mette in luce i desideri di una classe sociale, già osservata nelle più intime aspirazioni da Goldoni: quella borghesia ossessionata dall’idea di salire i gradini della società, con la conseguenza di vedere sconvolti costumi, abitudini e relazioni. In effetti, nella commedia di De Filippo, la forzatura dei due genitori finisce presto per ritorcersi contro la famiglia e la sua stabilità: Ninuccia si innamora di Vittorio, un amico del fratello Tommasino, e intreccia con lui un rapporto amoroso che sconvolge l’armonia e la serenità del nucleo familiare. Con tali presupposti, la , con Luca tenacemente attaccato al simbolo del presepe, metafora di un mondo pacificato nell’amore di cui tuttavia egli non può più godere nella realtà. festività natalizia si tramuta in una vera e propria passione La scena che riportiamo è quella che apre la commedia. Assistiamo così al risveglio di Luca, Concetta e del figlio Tommasino, detto Nennillo, un ragazzo con la vocazione del ladruncolo, sempre coccolato dalla madre ma in perenne contrasto con il padre. In casa Cupiello. Un letto matrimoniale e un altro più piccolo, per un solo posto. Comune in fondo a destra. Balcone a sinistra. Su di un tavolo, davanti al balcone, vi sarà un Presepe in fabbricazione, e tutto l’occorrente necessario per realizzarlo: cartapesta, pennelli, sugheri e un recipiente di latta con la colla Cervione. Tra il balcone e il lettino a un posto vi sarà un piccolo paravento con davanti un treppiede di ferro con bacinella, ed un secchio smaltato bianco; sul paravento è appoggiato un asciugamani. A ridosso della parete di destra un comò con sopra santi e immagini religiose d’ogni specie con davanti candele e lumini spenti. Sono le nove del mattino del 23 dicembre. Luca dorme nel letto matrimoniale; il posto della moglie Concetta, è in disordine come se la donna l’avesse lasciato da poco. Nel lettino piccolo dorme Tommasino ( ). 1 2 detto Nennillo ( CONCETTA entra dalla destra con passo cauto; indossa una sottana di cotone bianco e ha s ulle spalle uno scialletto di lana; ai piedi un paio di pantofole realizzate con un vecchio  paio di scarpe del marito. Reca in mano una fumante tazza di caffè, e nell’altra  una brocca d’acqua. Mezzo assonnata si avvicina al comò, posa la tazza, poi va a         5 mettere la brocca accanto al lavabo; va al balcone ed apre le imposte; torna al comò,  prende la tazza e l’appoggia sul comodino. Con tono di voce monotono, abitudinario, cerca  ) Lucarié, Lucarié… scétate songh’ ’e nnove! ( di svegliare il marito 3 4 dopo una  ) Lucarié, Lucarié… scétate songh’ ’e nnove. ( piccola pausa torna alla carica Luca  ) Lucarié, Lucarié…  grugnisce e si rigira su se stesso, riprendendo sonno. La moglie insiste     scétate songh’ ’e nnove. 10 ( ) Ah! ( ) songh’ ’e nnove. LUCA svegliandosi di soprassalto farfuglia Pigliate ’o ccafè. ( CONCETTA Luca, pigro e insonnolito, fa un gesto come per prendere la  tazza, ma il sonno lo vince di nuovo. Imperterrita, Concetta riprende il lamentoso  )  ritornello, con un tono un un po’ più forte, mentre comincia a vestirsi davanti al comò     Lucarié, Lucarié… scétate songh’ ’e nnove! 15 ( LUCA si siede in mezzo al letto e si toglie dalla testa, uno alla volta, due scialletti di lana  ) Ah songh’ ’e nnove? Già si sono fatte  e una sciarpa; poi guarda di sbieco la moglie le nove! La sera sei privo di andare a letto che subito si fanno le nove del  5 giorno appresso. Cuncé, fa freddo fuori? la porta che conduce all’esterno. 1 Comune: colla per legno utilizzata dai falegnami. Consisteva in una gelatina ottenuta facendo bollire i brandelli di carne attaccati alla pelle degli animali appena scuoiati. 2 colla Cervione: svegliati. 3 scétate: sono le nove. 4 songh’ ’e nnove: non fai in tempo ad andare a letto. 5 sei privo… letto:      Hai voglia! Si gela. 20 CONCETTA Io me ne so’ accorto, stanotte. Non potevo pigliare calimma . Due maglie di  LUCA 6 lana, sciarpa, scialle… i pedalini ’e lana… te ricuorde, Cuncé, i pedalini ’e lana  7 8 che compraste tu, ca diciste: “Sono di lana pura, aggi’avuto n’occasione”  9 10 te ricuorde Cuncé? ( Concetta continua a vestirsi senza raccogliere l’insinuazione del       )  25 marito. Luca prende gli occhiali dal comodino e si mette a pulirli meticolosamente Cuncé, te ne sei andata? ( ) Sto ccà, Lucarié, sto ccà. CONCETTA infastidita 11 E rispondi, dai segni di vita. LUCA Parla, parla: ti sento. CONCETTA      ’E pedalini ca compraste tu, che dicesti: “Sono di lana pura”… Cuncé, quella  30 LUCA non è lana, t’hanno ’mbrugliata. Tengo i piedi gelati. E poi, la lana pura quando  12 si lava si restringe… questi più si lavano più si allargano, si allungano… so’  addiventate ddoje bandiere. ’O ccafè Cuncé. Sta sopra al comodino. CONCETTA      Ah, già. ( ) Cuncé, fa freddo  35 LUCA prende la tazza dopo aver inforcato gli occhiali. Sbadiglia fuori? Si, Lucarié, fa freddo. ( ) Fa freddo! E basta. CONCETTA spazientita Eh… questo Natale si è presentato come comanda Iddio. Co’ tutti i sentimenti   LUCA 13 si è presentato. ( ) Che bella schifezza  beve un sorso di caffè, e subito lo sputa     che hai fatto, Cuncé! 40 ( ) E già, mo le facévemo ’a cioccolata! ( ) È nu poco  CONCETTA risentita alludendo al caffè lasco ma è tutto cafè. 14 scaldarmi. La è il torpore che si prova a letto. 6 pigliare calimma: calimma calzini di lana. 7 pedalini ’e lana: ti ricordi. 8 te ricuorde: che dicesti. 9 ca diciste: ho avuto. 10 aggi’avuto: sono qui. 11 Sto ccà: imbrogliata, ingannata. 12 ’mbrugliata: molto bene, come impegnandosi a fondo. 13 Co’ tutti i sentimenti: lungo, acquoso. 14 lasco: De Filippo in uno scatto del 1954. Ciro Cuciniello,  , XIX secolo. Napoli, Museo Nazionale di San Martino. Presepe Ma perché vuoi dare la colpa al caffè, che in questa tazza non c’è mai stato? LUCA ( CONCETTA mentre cerca in un cassetto qualcosa di personale: delle forcine, un pettine, un       ) Ti sei svegliato spiritoso? 45 rocchetto di filo bianco Non ti piglià collera Cuncé. Tu sei una donna di casa e sai fare tante cose.  LUCA 15 Per esempio, ’a frittata c’ ’a cipolla, come la fai tu non la sa fare nessuno. È una  pasticceria. Ma ’o ccafè non è cosa per te. ( ) E nun t’ ’o ppiglià… tu a chi vuoi affliggere. CONCETTA arrabbiata 16      Non lo sai fare e non lo vuoi fare, perché vuoi risparmiare. Col caffè non si  50 LUCA risparmia. È pure la qualità scadente: questa puzza ’e scarrafone. ( 17 posa la tazza  ) Concetta fa freddo fuori? sul comodino ( ) Si Lucarié, fa freddo assai: fa freddo! Ma che si’ surdo? CONCETTA arrabbiatissima Cuncè, ma che t’avesse data na mazzata ncapa? LUCA 18      Me l’he addimandato già tre volte; fa freddo. 55 CONCETTA 19 Questo Natale si è presentato… LUCA …Come comanda Iddio. Questo pure l’avete detto. CONCETTA E questo pure l’abbiamo detto… ( LUCA sbadiglia, si guarda intorno come per cercare  qualche cosa che lo interessi, non sa nemmeno lui precisamente cosa. Poi realizza ad       ) ’O Presepio… 60 un tratto e come temendo una risposta spiacevole chiede allarmato addò stà ’o Presepio? 20 ( ) Là, là, nessuno te lo tocca. CONCETTA esasperata ( ) Quest’anno faccio il più bel presepio di tutti gli altri  LUCA ammirando il suo lavoro anni. Pastorella, ’o terzo piano, ha detto che lo fa pure lui il Presepio. Mi ha  21     detto: “facciamo la gara”. Sta fresco… lo voglio far rimanere a bocca aperta. Ho  65 fatto pure i disegni, i progetti. Voglio fare una cosa nuova: sopra ci metto tutte  casette novecento… Concé, ’a colla l’hai squagliata? non ti arrabbiare. 15 Non ti piglià collera: non te lo prendere. 16 nun t’ ’o ppiglià: di scarafaggio. 17 ’e scarrafone: (ti comporti) come se ti avessi dato una bastonata in testa. 18 ma… ncapa: me lo hai domandato. 19 Me l’he addimantato: dove sta. 20 addò stà: del. 21 ’o: Eduardo De Filippo ed Edoardo Nevola in una scena del film  , 1958. L’uomo dai calzoni corti ( ) Lucarié, io adesso mi sono alzata. Se mi date il permesso di  CONCETTA sgarbata vestirmi per andare a fare la spesa, bene, e se no ci sediamo e ci mettiamo agli      ordini di Lucariello. ( ). 70 siede e incrocia le braccia ( ) Non l’hai squagliata ancora? LUCA aggressivo No. CONCETTA E io aieressera che te dicette? “Domani mattina, appena ti svegli, prima di  LUCA 22 fare il caffè, squaglia la colla, perché se no non posso lavorare e il Presepio non      è pronto per domani”. 75 ( ) Ecco CONCETTA si alza di scatto, prende il barattolo della colla e si avvia per la sinistra pronto, andiamo a squagliare la colla, così stamattina mangiamo colla! Quando  viene Natale è un castigo di Dio! ( )  esce e si sente la sua voce che si allontana Colla, pastori… puzza ’e pittura!      ( ) Sei vecchia, ti sei fatta  80 LUCA gridando come per sopraffare gli apprezzamenti della moglie vecchia! ( finalmente decide di alzarsi; scende dal letto, si avvicina alle sacre  immagini sul comò, e facendo un piccolo inchino e sollevando lo sguardo mistico verso i  santi, si fa il segno della croce; si avvicina poi alla sedia ai piedi del letto, prende i  pantaloni lisi, e se li infila non senza difficoltà; poi torna verso il comodino, si mette in       85 testa il berretto appeso alla testata del letto, tenta di bere il caffè, ma il cattivo sapore  lo costringe a sputare il sorso; ancora tremante per il freddo, si rimbocca le maniche  della camicia, sbadiglia e si avvia verso il lavabo; intona la stessa litania con cui  ) Tummasì, Tummasì, scétate  Concetta ha svegliato lui, per svegliare il figlio Tommasino songh’ ’e nnove! ( ) Io lo so che stai sveglio, è inutile  Tommasino non risponde     che fai finta di dormire. ( 90 riempie la bacinella d’acqua, si insapona le mani e di tanto  ) Tommasì, scétate songh’ ’e nnove. E  in tanto si rivolge ancora a Tommasino questo vuoi fare! Vedete se è possibile; nu cetrulo luongo luongo che dorme  23 fino a quest’ora! Io, all’età tua, alle sette e mezza saltavo dal letto come un grillo  per accompagnare mio padre che andava a lavorare. Lo accompagnavo fino      alla porta, ci baciavo la mano… perché allora si baciava la mano al genitore…  95 poi me ne tornavo e mi coricavo un’altra volta. ( ora si insapona la faccia e si lava  il viso abbondantemente. Non trova l’asciugamani e fa sforzi incredibili perché i  rivoli dell’acqua non gli corrano per la schiena. Finalmente trova l’asciugamani e si  ) Hai capito, svegliati? ( asciuga il volto. Si rivolge al figlio con più autorità visto che    ) È meglio ca nun te dongo  100 Tommasino non gli risponde, abbozza per quieto vivere retta, se no ci facciamo la croce a prima matina. 24 ieri sera che cosa ti dissi? 22 aieressera che te dicette?: un cetriolo lungo lungo. 23 nu cetrulo luongo luongo: è meglio che non ti dia retta, altrimenti cominciamo a farci il segno della croce (cioè a tormentarci) sin dalla prima mattina. 24 È meglio… matina: Un mercatino di Natale a Napoli, in una fotografia del 1961. ( ) ’A zuppa ’e latte! TOMMASINO raggomitolato e sprofondato sotto le coperte, reclama E questa è la sola cosa che pensi: ’a zuppa ’e latte, ’a cena, ’a culazione, ’o pranzo…  LUCA alzati, ’a zuppa ’e latte te la vai a prendere in cucina perché non tieni i   servitori. 105 Se non me la portate dentro il letto non mi sòso. TOMMASINO 25 No, tu ti sosi, se no ti faccio andare a coricare all’ospedale. LUCA ( ) ’A colla… ( CONCETTA tornando col barattolo di colla fumante raggiunge il tavolo dov’è  ) Io nun capisco che ’o faie a ffà,  il presepe per collocarvi sopra il barattolo di colla  stu Presebbio. Na casa nguaiata, denare ca se ne vanno… e almeno venisse  110 bbuono! ( ) Non  TOMMASINO con aria volutamente distratta viene neanche bene. E già come se fosse la prima volta che lo  LUCA  faccio! Io sono stato il padre dei Presepi…  115 venivano da me a chiedere consigli… mo  viene lui e dice che non viene bene. ( ) A me non mi piace. TOMMASINO testardo questo lo dici perché vuoi fare il giovane  LUCA  moderno che non ci piace il Presepio… il  120 superuomo. Il Presepio che è una cosa  commovente, che piace a tutti quanti… ( ) A me non mi piace. Ma guardate  TOMMASINO c.s. 26 un poco, mi deve piacere per forza?   ( 125 LUCA per ritorsione, scuote violentemente la spalliera  ) Sùsete!   del letto, intimando al figlio 27 Hai capito sùsete? ( ) ’A zuppa ’e latte! TOMMASINO dispettoso ( CONCETTA indifferente all’atteggiamento del    ) Alzati, bello  130 marito, si rivolge dolcemente al figlio di mammà, alzati! non mi alzo dal letto. 25 non mi sòso: la didascalia significa “come sopra”, cioè ancora con testardaggine. 26 c.s. : alzati! 27 Sùsete!: Eduardo De Filippo in una scena della commedia   nel 1962 al Teatro Nuovo di Milano. Il sindaco del rione sanità ( ) Embè, si le porte ’a zuppa ’e  LUCA a Concetta latte dint’ ’o lietto ve mengo ’a coppa  abbascio a tutte e due! ( 28 alludendo alla cattiva educazione che Concetta dà a    ) Lo stai crescendo per la galera! 135 Tommasino ( ) Quello mo si alza! ( CONCETTA conciliante e con gesti mimici, curando di non farsi  scorgere da Luca, invoglia Tommasino ad alzarsi; il dialogo muto tra Concetta e  ). “Nennillo” viene sorpreso e interrotto da Luca È incominciato il telegrafo senza fili. LUCA   ( ) ’A zuppa ’e latte! 140 TOMMASINO spudorato, insiste ( ) Embè, mo te mengo ’a colla nfaccia. LUCA irritato Alzati, bello ’e mammà. Ti lavi tanto bello, e mammà intanto ti prepara  CONCETTA nu bello zuppone. Niente affatto. ’O zuppone s’ ’o va a piglià in cucina. ( ) Che l’hai  LUCA a Tommasino  presa per una serva, a tua madre? Eh? Tua madre non serve! ( 145 ha indossato il  gilè, la giacca e una sciarpa di lana al collo e ora inizia il suo lavoro al Presepe,  incollando sugheri e inchiodando pezzi di legno. Dopo una piccola pausa chiede a sua  ) Pasqualino si è alzato? moglie 29 vi butto giù. 28 ve mengo ’a coppa abbascio: il fratello di Luca che vive ospite permanente nella casa. 29 Pasqualino:  >> pagina 467  La festa senza idillio Le battute tra i personaggi fanno subito intendere allo spettatore l’atmosfera, tutt’altro che serena e pacificata, che regna in famiglia. Siamo nella mattina del 23 dicembre: Luca vuole preparare il presepe, e forse non è un caso che a casa Cupiello questo rito inizi con tanto ritardo, mentre l’ossequio alla tradizione vorrebbe che i preparativi per il Natale fossero avviati ben prima, di norma a partire dall’8 dicembre. È il segno di una già chiara inadeguatezza di fronte alla quotidianità? È il simbolo di una condizione definitiva di Luca, uomo fuori dal tempo e chiaramente anacronistico? Di sicuro chi si attende di assistere a un idillio familiare è presto deluso: Luca commenta amareggiato come la notte sia passata in fretta ( , rr. 17-19) e a poco vale la compensazione del presepe da allestire in giornata. , infatti, : il freddo incombe; lo stato economico della famiglia è tutt’altro che florido (come ci informa la didascalia, le pantofole di Concetta sono addirittura , rr. 2-3); il caffè, contrariamente alla tradizione napoletana, lascia molto a desiderare. Ah, songh’ ’ e nnove? … le nove del giorno appresso La realtà affiora subito con tutte le sue contraddizioni realizzate con un vecchio paio di scarpe del marito In un contesto simile, il repertorio edificante del teatro di fine Ottocento, popolato da maschere e macchiette, e vivacizzato da gag e lazzi, avrebbe presentato le classiche trovate infarcite di buoni sentimenti e del rassicurante lieto fine. La scrittura eduardiana va in un’altra direzione: quella di una comicità amara che, rifiutando la comicità farsesca, si interroga sulle . Per questo anche l’istituto matrimoniale non è risparmiato da uno sguardo che evita la retorica: si capisce che i rapporti tra marito e moglie sono ormai usurati e che Concetta ha un carattere difficile, come mostra la sequenza di aggettivi che l’autore le riserva ( , r. 27; , r. 37; , r. 49; , r. 53). Infine, l’indolenza del figlio che si rifiuta di alzarsi e pretende (r. 103) a letto sottolinea l’apatica stanchezza di un ambiente in cui anche la è : non a caso, Eduardo fa ripetere spesso frasi ed espressioni ai protagonisti. sfaccettature tragiche dell’esistenza infastidita spazientita arrabbiata arrabbiatissima ’ a zuppa ’ e latte comunicazione difficile L’amara consolazione del presepe La psicologia dei personaggi e il realismo delle vicende raccontate da Goldoni trovano dunque in Eduardo un ulteriore approfondimento: nella scena che abbiamo riportato, in particolare, cogliamo il disperato attaccamento del povero Luca al presepe, unico rifugio nel quale può ancora far valere la propria autorità ( , rr. 63-64) e trovare un’illusoria distrazione dalle sofferenze della vita. Alla fine della commedia, mentre tutto intorno a lui precipiterà, a partire dall’unità familiare ormai disgregata, moribondo per un ictus che l’ha colpito quando ha scoperto l’adulterio della figlia, potrà almeno rallegrarsi con un’estrema, anche se , . Il figlio Tommasino, infatti, gli dirà di apprezzare anche lui il presepe: il modo più efficace per recuperare un rapporto fino a quel momento inesistente e riconoscere la presenza di . Quest’anno faccio il più bel Presepio di tutti gli altri anni penosa consolazione un legame autentico con la figura del padre