T6 Le tappe di un viaggiatore in fuga dal mondo , cap. 8 Vita, Epoca terza In questo capitolo Alfieri riporta un’intensa descrizione dei viaggi compiuti dall’Austria alla Germania, dalla Danimarca fino alle «immense selve, laghi, e dirupi» della Svezia. In ogni tappa l’autore incontra personalità di spicco: dal racconto di questi episodi emergono il suo carattere burbero e scontroso e la sua volontà di rimanere sempre coerente a un’idea di libertà assoluta. I viaggi di un aristocratico insoddisfatto Secondo viaggio, per la Germania, la Danimarca e la Svezia. Ottenuta la solita indispensabile e dura permissione del Re, partii nel maggio del 1 1769 a bella prima alla volta di Vienna. Nel viaggio, abbandonando l’incarico 2 nojoso del pagare al mio fidatissimo Elia, io cominciava a fortemente riflettere su 3 le cose del mondo; ed in vece di una malinconia fastidiosa ed oziosa, e di quella 5 4 mera impazienza di luogo, che mi aveano sempre incalzato nel primo viaggio, 5 6 […] ne avea ricavata un’altra malinconia riflessiva e dolcissima. Mi riuscivano in 7 ciò di non picciolo ajuto (e forse devo lor tutto, se alcun poco ho pensato dappoi) i sublimi del familiarissimo Montaigne, i quali divisi in dieci tometti, 8 Saggi 9 e fattisi miei fidi e continui compagni di viaggio, tutte esclusivamente riempivano 10 le tasche della mia carrozza. Mi dilettavano ed instruivano, e non poco lusingavano 10 anche la mia ignoranza e pigrizia, perché aperti così a caso, qual che si fosse il volume, lettane una pagina o due, lo richiudeva, ed assai ore poi su quelle due pagine sue io andava fantasticando del mio. Ma mi facea bensì molto scorno 11 quell’incontrare ad ogni pagine di Montaigne uno o più passi latini, ed essere 15 costretto a cercarne l’interpretazione nella nota, per la totale impossibilità in cui mi era ridotto d’intendere neppure le più triviali citazioni di prosa, non che le 12 tante dei più sublimi poeti. E già non mi dava neppur più la briga di provarmici, e asinescamente leggeva a dirittura la nota. Dirò più; che quei sì spessi squarci dei 13 14 nostri Poeti primarj italiani che vi s’incontrano, anco venivano da me saltati a piè 20 pari, perché alcun poco mi avrebbero costato fatica a benissimo intenderli. Tanta era in me la primitiva ignoranza, e la desuetudine poi di questa divina lingua, la 15 quale in ogni giorno più andava perdendo. si riferisce ai documenti necessari per l’espatrio, ottenuti con difficoltà. In qualità di nobile, Alfieri era legato al re da un vincolo di servizio, e necessitava quindi di un esplicito permesso per uscire dal paese. 1 indispensabile… del Re: diretto inizialmente a Vienna. 2 a bella prima… Vienna: Francesco Elia, il domestico che accompagna Alfieri nei suoi viaggi. 3 Elia: il senso di noia derivante dall’ozio (inteso come mancanza di occupazioni serie e impegnative) contribuisce a rendere più acuta la percezione della malinconia. 4 malinconia… oziosa: spinta continua a cambiare luogo e a intraprendere altri viaggi. Più avanti Alfieri sosterrà che quest’ansia di viaggiare coglie sempre chi non ha passioni né interessi. 5 mera impazienza di luogo: l’autore si riferisce ai viaggi in diverse città d’Italia (tra cui Milano, Firenze, Roma e Napoli) e in Olanda e Inghilterra, narrati nei capitoli precedenti. 6 primo viaggio: la noia si trasforma gradualmente in uno stato d’animo che l’autore avverte come positivo ( ) perché gli accende il desiderio di raccogliersi in sé stesso e di dedicarsi alla letteratura. 7 malinconia… dolcissima: dolcissima se in seguito ( ) ho concepito anch’io qualche pensiero. 8 se alcun… dappoi: dappoi Michel de Montaigne (1533-1592), filosofo francese celebre per i suoi (Saggi), nei quali, a partire dal confronto con gli antichi e con un approccio filosofico e morale, offre una profonda e personale riflessione sulla propria esperienza di vita ( significa appunto “assaggi”, “esperienze”). 9 Montaigne: Essais essais riempivano completamente i vani-bagaglio ( ) della carrozza. 10 tutte esclusivamente… carrozza : tasche suscitava il mio grande disappunto. 11 mi facea… scorno: banali, facili. 12 triviali: direttamente. 13 a dirittura: frequenti. 14 spessi: mancanza di pratica. 15 desuetudine: Per la via di Milano e Venezia, due città ch’io volli rivedere; poi per Trento, , Augusta, e Monaco, mi rendei a Vienna, pochissimo trattenendomi 25 In spruck 16 in tutti i suddetti luoghi. Vienna mi parve avere gran parte delle picciolezze di 17 Torino, senza averne il bello della località. Mi vi trattenni tutta l’estate, e non 18 vi imparai nulla. Dimezzai il soggiorno, facendo nel luglio una scorsa fino a 19 Buda, per aver veduta una parte dell’Ungheria. Ridivenuto oziosissimo, altro 20 21 non faceva che andare attorno qua e là nelle diverse compagnie; ma sempre ben 30 22 armato contro le insidie d’amore. E mi era a questa difesa un fidissimo usbergo 23 24 il praticare il rimedio commendato da Catone. Io avrei in quel soggiorno 25 di Vienna potuto facilmente conoscere e praticare il celebre poeta Metastasio, 26 27 nella di cui casa ogni giorno il nostro Ministro, il degnissimo conte di Canale, 28 passava di molte ore la sera in compagnia scelta di altri pochi letterati, dove si 35 leggeva seralmente alcuno squarcio di classici o greci, o latini, o italiani. E 29 quell’ottimo vecchio conte di Canale, che mi affezionava, e moltissimo compativa i miei 30 perditempi, mi propose più volte d’introdurmivi. Ma io, oltre all’essere di natura ritrosa, era anche tutto ingolfato nel francese, e sprezzava ogni libro ed autore 31 italiano. Onde quell’adunanza di letterati di libri classici mi parea dover essere 40 una fastidiosa brigata di pedanti. Si aggiunga, che io avendo veduto il Metastasio a nei giardini imperiali fare a Maria Teresa la genuflessioncella di Schoenbrunn 32 33 uso, con una faccia sì servilmente lieta e adulatoria, ed io giovenilmente 34 plutarchizzando, mi esagerava talmente il vero in astratto, che io non avrei 35 36 consentito mai di contrarre né amicizia né familiarità con una Musa appigionata o 45 37 venduta all’autorità despotica da me sì caldamente abborrita. In tal guisa io 38 39 40 andava a poco a poco assumendo il carattere di un salvatico pensatore; e queste 41 disparate accoppiandosi poi con le passioni naturali all’età di vent’anni e le loro 42 conseguenze naturalissime, venivano a formar di me un tutto assai originale e risibile. 50 43 mi recai. 16 mi rendei: piccoli spazi. 17 picciolezze: posizione. 18 località: breve viaggio. 19 scorsa: si tratta della città all’epoca capitale dell’Ungheria, unita nel 1873 a quella di Pest, a formare l’attuale Budapest. 20 Buda: in modo da vedere. 21 per aver veduta: frequentare varie comitive di persone. 22 andare… compagnie: Alfieri si impone di assumere una condotta più severa per non incorrere in altri amori appassionati e rocamboleschi. 23 ben armato… d’amore: protezione. 24 usbergo: cioè frequentare le prostitute; il rimedio era raccomandato ( ) da Marco Porcio Catone (234 ca - 149 a.C.), generale, politico e scrittore romano detto “il Censore”; la fonte di questa notizia è il poeta latino Orazio ( , I, 2, vv. 31-35). 25 il rimedio… Catone: commendato Satire frequentare. 26 praticare: Pietro Trapassi, detto Metastasio (1698-1782), che visse a lungo alla corte di Vienna. 27 Metastasio: l’ambasciatore del Regno di Sardegna, Luigi Girolamo Malabaila, conte di Canale (1704-1773). 28 conte di Canale: di sera. 29 seralmente: mi era affezionato. 30 mi affezionava: ero abituato a parlare solo francese. 31 era anche tutto ingolfato nel francese: castello situato presso Vienna, che fungeva da residenza imperiale. 32 Schoenbrunn : l’imperatrice Maria Teresa d’Asburgo (1717-1780). 33 Maria Teresa: l’inchino rituale che gli uomini di corte facevano davanti ai sovrani. 34 genuflessioncella di uso: imitando, con impeto giovanile, il comportamento degli eroi di cui lo storico greco Plutarco (ca 46-127 d.C.) narra le gesta; nelle , infatti, la libertà, insieme ad altre virtù, è vista come vero carattere distintivo dell’eroe. L’espressione indica qui l’ingenuità con cui Alfieri ostenta il suo spirito libero. 35 giovenilmente plutarchizzando: Vite parallele esageravo, interpretandolo in modo astratto, la vera portata di quel gesto. Alfieri, a posteriori, mostra consapevolezza delle proprie reazioni eccessive di fronte a certi fatti o esperienze. 36 mi esagerava… in astratto: data in affitto. 37 appigionata: quella dell’imperatrice Maria Teresa. 38 autorità despotica: detestata. 39 abborrita: in tal modo. 40 In tal guisa: selvatico; l’aggettivo sta qui a significare “emarginato”, “isolato”. 41 salvatico: queste passioni individuali, singolari. 42 queste disparate: che può suscitare riso e scherno, ridicolo. Si chiude con questa schietta autocritica una delle sequenze più autoironiche della . 43 risibile: Vita Proseguii nel settembre il mio viaggio verso Praga e Dresda, dove mi trattenni da 44 un mese; indi a Berlino, dove dimorai altrettanto. All’entrare negli stati del gran Federico, che mi parvero la continuazione di un solo corpo di guardia, mi 45 sentii raddoppiare e triplicare l’orrore per quell’infame mestier militare, infamissima e sola base dell’autorità arbitraria, che sempre è il necessario frutto di tante 55 migliaja di assoldati satelliti. Fui presentato al Re. Non mi sentii nel vederlo 46 alcun moto né di maraviglia né di rispetto, ma d’indegnazione bensì e di rabbia; moti che si andavano in me ogni giorno afforzando e moltiplicando alla vista di quelle tante e poi tante diverse cose che non istanno come dovrebbero stare, e che essendo false si usurpano pure la faccia e la fama di vere. Il conte di Finch, 60 47 Ministro del Re, il quale mi presentava, mi domandò perché io, essendo pure in servizio del mio Re, non avessi quel giorno indossato l’uniforme. Risposigli: «Perché in quella corte mi parea ve ne fossero degli uniformi abbastanza». Il Re mi disse quelle quattro solite parole di uso; io l’osservai profondamente, ficcandogli rispettosamente gli occhi negli occhi; e ringraziai il Cielo di non mi aver fatto nascer suo 65 schiavo. Uscii di quella universal caserma prussiana verso il mezzo Novembre, 48 abborrendola quanto bisognava. Partito alla volta di Amburgo, dopo tre giorni di dimora, ne ripartii per la Danimarca. Giunto a ai primi di decembre, quel paese mi piacque Copenhaguen bastantemente, perché mostrava una certa somiglianza coll’Olanda; ed anche v’era 70 una certa attività, commercio, ed industria, come non si sogliono vedere nei governi pretti monarchici: cose tutte, dalle quali ne ridonda un certo ben essere 49 universale, che a primo aspetto previene chi arriva, e fa un tacito elogio di chi vi comanda; cose tutte, di cui neppur una se ne vede negli stati prussiani; benché il gran Federico vi comandasse alle lettere e all’arti e alla prosperità, di fiorire sotto 75 l’ sua. Onde la principal ragione per cui non mi dispiacea si ▶ uggia 50 Copenhaguen era il non esser Berlino né Prussia; paese, di cui niun altro mi ha lasciato una più spiacevole e dolorosa impressione, ancorché vi siano, in Berlino massimamente, molte cose belle e grandiose in architettura. Ma quei perpetui soldati, non li posso neppur ora, tanti anni dopo, ingojare senza sentirmi rinnovare lo stesso furore che 80 la loro vista mi cagionava in quel punto. In quell’inverno mi rimisi alcun poco a cinguettare italiano con il Ministro 51 di Napoli in Danimarca, che si trovava essere pisano; il conte Catanti, cognato 52 del celebre primo Ministro in Napoli, Marchese Tanucci, già professore 53 nell’Università pisana. Mi dilettava molto il parlare e la pronunzia toscana, 85 massimamente paragonandola col piagnisteo nasale e gutturale del dialetto danese che mi toccava di udire per forza, ma senza intenderlo, la Dio grazia. Io malamente 54 mi spiegava col prefato conte Catanti, quanto alla proprietà dei termini, e alla 55 brevità ed efficacia delle frasi, che è somma nei Toscani; ma quanto alla pronunzia di quelle mie parole barbare italianizzate, ell’era bastantemente pura e toscana; 90 stante che io deridendo sempre tutte le altre pronunzie italiane, che veramente mi offendeano l’udito, mi era avvezzo a pronunziar quanto meglio poteva e la , e la u , e , e , ed ogni altra toscanità. Onde alquanto inanimito dal suddetto conte z gi ci 56 Catanti a non trascurare una sì bella lingua, e che era pure la mia, dacché di essere io francese non acconsentiva a niun modo, mi rimisi a leggere alcuni libri italiani. 95 TRECCANI ▶ Le parole valgono Forse pochi sanno che il vocabolo possiede un primo significato letterale: “ombra”, “mancanza di luce e di sole nociva alla vegetazione”. Oggi però utilizziamo questa parola quasi solo nel suo senso figurato, “noia”, “tedio”, “sensazione di fastidio e di irrequietezza”: «questo tempo fa venir l’ »; «una musica così triste mette l’ addosso». uggia uggia uggia uggia ▶ Che cosa significano le seguenti espressioni: «venire in uggia »; «prendere, avere in uggia qualcuno»; «essere in uggia a qualcuno»? circa. 44 da: Federico II detto il Grande (1712-1786), re di Prussia dal 1740 fino alla morte; appassionato di lettere e arti, ospitò presso la sua corte i più illustri scrittori e filosofi del tempo. 45 Federico: sudditi assunti come soldati. Alfieri è colpito dalla forte militarizzazione dello Stato prussiano, che nel Settecento diventa una temibile potenza. 46 assoldati satelliti: la parvenza. 47 la faccia: suddito. 48 schiavo: totalmente monarchici. 49 pretti monarchici: tutte cose da cui deriva un benessere diffuso, che il visitatore nota a prima vista e che fa implicitamente onore a chi governa quei luoghi. Nei paesi in cui non c’è la monarchia, dice Alfieri, le attività economiche fioriscono, mentre negli Stati dispotici come la Prussia manca questo fervore, nonostante il re Federico pretenda di imporre ai commerci, alle arti e alle belle lettere di prosperare sotto il suo tetro dominio ( , letteralmente “noia”). 50 cose tutte… uggia sua: uggia parlare stentatamente. Alfieri tenta nuovamente di utilizzare l’italiano, ma è consapevole di non parlarlo correttamente. 51 cinguettare: l’ambasciatore del Regno di Napoli. 52 Ministro di Napoli : Bernardo Tanucci (1698-1783), uomo politico e importante collaboratore della corte borbonica napoletana, fautore di decise riforme amministrative e religiose (in senso anticurialista). 53 Tanucci : per fortuna. 54 la Dio grazia: suddetto, già nominato. 55 prefato: incoraggiato. 56 inanimito: Lessi, tra’ molti altri, i dell’Aretino, i quali benché mi ripugnassero per Dialoghi 57 le oscenità, mi rapivano pure per l’originalità, varietà, e proprietà dell’espressioni. E mi baloccava così a leggere, perché in quell’inverno mi toccò di star molto in 58 casa ed anche a letto, atteso i replicati incomoducci che mi sopravvennero per aver troppo sfuggito l’amore sentimentale. Ripigliai anche con piacere a rileggere per 100 59 la terza e quarta volta il Plutarco; e sempre il Montaigne; onde il mio capo era una strana mistura di filosofia, di politica, e di discoleria. Quando gl’incomodi 60 mi permetteano d’andar fuori, uno dei maggiori miei divertimenti in quel clima boreale era l’andare in slitta; velocità poetica, che molto mi agitava e dilettava la non men celere fantasia. 105 61 Verso il fin di marzo partii per la Svezia; e benché io trovassi il passo del Sund affatto libero dai ghiacci, indi la Scania libera dalla neve; tosto ch’ebbi oltrepassato la città di , ritrovai di bel nuovo un ferocissimo inverno, e tante Norkoping braccia di neve, e tutti i laghi rappresi, a segno che non potendo più proseguire 62 63 colle ruote, fui costretto di smontare il legno e adattarlo come ivi s’usa sopra 110 64 due slitte; e così arrivai a . La novità di quello spettacolo, e la greggia Stockolm 65 maestosa natura di quelle immense selve, laghi, e dirupi, moltissimo mi trasportavano; e benché non avessi mai letto l’Ossian, molte di quelle sue immagini 66 67 mi si destavano ruvidamente scolpite, e quali le ritrovai poi descritte allorché più anni dopo lo lessi studiando i ben architettati versi del celebre Cesarotti. 115 68 La Svezia locale, ed anche i suoi abitatori d’ogni classe, mi andavano molto 69 a genio; o sia perché io mi diletto molto più degli estremi, o altro sia ch’io non saprei dire; ma fatto si è, che s’io mi eleggessi di vivere nel Settentrione, preferirei quella estrema parte a tutte l’altre a me cognite. La forma del governo della 70 Svezia, rimestata ed equilibrata in un certo tal qual modo che pure una semilibertà 120 71 vi trasparisce, mi destò qualche curiosità di conoscerla a fondo. Ma incapace poi di ogni seria e continuata applicazione, non la studiai che alla grossa. Ne intesi 72 pure abbastanza per formarne nel mio capino un’idea: che stante la povertà delle quattro classi votanti, e l’estrema corruzione della classe dei nobili e di quella 73 dei cittadini, donde nasceano le venali influenze dei due corruttori paganti, la 125 Russia e la Francia, non vi potea allignare né concordia fra gli ordini, né 74 75 efficacità di determinazioni, né giusta e durevole libertà. Continuai il divertimento 76 della slitta con furore, per quelle cupe selvone, e su quei lagoni crostati, fino oltre ai 20 di aprile; ed allora in soli quattro giorni con una rapidità incredibile seguiva il dimoiare d’ogni qualunque gelo, attesa la lunga permanenza del sole su 130 77 l’orizzonte, e l’efficacia dei venti marittimi; e allo sparir delle nevi accatastate forse in dieci strati l’una su l’altra, compariva la fresca verdura; spettacolo veramente 78 bizzarro, e che mi sarebbe riuscito poetico se avessi saputo far versi. i di Pietro Aretino (1492-1556) si caratterizzano per una scrittura anticonvenzionale e una capacità di giudizio arguta e originale. 57 Dialoghi dell’Aretino: Dialoghi divertivo. 58 baloccava: a causa delle reiterate malattie veneree ( ) derivanti dall’essermi dato ad amori occasionali (e non sentimentali, che implicano cioè la fedeltà a una stessa donna). 59 atteso… l’amore sentimentale: replicati incomoducci si riferisce alla lettura di Aretino, “discola” in quanto caratterizzata da contenuti licenziosi e piccanti. 60 discoleria: veloce, pronta. 61 celere: ghiacciati. 62 rappresi: al punto che. 63 a segno che: la carrozza. 64 il legno: grezza, selvaggia. 65 greggia: mi esaltavano. 66 mi trasportavano: si riferisce ai , un insieme di canti gaelici raccolti e rielaborati per la prima volta dallo scrittore scozzese James Macpherson (1736-1796); l’opera fu un punto di riferimento per gli scrittori preromantici e romantici. 67 l’Ossian: Canti di Ossian Melchiorre Cesarotti (1730-1808), poeta e linguista, autore del e di varie traduzioni, tra cui quella dell’ di Omero e delle di Pindaro. La sua opera più celebre è proprio la traduzione dei , pubblicata per la prima volta nel 1763. 68 Cesarotti: Saggio su la filosofia delle lingue Iliade Odi Canti di Ossian i luoghi della Svezia. 69 La Svezia locale: note. 70 cognite: riesaminata, rivista (il verbo “rimestare” indica letteralmente l’azione di “rimescolare”). 71 rimestata: nelle sue linee generali, superficialmente. 72 alla grossa: avevano diritto di voto i nobili, gli ecclesiastici, i borghesi ( , r. 124) e i contadini. 73 quattro classi votanti: cittadini Alfieri afferma che la propensione dei nobili e dei borghesi a farsi corrompere rendeva facile ai governi di Russia e Francia influenzare indebitamente e illecitamente (cioè attraverso la forza del denaro) la vita politica svedese. 74 donde nasceano… e la Francia: attecchire. 75 allignare: efficacia di decisioni politiche. 76 efficacità di determinazioni: lo scioglimento. 77 il dimoiare: vegetazione. 78 verdura: >> pagina 602 DENTRO IL TESTO I contenuti tematici Nella i viaggi di Alfieri si susseguono a ritmo incalzante, con un continuo cambio di scenari, di atmosfere, di persone. Alla sete di conoscenza dello scrittore contribuiscono l’insoddisfazione e la noia da cui egli si sente continuamente assalito: i viaggi rappresentano un tentativo, in realtà vano, di fuggire da una condizione dello spirito che l’autore riuscirà a placare solo con la conversione letteraria. Giovinezza La noia – che lo porta a cambiare continuamente l’oggetto dei suoi desideri e delle sue passioni – è anche la causa dell’incapacità di approfondire i propri interessi. Alfieri si accusa più volte, infatti, di superficialità ( , rr. 121-122). Ma incapace poi di ogni seria e continuata applicazione, non la studiai che alla grossa Il viaggio contro la noia Alfieri è affamato di cultura classica, ma non fatica a constatare i propri limiti, che gli impediscono di comprendere le citazioni in latino contenute nell’opera di Montaigne. La critica alla formazione culturale ricevuta, presente fin dall’ della , costituisce un vero e proprio cruccio che non abbandona mai lo scrittore, costretto a un faticoso lavoro da autodidatta. incipit Vita Il tema della formazione culturale Emerge qui in modo chiaro il carattere altero e sdegnoso di Alfieri, che, in nome della libertà e dell’odio per qualsiasi forma di autoritarismo, rifiuta di trascorrere le serate nei salotti austriaci che si onoravano della presenza di Metastasio: Alfieri disprezza il celebrato poeta perché asservito al sovrano, apostrofandolo (rr. 45-46). Si scorge, in tale polemica, l’ideale di artista vagheggiato dall’autore e descritto nel trattato : non il cortigiano bisognoso di denaro e protezione, ma l’intellettuale libero, che rifiuta le lusinghe del mecenatismo per esprimere senza condizionamenti il proprio pensiero. Musa appigionata o venduta Del principe e delle lettere Una situazione simile si ripete nella Prussia di Federico II, che Alfieri giudica una (r. 66), rimanendo inorridito dalla presenza massiccia dei soldati del vasto esercito prussiano. Al cospetto del re egli non solo non indossa l’uniforme, come dovrebbe, ma lo fissa negli occhi per manifestargli la fierezza della propria libertà. universal caserma Da questi atteggiamenti di superiorità e di sfida traspare dunque il temperamento orgoglioso del poeta, che, tuttavia, è anche capace di sottoporre sé stesso e i propri comportamenti a un’ironica autocritica, come quando si definisce (rr. 49-50) in relazione ad alcune pose assunte. assai originale e risibile Metastasio e Federico II: lo sdegno per il servilismo e l’autoritarismo Nel racconto delle tappe svedesi del viaggio, infine, si coglie l’attrazione di Alfieri, di gusto tipicamente preromantico, per i paesaggi incontaminati ( , r. 117), che lo scrittore, volontariamente, attraversa in condizioni precarie e su diligenze poco confortevoli. Gli spazi sconfinati e solitari rappresentano il teatro congeniale per soddisfare il desiderio del “sublime” e dell’“illimitato” e, allo stesso tempo, per dare requie a un cuore perennemente afflitto da malinconia e insoddisfazione. io mi diletto molto più degli estremi La ricerca di paesaggi deserti e sconfinati >> pagina 603 VERSO LE COMPETENZE Comprendere 1 Ripercorri su una carta dell’Europa le tappe del viaggio di Alfieri. 2 Per ogni tappa, sintetizza in due o tre righe le attività e le occupazioni di Alfieri. Analizzare Sottolinea nel testo le espressioni con cui l’autore situa temporalmente i diversi spostamenti. Quale effetto espressivo è determinato dalla loro rapida successione? 3 4 Il tema linguistico è ricorrente in queste pagine: come si sente, Alfieri, nei confronti della lingua italiana e perché? Che cosa desidererebbe? Quali soluzioni mette in atto? Perché questa riflessione è così importante per la sua produzione successiva? Interpretare Alfieri esprime giudizi, a volte molto severi, su ogni paese che visita: in base a quali criteri ti sembra formularli? 5 6 Dalle osservazioni fatte sui diversi sistemi politici, quale concezione emerge? Quale aspetto della personalità dello scrittore viene evidenziato dalla sua passione per i paesaggi estremi, come quelli svedesi? 7 sviluppare il lessico Nel testo che hai letto, Alfieri fa largo uso di aggettivi di grado superlativo e di nomi alterati: individuane almeno tre esempi e spiegane la funzione. 8 Aggettivi di grado superlativo Nomi alterati scrivere per... esporre Dal giudizio sul contegno di Metastasio traspare la concezione alfieriana dell’intellettuale. Delineala in un testo espositivo di circa 15 righe. 9 Paesaggi romantici Negli stessi anni in cui Vittorio Alfieri descrive con entusiasmo i suoi viaggi nella natura sconfinata del Nord, anche la pittura sviluppa una sensibilità estetica per il “sublime”, con la raffigurazione di paesaggi amplissimi, illuminati da una luce fredda e tagliente o avvolti in atmosfere di tempesta. Il norvegese Peder Balke (1804-1887), autore soprattutto di marine e paesaggi acquatici, ben incarna questa tendenza: raffigurando la Lapponia visitata in gioventù dal re di Francia Luigi Filippo, egli presenta drammatici contrasti tonali, con il sole che fa capolino dietro cumuli di nubi e illumina i profili aspri delle montagne per poi riflettersi nelle onde agitate del mare. Peder Balke, , 1795. Parigi, Museo del Louvre. Veduta di Fredrikshald, attuale Holden, nel fiordo di Iddefjord