Gli ultimi dialoghi Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, tolemaico e copernicano In questo trattato divulgativo, scritto in forma di dialogo dal 1624 al 1630 e pubblicato a Firenze nel 1632, Galileo mette : quella e quella . a confronto le due visioni del mondo fisico tolemaica copernicana : i primi due, amici dell’autore, sono copernicani; il terzo – personaggio immaginario, che trae il nome da un commentatore di Aristotele del VI secolo d.C. – è un fervido sostenitore della visione del mondo di stampo tolemaico, portavoce di una mentalità angusta e settaria, incapace di un pensiero autonomo e chiuso a ogni ipotesi di cambiamento culturale. Mentre Sagredo, che ospita la discussione nella sua dimora patrizia sul Canal Grande veneziano, in qualità di uomo di cultura animato dalla curiosità, è un fautore entusiasta delle nuove acquisizioni scientifiche, il fiorentino può essere considerato il vero di , l’intellettuale pacato e riflessivo che simboleggia l’approccio prudente e metodico alla conoscenza e incarna la razionalità rigorosa tipica della nuova scienza. Gli interlocutori del Dialogo sono Filippo Salviati, Giovan Francesco Sagredo e Simplicio Salviati alter ego Galileo Il sistema dei personaggi Il si svolge nell’arco di . Nella prima la distinzione aristotelica tra mondo celeste e mondo terrestre e , dei quali si afferma che non sono né perfetti né immutabili, come invece sosteneva Aristotele. In seguito i personaggi dialogano sulle possibili forme di vita lunari e divagano soffermandosi sulla ricchezza del creato, fino a giungere a un elogio dell’intelletto umano, che può conoscere le cose nello stesso modo in cui le conosce Dio, anche se non nella loro totalità. Dialogo 4 giornate si confutano il principio dell’immutabilità dei corpi celesti La prima giornata Nella seconda giornata, dopo un attacco rivolto alla «pusillanimità d’alcuni seguaci d’Aristotele» che hanno paura di «mutare opinione», . In queste pagine l’autore introduce il celebre (già proposto da Giordano Bruno): dentro l’imbarcazione il moto è impercettibile, perché esso è «comune a tutte le cose contenute in essa ed all’aria ancora». La Terra dunque sarebbe proprio come quella nave, muovendosi di moto inerziale, non percepito dai suoi abitanti. si discute della posizione aristotelica secondo la quale la Terra si troverebbe in stato di quiete esempio della nave in movimento La seconda giornata L’argomento principale della terza giornata è il e dei nuovi corpi celesti avvistati in cielo in quegli anni, che costituiscono un’ulteriore conferma della validità del sistema copernicano. Se Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno ruotano attorno al Sole e non attorno alla Terra, si deve concludere che non è il nostro pianeta a essere fermo al centro dell’universo, bensì il Sole. moto annuo della Terra La terza giornata L’ultima giornata è dedicata alle . Keplero aveva pensato che fossero causate dall’attrazione della Luna (ipotesi che poi si sarebbe rivelata esatta): Galileo giudica «sciocchezze» le teorie dello studioso tedesco e ritiene (erroneamente) che questi fenomeni siano causati dalla combinazione di moto giornaliero e moto annuo della Terra e dalle conseguenti accelerazioni e decelerazioni del pianeta, simili a quelle di un contenitore in movimento nel quale si trovi un fluido. Il si chiude con la decisione, da parte dei protagonisti, di andare a prendere il fresco in gondola, per riposarsi dopo l’acceso confronto. maree Dialogo La quarta giornata  >> pagina 95 La scelta della forma dialogica è importante, perché consente all’autore di sempre , mediante una sapiente caratterizzazione dei personaggi e l’alternanza, nel testo, di parti serie e parti più leggere. Inoltre, difendendo le idee copernicane non direttamente, ma attraverso i punti di vista degli interlocutori, Galileo può , ponendosi formalmente come equidistante dai due sistemi cosmologici. Il dialogo gli permette poi di esporre le nuove acquisizioni scientifiche in modo non apodittico (cioè dogmatico e senza una dimostrazione), ma aperto e critico, con la disposizione d’animo di chi non possiede una verità definitiva, ma la cerca attraverso la riflessione e il confronto, nel solco di quella a cui Galileo si riallaccia: come se, pur persuaso della verità del proprio pensiero, avesse bisogno di riviverla dialetticamente in ogni istante. mantenere viva l’attenzione del lettore eludere la censura tradizione umanistica La forma dialogica La prosa di Galileo, celebrata già ai suoi tempi per la sua chiarezza, è del tutto nuova nel panorama scientifico del tempo, pervasa com’è dallo stupore, dall’umiltà dinanzi alla grandezza delle nuove scoperte, dall’ammirazione per le infinite possibilità dell’ingegno umano, dall’ di fronte ai piccoli uomini, che chiudono gli occhi per non vedere e contro i quali la ragione non è sufficiente. La principale innovazione stilistica galileiana sta nell’aver scritto in un , che spesso utilizza vocaboli della lingua parlata ed evita al contempo il tecnicismo specialistico per rivolgersi a un pubblico non specializzato e avvicinare l’ostico territorio della scienza al mondo della tecnica e dei mestieri. ironia volgare “letterario” Lo stile Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze viene pubblicata in Olanda nel 1638, cinque anni dopo la condanna del Santo Uffizio e quattro prima della morte dell’autore. Si tratta ancora di un : sviluppato in 6 giornate, esso vede contrapposti gli stessi personaggi del , vale a dire Salviati, Sagredo e Simplicio. Non potendo più trattare, per divieto ecclesiastico, argomenti cosmologici, lo scrittore si dedica alla definizione del concetto di “moto” e alla formalizzazione dei : proprio quei princìpi che scienziati come l’inglese Isaac Newton, l’italiano Evangelista Torricelli, i francesi Joseph-Louis Lagrange e Pierre-Simon de Laplace e molti altri considereranno in seguito il fondamento della scienza moderna. L’ultima grande opera di Galileo dialogo Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo princìpi scientifici della dina mica e della resistenza dei materiali Stefano Della Bella, incisione per il frontespizio delle opere di Galileo Galilei, 1656.