T14 Poesia e civiltà , quarta parte (vv. 213-295) Dei Sepolcri «Anche i luoghi ov’erano le tombe de’ grandi, sebbene non vi rimanga vestigio [alcun segno], infiammano la mente de’ generosi (vv. 213-225); quantunque gli uomini d’egregia virtù sieno perseguitati vivendo, e il tempo distrugga i loro monumenti, la memoria delle virtù e dei monumenti vive immortale negli scrittori, e si rianima negl’ingegni che coltivano le Muse (vv. 226-234): testimonio [ricordo come esempio] il sepolcro d’Ilo [il mitico fondatore di Troia], scoperto dopo tante età [secoli] da’ viaggiatori che l’amor delle lettere trasse [spinse] a peregrinar alla Troade (vv. 235-240), sepolcro privilegiato da’ fati perché protesse il corpo d’Elettra da cui nacquero i Dardanidi, autori dell’origine di Roma, e della prosapia [stirpe] de’ Cesari signori del mondo (vv. 241-253); l’autore chiude con un episodio sopra quel sepolcro (vv. 254-295)».  Endecasillabi sciolti. Metro Il valore del mito e la funzione della poesia PARAFRASI Felice te che il regno ampio de’ venti, Ippolito, a’ tuoi verdi anni correvi! E se il piloto ti drizzò l’antenna 215 oltre l’isole egèe, d’antichi fatti certo udisti suonar dell’Ellesponto i liti, e la marea mugghiar portando alle prode retèe l’armi d’Achille sovra l’ossa d’Ajace: a’ generosi 220 giusta di glorie dispensiera è morte; né senno astuto né favor di regi all’Itaco le spoglie ardue serbava, ché alla poppa raminga le ritolse l’onda incitata dagl’inferni Dei. 225 213-225  Beato te, o Ippolito, che nella tua giovinezza ( a’ tuoi verdi anni ) hai percorso ( correvi ) il regno dei venti! E se il timoniere ( il piloto ) diresse la nave ( l’antenna ) su cui viaggiavi oltre le isole egee, di certo sentisti risuonare di antiche storie le coste ( liti ) dell’Ellesponto, e le onde del mare ( la marea ) rimbombare ( mugghiar ) portando le armi di Achille verso le coste del Capo Reteo ( alle prode retèe ), sopra le spoglie ( l’ossa ) di Aiace: per i magnanimi la morte è giusta distributrice di glorie; né l’astuzia né il favore dei sovrani poterono conservare al re di Itaca ( all’Itaco ) le armi ( spoglie ) difficili da ottenere ( ardue ), perché le onde del mare, incitate dagli dèi infernali, le strapparono ( ritolse ) alla sua nave errabonda ( alla poppa raminga ).    perifrasi per indicare il mare. Da giovane Ippolito Pindemonte aveva viaggiato nel Mediterraneo orientale. 213 il regno… de’ venti:    l’albero maestro della nave, dunque le vele (sineddoche per l’intera nave). 215 l’antenna:    antico nome dello stretto dei Dardanelli. In questa zona sorgeva Troia. 217 Ellesponto:    presso Capo Reteo, sul Bosforo, era la tomba dell’eroe Aiace Telamonio, dopo Achille il più forte guerriero greco nella guerra di Troia. Aiace era impazzito e si era suicidato per il dolore di non aver ottenuto, una volta che Achille era morto, le sue armi, che per ragioni di merito avrebbero dovuto essere consegnate a lui e che invece furono assegnate a Ulisse. 219 alle prode retèe:    al re di Itaca, Ulisse, né la sua proverbiale astuzia né il favore riservatogli da Agamennone bastarono per conservare un trofeo difficile da meritare ( ), e che di fatto Aiace aveva meritato più di lui. 222-223 né senno… serbava: le spoglie ardue    sineddoche per “nave”. 224 poppa:    gli dèi della morte, che in questo caso rendono giustizia al defunto Aiace, suscitando le onde che strappano le armi alla nave di Ulisse e le portano sulla tomba di Aiace come detto sopra (vv. 218-220). 225 inferni Dei: Baldassarre Peruzzi,  , XVI secolo. Firenze, Palazzo Pitti, Galleria Palatina. Apollo e le Muse E me che i tempi ed il desio d’onore fan per diversa gente ir fuggitivo, me ad evocar gli eroi chiamin le Muse del mortale pensiero animatrici. Siedon custodi de’ sepolcri, e quando 230 il tempo con sue fredde ale vi spazza fin le rovine, le Pimplèe fan lieti di lor canto i deserti, e l’armonia vince di mille secoli il silenzio. 226-234  E le Muse, ispiratrici del pensiero umano, chiamino me, che la perfidia dei tempi e il desiderio ( desio ) di gloria fanno vagare esule ( ir fuggitivo ) tra popoli stranieri ( per diversa gente ), a evocare gli eroi. Le Muse ( le Pimplèe ) stanno a custodia delle tombe, e quando il tempo, con le sue fredde ali, delle tombe ( vi ) spazza via persino le macerie, allietano ( fan lieti ) con il loro canto i luoghi ormai abbandonati ( i deserti ), e l’armonia di quel canto supera anche un silenzio di mille secoli.    il poeta contrappone ai felici viaggi compiuti da Pindemonte in gioventù le proprie attuali peregrinazioni di esule, dovute - così scrive qui - alle vicende politiche ( ) e alla sua ricerca di gloria ( ). Il sintagma   richiama infatti il   del v. 213, istituendo un raffronto implicito tra l’autore e l’amico Ippolito. Non è difficile cogliere in questo passaggio anche il ricordo del paragone con Ulisse, svolto nel sonetto   (  T7, p. 92). 226-227 E me… ir fuggitivo: i tempi desio d’onore E me Felice te A Zacinto ▶    le Muse, dette Pimplèe da Pimpla, monte della Macedonia dove era l’omonima fonte a loro sacra. 232 Pimplèe:    quella del canto poetico, contrapposta al silenzio determinato dallo scorrere del tempo, con la distruzione della memoria che esso porta con sé. È il concetto della poesia eternatrice, già presente nell’ode   (  T10, p. 101). 233 l’armonia: All’amica risanata ▶ Ed oggi nella Troade inseminata 235 eterno splende a’ peregrini un loco, eterno per la Ninfa a cui fu sposo Giove, ed a Giove diè Dàrdano figlio, onde fur Troia e Assàraco e i cinquanta talami e il regno della giulia gente. 240 Però che quando Elettra udì la Parca che lei dalle vitali aure del giorno chiamava a’ cori dell’Eliso, a Giove mandò il voto supremo: «E se», diceva, «a te fur care le mie chiome e il viso 245 e le dolci vigilie, e non mi assente premio miglior la volontà de’ fati, la morta amica almen guarda dal cielo onde d’Elettra tua resti la fama». 235-249  E oggi, nella Troade desolata ( inseminata ), risplende perenne ai viaggiatori un luogo, reso eterno grazie alla ninfa che ebbe come sposo Giove, e a Giove diede come figlio Dardano, da cui discesero Troia, Assaraco, i cinquanta figli ( talami ) e il regno della  gens Iulia . Quel luogo è eterno per il fatto che ( Però che ), quando Elettra sentì la Parca che la chiamava dalle brezze vitali del mondo dei vivi ( del giorno ) alle danze ( cori ) dei Campi Elisi ( dell’Eliso ), rivolse a Giove un’ultima preghiera ( voto supremo ): «E se», diceva, «ti furono graditi i miei capelli, il viso e le dolci notti d’amore ( vigilie ), e se la volontà del destino non mi concede ( assente ) una ricompensa ( premio ) migliore, proteggi almeno dal cielo l’amata ( amica ) morta, affinché rimanga viva la memoria della tua Elettra».    la regione in cui sorgeva Troia è oggi incolta, deserta. 235 Troade inseminata:    Elettra, sposa di Giove, al quale diede un figlio, Dardano, da cui derivarono la discendenza troiana e di conseguenza, secondo la leggenda narrata da Virgilio nell’ , Roma. 237-238 la Ninfa… Giove: Eneide    Foscolo si rifà alla genealogia virgiliana. Dardano ebbe due figli, Assaraco e Ilo. Della discendenza di Assaraco fecero parte Anchise (suo nipote), Enea e Iulo (o Ascanio), capostipite della  , da cui sarebbe nata Roma; alla discendenza di Ilo (citato al v. 255) appartennero Priamo e i suoi cinquanta figli maschi ( , letti nuziali), Cassandra ed Ettore. 239-240 onde… gente: gens Iulia talami    la perifrasi significa “quando Elettra sentì l’approssimarsi della morte”. La   che viene qui ricordata è Àtropo, quella che recideva il filo della vita nel punto stabilito dal destino. L’  sono i Campi Elisi, nella mitologia classica l’aldilà dei beati, degli spiriti migliori, che vi si potevano dedicare alle attività più nobili (come la poesia e la danza, alla quale alludono i  ). 241-243 quando Elettra udì… dell’Eliso: Parca Eliso cori    latinismo per “amante”. 248 amica: Così orando moriva. E ne gemea 250 l’Olimpio: e l’immortal capo accennando piovea dai crini ambrosia su la Ninfa, e fe’ sacro quel corpo e la sua tomba. Ivi posò Erittonio, e dorme il giusto cenere d’Ilo; ivi l’iliache donne 255 sciogliean le chiome, indarno ahi! deprecando da’ lor mariti l’imminente fato; ivi Cassandra, allor che il Nume in petto le fea parlar di Troia il dì mortale, venne; e all’ombre cantò carme amoroso, 260 e guidava i nepoti, e l’amoroso apprendeva lamento a’ giovinetti. 250-262  Così pregando ( orando ), moriva. E Giove ( l’Olimpio ) ne piangeva: e piegando il suo capo immortale in segno di assenso ( accennando ) faceva piovere dai suoi capelli ( crini ) gocce d’ambrosia sulla ninfa, e rese ( fe’ ) sacri quel corpo e la sua tomba. Lì fu sepolto ( posò ) Erittonio e riposano i resti del giusto Ilo; lì le donne troiane ( iliache ) scioglievano le chiome, ahimè inutilmente ( indarno )! pregando per allontanare ( deprecando ) dai loro mariti il destino di morte ( fato ) che incombeva ( imminente ) su di loro; lì andò Cassandra, quando il dio ( il Nume ) le ispirò la predizione ( in petto le fea parlar ) del giorno della fine ( il dì mortale ) di Troia; e cantò ai defunti un inno pieno d’amore ( amoroso ), e vi guidava i nipoti, e insegnava ( apprendeva ) ai giovinetti quell’amoroso lamento.    Giove, così chiamato in quanto re dell’Olimpo. attraverso il cenno del capo gli dèi indicavano l’intenzione di accogliere una preghiera. 251 l’Olimpio: accennando:    il verbo è qui costruito transitivamente.   già citata al v. 63, l’  era il cibo profumato degli dèi, che qui, scendendo sul corpo di Elettra, ne rende immortale la fama. 252 piovea: ambrosia: ambrosia    nel sepolcro di Elettra.   “riposò”, e dunque “fu sepolto” (eufemismo, come anche, subito dopo,  ).   figlio di Dardano. 254 Ivi: posò: dorme Erittonio:    nipote di Erittonio e nonno di Priamo. 255 Ilo:    sciogliere i capelli era per le donne antiche un segno di lutto. 256 sciogliean le chiome:    figlia di Priamo, la profetessa troiana Cassandra aveva ottenuto da Apollo ( ) capacità profetiche, ma, avendo rifiutato l’amore del dio, fu condannata a non essere mai creduta. 258 Cassandra: il Nume    sono i figli dei cinquanta fratelli di Cassandra, cioè dei cinquanta figli maschi di Priamo, tutti sposati (  dei vv. 239-240). 261 i nepoti: i cinquanta / talami E dicea sospirando: «Oh se mai d’Argo, ove al Tidìde e di Läerte al figlio pascerete i cavalli, a voi permetta 265 ritorno il cielo, invan la patria vostra cercherete! Le mura, opra di Febo, sotto le lor reliquie fumeranno. Ma i Penati di Troia avranno stanza in queste tombe; ché de’ Numi è dono 270 servar nelle miserie altero nome. 263-271  E diceva sospirando: «Oh se mai il destino vi permetterà di ritornare dalla Grecia ( d’Argo ), dove pascolerete i cavalli di Diomede ( Tidìde ) e di Ulisse ( figlio di Läerte ), cercherete invano la vostra patria! Le mura, costruite da Apollo ( Febo ), giaceranno incenerite ( fumeranno ) sotto le proprie macerie ( reliquie ). Ma gli dèi della patria troiana ( i Penati di Troia ) avranno dimora ( stanza ) in queste tombe; perché è una prerogativa degli dei ( de’ Numi è dono ) conservare ( servar ) una fama gloriosa ( altero nome ) anche nelle sventure.    la città del capo dei guerrieri greci Agamennone; indica qui genericamente la Grecia (sineddoche). Cassandra profetizza ai nipoti un futuro di schiavitù nella terra dei vincitori, dopo la distruzione di Troia (vv. 267-268:  ). 263 Argo: Le mura… fumeranno    a Diomede, indicato con il patronimico che significa “figlio di Tideo”.   a Ulisse. 264 al Tid ì de: di L ä erte al figlio:    secondo il mito, le mura di Troia erano state costruite da Apollo ( ). 267 Le mura… di Febo: Febo    gli spiriti degli eroi troiani, assurti dopo la morte a divinità protettrici delle città. 269 Penati: E voi, palme e cipressi che le nuore piantan di Priamo, e crescerete ahi presto di vedovili lagrime innaffiati, proteggete i miei padri: e chi la scure 275 asterrà pio dalle devote frondi men si dorrà di consanguinei lutti, e santamente toccherà l’altare. Proteggete i miei padri. Un dì vedrete mendico un cieco errar sotto le vostre 280 antichissime ombre, e brancolando penetrar negli avelli, e abbracciar l’urne, e interrogarle. Gemeranno gli antri secreti, e tutta narrerà la tomba Ilio raso due volte e due risorto 285 splendidamente su le mute vie per far più bello l’ultimo trofeo ai fatati Pelìdi.   E voi, palme e cipressi che le nuore di Priamo ora piantano, e che fra poco ahimè ( ) crescerete bagnati, da lacrime di vedove, proteggete i miei antenati ( ): e colui che, pietosamente, si asterrà dal colpire con la scure ( ) le fronde sacre ( ), dovrà dolersi di meno per la perdita di persone care ( ), e con mano pura ( ) potrà permettersi di toccare gli altari degli dèi. Proteggete i miei antenati! Un giorno vedrete un mendicante cieco vagare sotto le vostre ombre antichissime, ed entrare a tentoni ( ) nelle tombe sotterranee ( ), e abbracciare le urne cinerarie, e interrogarle. Le profonde cavità ( ) dei sepolcri gemeranno, e le tombe tutte insieme narreranno di Troia ( ) rasa al suolo due volte e due volte risorta splendidamente sulle vie silenziose ( ), per rendere più bella la vittoria finale ( ) ai figli di Peleo, chiamati dal destino ( ) a distruggerla. 272-288 ahi presto padri la scure asterrà devote di consanguinei lutti santamente brancolando avelli gli antri secreti Ilio mute l’ultimo trofeo fatati    le due piante sono state scelte da Foscolo per il loro preciso significato, essendo le   simbolo di valore e i   simbolo di morte. 272 palme e cipressi: palme cipressi    le lacrime delle donne troiane, vedove dei loro mariti, morti combattendo contro i Greci. 274 vedovili lagrime:    Cassandra ammonisce i vincitori greci a non profanare un luogo destinato al ricordo dell’eroismo dei guerrieri troiani caduti in guerra. Il predicativo del soggetto   (v. 276) rimanda al latino  , “devoto”, “rispettoso degli dèi”. 275-278 e chi la scure… l’altare: pio pius    Foscolo allude a Omero, che la tradizione rappresentava cieco e mendicante. 280 mendico un cieco:    sono quelle degli alberi collocati presso le tombe dei guerrieri troiani (le   e i   del v. 272). 281 antichissime ombre: palme cipressi    singolare collettivo. 284 tutta… la tomba:    secondo la leggenda, Troia sarebbe stata distrutta da Ercole e dalle Amazzoni, prima di essere annientata definitivamente dai Greci. In realtà gli scavi archeologici hanno dimostrato che le distruzioni e le ricostruzioni della città furono più numerose. 285 Ilio… risorto:    sul terreno rimasto deserto dopo la distruzione della città. 286 su le mute vie:    metonimia per “vittoria”. 287 trofeo:    per estensione i Greci (  dal patronimico di Achille e di suo figlio Pirro, protagonista della rovina di Troia),   perché destinati dal fato a distruggere la città. 288 fatati Pelìdi: Pelìdi fatati                                Il sacro vate, placando quelle afflitte alme col canto, i prenci argivi eternerà per quante 290 abbraccia terre il gran padre Oceàno. E tu onore di pianti, Ettore, avrai, ove fia santo e lagrimato il sangue per la patria versato, e finché il Sole risplenderà su le sciagure umane». 295 288-295  Il sacro poeta ( vate ), consolando con il suo canto quelle anime ( alme ) afflitte, renderà eterna la fama dei condottieri greci ( prenci   argivi ) in tutte le terre che il grande padre Oceano abbraccia. E anche tu, Ettore, avrai l’onore dei pianti funebri, dovunque sarà considerato sacro ( santo ) e degno di compianto ( lagrimato ) il sangue versato per la patria, e finché il Sole splenderà sulle sciagure umane».    greci (come già al v. 263   indica l’intera Grecia). 290 argivi: Argo    gli antichi credevano che tutte le terre emerse fossero circondate da un unico grande mare, l’oceano. Omero dunque renderà eterna la fama dei condottieri greci in tutto il mondo. 290-291 per quante… Oceàno:    il celebre guerriero troiano morto nello scontro con Achille. È l’emblema del combattente valoroso, pronto a svolgere fino in fondo il proprio dovere, pur essendo consapevole del proprio ineluttabile destino di vinto. Per Foscolo il suo eroismo sarà riconosciuto in futuro fino a quando continuerà a essere coltivato il valore del sacrificio per la patria. 292 Ettore:    perifrasi per dire “fino alla fine dei tempi”. 294-295 finché il Sole… umane:  >> pagina 131  DENTRO IL TESTO I contenuti tematici La parte conclusiva del carme si apre con una visione del Mediterraneo opposta rispetto all’immagine precedente: se nel finale della terza parte Foscolo evocava la leggenda dell’esercito fantasma, tramandata dallo storico greco Pausania a proposito di Maratona, nei vv. 213-214 il , cioè il mar Mediterraneo, si mostra nell’atmosfera paradisiaca che allietava la giovinezza di Pindemonte, fortunato viaggiatore nei luoghi del mito. regno ampio de’ venti Come in un brano sinfonico, la quarta sezione si avvia al finale in un crescendo, che ha per tema e nucleo portante l’idea della poesia eternatrice, che può vincere (v. 234). L’altissimo compito di (v. 228) è assegnato dall’autore a sé stesso ( , v. 226): egli invoca questo incarico dalle Muse, capaci di ridare anima e vita a ciò che altrimenti è destinato per sempre a scomparire ( , v. 229). Sfidando il tempo e la distruzione, esse permettono, nel quadro delle consuete opposizioni foscoliane, al (v. 233) di vincere i (v. 233), all’ (v. 233) di prevalere sul (v. 234). La poesia, più ancora del sepolcro, è in grado di trascendere la caducità delle cose materiali e riesce a rendere immortali, grazie alla parola, i luoghi e le persone: la città di Troia, annientata dagli uomini, non è più un semplice ricordo della Storia, ma si trasforma nel regno della poesia. di mille secoli il silenzio evocar gli eroi E me del mortale pensiero animatrici canto deserti armonia silenzio La funzione eternatrice della poesia A compiere il miracolo dell’eternità è Omero, il sacro vate (v. 288) autore dei due poemi, l’ Iliade e l’ Odissea , che celebrano l’apoteosi epica dell’antichità più remota dell’Occidente. Qui gli fanno corona due personaggi, entrambi rappresentanti dell’eterno femminino goethiano (cioè delle caratteristiche immutabili del fascino muliebre indicate dal poeta tedesco), dolenti e significativi ciascuno a suo modo: la ninfa Elettra e la profetessa Cassandra, figlia di Priamo e principessa di Troia. Sulla tomba di Elettra, divenuta oggetto di culto (una sorta di Santa Croce dell’antichità), viene eretta la città di Troia, luogo di raccolta degli eroi. Davanti a quel medesimo sepolcro la fine della città è profetizzata da Cassandra. Omero, Elettra e Cassandra: mediatori dell’eternità Francis Legat,  , 1795. New York, Metropolitan Museum of Art. Delirio di Cassandra  >> pagina 132  Nei versi finali del carme, tuttavia, la poesia ha la meglio sull’opera di distruzione dei secoli: essa celebra i vincitori ma rende merito anche ai vinti. Grazie al canto di Omero l’eroe giusto per eccellenza, Ettore, verrà ricordato in eterno, finché il Sole / risplenderà su le sciagure umane (vv. 294-295): incarnazione letteraria dell’umanità che soffre, egli è il simbolo dell’uomo magnanimo, onesto e leale, destinato al sacrificio e alla morte. Ma il suo esempio – ribadisce Foscolo – può ancora parlarci, indicando una via per superare le miserie terrene. A patto, però, che agiscano passioni generose, il caldo senso della comunità, l’amore per la patria, il vincolo spirituale degli affetti: la barbarie e l’istinto bestiale sono sempre in agguato, pronti a calpestare l’umanità, la civiltà e le sue istituzioni. Giustizia e civiltà Le scelte stilistiche I costanti riferimenti alla classicità trovano riscontro, sul piano formale, in una ricerca di tono sublime, che quasi pone la poesia foscoliana in gara con quella omerica. Iperbati, metafore, sineddochi (la nave è indicata attraverso la sua , v. 215, e attraverso la , v. 224; , vv. 239-240, sono i figli di Priamo), anafore ( , ai vv. 254, 255 e 258) e altre figure retoriche punteggiano il testo, impreziosito da termini utilizzati secondo il senso etimologico latino ( / […] , vv. 256-257). antenna poppa i cinquanta / talami ivi deprecando l’imminente fato In gara con Omero Gli ultimi versi, in particolare, chiudono il carme all’insegna della solennità, tracciando in un gioco sofisticato di specchi il duplice parallelismo Foscolo-Omero e Foscolo-Ettore: mentre nel primo accostamento si celebra la funzione eternatrice della poesia, nel secondo il richiamo tra l’ E me […] , me ad evocar (vv. 226-228) e l’apostrofe E tu onore di pianti, Ettore, avrai (v. 292) identifica un destino comune nella sconfitta dei propri ideali e nell’amore per la patria pagato con il sacrificio. Destini paralleli VERSO LE COMPETENZE Comprendere Ai vv. 218-220 Foscolo rievoca la vicenda della controversa attribuzione delle armi di Achille. Ricostruiscila e spiega il significato della frase (vv. 220-221) in relazione a quanto narrato. 1  a’ generosi / giusta di glorie dispensiera è morte 2 Quale ruolo si attribuisce il poeta? 3 Quale compito hanno invece le Muse? 4 Che cosa chiede Elettra a Giove? Riassumi il contenuto del discorso di Cassandra (vv. 263-295) in circa 15 righe, evidenziando i diversi interlocutori immaginari a cui ella si rivolge. 5  Analizzare 6 Quali procedimenti formali tipici dell’epica classica vengono qui usati da Foscolo e perché? 7 Perché Omero viene definito sacro vate (v. 288)? 8 Individua nel testo i termini afferenti al campo semantico del sacro e spiega il motivo della loro presenza. 9 Individua nel testo alcune delle figure retoriche che impreziosiscono ed elevano il registro linguistico del componimento. Rintraccia i riferimenti autobiografici presenti nel testo e spiega in che modo essi si legano allo sviluppo argomentativo. 10  Interpretare In quale relazione possiamo porre la tomba di Elettra con la chiesa fiorentina di Santa Croce ricordata precedentemente nel carme? 11  Omero è raffigurato nell’atto di interrogare (v. 283) le urne degli eroi troiani. Qual è il significato metaforico di questa visione? 12  13 Perché, secondo te, Foscolo sceglie, come emblema del sepolcro, la tomba di eroi che furono sconfitti e non quella di eroi vincitori? scrivere per... argomentare Nel sonetto il poeta si rispecchia da una parte in Omero e dall’altra in Ulisse, con cui istitui­sce un paragone sul tema dell’esilio. Qui al posto di Ulisse compare Ettore: in quale rapporto si pone rispetto a quest’ultimo la figura del poeta? Spiegalo in un testo argomentativo di circa 20 righe. 14  A Zacinto