T7 Il cinque maggio Odi  18 strofe di 6 settenari, disposti secondo lo schema SASAST (dove S indica i versi sdruccioli, T i versi tronchi). L’ode viene scritta di getto nel luglio del 1821, alla notizia della morte di Napoleone, che circolava accompagnata da voci di una sua conversione all’ultimo momento. Profondamente colpito, Manzoni compone in pochi giorni questa “orazione funebre”, in cui ricapitola la vicenda umana dell’imperatore, sublime dimostrazione del carattere precario delle glorie umane, al cospetto di una prospettiva eterna. La censura austriaca ne proibisce la stampa, ma l’ode si diffonde ampiamente tramite copie manoscritte, riscuotendo ammirazione e consensi. Nel 1822 Goethe la traduce in tedesco. L’anno successivo viene pubblicata a Torino. Metro Grandezza e miseria di un imperatore PARAFRASI Ei fu. Siccome immobile, La decisione del poeta di cantare Napoleone dato il mortal sospiro, stette la spoglia immemore orba di tanto spiro,       così percossa, attonita 5 la terra al nunzio sta, 1-6  Napoleone è morto. Come ( Siccome ) il suo corpo ( spoglia ), dopo avere esalato l’ultimo respiro ( sospiro ) rimase immobile ( stette ), senza memoria ( immemore ) e privato ( orbo ) di uno spirito tanto grande, così il mondo all’annuncio ( nunzio ) della sua morte si ferma ( sta ),   : egli (per antonomasia Napoleone). 1 Ei muta pensando all’ultima ora dell’uom fatale; né sa quando una simile     orma di piè mortale 10 la sua cruenta polvere a calpestar verrà. 7-12  colpito, attonito, silenzioso, pensando all’ultima ora dell’uomo che ha deciso tanti destini ( fatale ); e si chiede quando mai l’orma di un individuo altrettanto grande tornerà a calpestare la terra insanguinata dalle guerre ( cruenta   polvere ).    voluto dal fato, cioè – cristianamente – dalla Provvidenza. 8 fatale:    alcuni commentatori hanno fatto notare che le “orme” non calpestano la terra; il poeta è però preoccupato di evocare la visione delle marce di Napoleone e far quasi sentire lo scalpitare del suo cavallo sulla polvere dei campi di battaglia. 10-12 orma… verrà: Lui folgorante in solio vide il mio genio, e tacque;     quando, con vece assidua, 15 cadde, risorse e giacque, di mille voci al sonito mista la sua non ha: 13-18  La mia ispirazione poetica ( genio ) lo vide trionfante sul trono imperiale ( folgorante in solio ), ma non si espresse ( e tacque ); e quando con alterne vicende ( vece assidua ) cadde, si riprese e di nuovo cadde definitivamente, non ha mescolato la sua voce al suono ( sonito ) di mille altre:    complemento oggetto di   (v. 14), con una forte inversione sintattica. Evidente è il richiamo, anche per l’antonomasia, dell’  iniziale. 13 Lui: vide Ei    richiama l’espressione foscoliana «con veci eterne» ( , v. 96). 15 vece assidua: Dei Sepolcri    il verso rias­sume le vicende che nel giro di due anni (1813-1815) decretarono il tramonto di Napoleone, passato dalla sconfitta di Lipsia all’esilio all’Elba, dai Cento giorni all’esilio definitivo a Sant’Elena, dopo la battaglia di Waterloo. 16 cadde, risorse e giacque: vergin di servo encomio     e di codardo oltraggio, 20 sorge or commosso al subito sparir di tanto raggio: e scioglie all’urna un cantico che forse non morrà. 19-24  immune ( vergin ) da elogi servili e insulti vigliacchi, all’improvvisa sparizione di una luce così gloriosa ( subito sparir di tanto raggio ) si leva commossa: e sulla sua tomba innalza ( scioglie all’urna ) un canto solenne che forse resterà nel tempo.   : è il motivo già foscoliano della poesia che si eleva sulla tomba dei forti. 23 scioglie all’urna un cantico     Dall’alpe alle piramidi, 25 dal Manzanarre al Reno, di quel securo il fulmine tenea dietro al baleno; scoppiò da Scilla al Tanai,     dall’uno all’altro mar. 30 Trionfi e sconfitte di Napoleone 25-30  Dalle Alpi alle piramidi, dal Manzanares al Reno, le azioni fulminee di quell’uomo deciso ( quel securo ) seguivano immediatamente i suoi piani ( tenea ); imperversò dallo stretto di Messina ( Scilla ) al Don ( Tanai ), da un mare all’altro.    l’autore allude, nell’ordine, alle campagne napoleoniche in Italia, Egitto, Spagna, Germania. Il fiume Manzanares scorre nei pressi di Madrid. 25-26 Dall’alpe… Reno:    il toponimo calabrese   rimanda agli scontri nell’Italia meridionale;  , ovvero il Don, alla spedizione in Russia. 29 da Scilla al Tanai: Scilla Tanai    riecheggia il v. 8 della  , allora incompiuta. 30 dall’uno all’altro mar: Pentecoste Fu vera gloria? Ai posteri l’ardua : nui ▶  sentenza chiniam la fronte al Massimo fattor, che volle in lui     del creator suo spirito 35 più vasta orma stampar. 31-36  Fu gloria autentica? Ai posteri il difficile giudizio ( ardua sentenza ): noi pieghiamo il capo ( nui chiniam la fronte ) dinanzi a Dio ( Massimo fattor ) che ha voluto imprimere ( stampar ) in quell’uomo un segno così grande del suo potere ( più vasta orma ). TRECCANI ▶ Le parole valgono  Nel diritto processuale, la   è l’atto giurisdizionale con il quale il giudice, sulla base di alcuni fatti accertati e con riferimento alle norme applicabili ai fatti medesimi, conclude una causa civile, penale o amministrativa. Ma originariamente il vocabolo (dal latino  , derivato di  , “ritenere”, “giudicare”) indicava più genericamente un giudizio o un’opinione in merito a qualche cosa.   In base a quest’ultimo significato del termine, che cosa vuol dire l’espressione – di uso anche colloquiale, pronunciata magari in senso ironico – «mutare  »? sentenza sentenza sententia sentire ▶ sentenza   : arcaismo (“noi”), dovuto a esigenze di rima. Anche qui, come negli Inni sacri, Manzoni ricorre al plurale. 32 nui La procellosa e trepida gioia d’un gran disegno, l’ansia d’un cor che indocile     serve, pensando al regno, 40 e il giunge, e tiene un premio ch’era follia sperar; 37-42  La gioia tempestosa ( procellosa ) e trepidante di un grande progetto, l’ansia di un cuore che, sia pure controvoglia ( indocile ), deve obbedire ( serve ), pensando alla conquista del potere, e lo raggiunge, e anzi ottiene un premio che sarebbe stato folle sperare;   : Manzoni si riferisce al periodo in cui Napoleone serviva nelle armate della Repubblica francese, prima del colpo di Stato del 18 brumaio (novembre 1799). 39-40 cor… regno tutto ei provò: la gloria maggior dopo il periglio,     la fuga e la vittoria, 45 la reggia e il tristo esiglio; due volte nella polvere, due volte in sull’altar. 43-48  egli provò tutto: provò la gloria, aumentata dai pericoli corsi ( maggior dopo il periglio ), la fuga e la vittoria, il potere e l’amarezza dell’esilio; due volte nella polvere, due volte sul trono.   : due volte sul trono, prima della sconfitta a Lipsia (1813) e durante i Cento giorni (1815). 48 due volte in sull’altar Ei si nomò: due secoli,     l’un contro l’altro armato, 50 sommessi a lui si volsero, come aspettando il fato; ei fe’ silenzio, ed arbitro s’assise in mezzo a lor. 49-54  Egli pronunciò il proprio nome: due secoli, in guerra tra loro, a lui si volsero sottomessi ( sommessi ), come aspettando la decisione sul proprio destino ( fato ); egli impose il silenzio, e si sedette tra loro in posizione di giudice.    è come se Napoleone, presentandosi sulla scena del mondo, pronunciasse il proprio nome per affermare sé stesso e i propri progetti. 49 Ei si nomò:    il Settecento e l’Ottocento, che rispettivamente con la Rivoluzione francese e la successiva Restaurazione furono portatori di visioni del mondo differenti e opposte. 49-50 due secoli… armato:     E sparve, e i dì nell’ozio 55 chiuse in sì breve sponda, segno d’immensa invidia, e di pietà profonda, d’inestinguibil odio     e d’indomato amor. 60 L’amarezza dell’esilio e la consolazione della fede 55-60  E scomparve, e terminò i suoi giorni nell’ozio di un’isola così piccola ( sì breve sponda ), oggetto di enorme invidia e di profonda pietà, di odio inestinguibile e di amore indomito.    alla solennità che caratterizza l’apertura della strofa precedente si contrappone la dolorosa mestizia di un verbo che traduce efficacemente la riflessione manzoniana sulla caducità delle vicende umane. 55 E sparve:    cioè a Sant’Elena, nell’Oceano Atlantico meridionale. 56 in sì breve sponda: Come sul capo al naufrago l’onda s’avvolve e pesa; l’onda su cui del misero, alta pur dianzi e tesa     scorrea la vista a scernere 65 prode remote invan; 61-66  Come l’onda turbina ( s’avvolve ) e grava ( pesa ) sul capo del naufrago, quell’onda sulla quale sino a poco prima ( pur dianzi ) lo sguardo del misero scorreva, invano proteso a riconoscere lontani approdi ( scernere prode remote ); tal su quell’alma il cumulo delle memorie scese: oh quante volte ai posteri     narrar se stesso imprese, 70 e sull’eterne pagine cadde la stanca man! 67-72  così il peso dei ricordi scese su quell’anima: oh quante volte cominciò ( imprese ) a raccontare le proprie imprese ( sé stesso ) ai posteri, e sulle pagine interminabili la mano stanca cadde!   : in esilio Napoleone fu tentato più volte di scrivere un’autobiografia, ma vi rinunciò nello scoprire l’inadeguatezza delle proprie forze. Con   Manzoni riprende un’espressione dell’  ( , VI, 33). 69-72 oh quante volte… stanca man! cadde la stanca man Eneide cecidere manus Oh quante volte, al tacito morir d’un giorno inerte,     chinati i rai fulminei, 75 le braccia al sen conserte, stette, e dei dì che furono l’assalse il sovvenir! 73-78  Oh quante volte, al silenzioso tramonto  (tacito morir ) di un giorno ozioso, abbassato lo sguardo ( rai ) fulmineo, rimase immobile ( stette ), con le braccia conserte, e lo assalì il ricordo dei giorni andati!    l’anafora (come al v. 69) introduce il tema della vanità del ricordo. 73 Oh quante volte:    letteralmente, “raggi”, cioè gli occhi. 75 rai: E ripensò le mobili     tende, e i percossi valli, 80 e il lampo dei manipoli, e l’onda dei cavalli, e il concitato imperio, e il celere obbedir. 79-84  E ripensò allo spostarsi degli accampamenti ( mobili tende ), alle fortificazioni colpite ( percossi valli ), alle incursioni dei drappelli ( lampo dei manipoli ), all’incalzare ( onda ) della cavalleria, ai suoi ordini ( imperio ) concitati subito eseguiti ( celere obbedir ).     Ah! forse a tanto strazio 85 cadde lo spirto anelo, e disperò; ma valida venne una man dal cielo, e in più spirabil aere     pietosa il trasportò; 90 85-90  Ahi! forse l’animo spossato ( spirto anelo ) crollò per lo strazio di questi ricordi, e si abbandonò alla disperazione; ma venne dal cielo una mano forte ( valida ), che pietosa lo trasportò in un’aria più serena ( in più spirabil aere ); e l’avviò sui floridi sentier della speranza, ai campi eterni, al premio che i desideri avanza,     ove è silenzio e tenebre 95 la gloria che passò. 91-96  e lo guidò ( avviò ) sui felici sentieri della speranza verso il cielo ( campi eterni ), verso il premio che è superiore ( avanza ) a qualunque desiderio, là dove la gloria terrena diventa silenzio e tenebre.    reminiscenza classica dei Campi Elisi. 93 campi eterni:    nella dimensione dell’eterno non giunge immagine né rumore della gloria terrena. 95-96 ove… passò: Bella Immortal! benefica Fede ai trionfi avvezza! Scrivi ancor questo, allegrati; che più superba altezza 100 al disonor del Golgota giammai non si chinò. 97-102  O Fede benefica, bella e immortale, abituata ai trionfi! Aggiungi anche ( ancor ) questo, e gioisci; perché mai potenza più superba si è inchinata alla croce di Cristo ( al disonor del Golgota ).   : alla santa umiliazione della Croce.   è il Calvario, monte di Gerusalemme, dove Cristo subì il supplizio. 101 al disonor del Golgota Golgota Tu dalle stanche ceneri sperdi ogni ria parola: il Dio che atterra e suscita, 105 che affanna e che consola, sulla deserta coltrice accanto a lui posò. 103-108  Tu allontana ( sperdi ) dagli stanchi resti di Napoleone ogni parola malvagia ( ria ): il Dio che può abbattere e rialzare, far patire e consolare, si è posto accanto a lui, sul solitario letto di morte ( deserta coltrice ).  >> pagina 303  ANALISI ATTIVA I contenuti tematici è divisibile in tre parti. La prima inscena lo sbigottimento che coglie il mondo alla notizia della morte di Napoleone; commosso, il poeta decide di rompere il rigoroso riserbo al quale sino ad allora si era attenuto (vv. 1-24). A differenza degli altri grandi letterati del suo tempo (come Vincenzo Monti, Carlo Porta, Ugo Foscolo), Manzoni non aveva mai celebrato le imprese dell’imperatore quando questi era in vita. Né intende farlo ora: se nella seconda parte ne ripercorre la sfolgorante carriera, i trionfi e le disfatte (vv. 25-54), maggiore spazio è riservato nella terza ai giorni amari dell’esilio sull’isola di Sant’Elena, sigillati dal decisivo intervento della Grazia, in punto di morte (vv. 55-108). Siamo dinanzi a una «provvida sventura» simile a quella di Ermengarda chiusa in convento, o del conte di Carmagnola imprigionato. Anche Napoleone si trova a vivere un’esperienza di reclusione, che scatena l’onda insostenibile dei ricordi. La fede, infine, gli consente di affrontare la morte placato, trasformando le sue vicende terrene nella più istruttiva delle parabole. Il cinque maggio La struttura dell’ode   Videolezione – Il cinque maggio Che cosa si augura l’autore per il proprio   (v. 23)? 1.  cantico La seconda parte dell’ode, quella dedicata alla vicenda di Napoleone, può essere ulteriormente suddivisa: come? 2.  Operando con vigorosa determinazione nel mondo, senza evitare il ricorso a ingiustizie e violenze, da oscuro ufficiale nato in una provincia remota, la Corsica, Napoleone diventa imperatore dei francesi. Signore degli eserciti, giudice dei secoli l’un contro l’altro armato (v. 50), uom fatale (v. 8) che da solo si dà il nome, sollevandosi al di sopra della massa anonima degli uomini, raggiunge un premio  ch’era follia sperar  (v. 42) e pretende di decidere l’avvenire del mondo. Più che ricordare Ulisse o Alessandro Magno, egli incarna dunque il prototipo dell’uomo moderno, l’eroe romantico che cerca di costruirsi da solo il destino. In questa prospettiva non stupisce come la pietà e l’ammirazione di Manzoni nascano non al cospetto dei trionfi, ma nel momento esatto in cui Napoleone mette da parte la superbia con cui aveva cercato di sostituirsi a Dio e si trova a riconoscerne la suprema grandezza. Napoleone: il prototipo dell’uomo moderno  >> pagina 304  Ricostruisci le tappe principali della vicenda di Napoleone menzionate nel testo, eventualmente aiutandoti con una mappa. 3.  Una delle caratteristiche di Napoleone è la rapidità: individua nel testo tutti i termini e le espressioni che vi si riferiscono. 4.  Ancora una volta Manzoni riconosce nella sconfitta l’opportunità di dimostrare un eroismo ben diverso dal modello titanico di stampo romantico, nonché l’unico mezzo per l’individuo di giungere alla salvezza eterna. L’esistenza di Napoleone, che finisce i suoi giorni relegato su uno scoglio in mezzo all’Atlantico dopo avere imperversato dall’alpe alle piramidi, / dal Manzanarre al Reno (vv. 25-26), è ai suoi occhi un’altissima dimostrazione della divina onnipotenza. I posteri pronunceranno (v. 32) sulla gloria terrena dell’imperatore, ma questa conta infinitamente meno del giudizio di Dio, a cui spetta l’unica vera gloria: le imprese umane, anche le più ardite, viste dalla prospettiva dell’eternità si riducono a polvere. Animato da questa convinzione, Manzoni conclude con una vibrante apostrofe alla Fede, che avvicina l’ode a un inno sacro, composto, questa volta, non in occasione di una festa liturgica, ma per interpretare a maggior lode di Dio la morte di un grande protagonista della Storia. l’ardua sentenza Il cinque maggio La vera gloria Nella terza parte dell’ode, alla rapidità dell’azione si sostituisce la staticità: perché? Individua termini ed espressioni a essa riferiti. 5.  6.  Attraverso quali passaggi viene descritta la crisi umana e spirituale di Napoleone? Le scelte stilistiche L’ode è caratterizzata da uno stile solenne sin dall’attacco, divenuto proverbiale, che riduce a due monosillabi la più straordinaria delle vite: (v. 1). Anche in seguito l’insistenza sul passato remoto contribuisce a fissare in una dimensione di compiutezza la rievocazione delle imprese di Napoleone, il cui nome non viene mai pronunciato. Ei fu A innalzare il discorso contribuiscono l’uso pregnante degli aggettivi, che spesso ricorrono prima del verbo, in posizione rilevata ( , vv. 87-88; , v. 90), i latinismi ( ecc.) e il fitto tessuto di figure retoriche, tra le quali è opportuno segnalare almeno le due estese similitudini (vv. 1-8; vv. 61-68), le anastrofi, gli iperbati, la metafora tesa a sottolineare la rapidità d’azione di Bonaparte ( , vv. 27-28). valida / venne pietosa il trasportò nunzio, solio, securo, coltrice di quel securo il fulmine / tenea dietro al baleno Allo scopo di sottolineare il vorticoso turbine degli accadimenti è frequente il ricorso all’antitesi (per esempio , vv. 47-48; , vv. 59-60). Per contrasto, ai due estremi dell’ode Manzoni delinea una situazione di stasi, evocando la salma immobile del condottiero, alla quale nella conclusione si accosta Dio. due volte nella polvere, / due volte in sull’altar d’inestinguibil odio / e d’indomato amor Una forma tradizionale Individua nel testo almeno altri tre esempi di antitesi. 7.  In quali punti del testo, e perché, viene usato il presente? 8.  9.   Scrivere per   ESPORRE   Altri due grandi artisti e intellettuali sono rimasti affascinati dalla figura di Napoleone, il musicista Ludwig van Beethoven e il filosofo Georg Wilhelm Friedrich Hegel. Svolgi una ricerca sul rapporto tra Napoleone e queste due personalità e illustra i risultati in un testo espositivo di circa 40 righe.