T7 Nella tempesta , cap. 10 I Malavoglia Dopo il naufragio in cui sono morti Bastianazzo e Menico, la  Provvidenza  è stata ripescata e riparata. Disperso il carico dei lupini, per renderne il valore a zio Crocifisso che li aveva ceduti a credito, i Malavoglia sono costretti a ipotecare la casa del nespolo, che in seguito lo stesso zio Crocifisso rileva, costringendo la famiglia a cercare un altro alloggio. Tuttavia essi non si danno per vinti e con la barca rimessa a nuovo cercano di realizzare maggiori guadagni per poter riacquistare la vecchia abitazione. Ma il mare rappresenta sempre un grande pericolo, capace di determinare da un momento all’altro un completo rovescio delle sorti. Una sera padron ’Ntoni e due nipoti, il giovane ’Ntoni e Alessi, mentre stanno tornando a casa dopo una giornata di pesca, vengono sorpresi da una tempesta. Tre uomini nel mare in burrasca Ma a quel giuoco da disperati si arrischiava la vita per qualche rotolo di pesce, e 1 una volta i Malavoglia furono a un pelo di rimettercela tutti la pelle, per amor del guadagno, come Bastianazzo, mentre erano all’altezza dell’Agnone, verso sera, e il cielo era tanto fosco che non si vedeva più neppur l’Etna, e il vento soffiava a       ondate che pareva avesse la parola. 5 «Brutto tempo!», diceva padron ’Ntoni. «Il vento oggi gira peggio della testa di una fraschetta, e il mare ha la faccia come quella di Piedipapera quando vuol 2 3 farvi qualche brutto tiro». Il mare era del color della , sebbene il sole non fosse ancora tramontato, sciara 4     e di tratto in tratto bolliva tutt’intorno come una pentola. 10 «Adesso i gabbiani devono essere tutti a dormire», osservò Alessi. «A quest’ora avrebbero dovuto accendere il faro di Catania», disse ’Ntoni, «ma non si vede niente». «Tieni sempre la sbarra a greco, Alessi», ordinò il nonno, «fra mezz’ora non ci 5     si vedrà più, peggio di essere in un forno». 15 «Con questa brutta sera e’ sarebbe meglio trovarsi all’osteria della Santuzza». 6 «O coricato nel tuo letto a dormire, non è vero?», rispose il nonno; «allora dovevi fare il segretario, come don Silvestro». 7 Il povero vecchio aveva abbaiato tutto il giorno pei suoi dolori. «È il tempo 8     che muta!», diceva lui; «lo sento nelle ossa io». 20 Tutt’a un tratto si era fatto oscuro che non ci si vedeva più neanche a bestemmiare. 9 Soltanto le onde, quando passavano vicino alla , luccicavano Provvidenza come avessero gli occhi e volessero mangiarsela; e nessuno osava dire più una parola, in mezzo al mare che muggiva fin dove c’era acqua. antica unità di peso, in uso in Sicilia prima dell’adozione del sistema decimale, che corrispondeva a circa 800 grammi. Per così poco i Malavoglia vanno a pescare anche con il cattivo tempo: un , cioè da povera gente obbligata dal bisogno. 1 rotolo: giuoco da disperati così si definisce, popolarmente, una ragazza leggera e volubile, che si comporta come il vento, il quale cambia continuamente direzione. 2 fraschetta: è un losco mediatore senza scrupoli, che cerca soltanto di mettere d’accordo le due controparti in ogni discussione di affari per accaparrarsi la percentuale. È lui che ha proposto ai Malavoglia l’affare dei lupini, ingannando padron ’Ntoni, poiché la merce di zio Crocifisso era avariata. 3 Piedipapera: nero. La è la roccia lavica. 4 del color della sciara : sciara la o, meglio, la barra è un’asta di legno o di ferro fissata sul timone per farlo girare nella direzione voluta; il è un vento che soffia in direzione nordest. 5 Tieni sempre la sbarra a greco: sbarra greco sarebbe; (ei) è forma arcaica del pronome personale maschile di terza persona singolare “egli”, ma qui, secondo l’uso toscano, è pleonastico. 6 e’ sarebbe: e’ don Silvestro è il segretario comunale. Solo i “borghesi” – vuol dire padron ’Ntoni – possono permettersi una vita agiata, non i Malavoglia, destinati al duro lavoro. Chi è nato pescatore dev’essere disposto ad andar per mare, a qualunque ora e con qualunque tempo: questa è la morale del vecchio capofamiglia. 7 il segretario, come don Silvestro: si era lamentato. 8 aveva abbaiato: neanche a invocare il diavolo (in cambio di migliori condizioni meteorologiche). 9 neanche a bestemmiare:     «Ho in testa», disse a un tratto ’Ntoni, «che stasera dovremo dare al diavolo la 25 pesca che abbiamo fatta». 10 «Taci!», gli disse il nonno, e la sua voce li fece diventare tutti piccini piccini 11 sul banco dov’erano. 12 Si udiva il vento sibilare nella vela della e la fune che suonava Provvidenza     come una corda di chitarra. All’improvviso il vento si mise a fischiare al pari della 30 macchina della ferrovia, quando esce dal buco del monte, sopra Trezza, e arrivò un’ondata che non si era vista da dove fosse venuta, la quale fece scricchiolare la Provvidenza come un sacco di noci, e la buttò in aria. «Giù la vela! giù la vela!», gridò padron ’Ntoni. «Taglia! taglia subito!». 13     ’Ntoni, col coltello fra i denti, s’era abbrancato come un gatto all’antenna, e 35 14 ritto sulla sponda per far contrappeso, si lasciò spenzolare sul mare che gli urlava sotto e se lo voleva mangiare. «Tienti forte! tienti forte!», gli gridava il nonno in quel fracasso delle onde che lo volevano strappare di là, e buttavano in aria la e ogni cosa e facevano Provvidenza     piegare la barca tutta di un lato, che dentro ci avevano l’acqua sino ai ginocchi. 40 «Taglia! taglia!», ripeteva il nonno. «Sacramento!», esclamò ’Ntoni. «Se taglio, come faremo poi quando avremo 15 bisogno della vela?». 16 «Non dire sacramento! che ora siamo nelle mani di Dio!».     Alessi s’era aggrappato al timone, e all’udire quelle parole del nonno cominciò 45 a strillare: «Mamma! mamma mia!». «Taci!», gli gridò il fratello col coltello fra i denti. «Taci o ti assesto una pedata!». «Fatti la croce, e taci!», ripeté il nonno. Sicché il ragazzo non osò fiatare più. Ad un tratto la vela cadde tutta di un pezzo, tanto era tesa, e ’Ntoni la raccolse     in un lampo e l’ammainò stretta. 50 «Il mestiere lo sai come tuo padre», gli disse il nonno, «e sei Malavoglia anche tu». La barca si raddrizzò e fece prima un gran salto; poi seguitò a far capriole sulle onde. «Da’ qua il timone; ora ci vuole la mano ferma!», disse padron ’Ntoni; e malgrado     che il ragazzo ci si fosse aggrappato come un gatto anche lui, arrivavano 55 certe ondate che facevano sbattere il petto contro la manovella a tutte due. 17 «Il remo!», gridò ’Ntoni, «forza nel tuo remo, Alessi! che a mangiare sei buono anche tu. Adesso i remi valgono meglio del timone». La barca scricchiolava sotto lo sforzo    di quel paio di braccia. E Alessi ▶ poderoso     ritto contro la pedagna, ci dava l’anima sui remi come poteva, anche lui. 60 18 TRECCANI ▶ Le parole valgono Lo è un uomo dotato di grande forza fisica o anche una cosa, quando è potente (per esempio, una voce, le raffiche di vento o un esercito) o violenta (un calcio, un pugno). Ma è un aggettivo che riserviamo anche ad altri ambiti, non strettamente legati alla dimensione fisica: una mente, un ingegno e perfino uno scrittore o pensatore che ci travolge con la carica formidabile delle sue idee. poderoso poderoso poderoso poderoso ▶ Poderoso non va confuso con un aggettivo simile ma dal significato diverso, ponderoso . Spiegane il significato e forma con esso una frase di senso compiuto. gettare il pesce pescato in mare per alleggerire l’imbarcazione. 10 dare al diavolo la pesca: la voce del nonno ha un tono così preoccupato che i nipoti ammutoliscono. 11 li fece diventare… piccini: i banchi di un’imbarcazione sono le tavole trasversali dove siedono i rematori. 12 banco: taglia la corda per far cadere la vela. 13 Taglia!: è l’asta, trasversale rispetto all’albero maestro, alla quale si assicura la vela. 14 antenna: l’esclamazione ha il senso di una bestemmia, infatti subito dopo il nonno rimprovera il nipote per quell’espressione irriverente. 15 Sacramento!: padron ’Ntoni ha ordinato al nipote di “tagliare” per evitare che la barca si rovesci spinta dal vento che preme sulla vela, ma il giovane non vuole sacrificarla, perché potrebbe in seguito servire per tornare a riva. 16 Se taglio… della vela: la barra che consente di manovrare il timone. 17 manovella: la pedana su cui si puntano i piedi per far forza sui remi. 18 pedagna: «Tienti fermo!», gli gridò il nonno che appena si sentiva da un capo all’altro della barca, nel fischiare del vento. «Tienti fermo, Alessi!». «Sì, nonno, sì!», rispose il ragazzo. «Che hai paura?», gli disse ’Ntoni.     «No», rispose il nonno per lui. «Soltanto raccomandiamoci a Dio». 65 «Santo diavolone!», esclamò ’Ntoni col petto ansante, «qui ci vorrebbero le braccia di ferro come la macchina del vapore. Il mare ci vince». Il nonno si tacque e stettero ad ascoltare la burrasca. «La mamma adesso dev’essere sulla riva a vedere se torniamo», disse poi Alessi.     «Ora lascia stare la mamma», aggiunse il nonno, «è meglio non ci pensare». 70 «Adesso dove siamo?», domandò ’Ntoni dopo un altro bel pezzo, col fiato ai denti dalla stanchezza. «Nelle mani di Dio», rispose il nonno. «Allora lasciatemi piangere!», esclamò Alessi che non ne poteva più. E si mise     a strillare e a chiamare la mamma ad alta voce, in mezzo al rumore del vento e del 75 mare; né alcuno osò sgridarlo più. «Hai un bel cantare, ma nessuno ti sente, ed è meglio starti cheto», gli disse infine il fratello con la voce mutata che non si conosceva più nemmen lui. «Sta zitto, che adesso non è bene far così, né per te né per gli altri». 19 20     «La vela!», ordinò padron ’Ntoni; «il timone al vento verso greco, e poi alla 80 21 volontà di Dio». Il vento contrastava forte la manovra, ma in cinque minuti la vela fu spiegata, e la cominciò a balzare sulla cima delle onde, piegata da un lato come Provvidenza un uccello ferito. I Malavoglia si tenevano tutti da un lato, afferrati alla sponda; 22     in quel momento nessuno fiatava, perché quando il mare parla in quel modo non 85 si ha coraggio di aprir bocca. Padron ’Ntoni disse soltanto: «A quest’ora laggiù dicono il rosario per noi». E non aggiunsero altro, correndo col vento e colle onde, nella notte che era venuta tutt’a un tratto nera come la pece.     «Il fanale del molo», gridò ’Ntoni, «lo vedete?». 90 «A dritta!», gridò padron ’Ntoni, «a dritta! Non è il fanale del molo. Andiamo sugli scogli. Serra! serra!». 23 «Non posso serrare!», rispose ’Ntoni colla voce soffocata dalla tempesta e dallo sforzo, «la scotta è bagnata. Il coltello, Alessi, il coltello». 24     «Taglia, taglia, presto». 95 In questo momento s’udì uno schianto: la , che prima si era curvata Provvidenza su di un fianco, si rilevò come una molla, e per poco non sbalzò tutti in mare; l’antenna insieme alla vela cadde sulla barca, rotta come un filo di paglia. Allora 25 si udì una voce che gridava: Ahi! come di uno che stesse per morire.   «Chi è? chi è che grida?», domandava ’Ntoni, aiutandosi coi denti e col coltello a 100 tagliare le rilinghe della vela, la quale era caduta coll’antenna sulla barca e copriva 26 ogni cosa. Ad un tratto un colpo di vento la strappò netta e se la portò via sibilando. imperativo (nell’uso grafico odierno va aggiunto l’apostrofo: Sta’). 19 Sta zitto: se Alessi si lascia vincere dalla paura, il pericolo può aumentare per tutti. 20 né per te né per gli altri: dunque ha fatto bene il giovane ’Ntoni a non sacrificarla, contravvenendo alle indicazioni del nonno, poiché ora essa diventa utile per avvicinarsi alla terraferma. 21 La vela!: per controbilanciare l’inclinazione della barca. 22 si tenevano tutti da un lato: serrare significa, nel lessico marinaresco, “ammainare (cioè arrotolare) le vele”. 23 Serra! serra!: è la fune principale della vela, che in questo caso, essendo bagnata, non scorre più. 24 scotta: si riferisce all’antenna. 25 rotta: sono le funi cucite lungo l’orlo della vela. 26 rilinghe: Allora i due fratelli poterono sbrogliare del tutto il troncone dell’antenna e buttarlo 27 in mare. La barca si raddrizzò, ma padron ’Ntoni non si raddrizzò, lui, e non rispondeva   più a ’Ntoni che lo chiamava. Ora, quando il mare e il vento gridano insieme, 105 non c’è cosa che faccia più paura del non udirsi rispondere alla voce che chiama. «Nonno, nonno!», gridava anche Alessi, e al non udir più nulla, i capelli si rizzarono in capo, come fossero vivi, ai due fratelli. La notte era così nera che non si vedeva da un capo all’altro della , tanto che Alessi non piangeva più dal terrore. Il Provvidenza 28   nonno era disteso in fondo alla barca, colla testa rotta. ’Ntoni finalmente lo trovò 110 tastoni e gli parve che fosse morto, perché non fiatava e non si muoveva affatto. La stanga del timone urtava di qua e di là, mentre la barca saltava in aria e si inabissava. 29 «Ah! san Francesco di Paola! Ah! san Francesco benedetto!», strillavano i due 30 ragazzi, ora che non sapevano più che fare.   San Francesco misericordioso li udì, mentre andava per la burrasca in soccorso 115 dei suoi devoti, e stese il suo mantello sotto la , giusto quando stava per Provvidenza spaccarsi come un guscio di noce sullo , sotto la guardiola della scoglio dei colombi 31 dogana. La barca saltò come un puledro sullo scoglio, e venne a cadere in secco, col naso in giù. «Coraggio, coraggio!», gridavano loro le guardie dalla riva, e correvano 32   qua e là colle lanterne a gettare delle corde. «Siam qui noi! fatevi animo!». 120 Finalmente una delle corde venne a cadere a traverso della , la quale Provvidenza tremava come una foglia, e batté giusto sulla faccia a ’Ntoni peggio di un colpo di frusta, ma in quel momento gli parve meglio di una carezza. «A me! a me!», gridò afferrando la fune che scorreva rapidamente e gli voleva   scivolare dalle mani. Alessi vi si aggrappò anche lui con tutte le sue forze, e così riescirono 125 ad avvolgerla due o tre volte alla sbarra del timone, e le guardie doganali li tirarono a riva. Padron ’Ntoni però non dava più segno di vita, e allorché accostarono la lanterna si vide che aveva la faccia sporca di sangue, sicché tutti lo credettero morto,   e i nipoti si strappavano i capelli. Ma dopo un paio d’ore arrivò correndo don 130 Michele, Rocco Spatu, Vanni Pizzuto, e tutti gli sfaccendati che erano all’osteria quando giunse la notizia, e coll’acqua fresca e le fregagioni gli fecero riaprir gli 33 occhi. Il povero vecchio, come seppe dove si trovava, che ci voleva meno di un’ora per arrivare a Trezza, disse che lo portassero a casa su di una scala. 34   Maruzza, Mena, e le vicine, che strillavano sulla piazza e si battevano il petto, lo 135 videro arrivare in tal modo, disteso sulla scala, e colla faccia bianca, come un morto. ciò che rimane dell’antenna spezzata. 27 il troncone dell’antenna: a causa del terrore, che gli impedisce persino di piangere. 28 dal terrore: la barra del timone, non più governato. 29 La stanga del timone: è il protettore dei marinai; la sua effigie era dipinta sulla poppa della . 30 san Francesco di Paola: Provvidenza è la garitta della guardia doganale che sorgeva sullo , vicino ad Aci Trezza, dalla parte di Catania. 31 guardiola: scoglio dei colombi battendo di punta, con la prua. 32 col naso in giù: frizioni, massaggi. 33 fregagioni: una scala a pioli, utilizzata come barella. 34 su di una scala: Ex voto “La tempesta”, 1895. Molfetta, Basilica della Madonna dei Martiri.  >> pagina 252 DENTRO IL TESTO I contenuti tematici Nel brano riguardante il naufragio della ( T6, p. 243) la tempesta veniva vista da terra e, più che rappresentata, era osservata nell’attesa trepidante dei paesani e soprattutto dei familiari. Qui invece l’autore la racconta, per così dire, “in diretta”, trasportando il lettore nel cuore dell’evento, sul mare, in mezzo alle onde, sotto la violenza del vento e della pioggia. Verga ci fa assistere allo scatenarsi degli elementi e alla lotta disperata di tre uomini (un vecchio, un giovane e un ragazzo) contro la furia della natura. Provvidenza ▶ La violenza degli elementi È il più giovane, Alessi, a esprimere apertamente il sentimento umanissimo della paura, manifestando il pensiero della casa e della madre: (r. 46). Ripreso duramente dal fratello maggiore ’Ntoni, Alessi si unisce all’impegno di quest’ultimo, moltiplicando i propri sforzi nel remare. Ma il pensiero della madre torna a riaffacciarsi, e il ragazzo, gridando, scoppia in lacrime: (r. 69). Questa frase crea una forte , facendo presagire un esito negativo, poiché il lettore aveva trovato Maruzza in quella situazione (cioè a scrutare ansiosa il mare) già nel terzo capitolo, quando il marito sarebbe morto nel naufragio della . Una successiva frase del nonno – (r. 87) – riafferma, nel momento di massimo pericolo, la forza del vincolo familiare: gli uomini sono in mare a rischio della loro stessa vita e le donne li aspettano e pregano per il loro ritorno. La famiglia, così, appare ancora una volta unita e solidale, seppure disperatamente, contro il destino imprevedibile e cieco che minaccia di disgregarla e di disperderla. Mamma! mamma mia! La mamma adesso dev’essere sulla riva a vedere se torniamo suspense Provvidenza A quest’ora laggiù dicono il rosario per noi Paura e solidarietà Le scelte stilistiche L’evento è narrato dal punto di vista della comunità. Lo si osserva chiaramente dall’interpretazione che viene offerta, apparentemente in modo neutro, del salvataggio della dal naufragio: Provvidenza scoglio dei colombi (rr. 115-118). Nel momento di massimo pericolo, quando tutto sembra perduto, un aiuto soprannaturale interviene a evitare la catastrofe: il magico mantello di san Francesco di Paola si oppone come una formidabile muraglia all’assalto del mare. Un fatto simile, per quanto possa apparire fiabesco, è perfettamente comprensibile nell’ottica della religiosità popolare. Che sia avvenuto un miracolo è la convinzione della gente umile, che non può spiegarsi altrimenti un salvataggio così prodigioso. «L’immagine complessiva che se ne fa il lettore è di quelle che spesso si vedono tuttora nei quadri ex voto che sono fissati sulle pareti dei santuari a ricordo di fatti miracolosi» (Di Salvo). Provvidenza San Francesco misericordioso li udì, mentre andava per la burrasca in soccorso dei suoi devoti, e stese il suo mantello sotto la , giusto quando stava per spaccarsi come un guscio di noce sullo , sotto la guardiola della dogana Il punto di vista popolare VERSO LE COMPETENZE Comprendere 1 Come si comportano i tre personaggi di fronte al pericolo? Evidenzia le differenze nelle loro reazioni. 2 Che cosa significa l’espressione rivolta dal nonno ad Alessi che a mangiare sei buono anche tu (rr. 57-58)? 3 Perché la corda che sbatte in faccia a ’Ntoni alle rr. 122-123 gli pare meglio di una carezza ? 4 Quale personaggio esce da questa disavventura più provato dal punto di vista fisico? Perché? ANALIZZARE Rileggi la seguente frase: sciara, (rr. 9-10). Quale tecnica narrativa tipica dei vi trovi utilizzata? Motiva la tua risposta. 5 Il mare era del color della sebbene il sole non fosse ancora tramontato, e di tratto in tratto bolliva tutt’intorno come una pentola Malavoglia 6 Individua alcune similitudini. All’interno di quale opzione stilistica tipica di questo romanzo si inseriscono?  >> pagina 253 INTERPRETARE Perché il giovane ’Ntoni pronuncia le parole delle rr. 77-79 con ? 7 voce mutata Che cosa ti suggerisce l’uso del verbo “tremare” a proposito della ( , r. 122)? 8 Provvidenza tremava come una foglia sviluppare il lessico  Il giovane ’Ntoni viene rimproverato dal nonno perché, durante la tempesta, ha imprecato ( , r. 42): quali esclamazioni di rabbia, fatica, dolore o sorpresa sono ritenute socialmente accettabili e non sono classificate come turpiloquio? Scrivine almeno cinque. 9 «Sacramento!» T8 L’abbandono di ’Ntoni , cap. 11 I Malavoglia Le pagine del brano che segue sono centrali dal punto di vista degli snodi narrativi del romanzo. ’Ntoni matura il proposito di abbandonare il villaggio per partire in cerca di fortuna. È un proposito a lungo meditato, una decisione rinsaldata dalle disgrazie abbattutesi sulla famiglia: il primo naufragio della  Provvidenza  con la scomparsa di Bastianazzo, la morte in guerra di Luca, l’abbandono forzato della casa del nespolo, il naufragio recente dal quale padron ’Ntoni, Alessi e lo stesso giovane ’Ntoni sono usciti vivi per miracolo. Ora lui è deciso a cambiare vita. Il conflitto tra le generazioni Una volta ’Ntoni Malavoglia, andando girelloni pel paese, aveva visto due giovanotti 1 che s’erano imbarcati qualche anno prima a Riposto, a cercar fortuna, e tornavano 2 da Trieste, o da Alessandria d’Egitto, insomma da lontano, e spendevano e spandevano all’osteria meglio di compare Naso, o di padron Cipolla; si mettevano 3       a cavalcioni sul desco; dicevano delle barzellette alle ragazze, e avevano dei 5 4 fazzoletti di seta in ogni tasca del giubbone; sicché il paese era in rivoluzione per 5 loro. ’Ntoni, quando la sera tornava a casa, non trovava altro che le donne, le quali mutavano la salamoia nei barilotti, e cianciavano in crocchio colle vicine, sedute 6     sui sassi; e intanto ingannavano il tempo a contare storie e indovinelli, buoni 10 7 pei ragazzi, i quali stavano a sentire con tanto d’occhi intontiti dal sonno. Padron ’Ntoni ascoltava anche lui, tenendo d’occhio lo scolare della salamoia, e approvava col capo quelli che contavano le storie più belle, e i ragazzi che mostravano di aver giudizio come i grandi nello spiegare gli indovinelli.     «La storia buona», disse allora ’Ntoni, «è quella dei forestieri che sono arrivati 15 oggi, con dei fazzoletti di seta che non par vero; e i denari non li guardano cogli occhi, quando li tirano fuori dal taschino. Hanno visto mezzo mondo, dice, che 8 9 Trezza ed Aci Castello messe insieme, sono nulla in paragone. Questo l’ho visto anch’io; e laggiù la gente passa il tempo a scialarsi tutto il giorno, invece di 10 11     stare a salare le acciughe; e le donne, vestite di seta e cariche di anelli meglio della 20 Madonna dell’Ognina, vanno in giro per le vie a rubarsi i bei marinari». a spasso. 1 girelloni: grosso centro portuale presso Catania. 2 Riposto: due persone benestanti rispetto alla media della gente del paese. 3 compare Naso… padron Cipolla: bancone. 4 desco: in subbuglio. 5 in rivoluzione: la salamoia è sale pestato e sciolto in acqua che si sparge sul pesce per conservarlo in barile; l’operazione deve essere ripetuta più volte, per cui la salamoia deve essere scolata e cambiata spesso. 6 mutavano… nei barilotti: raccontare. 7 contare: trattano i soldi con noncuranza, come chi ne ha tanti e non se li è guadagnati con fatica e rischio. 8 i denari non li guardano cogli occhi… dal taschino: equivale a un “dicono” ( ha come soggetto sottinteso “la gente”). 9 dice: dice durante il servizio militare ’Ntoni aveva conosciuto le grandi città dell’isola e del continente. 10 l’ho visto anch’io: divertirsi. 11 scialarsi: Le ragazze sgranavano gli occhi, e padron ’Ntoni stava attento anche lui, come quando i ragazzi spiegavano gli indovinelli: «Io», disse Alessi, il quale vuotava adagio adagio i barilotti, e li passava alla Nunziata, «io quando sarò grande, se mi     marito voglio sposar te». 25 «Ancora c’è tempo», rispose Nunziata seria seria. «Devono essere delle città grandi come Catania; che uno il quale non ci sia avvezzo si perde per le strade; e gli manca il fiato a camminare sempre fra le due file di case, senza vedere né mare né campagna». 12     «E’ c’è stato anche il nonno di Cipolla», aggiunse padron ’Ntoni, «ed è in 30 13 quei paesi là che s’è fatto ricco. Ma non è più tornato a Trezza, e mandò solo i denari ai figliuoli». «Poveretto!», disse Maruzza. «Vediamo se mi indovini quest’altro», disse la Nunziata: « Due lucenti, due pungenti,      ». 35 quattro zoccoli e una scopa «Un bue!», rispose tosto Lia. «Questo lo sapevi! ché ci sei arrivata subito», esclamò il fratello. «Vorrei andarci anch’io, come padron Cipolla, a farmi ricco», aggiunse ’Ntoni. «Lascia stare, lascia stare!», gli disse il nonno, contento pei barilotti che vedeva     nel cortile. «Adesso abbiamo le acciughe da salare». Ma la Longa guardò il figliuolo 40 col cuore stretto, e non disse nulla, perché ogni volta che si parlava di partire le venivano davanti agli occhi quelli che non erano tornati più. 14 E poi soggiunse: «Né testa, né coda, ch’è meglio ventura». 15 Le file dei barilotti si allineavano sempre lungo il muro, e padron ’Ntoni,     come ne metteva uno al suo posto, coi sassi di sopra, diceva: «E un altro! Questi 45 16 a Ognissanti son tutti danari». ’Ntoni allora rideva, che pareva padron Fortunato quando gli parlavano della roba degli altri. «Gran denari!», borbottava; e tornava a pensare a quei due forestieri che andavano di qua e di là, e si sdraiavano sulle panche dell’osteria, e facevano     suonare i soldi nelle tasche. Sua madre lo guardava come se gli leggesse nella 50 testa; né la facevano ridere le barzellette che dicevano nel cortile. «Chi deve mangiarsi queste sardelle qui», cominciava la cugina Anna, «deve essere il figlio di un re di corona bello come il sole, il quale camminerà un anno, un mese e un giorno, col suo cavallo bianco; finché arriverà a una fontana incantata     di latte e di miele; dove, scendendo da cavallo per bere, troverà il ditale di mia 55 figlia Mara, che ce l’avranno portato le fate dopo che Mara l’avrà lasciato cascare nella fontana empiendo la brocca; e il figlio del re col bere che farà nel ditale di Mara, si innamorerà di lei; e camminerà ancora un anno, un mese e un giorno, sinché arriverà a Trezza, e il cavallo bianco lo porterà davanti al lavatoio, dove mia     figlia Mara starà sciorinando il bucato; e il figlio del re la sposerà e le metterà in 60 dito l’anello; e poi la farà montare in groppa al cavallo bianco, e se la porterà nel suo regno». viene così descritta l’impressione che prova la gente di paese quando si reca in città. 12 si perde… né campagna: ei (egli), pleonastico. 13 E’: si riferisce al marito e al figlio Luca. 14 quelli… più: la sorte ( ) migliore è non essere né tra i primi ( ) né tra gli ultimi ( ) nella scala sociale. 15 Né testa… ventura: ventura testa coda per chiudere i barili e tenere pressate le acciughe. 16 coi sassi di sopra: Alessi ascoltava a bocca aperta, che pareva vedesse il figlio del re sul suo cavallo bianco, a portarsi in groppa la Mara della cugina Anna. «E dove se la porterà?»,     domandò poi la Lia. 65 «Lontano lontano, nel suo paese di là del mare; d’onde non si torna più». 17 «Come compar Alfio Mosca», disse la Nunziata. «Io non vorrei andarci col figlio del re, se non dovessi tornare più». «La vostra figlia non ha un soldo di dote, perciò il figlio del re non verrà a sposarla»,     rispose ’Ntoni; «e le volteranno le spalle, come succede alla gente, quando 70 non ha più nulla». «Per questo mia figlia sta lavorando qui adesso, dopo essere stata tutto il giorno al lavatoio, per farsi la dote. Non è vero Mara? Almeno se non viene il figlio del re, verrà qualchedun altro. Lo so anch’io che il mondo va così, e non abbiamo     diritto di lagnarcene. Voi, perché non vi siete innamorato di mia figlia, invece d’innamorarvi 75 della Barbara che è gialla come il zafferano? perché la Zuppidda aveva il fatto suo, non è vero? E quando la disgrazia vi ha fatto perdere il fatto vostro, 18 a voi altri, è naturale che la Barbara v’avesse a piantare». «Voi vi accomodate a ogni cosa», rispose ’Ntoni    , «e hanno ragione ▶ imbronciato     di chiamarvi Cuor contento». 80 «E se non fossi Cuor contento, che si cambiano le cose? Quando uno non ha niente, il meglio è di andarsene come fece compare Alfio Mosca». «Quello che dico io!», esclamò ’Ntoni. «Il peggio», disse infine Mena, «è spatriare dal proprio paese, dove fino i sassi 19     vi conoscono, e dev’essere una cosa da rompere il cuore il lasciarseli dietro per la 85 strada. “Beato quell’uccello, che fa il nido al suo paesello”». «Brava Sant’Agata!», conchiuse il nonno. «Questo si chiama parlare con giudizio». «Sì!», brontolò ’Ntoni, «intanto, quando avremo sudato e faticato per farci il     nido ci mancherà il panìco; e quando arriveremo a ricuperar la casa del nespolo, 90 20 dovremo continuare a logorarci la vita dal lunedì al sabato; e saremo sempre da capo!». «O tu, che non vorresti lavorare più? Cosa vorresti fare? l’avvocato?». «Io non voglio fare l’avvocato!», brontolò ’Ntoni, e se ne andò a letto di     cattivo umore. 95 Ma d’allora in poi non pensava ad altro che a quella vita senza pensieri e senza fatica che facevano gli altri; e la sera, per non sentire quelle chiacchiere senza sugo, 21 si metteva sull’uscio colle spalle al muro, a guardare la gente che passava, e digerirsi la sua mala sorte; almeno così si riposava pel giorno dopo, che si tornava da capo a   far la stessa cosa, al pari dell’asino di compare Mosca, il quale come vedeva prendere 100 il basto, gonfiava la schiena, aspettando che lo bardassero! «Carne d’asino!», 22 23 borbottava, «ecco cosa siamo! Carne da lavoro!». E si vedeva chiaro che era stanco di quella vitaccia, e voleva andarsene a far fortuna, come gli altri; tanto che sua madre, poveretta, l’accarezzava sulle spalle, e l’accarezzava pure col tono della voce, e cogli   occhi pieni di lagrime, guardandolo fisso per leggergli dentro e toccargli il cuore. 105 Ma ei diceva di no, che sarebbe stato meglio per lui e per loro; e quando tornava poi sarebbero stati tutti allegri. La povera donna non chiudeva occhio in tutta la notte, e inzuppava di lagrime il guanciale. Infine il nonno se ne accorse, e chiamò il nipote fuori dell’uscio, accanto alla cappelletta, per domandargli cosa avesse. 24 TRECCANI ▶ Le parole valgono Muso lungo, sguardo accigliato, espressione infastidita: ecco gli atteggiamenti di un volto che mostra dispetto o risentimento. Se un amico ci appare così, diciamo che è , come se fosse prigioniero del malumore. imbronciato imbronciato ▶ Broncio viene dal latino tardo brunchus , cioè “muso”: chi è adirato lo mostra in viso, come lasciano intendere, oltre a imbronciato , altri due aggettivi di significato affine. Sai indicare quali? da dove. 17 d’onde: la dote. 18 il fatto suo: andar via. 19 spatriare: il cibo degli uccelli (l’immagine, per indicare il sostentamento materiale, deriva da quella precedente del nido). 20 panìco: senza costrutto (dal punto di vista di ’Ntoni). 21 senza sugo: sella imbottita che si usa per cavalcare gli asini. 22 basto: che gli imponessero il carico da trasportare. 23 che lo bardassero: probabilmente un altarino addossato a un muro esterno dell’abitazione. 24 cappelletta:   «Orsù, che c’è di nuovo? dillo a tuo nonno, dillo!». 110 ’Ntoni si stringeva nelle spalle; ma il vecchio seguitava ad accennare di sì col capo, e sputava, e si grattava il capo cercando le parole. «Sì, sì, qualcosa ce l’hai in testa, ragazzo mio! Qualcosa che non c’era prima. “Chi va coi zoppi, all’anno zoppica”». 25   «C’è che sono un povero diavolo! ecco cosa c’è!». 115 «Be’! che novità! e non lo sapevi? Sei quel che è stato tuo padre, e quel che è stato tuo nonno! “Più ricco è in terra chi meno desidera”. “Meglio contentarsi che lamentarsi”». «Bella consolazione!».   Questa volta il vecchio trovò subito le parole, perché si sentiva il cuore sulle 120 labbra: «Almeno non lo dire davanti a tua madre». 26 «Mia madre… Era meglio che non mi avesse partorito, mia madre». «Sì», accennava padron ’Ntoni, «sì, meglio che non t’avesse partorito, se oggi 27 dovevi parlare in tal modo».   ’Ntoni per un po’ non seppe che dire: «Ebbene!», esclamò poi, «lo faccio per 125 lei, per voi, e per tutti. Voglio farla ricca, mia madre! ecco cosa voglio. Adesso ci arrabattiamo colla casa e colla dote di Mena; poi crescerà Lia, e un po’ che le annate andranno scarse staremo sempre nella miseria. Non voglio più farla questa 28 vita. Voglio cambiare stato, io e tutti voi. Voglio che siamo ricchi, la mamma, 29   voi, Mena, Alessi e tutti». 130 Padron ’Ntoni spalancò tanto d’occhi, e andava ruminando quelle parole, come per poterle mandar giù. «Ricchi!», diceva, «ricchi! e che faremo quando saremo ricchi?». ’Ntoni si grattò il capo, e si mise a cercar anche lui cosa avrebbero fatto. «Faremo   quel che fanno gli altri… Non faremo nulla, non faremo!… Andremo a stare 135 in città, a non far nulla, e a mangiare pasta e carne tutti i giorni». «Va, va a starci tu in città. Per me io voglio morire dove son nato»; e pensando 30 alla casa dove era nato, e che non era più sua si lasciò cadere la testa sul petto. «Tu sei un ragazzo, e non lo sai!… non lo sai!… Vedrai cos’è quando non potrai   più dormire nel tuo letto; e il sole non entrerà più dalla tua finestra!… Lo vedrai! 140 te lo dico io che son vecchio!». Il poveraccio tossiva che pareva soffocasse, col dorso curvo, e dimenava tristamente il capo: «“Ad ogni uccello, suo nido è bello”. Vedi quelle passere? le vedi? Hanno fatto il nido sempre colà, e torneranno a farcelo, e non vogliono andarsene».   «Io non sono una passera. Io non sono una bestia come loro!», rispondeva 145 ’Ntoni. «Io non voglio vivere come un cane alla catena, come l’asino di compare Alfio, o come un mulo da bindolo, sempre a girar la ruota; io non voglio morir 31 di fame in un cantuccio, o finire in bocca ai pescicani». entro un anno. Noi diciamo: “Chi va con lo zoppo impara a zoppicare”. 25 all’anno: le parole gli venivano direttamente dal cuore, spontanee. Avere il cuore sulle labbra significa essere franco, sincero. 26 si sentiva il cuore sulle labbra: faceva di sì con la testa. 27 accennava: solo che le annate (cioè i guadagni di un anno) risultino scarse. 28 un po’ che le annate andranno scarse: condizione di vita. 29 stato: va’ (imperativo). 30 Va: è un’apparecchiatura che, mossa da un asino, un mulo o un cavallo, solleva l’acqua dai pozzi. 31 bindolo: «Ringrazia Dio piuttosto, che t’ha fatto nascer qui; e guardati dall’andare a   morire lontano dai sassi che ti conoscono. “Chi cambia la vecchia per la nuova, 150 peggio trova”. Tu hai paura del lavoro, hai paura della povertà; ed io che non ho più né le tue braccia né la tua salute non ho paura, vedi! “Il buon pilota si prova alle burrasche”. Tu hai paura di dover guadagnare il pane che mangi; ecco cos’hai! Quando la buon’anima di tuo nonno mi lasciò la e cinque bocche 32 Provvidenza   da sfamare, io ero più giovan di te, e non avevo paura; ed ho fatto il mio dovere 155 senza brontolare; e lo faccio ancora; e prego Iddio di aiutarmi a farlo sempre sinché ci avrò gli occhi aperti, come l’ha fatto tuo padre, e tuo fratello Luca, benedetto! che non ha avuto paura di andare a fare il suo dovere. Tua madre l’ha fatto 33 anche lei il suo dovere povera femminuccia, nascosta fra quelle quattro mura; e   tu non sai quante lagrime ha pianto, e quante ne piange ora che vuoi andartene; 160 che la mattina tua sorella trova il lenzuolo tutto fradicio! E nondimeno sta zitta e non dice di queste cose che ti vengono in mente; e ha lavorato e si è aiutata come una povera formica anche lei; non ha fatto altro, tutta la vita, prima che le toccasse di piangere tanto, fin da quando ti dava la poppa, e quando non sapevi ancora 34   abbottonarti le brache, che allora non ti era venuta in mente la tentazione di muovere 165 le gambe, e andartene pel mondo come uno zingaro». In conclusione ’Ntoni si mise a piangere come un bambino, perché in fondo quel ragazzo il cuore ce l’aveva buono come il pane; ma il giorno dopo tornò da capo. La mattina si lasciava caricare svogliatamente degli arnesi, e se ne andava al   mare brontolando: «Tale e quale l’asino di compare Alfio! come fa giorno allungo 170 il collo per vedere se vengono a mettermi il basto». Dopo che avevano buttato le reti, lasciava Alessi a menare il remo adagio adagio per non fare deviare la barca, e si metteva le mani sotto le ascelle, a guardare lontano, dove finiva il mare, e c’erano quelle grosse città dove non si faceva altro che spassarsi e non far nulla; o   pensava a quei due marinai ch’erano tornati di laggiù, ed ora se n’erano già andati 175 da un pezzo; ma gli pareva che non avessero a far altro che andar girelloni pel mondo, da un’osteria all’altra, a spendere i denari che avevano in tasca. La sera, i suoi parenti, dopo aver messo a sesto la barca e gli attrezzi, per non vedergli quel muso lungo, lo lasciavano andare a girandolare come un cagnaccio, senza un soldo   in tasca. 180 [ ] Scoppia un’epidemia di colera, durante la quale muore Maruzza. Finalmente, quando il colèra finì, e dei denari raccolti con tanto stento ne restarono appena la metà, tornò a dire che così non poteva durare a quella vita, di fare 35 e disfare; che era meglio di tentare un colpo solo per levarsi dai guai tutti in una volta, e che là, dove era morta sua madre in mezzo a tutta quella porca miseria,   non voleva più starci. 185 «Non ti rammenti che tua madre ti ha raccomandato la Mena?», gli diceva padron ’Ntoni. in realtà il bisnonno di ’Ntoni. 32 nonno: Luca è morto nella battaglia di Lissa durante il servizio militare ( ). 33 Luca… di andare a fare il suo dovere: il suo dovere ti allattava. 34 ti dava la poppa: il soggetto è ’Ntoni. 35 tornò a dire: «Che aiuto posso darci alla Mena se resto qui? ditelo voi!». Mena lo guardò cogli occhi timidi, ma dove ci si vedeva il cuore, tale e quale   come sua madre, e non osava proferir parola. Ma una volta, stringendosi allo 190 stipite dell’uscio, si fece coraggio per dirgli: «A me non me ne importa dell’aiuto, purché tu non ci lasci soli. Ora che non c’è più la mamma mi sento come un pesce fuori dell’acqua, e non m’importa più di niente. Ma mi dispiace per quell’orfanella 36 che resta senza nessuno al mondo, se tu vai, come la Nunziata quando l’è   partito il padre». 195 «No!», diceva ’Ntoni, «no! Io non posso aiutarti se non ho nulla. Il proverbio dice “aiutati che t’aiuto”. Quando avrò guadagnato dei denari anch’io, allora tornerò, e staremo allegri tutti». La Lia e Alessi spalancavano gli occhi, e lo guardavano sbigottiti; ma il nonno   si lasciava cadere la testa sul petto. «Ora non hai più né padre né madre, e puoi 200 fare quello che ti pare e piace», gli disse alfine. «Finché vivrò a quei ragazzi ci penserò io, quando non ci sarò più, il Signore farà il resto». La Mena, poiché ’Ntoni voleva andarsene a ogni costo, gli metteva in ordine tutta la roba, come avrebbe fatto la mamma, e pensava che laggiù, in paese   forestiero, suo fratello non avrebbe avuto più nessuno che pensasse a lui, come 205 compare Alfio Mosca. E mentre gli cuciva le camicie, e gli rattoppava i panni, la testa correva lontano lontano, a tante cose passate, che il cuore ne era tutto gonfio. «Dalla casa del nespolo non posso passarci più», diceva quando stava a sedere accanto al nonno, «me la sento nella gola, e mi soffoca, dopo tante cose che sono   avvenute dacché l’abbiamo lasciata!». 210 E mentre preparava la roba del fratello, piangeva come se non dovesse vederlo più. Infine, quando ogni cosa fu in ordine, il nonno chiamò il suo ragazzo per fargli l’ultima predica, e dargli gli ultimi consigli per quando sarebbe stato solo, che avrebbe dovuto far capitale soltanto della sua testa, e non avrebbe avuti accanto i 37   suoi di casa per dirgli come doveva fare, o per disperarsi insieme; e gli diede anche 215 un po’ di denaro, caso mai ne avesse bisogno, e il suo tabarro foderato di pelle, 38 che ormai lui era vecchio, e non gli serviva più. I ragazzi, vedendo il fratello maggiore affaccendarsi nei preparativi della partenza, gli andavano dietro pian piano per la casa, e non osavano dirgli più nulla,   come fosse diggià un estraneo. 220 «Così se ne è andato mio padre», disse infine la Nunziata la quale era andata 39 a dirgli addio anche lei, e stava sull’uscio. Nessuno allora parlò più. Le vicine venivano ad una ad una a salutare compare ’Ntoni, e poi stettero ad aspettarlo sulla strada per vederlo partire. Egli indugiava col fagotto sulle spalle,   e le scarpe in mano, come all’ultimo momento gli fossero venuti meno il cuore e 225 le gambe tutt’a un tratto. E guardava di qua e di là per stamparsi la casa e il paese, ogni cosa in mente, e aveva la faccia sconvolta come gli altri. Il nonno prese il suo bastone per accompagnarlo sino alla città, e la Mena in un cantuccio piangeva cheta cheta. «Via!», diceva ’Ntoni, «orsù, via! Vado per tornare alla fin fine! e   sono tornato un’altra volta da soldato». Poi, dopo ch’ebbe baciata Mena e la Lia, 230 e salutate le comari, si mosse per andarsene, e Mena gli corse dietro colle braccia aperte singhiozzando ad alta voce, quasi fuori di sé, e dicendogli: «Ora che dirà la mamma? ora che dirà la mamma?». Come se la mamma avesse potuto vedere e parlare. Ma ripeteva quello che le era rimasto più fitto nella mente, quando ’Ntoni   aveva detto un’altra volta di volere andarsene, e aveva vista la mamma piangere 235 ogni notte, che all’indomani trovava il lenzuolo tutto fradicio, nel rifare il letto. «Addio, ’Ntoni!», gli gridò dietro Alessi facendosi coraggio, come il fratello era già lontano; e allora la Lia cominciò a strillare. «Così se n’è andato mio padre», disse infine la Nunziata, la quale era rimasta sulla porta.   ’Ntoni si voltò prima di scantonare dalla strada del Nero, cogli occhi lagrimosi 240 anche lui, e fece un saluto colla mano. Mena allora chiuse l’uscio, e andò a sedersi in un angolo insieme alla Lia, la quale piangeva a voce alta. «Ora ne manca un altro della casa!», disse lei. «E se fossimo nella casa del nespolo parrebbe vuota come una chiesa».   Come se ne andavano ad uno ad uno tutti quelli che le volevano bene, ella 245 si sentiva davvero un pesce fuori dell’acqua. E la Nunziata, là presente, colle sue piccine in collo, tornava a dire: «Così se ne è andato mio padre». Lia, che comincia a crescere e proprio ora avrebbe bisogno del sostegno del fratello maggiore. 36 quell’orfanella: fare assegnamento soltanto su di sé e sul proprio giudizio. 37 far capitale… della sua testa: ampio mantello. 38 tabarro: anche il padre della Nunziata, una ragazza dell’età di Alessi, era partito in cerca di fortuna, lasciandola sola, senza la madre, con numerosi fratellini da accudire. 39 Così se ne è andato mio padre:  >> pagina 259 DENTRO IL TESTO I contenuti tematici Il “monolitico” orizzonte esistenziale dei Malavoglia è turbato al suo interno dall’irrompere di un diverso punto di vista. L’immobilità degli antichi costumi, professata da padron ’Ntoni, è messa in discussione dall’illusione, tipica delle giovani generazioni e qui incarnata dal nipote ’Ntoni, che fuggire dal presente e dal cerchio chiuso della tradizione significhi emanciparsi dall’arretratezza e spingersi verso il benessere. ’Ntoni è determinato e non lo smuovono dal suo proposito né le parole del nonno né le lacrime della madre, alla quale pure è legato da un tenerissimo affetto. Il giovane ha le idee chiare: egli non intende vivere la stessa vita che hanno vissuto le precedenti generazioni dei Malavoglia. A lui si contrappongono tutti gli altri personaggi: il nonno, la madre, Alessi, Nunziata, le vicine che raccontano vecchie storie e propongono indovinelli per sviare il discorso di ’Ntoni. Anche la sorella Mena tenta la strada della saggezza popolare, inanellando uno dietro l’altro proverbi e massime ( […] , rr. 84-85; , r. 86). Tuttavia l’apologia degli affetti e della sicurezza domestica e l’appello al rispetto del sistema di valori tramandato, formulati da padron ’Ntoni ( , rr. 116-117), cadono nel vuoto: il giovane ha scelto di cambiare, desideroso di rinnegare il passato e di incamminarsi sui sentieri del nuovo. Il peggio è spatriare dal proprio paese, dove fino i sassi vi conoscono Beato quell’uccello, che fa il nido al suo paesello Sei quel che è stato tuo padre, e quel che è stato tuo nonno! Il contrasto tra ’Ntoni e gli altri personaggi ’Ntoni è convinto di aver capito il segreto della vita e della felicità, e si infervora tanto in questo convincimento da rifiutare le vecchie storie e i proverbi, che egli giudica (rr. 10-11). È il rifiuto dell’«ideale dell’ostrica», all’interno di un conflitto generazionale e ideologico che separa progressivamente ’Ntoni dai valori trasmessigli dalla famiglia e dalle stesse «ragioni del cuore», attraverso «un percorso che va dal noto all’ignoto, dall’immobilismo dello «scoglio» al fascino dell’infido mondo «pesce vorace», per affermare una visione romantica e velleitaria della vita» (Guarracino). Quella di ’Ntoni, però, è un’ansia di miglioramento materiale e di ascesa sociale che nel romanzo è sempre destinata alla sconfitta. Nell’ideologia verghiana il vero eroismo è quello di coloro che accettano di vivere, rassegnati, la vita faticosa dei padri. buoni pei ragazzi Il rifiuto dell’«ideale dell’ostrica» Le scelte stilistiche Le immagini scelte dall’autore sono tutte, come sempre, pertinenti all’ambiente sociale raffigurato: per esempio quella positiva del nido, contenuta nel proverbio ricordato da Mena alla r. 86, e ripresa dal vecchio ’Ntoni attraverso un altro proverbio ( , r. 142), che introduce l’idea di una comunità familiare e paesana protettiva e partecipe, come un , appunto, accogliente e sicuro. Invece l’asino, a cui si paragona ’Ntoni ( , r. 100), è emblema (negativo, dal punto di vista del giovane) della rassegnazione alla fatica e alla monotonia del vivere. All’immagine dell’asino si aggiungono, con lo stesso significato, quelle del (r. 146) e del (r. 147). Infine Mena, per esprimere il proprio disagio e la propria disillusione dopo la morte della madre, descrive sé stessa come (rr. 192-193): espressione, questa, usata comunemente ancora oggi per indicare un senso di estraneità al mondo circostante. Ad ogni uccello, suo nido è bello nido al pari dell’asino di compare Mosca cane alla catena mulo da bindolo un pesce fuori dell’acqua Le immagini popolari  >> pagina 260 VERSO LE COMPETENZE Comprendere Che cosa intende ’Ntoni quando afferma di non volere (r. 148)? 1 finire in bocca ai pescicani Riassumi i diversi atteggiamenti dei familiari di fronte all’ipotesi della partenza di ’Ntoni. 2 Qual è lo stato d’animo di ’Ntoni nel lasciare la famiglia? 3 ANALIZZARE Nelle frasi che il nonno rivolge al giovane ’Ntoni alla r. 93 ( ) riconosci: 4 O tu, che non vorresti lavorare più? Cosa vorresti fare? l’avvocato?   a ironia.   b sarcasmo.   c un’antifrasi.   d un ossimoro. INTERPRETARE Trascrivi i proverbi pronunciati da padron ’Ntoni e ricava da essi la sua visione della vita, spiegandola in poche righe. 5 Considera la seguente frase del vecchio ’Ntoni: (rr. 132-133). Quale idea è implicita in essa? 6 E che faremo quando saremo ricchi? Mentre parla al fratello per dissuaderlo dal partire, Mena sente il bisogno di stringersi allo stipite della porta (rr. 190-191). Come possiamo interpretare questo gesto? Che cosa ti suggerisce in merito al carattere della ragazza? 7 A un certo punto il vecchio ’Ntoni pronuncia, rivolto al nipote, queste parole: (rr. 200-201). Come mai a questo punto non prova più a trattenerlo? 8 Ora non hai più né padre né madre, e puoi fare quello che ti pare e piace scrivere per... argomentare  Secondo te chi ha ragione? ’Ntoni o i suoi parenti? Il sogno di una vita diversa del ragazzo ti sembra irragionevole oppure comprensibile? Riesci a immedesimarti nel suo punto di vista? Esponi le tue opinioni in un testo argomentativo di circa 30 righe. 9 Educazione CIVICA – Spunti di realtà OBIETTIVO LAVORO DIGNITOSO E CRESCITA ECONOMICA 8 Secondo alcuni dati dell’Istat risalenti al 2019, oltre 117.000 residenti nel Sud Italia e nelle isole si sono trasferiti nelle regioni dell’Italia centrale e, soprattutto, settentrionale; sono inoltre ben 816.000 gli italiani, perlopiù giovani intorno ai 25 anni, che hanno scelto di emigrare all’estero. Si tratta di numeri e di flussi che fanno riflettere, in buona parte legati alle ma anche spiegabili considerando il diverso atteggiamento che oggi si tende ad avere dinanzi alla prospettiva di “cercare fortuna” e migliori condizioni di vita in un’altra realtà rispetto a quella in cui si è nati e cresciuti. difficoltà del nostro mercato del lavoro • Confronta le ragioni che spingono questi giovani a emigrare con quelle che hanno indotto ’Ntoni ad andarsene di casa e discutine con la classe.