T1 L’eterno fanciullo che è in noi , I; III; X-XI; XIV Il fanciullino Estrapoliamo alcuni passi significativi dal più importante saggio di poetica pascoliano. L’autore esprime qui la propria concezione della poesia, che corrisponde a una sorta di stato infantile permanente, grazie al quale è ancora possibile, anche quando si è adulti, guardare al mondo con ingenuità e meraviglia. La purezza dello sguardo del poeta I. È dentro noi un fanciullino che non solo ha brividi, come credeva Cebes Tebano   1 2 che primo in sé lo scoperse, ma lagrime ancora e tripudi suoi. Quando la nostra  3 4 età è tuttavia tenera, egli confonde la sua voce con la nostra, e dei due fanciulli   5 6 che ruzzano e contendono tra loro, e, insieme sempre, temono sperano godono  7       piangono, si sente un palpito solo, uno strillare e un guaire solo. Ma quindi noi  5 8 9 cresciamo, ed egli resta piccolo; noi accendiamo negli occhi un nuovo desiderare,  ed egli vi tiene fissa la sua antica serena maraviglia; noi ingrossiamo e arrugginiamo   10 11 la voce, ed egli fa sentire tuttavia e sempre il suo tinnulo squillo come di  12 campanello. Il quale tintinnio segreto noi non udiamo distinto nell’età giovanile      forse così come nella più matura, perché in quella occupati a litigare e perorare  10 la causa della nostra vita, meno badiamo a quell’angolo d’anima d’onde esso  13 14 risuona. E anche, egli, l’invisibile fanciullo, si pèrita vicino al giovane più che  15 accanto all’uomo fatto e al vecchio, ché più dissimile a sé vede quello che questi.   16 Il giovane in vero di rado e fuggevolmente si trattiene col fanciullo; ché ne sdegna      la conversazione, come chi si vergogni d’un passato ancor troppo recente. Ma l’uomo  15 riposato ama parlare con lui e udirne il chiacchiericcio e rispondergli a tono  17 e grave; e l’armonia di quelle voci è assai dolce ad ascoltare, come d’un usignuolo  18 che gorgheggi presso un ruscello che mormora. […] a causa del timore della morte. 1 brividi: si tratta di uno degli interlocutori di Socrate nel dialogo di Platone. Nel momento in cui il filosofo sta per bere la cicuta che lo ucciderà, Cebes non riesce a trattenere lo sgomento. E si scusa con il maestro affermando che le lacrime non sono le sue, ma del fanciullo che ha dentro di sé. 2 Cebes Tebano: Fedone anche. 3 ancora: gioie. 4 tripudi: ancora infantile. 5 tuttavia tenera: quello reale e quello interiore. 6 due fanciulli: scherzano. 7 ruzzano: il verbo, associato solitamente al verso emesso dal cane, vuole suggerire il carattere istintivo, quasi animalesco dell’infanzia. 8 guaire: poi. 9 quindi: trattiene negli occhi la bellezza originaria del suo stupore. 10 vi tiene… maraviglia: rendiamo più roca. 11 arrugginiamo: tintinnante. 12 tinnulo: intenti a litigare e sostenere in tutti i modi le ragioni del successo personale. 13 occupati… vita: da dove. 14 d’onde: sta in soggezione. 15 si pèrita: poiché vede il giovane più diverso da lui dell’anziano. 16 ché… questi: libero dagli affanni quotidiani. 17 riposato: serio. 18 grave: III. Ma è veramente in tutti il fanciullo musico? […] In alcuni non pare che egli sia;      alcuni non credono che sia in loro; e forse è apparenza e credenza falsa. Forse gli  20 uomini aspettano da lui chi sa quali mirabili dimostrazioni e operazioni; e perché  non le vedono, o in altri o in sé, giudicano che egli non ci sia. Ma i segni della sua  presenza e gli atti della sua vita sono semplici e umili. Egli è quello, dunque, che  ha paura al buio, perché al buio vede o crede di vedere; quello che alla luce sogna      o sembra sognare, ricordando cose non vedute mai; quello che parla alle bestie, agli  25 alberi, ai sassi, alle nuvole, alle stelle: che popola l’ombra di fantasmi e il cielo di  19 dei. Egli è quello che piange e ride senza perché, di cose che sfuggono ai nostri sensi  e alla nostra ragione. Egli è quello che nella morte degli esseri amati esce a dire  quel particolare    che ci fa sciogliere in lacrime, e ci salva. Egli è quello che  ▶ puerile 20     nella gioia pazza pronunzia, senza pensarci, la parola grave che ci frena. Egli rende  30 tollerabile la felicità e la sventura, temperandole d’amaro e di dolce, e facendone  21 due cose ugualmente soavi al ricordo. Egli fa umano l’amore, perché accarezza  esso come sorella (oh! Il bisbiglio dei due fanciulli tra un bramire di belve), accarezza  e consola la bambina che è nella donna. Egli nell’interno dell’uomo serio  22     sta ad ascoltare, ammirando, le fiabe e le leggende, e in quello dell’uomo pacifico  35 fa echeggiare stridule fanfare di trombette e di pive, e in un cantuccio dell’anima  23 di chi più non crede, vapora d’incenso l’altarino che il bimbo ha ancora conservato  24 da allora. Egli ci fa perdere il tempo, quando noi andiamo per i fatti nostri,  ché ora vuol vedere la cinciallegra che canta, ora vuol cogliere il fiore che odora,      ora vuol toccare la selce che riluce. 40 25 E ciarla intanto, senza chetarsi mai; e, senza lui, non solo non vedremmo tante  cose a cui non badiamo per solito, ma non potremmo nemmeno pensarle e ridirle,  perché egli è l’Adamo che mette il nome a tutto ciò che vede e sente. Egli  26 scopre nelle cose le somiglianze e relazioni più ingegnose. Egli adatta il nome della  27     cosa più grande alla più piccola, e al contrario. E a ciò lo spinge meglio stupore  45 che ignoranza, e curiosità meglio che loquacità: impicciolisce per poter vedere,  28 29 ingrandisce per poter ammirare. Né il suo linguaggio è imperfetto come di chi non  dica la cosa se non a mezzo, ma prodigo anzi, come di chi due pensieri dia per  una parola. E a ogni modo dà un segno, un suono, un colore, a cui riconoscere  30     sempre ciò che vide una volta. […] 50 TRECCANI ▶ Le parole valgono I piccoli hanno molto da insegnare ai grandi, ma quando questi vogliono stigmatizzare un comportamento di un adulto che a loro dire rivela immaturità o superficialità lo definiscono (da , che in latino significa appunto “fanciullo”). Così sono una curiosità quando è un po’ sciocca, l’entusiasmo se troppo ingenuo e incontrollato, un tema svolto da un liceale che però presenta contenuti banali degni di un alunno delle elementari. puerile puerile puer puerili ▶ Da puer derivano, tra le altre, due parole: puericultura e puerpera . Indica il significato dell’una e dell’altra. Pascoli allude al mito di Orfeo, il poeta e musico che ammaliava le persone e la natura. 19 quello che parla… stelle: dalla disperazione. 20 ci salva: mitigando la gioia della felicità e il dolore della sventura. 21 temperandole… dolce: il poeta oppone alla genuina semplicità dell’amore infantile ( ) la natura selvaggia e disturbante dell’amore adulto, identificato nel (ossia nei versi delle bestie feroci). 22 Egli… donna: Il bisbiglio dei due fanciulli bramire di belve cornamuse. 23 pive: cosparge di vapori. 24 vapora: tipo di roccia. 25 selce: come Adamo ha dato nome per la prima volta alle cose che ha visto e percepito, così la poesia, attraverso il linguaggio, scopre il mondo in forme sempre nuove. 26 l’Adamo… sente: impensate, originali. 27 ingegnose: il poe­ta, secondo Pascoli, considera l’ingenuità di chi è capace di stupirsi una risorsa rispetto all’indifferenza di chi non è interessato alle cose (restandone ignorante). 28 meglio stupore che ignoranza: piuttosto. 29 meglio: il suo modo di esprimersi non è limitato come quello di chi descrive le cose a metà, ma al contrario è generoso, come quello di chi esprime due pensieri con una sola parola. 30 Né il suo linguaggio… parola: X. Così il poeta vero, senza farlo apposta e senza addarsene, portando, per dirla con  31 Dante, il lume dietro, anzi no, dentro, dentro la cara anima portando lo splendore  e ardore della lampada che è la poesia; è, come si dice oggi, socialista, o come  si avrebbe a dire, umano. Così la poesia, non ad altro intonata che a poesia, è  32     quella che migliora e rigenera l’umanità, escludendone, non di proposito il male,  55 ma naturalmente l’ . Ora si trova a mano a mano che impoetico è ciò che  impoetico la morale riconosce cattivo e ciò che l’estetica proclama brutto. Ma di ciò che è  cattivo e brutto non giudica, nel nostro caso, il barbato filosofo. È il fanciullo  33 interiore che ne ha schifo. […] avvedersene, accorgersene. 31 addarsene: dovrebbe dire. 32 avrebbe a dire: barbuto. Nell’iconografia del filosofo la barba è che indica saggezza. 33 barbato: un attributo XI.     Il poeta, se è e quando è veramente poeta, cioè tale che significhi solo ciò che il  60 fanciullo detta dentro, riesce perciò ispiratore di buoni e civili costumi, d’amor  patrio e familiare e umano. […] Ma il poeta non deve farlo apposta. Il poeta è poeta, non oratore o predicatore, non filosofo, non istorico, non      maestro, non tribuno o demagogo, non uomo di stato o di corte. E nemmeno è,  65 34 sia con pace del Maestro, un artiere che foggi spada e scudi e vomeri; e nemmeno,  35 con pace di tanti altri, un artista che nielli e ceselli l’oro che altri gli porga. A  36 costituire il poeta vale infinitamente più il suo sentimento e la sua visione, che il  modo col quale agli altri trasmette l’uno e l’altra. Egli, anzi, quando li trasmette,      pur essendo in cospetto d’un pubblico, parla piuttosto tra sé, che a quello. Del  70 pubblico, non pare che si accorga. Parla forte (ma non tanto!) più per udir meglio  esso, che per farsi intendere da altrui. […] Ora il poeta sarà invece un autore di provvidenze civili e sociali? 37 Senza accorgersene, se mai.     Si trova esso tra la folla; e vede passar le bandiere e sonar le trombe. Getta la  75 sua parola, la quale tutti gli altri, appena esso l’ha pronunziata, sentono che è  quella che avrebbero pronunziata loro. Si trova ancora tra la folla: vede buttare in istrada le masserizie di una famiglia  38 povera. Ed esso dice la parola, che si trova subito piena delle lagrime di tutti.     Il poeta è colui che esprime la parola che tutti avevano sulle labbra e che nessuno  80 avrebbe detta. Ma non è lui che sale su una sedia o su un tavolo, ad arringare.  Egli non trascina, ma è trascinato; non persuade, ma è persuaso. […] politico che cerca il consenso popolare con lusinghe e promesse. 34 demagogo: Pascoli si riferisce a Carducci, il quale identifica il poeta nel «grande artiere» che tempra al fuoco della sua arte le glorie civili del popolo («Il poeta è un grande artiere, / che al mestiere / fece i muscoli d’acciaio», , in , vv. 19-21). 35 Maestro… vomeri: Congedo Rime nuove che lavori decorando con la tecnica del niello (riempiendo cioè i solchi di un’incisione con una miscela liquida di rame, argento e piombo). 36 nielli: provvedimenti. 37 provvidenze: suppellettili di una casa modesta. 38 masserizie: XIV. […] La poesia consiste nella visione d’un particolare inavvertito, fuori e dentro di  noi.     Guardate i ragazzi quando si trastullano seri seri. Voi vedete che hanno sempre  85 alle mani cose trovate per terra, nella loro via, che interessano soltanto loro  e che perciò sol essi sembrano vedere: chioccioline, ossiccioli, sassetti. Il poeta  fa il medesimo. Ma come chiamare questi lapilli ideali, questi cervi volanti della  sua anima? Il nome loro non è fatto, o non è divulgato, o non è comune a tutta      la nazione o a tutte le classi del popolo. Pensate ai fiori e agli uccelli, che sono  90 de’ fanciulli la gioia più grande e consueta: che nome hanno? S’ha sempre a dire  uccelli, sì di quelli che fanno e sì di quelli che fanno ? Basta dir fiori  tottavì crocro o fioretti, e aggiungere, magari, vermigli e gialli, e non far distinzione tra un greppo   39 coperto di margherite e un prato gremito di crochi?     Ora se vi provate a dire il nome proprio loro, ecco che il nome di Linneo   95 40 non va, per cento ragioni, e il nome popolare varia, quando c’è, da regione a regione,  anzi da contado a contado. Se il popolo italiano badasse a queste tali cose,  fiori, piante, uccelli, insetti, rettili, che formano per gran parte la poesia della  campagna, il nome che esse hanno in una terra, avrebbe finito per prevalere su quello    dominante in altre. Ma gl’italiani abbarbagliati per lo più dallo sfolgorio dell’elmo  100 di Scipio, non sogliono seguire i tremolii cangianti delle libellule. 41 fianco brullo e ripido di un’altura. 39 greppo: Carlo Linneo (1707-1778), il naturalista svedese che riformò la nomenclatura degli organismi viventi. 40 Linneo: abbagliati dallo scintillio dell’elmo di Scipione l’Africano. Si tratta di un’allusione polemica al gusto antiquato e retorico tipico della letteratura italiana, simboleggiato da un’immagine tratta dal risorgimentale (o ) di Mameli. 41 abbarbagliati per lo più dallo sfolgorio dell’elmo di Scipio: Canto degli italiani Inno  >> pagina 442 DENTRO IL TESTO I contenuti tematici La maggior parte degli uomini, corrotti dall’esperienza e resi inautentici dalle convenzioni sociali, smarrisce la dimensione infantile, che permetteva loro, da bambini, di provare intense emozioni e porsi in un’affascinante e misteriosa relazione nei confronti delle cose e della natura. Recuperare questo atteggiamento spontaneo è un’impresa ardua, poiché guardare al mondo con meraviglia è possibile grazie a un processo che non coinvolge la ragione e la cultura, ma tocca le zone più recondite della nostra coscienza, quei sentimenti nascosti, al di fuori del tempo e della Storia, che ereditiamo al momento stesso della nascita. Un invito agli uomini: recuperare l’infanzia Il poeta ha il privilegio di restare bambino, attingendo alla voce della propria interiorità: egli possiede i sentimenti di un fanciullo, grazie ai quali riesce a tradurre le sue visioni in parole immediate, senza il filtro del pensiero, ma solo attraverso la propria vista primigenia, che gli consente di cogliere lo splendore dell’essere e (r. 44) tra le cose (le di Baudelaire,  p. 370). Nel sottolineare questo aspetto è evidente la negazione pascoliana del Positivismo: la poesia autentica rifiuta la lettura materialistica del reale per offrirne una più spontanea e ingenua. le somiglianze e le relazioni più ingegnose correspondances ▶ Il poeta infatti (rr. 26-27): ha dunque una visione prescientifica e prelogica della realtà, identificandosi in una sorta di uomo primitivo felice e innocente; in questo aspetto è lecito cogliere l’influenza del filosofo Giambattista Vico (1668-1744), secondo il quale l’umanità animalesca e primitiva era per natura felice e incline alla fantasia. Il suo scopo – ma è uno scopo, per così dire, istintivo e non programmatico – è pertanto quello di rendere le cose nella loro essenza più segreta, strappandole alla finzione e all’abitudine, e così recuperarne la freschezza e il sapore originario. popola l’ombra di fantasmi e il cielo di dei Il fanciullo primitivo In tal modo, scoprendo i particolari reconditi della realtà, il poeta può comunicare agli uomini questa capacità che essi hanno perduto, ridestando in loro il «fanciullino» sommerso dalla civiltà. Attenzione, però: egli non deve proporsi contenuti morali, civili, ideo­logici o religiosi, che spettano non a lui, ma agli oratori, ai filosofi, agli storici, ai maestri, ai tribuni, ai demagoghi. Il poeta è (rr. 60-61), come accade a Dante quando sostiene la propria istintiva fedeltà all’amore («I’ mi son un che, quando / Amor mi spira, noto, e a quel modo / ch’e’ ditta dentro vo significando», , XXIV, 52-54). tale che significhi solo ciò che il fanciullo detta dentro Purgatorio Nonostante il poeta-fanciullo sia dotato di una disposizione a lasciarsi incantare dalla realtà e a coglierne i lineamenti più nascosti, egli non si atteggerà però mai a profeta e a dispensatore di verità assolute. Il compito morale e pubblico della poesia non risponde infatti ad alcun programma ma è connaturato all’essenza stessa dell’opera d’arte: in tal modo il , , potrà dirsi o (rr. 51, 53, 54), facendo coincidere dunque la voce del «fanciullino» che risuona dentro di lui con quella collettiva, ispiratrice di pace e solidarietà. poeta vero senza farlo apposta socialista umano La poesia è utile, pur inconsapevolmente La polemica con Carducci è scoperta: alla visione del letterato come (r. 66) per difendere e divulgare un ideale magniloquente di poesia impegnata, civile e patriottica, Pascoli contrappone l’immagine dell’artista puro, che riac­quista il senso primitivo delle cose, semplificandole e rifiutando ogni ambizione oratoria per dare un nome a particolari a prima vista umili, trascurati dalla sensibilità comune. È un ideale, questo, non facile da trasmettere all’interno della cultura italiana, abituata alla declamazione e più incline ad ammirare il linguaggio retorico (esemplificato dall’ , rr. 100-101, di memoria risorgimentale) che non l’immediatezza dei suoni e dei colori della natura ( , r. 101). artiere che foggi spada e scudi e vomeri elmo di Scipio i tremolii cangianti delle libellule La figura ideale dell’artista puro  >> pagina 443 VERSO LE COMPETENZE Comprendere  Qual è la funzione della poesia a giudizio di Pascoli? 1  Per quali ragioni gli uomini spesso non avvertono dentro di sé la presenza del «fanciullino»? 2 Analizzare  Sottolinea nel testo i diminutivi e i vezzeggiativi e spiega la ragione della loro frequenza. 3  Da un punto di vista formale, il terzo capitolo espone i concetti secondo uno schema a elenco. Una figura retorica, in particolare, dà al brano l’aspetto di un manifesto, in cui vengono indicati i caratteri tipici del «fanciullino». Qual è? 4 Interpretare Come si può spiegare l’accostamento del poeta-fanciullo a Orfeo? 5  scrivere per... confrontare  Alcuni critici hanno messo in relazione la poetica del «fanciullino» con quella di Giacomo Leopardi (autore, del resto, assai amato da Pascoli), secondo il quale gli antichi potevano godere rispetto ai moderni di un rapporto più diretto e privilegiato con la natura e con la poesia. Approfondisci la questione in un testo di circa 30 righe. 6 esporre  Anche Pascoli, sia pure in forme assai diverse rispetto a Carducci, non rinuncia ad attribuire alla poesia una funzione civile. Dove ritrovi questo aspetto tra gli enunciati teorici del ? In che modo esso viene qui declinato? Sviluppa il tema in un testo espositivo di circa 20 righe. 7 Fanciullino Dibattito in classe L’idea che i bambini abbiano la capacità di percepire in modo più immediato e intenso ciò che ci circonda è piuttosto diffusa, anche ai giorni nostri: che cosa ne pensi? Discutine con la classe. 8 Educazione CIVICA – Spunti di realtà Il Novecento è stato anche il secolo in cui, per la prima volta nella storia dell’umanità, sono stati riconosciuti, a livello istituzionale e normativo, i  . Il primo, fondamentale strumento di tutela risale al 1919, quando l’Organizzazione Internazionale sul Lavoro (ILO) adottò una Convenzione sull’età minima nell’industria che mise un freno all’utilizzo dei bambini nelle fabbriche e nelle diverse attività produttive. Cinque anni dopo, la Società delle Nazioni redasse una fondamentale  , poi emendata e aggiornata da altre Convenzioni. diritti dell’infanzia Dichiarazione dei diritti del fanciullo • Fai una ricerca in Rete, partendo dai documenti presenti sul sito dell’UNICEF, sulle tappe e sui traguardi raggiunti nel corso degli anni che hanno portato al riconoscimento dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. Quindi discutine in classe, evidenziando quali sono, a tuo giudizio, i doveri e gli obblighi a cui la comunità internazionale deve ancora adempiere nei confronti dei bambini di tutto il mondo.