Il piacere Prima del romanzo L’esordio narrativo di d’Annunzio non avviene con un romanzo ma con tre raccolte di novelle. , e – volumi usciti rispettivamente nel 1882, 1884 e 1886 e poi ristampati, nel 1902, con qualche modifica, nella raccolta – presentano soprattutto , personaggi, costumi e tradizioni popolari d’Abruzzo. L’ambientazione e la natura rozza dei protagonisti sottolineano l’influenza verista, ma l’autore si allontana dall’impersonalità verghiana. D’Annunzio infatti esalta la vitalità di quel mondo primitivo, rappresentando con evidente compiacimento un’ , malata di passioni animalesche e di sentimenti aggressivi, ma non ancora “corrotta” dal progresso e dalla civiltà. T erra vergine Il libro delle vergini San Pantaleone Le novelle della Pescara storie paesane umanità violenta e primordiale   Video – Il piacere I TEMI E LO STILE Pubblicato nel (lo stesso anno di di Verga), il primo romanzo dannunziano può essere considerato , in cui confluisce soprattutto la lezione narrativa, tematica e ideologica dell’Estetismo, diffuso in Francia dal romanzo ( , 1884) di Joris-Karl Huysmans ( p. 396). Diviso in 4 libri, presenta una piuttosto semplice e , ma sapientemente , con una tecnica fatta di ellissi e . 1889 Mastro-don Gesualdo uno dei manifesti del Decadentismo europeo À rebours Controcorrente ▶ Il piacere trama povera di fatti costruita in modo non lineare flash back Il protagonista, , dell’autore («è solo nobile e più alto di statura: nostalgie del piccolo, e borghese, d’Annunzio», annota maliziosamente il critico Elio Gioanola), ama due donne, la bellissima , che lo ha abbandonato per sposare un ricco lord inglese, e , moglie di un ambasciatore, creatura dolce e spirituale, che finisce per cedere al suo corteggiamento. Diviso tra la voluttà dei sensi e una vaga aspirazione alla purezza, Andrea non dimentica però l’antico amore e, durante il primo (e ultimo) amplesso con Maria, invoca il nome di Elena. Maria, disgustata dall’«orribile sacrilegio», fugge via, lasciando l’uomo al proprio destino di solitudine. Andrea Sperelli alter ego Elena Muti Maria Ferres James Warren,  , 1825 ca. Berlino, Biblioteca di Stato. Felix Mendelssohn-Bartholdy Nelle intenzioni di d’Annunzio, il romanzo doveva illustrare, secondo un’istanza ancora legata al Naturalismo, «la miseria del piacere», cioè il caso psicologico e umano di un uomo immorale e corrotto, un , ma incapace di tradurre in realtà le sue velleità creative. Nella prefazione, lo scrittore afferma di voler «studiare» (un verbo chiave dell’ispirazione verista) «tanta corruzione e tanta depravazione e tante sottilità e falsità e crudeltà vane». In realtà, superato qualsiasi intento moralistico, lo scrittore si immerge in questa amoralità, che contrappone al perbenismo e alla mediocrità della società borghese: in tal modo egli non rinuncia a simpatizzare per la di Sperelli. dandy ossessionato dalla ricerca della bellezza brama di lusso e di lussuria Nel protagonista, d’Annunzio delinea la figura di un , dotato di gusti raffinati, cultore del superfluo, desideroso di vivere ogni esperienza dei sensi, amante dell’arte, filtro attraverso il quale intende nobilitare la propria esistenza. Sperelli finisce dunque per essere l’incarnazione dell’artista, che contrasta la massificazione tipica della civiltà industriale rendendo morbosa ed esclusiva ogni sua passione: la musica, la pittura, lo sport, la seduzione femminile, soprattutto la poesia («Il verso è tutto»). tipico esteta decadente Al tempo stesso, tuttavia, Andrea non riesce a vincere il proprio ozio e la che lo avvincono frenando ogni sua intenzione. La sua esistenza di esteta fallito (nell’amore come in ogni altra aspirazione) ne mette a nudo il vuoto, il senso di nullità e l’incostanza che pervadono il suo carattere e la sua stessa vita. sottile inettitudine Un esteta imperfetto  >> pagina 553 A fare da sfondo alla vicenda è una Roma frivola e monumentale, cornice ideale di una , come pretenziosa è la psiche del protagonista. Non si tratta della Roma classica né di quella rinascimentale, ma della dei palazzi nobiliari e dei salotti altolocati, che lo scrittore, nelle vesti del giornalista di costume, conosceva profondamente, nei gusti e nelle manie. mondanità aristocratica vacua e pretenziosa Roma barocca L’elegante capitale non si limita a essere un fondale con una funzione decorativa, ma è il luogo privilegiato delle fisime di Sperelli, che coglie dagli ambienti, dalla luce, dai marmi, dalle ville e dalle bellezze della città lo spunto per vivificare le proprie e riveste ogni oggetto, ogni piazza, ogni palazzo di un valore letterario o artistico. pulsioni estetizzanti Roma: regno del lusso e dell’artificio Questa estatica contemplazione si riverbera nello stile del romanzo, che presenta (ciò spiega perché il critico Giovanni Macchia abbia potuto parlare del come del «romanzo di una città»), mediante una , carica di vibrazioni liriche, di riferimenti eruditi e di modulazioni preziose, che sostituiscono la realtà oggettiva con una trama seducente di immagini e sensazioni. più descrizioni che fatti Piacere prosa “sublime” e virtuosistica Lo stile come la vita T2 Il ritratto dell’esteta , I, cap. 2 Il piacere D’Annunzio apre il romanzo descrivendo le stanze di un elegante appartamento in Piazza di Spagna a Roma. Qui il giovane conte Andrea Sperelli attende l’amante che ha lasciato e che non vede ormai da tempo. Poi, con un lungo  flash back , il narratore ripercorre la vita del protagonista: qui leggiamo la parte iniziale della digressione, in cui vengono descritte la formazione di Sperelli e l’educazione ricevuta dal padre. Un’esistenza raffinata ma arida Sotto il grigio diluvio democratico odierno, che molte belle cose e rare sommerge miseramente, va anche a poco a poco scomparendo quella special classe di antica nobiltà italica, in cui era tenuta viva di generazione in generazione una certa tradizion familiare d’eletta cultura, d’eleganza e di arte. 1       A questa classe, ch’io chiamerei arcadica perché rese appunto il suo più alto 5 2 splendore nell’amabile vita del XVIII secolo, appartenevano gli Sperelli. L’urbanità, 3 l’atticismo, l’amore delle delicatezze, la predilezione per gli studii insoliti, la 4 curiosità estetica, la mania archeologica, la    raffinata erano nella casa ▶ galanteria degli Sperelli qualità ereditarie. […]     Il conte Andrea Sperelli-Fieschi d’Ugenta, unico erede, proseguiva la tradizion 10 familiare. Egli era, in verità, l’ideal tipo del giovine signore italiano del XIX secolo, il legittimo campione d’una stirpe di gentiluomini e di artisti eleganti, ultimo 5 discendente d’una razza intelettuale. Egli era, per così dire, tutto impregnato di arte. La sua adolescenza, nutrita di     studii varii e profondi, parve prodigiosa. Egli alternò, fino a vent’anni, le lunghe 15 letture coi lunghi viaggi in compagnia del padre e poté compiere la sua straordinaria educazione estetica sotto la cura paterna, senza restrizioni e constrizioni di pedagoghi. Dal padre appunto ebbe il gusto delle cose d’arte, il culto passionato della bellezza, il paradossale disprezzo de’ pregiudizii, l’avidità del piacere. 6     Questo padre, cresciuto in mezzo agli estremi splendori della corte borbonica, 20 sapeva largamente vivere; aveva una scienza profonda della vita voluttuaria 7 e insieme una certa inclinazione byroniana al romanticismo fantastico. Lo stesso 8 suo matrimonio era avvenuto in circostanze quasi tragiche, dopo una furiosa passione. Quindi egli aveva turbata e travagliata in tutti i modi la pace coniugale.     Finalmente s’era diviso dalla moglie ed aveva sempre tenuto seco il figliuolo, 25 9 viaggiando con lui per tutta l’Europa. L’educazione d’Andrea era dunque, per così dire, viva, cioè fatta non tanto su i libri quanto in conspetto delle realità umane. Lo spirito di lui non era soltanto 10 corrotto dall’alta cultura ma anche dall’esperimento; e in lui la curiosità diveniva 11     più acuta come più si allargava la conoscenza. Fin dal principio egli fu prodigo 30 di sé; poiché la grande forza sensitiva, ond’egli era dotato, non si stancava mai 12 13 di fornire tesori alle sue prodigalità. Ma l’espansion di quella sua forza era la distruzione in lui di un’altra forza, della forza morale che il padre stesso non aveva ritegno a deprimere. Ed egli non si accorgeva che la sua vita era la riduzion progressiva 14     delle sue facoltà, delle sue speranze, del suo piacere, quasi una progressiva 35 rinunzia; e che il circolo gli si restringeva sempre più d’intorno, inesorabilmente se ben con lentezza. Il padre gli aveva dato, tra le altre, questa massima fondamentale: «Bisogna fare la propria vita, come si fa un’opera d’arte. Bisogna che la vita d’un uomo d’intelletto     sia opera di lui. La superiorità vera è tutta qui». 40 Anche, il padre ammoniva: «Bisogna conservare ad ogni costo intiera la libertà, fin nell’ebrezza. La regola dell’uomo d’intelletto, eccola: – Habere, non haberi». 15 16 TRECCANI ▶ Le parole valgono Le parole possono risultare anacronistiche non solo perché il nostro lessico si impoverisce, ma anche perché incarnano valori, tendenze e comportamenti oggi superati. La è uno di quei termini usurati che rischia di finire tra la paccottiglia dei robivecchi, sebbene lasci intravedere le bellezze cavalleresche, magari un po’ cerimoniose, trionfanti nelle schermaglie amorose. galanteria galanteria ▶ Si capisce dunque che «fare il galante » sia un’espressione scherzosa o spregiativa: indica almeno un paio di epiteti poco lusinghieri che possono sostituire galante . scelta. 1 eletta: in riferimento all’Arcadia, movimento poetico fiorito nel primo Settecento. 2 arcadica: educazione. 3 urbanità: l’eleganza nel parlare. Il termine designa una corrente diffusa nella letteratura greca ellenistica che consiste nell’imitazione della lingua usata in età classica dai prosatori dell’Attica. 4 atticismo: rappresentante. 5 campione: desiderio smanioso. 6 avidità: lussuosa e dedita ai piaceri. 7 voluttuaria: un’attitudine a fantasticare come un personaggio romantico di Lord George Gordon Byron (1788-1824), famoso poeta romantico inglese. 8 inclinazione… fantastico: con sé. 9 seco: quanto attraverso la realtà vera e propria. 10 quanto in conspetto delle realità umane: dall’esperienza. 11 dall’esperimento: si abbandonò, cioè, ai piaceri, senza risparmiarsi. 12 fu prodigo di sé: la tendenza ad abbandonarsi ai piaceri sensuali. 13 forza sensitiva: aveva cercato di reprimere. 14 non… deprimere: anche quando si è ubriachi (nel senso proprio e nel significato metaforico di “esaltazione” e “stordimento”). 15 fin nell’ebrezza: l’espressione latina, tratta da una massima del filosofo greco Aristippo (435-366 a.C.), significa alla lettera “possedere, non essere posseduto”. 16 Habere, non haberi: Anche, diceva: «Il rimpianto è il vano pascolo d’uno spirito disoccupato. Bisogna 17 sopra tutto evitare il rimpianto occupando sempre lo spirito con nuove     sensazioni e con nuove imaginazioni». 45 Ma queste massime volontarie, che per l’ambiguità loro potevano anche essere 18 interpretate come alti criterii morali, cadevano appunto in una natura involontaria, 19 in un uomo, cioè, la cui potenza volitiva era debolissima. 20 Un altro seme paterno aveva perfidamente fruttificato nell’animo di Andrea: il     seme del sofisma. «Il sofisma» diceva quell’incauto educatore «è in fondo ad ogni 50 21 piacere e ad ogni dolore umano. Acuire e moltiplicare i sofismi equivale dunque ad acuire e moltiplicare il proprio piacere o il proprio dolore. Forse, la scienza della vita sta nell’oscurare la verità. La parola è una cosa profonda, in cui per l’uomo d’intelletto son nascoste inesauribili ricchezze. I Greci, artefici della parola,     sono infatti i più squisiti goditori dell’antichità. I sofismi fioriscono in maggior 55 numero al secolo di Pericle, al secolo gaudioso». 22 Un tal seme trovò nell’ingegno malsano del giovine un terreno propizio. A poco a poco, in Andrea la menzogna non tanto verso gli altri quanto verso sé stesso divenne un abito così aderente alla conscienza ch’egli giunse a non poter     mai essere interamente sincero e a non poter mai riprendere su sé stesso il libero 60 dominio. Dopo la morte immatura del padre, egli si trovò solo, a ventun anno, signore d’una fortuna considerevole, distaccato dalla madre, in balia delle sue passioni e de’ suoi gusti. Rimase quindici mesi in Inghilterra. La madre passò in seconde     nozze, con un amante antico. Ed egli venne a Roma, per predilezione. 65 Roma era il suo grande amore: non la Roma dei Cesari ma la Roma dei Papi; non la Roma degli Archi, delle Terme, dei Fòri, ma la Roma delle Ville, delle Fontane, delle Chiese. Egli avrebbe dato tutto il Colosseo per la Villa Medici, il Campo Vaccino per la Piazza di Spagna, l’Arco di Tito per la Fontanella delle Tartarughe.     La magnificenza principesca dei Colonna, dei Doria, dei Barberini l’attraeva assai 70 23 più della ruinata grandiosità imperiale. E il suo gran sogno era di possedere 24 un palazzo incoronato da Michelangelo e istoriato dai Caracci, come quello 25 Farnese; una galleria piena di Raffaelli, di Tiziani, di Domenichini, come quella Borghese; una villa, come quella d’Alessandro Albani, dove i bussi profondi, il 26 27     granito rosso d’Oriente, il marmo bianco di Luni, le statue della Grecia, le pitture 75 28 del Rinascimento, le memorie stesse del luogo componessero un incanto intorno a un qualche suo superbo amore. In casa della marchesa d’Ateleta sua cugina, sopra un albo di confessioni mondane, accanto alla domanda «Che vorreste voi 29 essere?» egli aveva scritto «Principe romano». come a dire che rimpiangere ciò che non si è fatto è l’inutile preoccupazione dell’inetto. 17 Il rimpianto… disoccupato: che rafforzano la volontà. 18 volontarie: debole e priva di volontà. 19 involontaria: forza di volontà. 20 potenza volitiva: l’abitudine alla finzione e alla menzogna. 21 il seme del sofisma: i sofisti, filosofi greci che insegnavano la retorica, vissero per lo più nel V secolo a.C., età dominata dal politico ateniese Pericle, un periodo perché caratterizzato da prosperità economica e splendore artistico. 22 I sofismi fioriscono… secolo gaudioso: gaudioso sono tre famiglie nobili romane. 23 Colonna… Doria… Barberini: ridotta in rovina. 24 ruinata: i fratelli Annibale (1560-1609) e Agostino Carracci (1557-1602) e il cugino Ludovico (1555-1619) furono grandi pittori bolognesi del tardo Rinascimento. 25 Caracci: cardinale (1692-1779), noto per l’amore per il collezionismo. La sua villa sulla via Salaria ospitava un grande numero di opere d’arte. 26 Alessandro Albani: bossi, arbusti sempreverdi. 27 bussi: antica località tra la Liguria e la Toscana, nota per le cave di marmo bianco. 28 Luni: registro. 29 albo:  >> pagina 556 ANALISI ATTIVA I contenuti tematici Queste pagine possono essere considerate il manifesto dell’estetismo dannunziano. Il ritratto di Andrea Sperelli condensa infatti i segni particolari che compongono il carattere morale, psicologico e culturale dell’intellettuale votato all’arte e alla bellezza. La sua filosofia, che gli è stata insegnata dal padre, viene riassunta da d’Annunzio in una serie di moniti ed enunciati che hanno il valore di sentenze: (rr. 38-39); (rr. 41-42); (r. 43). Ma come vengono assimilati dal giovane tali precetti? Bisogna fare la propria vita, come si fa un’opera d’arte Bisogna conservare ad ogni costo intiera la libertà, fin nell’ebrezza Il rimpianto è il vano pascolo d’uno spirito disoccupato Andrea ha certamente preso alla lettera la lezione ricevuta: dopo aver viaggiato in tutta Europa, alla morte del padre sceglie come propria residenza Roma, la città che ama di più, non per le sue vestigia antiche ma per gli sfarzosi palazzi rinascimentali e barocchi, dove egli intende vivere un’esistenza degna di un (r. 79). Immune dalle meschinità del mondo e dalla degradazione generale causata dall’ascesa, sulla scena sociale, delle masse ( , r. 1) che inquina le (r. 1), egli è stimolato dall’insaziabile ricerca del piacere ( , r. 19) e non si cura dei conformismi borghesi ( , r. 19). Per questi aspetti programmatici, si può dire che Andrea è la maschera letteraria del suo creatore, anch’egli sprezzante della massa, raffinato adoratore della bellezza vista come una divinità, non toccato dalla morale comune, disposto a tutto pur di contaminare tra loro arte e vita. Principe romano il grigio diluvio democratico belle cose e rare avidità del piacere paradossale disprezzo de’ pregiudizii Il manifesto dell’esteta  Quali esperienze hanno formato il gusto del giovane Andrea? 1.  Che ruolo hanno avuto il padre e la tradizione familiare nella formazione di Andrea? 2.  Individua nel brano tutti i riferimenti a opere d’arte. 3.  Da quali espressioni si evince il pensiero antidemocratico dell’autore? 4. Tuttavia, d’Annunzio è ben lontano dall’offrire un’immagine positiva del suo personaggio, ne vuole anzi prendere le distanze, indicando da subito limiti e contraddizioni della sua personalità. Sperelli è un esteta, ma più per la sua appartenenza alla nobiltà che per una scelta personale; la sua indole è priva di forza ( , rr. 47-48) e la sua (r. 48). Come affetto da una malattia dell’anima, che lo rende velleitario e impotente, egli non può dominare la realtà con l’intelletto e la volontà, né realizzare del tutto sé stesso, perché incapace di uscire dalla falsità sentimentale, dall’artificio e dalla finzione in cui è immerso. Il suo edonismo da decadente risulta dunque superficiale e le sue passioni dilettantesche; il suo estro, volubile e minacciato dal narcisismo, galleggia in un universo asfittico, evanescente, privo di ideali. natura involontaria potenza volitiva si rivela debolissima dandy La sua figura incarna quindi quella di un esteta sconfitto, di un eroe non riuscito, di un inetto, incapace di agire e vivere da protagonista il proprio tempo. Il superuomo, dipinto da d’Annunzio nei romanzi successivi, è ancora lontano. Un eroe mancato Spiega l’antitesi tra e (rr. 30-37). 5. forza sensitiva forza morale Definisci i seguenti termini, che delineano, in negativo, il carattere di Andrea Sperelli: ; ; . 6. sofisma ingegno malsano menzogna Le scelte stilistiche Come in tutta la produzione romanzesca dannunziana, in assenza di un articolato sviluppo narrativo, è presente un abbondante corredo di soluzioni liriche tese a nobilitare l’atmosfera del romanzo: le anafore ( rr. 11, 14, 15; rr. 41, 43), le metafore ( r. 43), le allitterazioni ( r. 15), le enumerazioni (per esempio, dei gusti di Sperelli, rr. 66-79), perfino i troncamenti poetici delle parole ( ecc.) esprimono una ricerca di solennità, confermata anche dal ricorso a termini desueti ( ecc.) già antiquati al tempo di d’Annunzio. Anche per mezzo di queste modalità stilistiche, che rivelano l’influenza di un romanzo fondamentale della cultura decadente, di Huysmans ( p. 396), l’autore può soffermarsi su dettagli minuti e accurate descrizioni impressionistiche, con un gusto estetizzante del particolare e una prospettiva soggettiva ormai assai distanti dalla poetica naturalista e verista. Egli era… , Egli era… , Egli alternò… , Anche… , Anche…, Il rimpianto è il vano pascolo d’uno spirito disoccupato , profondi , parve prodigiosa , tradizion , ideal , riduzion constrizioni , ruinata , realità , conspetto , conscienza Controcorrente ▶ Lo stile al posto della trama  >> pagina 557  Nello scrivere il romanzo, d’Annunzio ha sfruttato l’esperienza di cronista mondano accumulata tra i salotti e i ritrovi dell’aristocrazia romana: da quali elementi lo si capisce? 7. L’aggettivazione del romanzo è ricchissima. Scegli due o tre paragrafi del brano e individua tutti gli aggettivi presenti: quanti sostantivi ne restano privi? 8.   (rr. 38-39): la massima che il padre insegna ad Andrea nasce da una visione tipicamente decadente della vita. In quali autori del Decadentismo europeo si ritrova un’idea analoga? Scrivi sull’argomento un testo espositivo di circa 20 righe. 9. scrivere per esporre Bisogna fare la propria vita, come si fa un’opera d’arte  Sperelli ambisce a essere il prototipo dell’esteta raffinato. Riflettendo sui criteri e i valori che oggi vengono scelti da chi cerca di distinguersi dalla massa, componi anche tu, in un testo descrittivo di circa 20 righe, il ritratto di una persona (un attore, un cantante, un personaggio dello spettacolo ecc.) capace di incarnarli. 10. scrivere per descrivere Educazione CIVICA – Spunti di realtà La che tanto ripugnava a Gabriele d’Annunzio (al punto da indurlo ad associarla a un «grigio diluvio») costituisce per noi l’unica e imprescindibile forma di governo che le persone possono desiderare a garanzia della propria libertà. L’articolo 1 della nostra Costituzione evidenzia che l’Italia è una repubblica democratica e che i cittadini scelgono nelle forme e nelle modalità previste i loro rappresentanti. Solo in uno Stato democratico possono essere rispettati appieno i diritti fondamentali e inviolabili dell’uomo, promosse le sue libertà in quanto singolo individuo e all’interno di organismi sociali quali partiti, sindacati ecc. Eppure, lungi dall’essere una conquista per sempre e scontata, la democrazia può essere ancora esposta a insidie e rischi. democrazia • Quali sono, a tuo giudizio, le minacce che possono metterla in pericolo? Discutine in classe.