T6 Una malattia psicosomatica , cap. 5 La coscienza di Zeno In questo brano Zeno ricostruisce l’origine di un suo disturbo di evidente natura psicosomatica, che lo costringe di tanto in tanto a zoppicare vistosamente. L’episodio si colloca nel quinto capitolo del romanzo, dedicato alle tragicomiche vicende che porteranno il protagonista a sposare la scialba Augusta Malfenti, dopo aver chiesto senza successo la mano delle sue due sorelle, molto più attraenti di lei, Ada e Alberta. In una notte di insonnia, nel periodo dell’infelice corteggiamento di Ada, Zeno esce di casa e si reca in un caffè. Le suggestioni di un ipocondriaco Da molti anni io mi consideravo malato, ma di una malattia che faceva soffrire piuttosto gli altri che me stesso. Fu allora che conobbi la malattia “dolente”, una quantità di sensazioni fisiche sgradevoli che mi resero tanto infelice. 1 S’iniziarono così. Alla una di notte circa, incapace di prendere sonno, mi levai e 2       camminai nella mite notte finché non giunsi ad un caffè di sobborgo nel quale non 5 ero mai stato e dove perciò non avrei trovato alcun conoscente, ciò che mi era molto gradito perché volevo continuarvi una discussione con la signora Malfenti, cominciata 3 a letto e nella quale non volevo che nessuno si frammettesse. La signora Malfenti 4 m’aveva fatti dei rimproveri nuovi. Diceva ch’io avevo tentato di “giocar di pedina” 5     con le sue figliuole. Intanto se avevo tentato una cosa simile l’avevo certamente fatto 10 con la sola Ada. Mi venivano i sudori freddi al pensare che forse in casa Malfenti oramai mi si movessero dei rimproveri simili. L’assente ha sempre torto e potevano aver approfittato della mia lontananza per associarsi ai miei danni. Nella viva luce del 6 caffè mi difendevo meglio. Certo talvolta io avrei voluto toccare col mio piede quello     di Ada ed una volta anzi m’era parso di averlo raggiunto, lei consenziente. Poi però risultò 15 che avevo premuto il piede di legno del tavolo e quello non poteva aver parlato. Fingevo di pigliar interesse al gioco del biliardo. Un signore, appoggiato ad una gruccia, s’avvicinò e venne a sedere proprio accanto a me. Ordinò una spremuta 7 e poiché il cameriere aspettava anche i miei ordini, per distrazione ordinai     una spremuta anche per me ad onta ch’io non possa soffrire il sapore del limone. 20 8 Intanto la gruccia appoggiata al sofà su cui sedevamo, scivolò a terra ed io mi chinai a raccoglierla con un movimento quasi istintivo. «Oh Zeno!», fece il povero zoppo riconoscendomi nel momento in cui voleva ringraziarmi.     «Tullio!», esclamai io sorpreso e tendendogli la mano. Eravamo stati compagni 25 di scuola e non ci eravamo visti da molti anni. Sapevo di lui che, finite le scuole medie, era entrato in una banca, dove occupava un buon posto. Ero tuttavia tanto distratto che bruscamente gli domandai come fosse avvenuto ch’egli aveva la gamba destra troppo corta così da aver bisogno della gruccia. 9 la […] è quella della volontà, che impedisce a Zeno di ottemperare ai doveri sociali e alle aspettative di chi lo circonda, per esempio del padre. Ora invece narra di una malattia , cioè di un dolore fisico che ha fatto soffrire innanzitutto lui. 1 Da molti anni… infelice: malattia che faceva soffrire gli altri dolente soggetto sono le della frase precedente. 2 S’iniziarono: sensazioni fisiche sgradevoli è una discussione immaginaria con la signora Malfenti, la madre di Ada, la fanciulla di cui Zeno è innamorato. 3 una discussione: si immischiasse. 4 si frammettesse: espressione figurata «molto diffusa in ambienti commerciali; sta per attuare i propri maneggi» (Guglielminetti). 5 “giocar di pedina”: accordarsi. 6 associarsi: stampella (toscanismo). 7 gruccia: malgrado. 8 ad onta: Zeno è talmente assorbito nel pensiero di ciò che vorrebbe replicare alle accuse della signora Malfenti, da non rendersi conto che può essere indelicato domandare in maniera diretta al vecchio amico la causa della sua infermità. Tuttavia a quest’ultimo non spiace affatto poterne parlare. 9 Ero tuttavia… della gruccia:     Di buonissimo umore, egli mi raccontò che sei mesi prima s’era ammalato di 30 reumatismi che avevano finito col danneggiargli la gamba. M’affrettai di suggerirgli molte cure. È il vero modo per poter simulare senza grande sforzo una viva partecipazione. Egli le aveva fatte tutte. Allora suggerii ancora:     «E perché a quest’ora non sei ancora a letto? A me non pare che ti possa far 35 bene di esporti all’aria notturna». Egli scherzò bonariamente: riteneva che neppure a me l’aria notturna potesse giovare e riteneva che chi non soffriva di reumatismi, finché aveva vita, poteva ancora procurarseli. Il diritto di andare a letto alle ore piccole era ammesso persino     dalla costituzione austriaca. Del resto, contrariamente all’opinione generale, 40 10 il caldo e il freddo non avevano a che fare coi reumatismi. Egli aveva studiata la sua malattia ed anzi non faceva altro a questo mondo che studiarne le cause e i rimedi. Più che per la cura aveva avuto bisogno di un lungo permesso dalla banca per poter approfondirsi in quello studio. Poi mi raccontò che stava facendo una     cura strana. Mangiava ogni giorno una quantità enorme di limoni. Quel giorno 45 ne aveva ingoiati una trentina, ma sperava con l’esercizio di arrivare a sopportarne anche di più. Mi confidò che i limoni secondo lui erano buoni anche per molte altre malattie. Dacché li prendeva sentiva meno fastidio per il fumare esagerato, al quale anche lui era condannato.     Io ebbi un brivido alla visione di tanto acido, ma, subito dopo, una visione 50 11 un po’ più lieta della vita: i limoni non mi piacevano, ma se mi avessero data la libertà di fare quello che dovevo o volevo senz’averne danno e liberandomi da ogni altra costrizione, ne avrei ingoiati altrettanti anch’io. È libertà completa quella di poter fare ciò che si vuole a patto di fare anche qualche cosa che piaccia meno. La     vera schiavitù è la condanna all’astensione: Tantalo e non Ercole. 55 12 Poi Tullio finse anche lui di essere ansioso di mie notizie. Io ero ben deciso di non raccontargli del mio amore infelice, ma abbisognavo di uno sfogo. Parlai 13 con tale esagerazione dei miei mali (così li registrai e sono sicuro ch’erano lievi) 14 che finii con l’avere le lagrime agli occhi, mentre Tullio andava sentendosi sempre     meglio credendomi più malato di lui. 60 Mi domandò se lavoravo. Tutti in città dicevano ch’io non facevo niente ed io temevo egli avesse da invidiarmi mentre in quell’istante avevo l’assoluto bisogno di essere commiserato. Mentii! Gli raccontai che lavoravo nel mio ufficio, non molto, ma giornalmente almeno per sei ore e che poi gli affari molto imbrogliati     ereditati da mio padre e da mia madre mi davano da fare per altre sei ore. 65 «Dodici ore!», commentò Tullio, e con un sorriso soddisfatto, mi concedette quello che ambivo, la sua commiserazione: «Non sei mica da invidiare, tu!». l’osservazione di Tullio è ironica, poiché egli intende che persino una carta costituzionale considerata molto severa non vieta la possibilità che un cittadino faccia le ore piccole. 10 costituzione austriaca: quello dei limoni. Con un passaggio fulmineo, Zeno prima estrae la qualità (l’acido) dall’immagine verbale dei limoni, e subito dopo – data la sua sgradevolezza – la immette nella propria tipica dinamica infrazione/punizione: accetterebbe tranquillamente la punizione dei limoni pur di essere libero di agire senza noie. 11 tanto acido: secondo il mito, Tantalo era costretto per l’eternità a non poter soddisfare la fame e la sete, avendo sempre di fronte un albero carico di frutti e una fonte di acqua limpida: è quindi simbolo di un desiderio perennemente inappagato. Ercole invece dovette affrontare le celebri fatiche per espiare il fatto di avere sterminato, in un accesso di follia, la propria famiglia. 12 Tantalo e non Ercole: avevo necessità. 13 abbisognavo: Zeno descrive come molto gravi malesseri che in realtà sapeva leggeri. È la sua solita attitudine a mentire per ottenere un vantaggio di tipo psicologico: in questo caso, per essere consolato dall’amico. 14 così li registrai… lievi: La conclusione era esatta ed io ne fui tanto commosso che dovetti lottare per non lasciar    le lagrime. Mi sentii più infelice che mai e, in quel morbido ▶ trapelare     stato di compassione di me stesso, si capisce io sia stato esposto a delle lesioni. 70 15 Tullio s’era rimesso a parlare della sua malattia ch’era anche la sua principale distrazione. Aveva studiato l’anatomia della gamba e del piede. Mi raccontò ridendo che quando si cammina con passo rapido, il tempo in cui si svolge un passo non supera il mezzo secondo e che in quel mezzo secondo si movevano     nientemeno che cinquantaquattro muscoli. Trasecolai e subito corsi col pensiero 75 16 alle mie gambe a cercarvi la macchina mostruosa. Io credo di avercela trovata. 17 Naturalmente non riscontrai i cinquantaquattro ordigni, ma una complicazione enorme che perdette il suo ordine dacché io vi ficcai la mia attenzione. Uscii da quel caffè zoppicando e per alcuni giorni zoppicai sempre. Il camminare     era per me divenuto un lavoro pesante, e anche lievemente doloroso. A quel 80 groviglio di congegni pareva mancasse ormai l’olio e che, movendosi, si ledessero a vicenda. Pochi giorni appresso, fui colto da un male più grave di cui dirò e che 18 diminuì il primo. Ma ancora oggidì, che ne scrivo, se qualcuno mi guarda quando mi movo, i cinquantaquattro movimenti s’imbarazzano ed io sono in procinto di     cadere. 85 TRECCANI ▶ Le parole valgono Letteralmente a è un liquido che esce in minutissime gocce attraverso pori, fessure e interstizi. In questo verbo è insita infatti l’azione di “filtrare”, passando in piccole quantità e con debole intensità tra aperture strettissime, come una luce soffusa che si nota dietro una parete sconnessa. In tal modo anche un sentimento, rivelatosi mediante deboli indizi, o una notizia riservata che avremmo voluto tenere segreta. trapelare trapelare trapela ▶ Forma una frase con il verbo trapelare usato in quest’ultima accezione. il senso della propria debolezza – di cui, per convincerne l’amico, ha convinto anche sé stesso – espone Zeno a delle ferite psicologiche ( ) che sfoceranno nella malattia fisica della quale si parla subito dopo. 15 in quel morbido… lesioni: lesioni rimasi stupefatto. 16 Trasecolai: il prodigioso meccanismo per il quale si muovono cinquantaquattro muscoli ogni volta che si effettua un passo. 17 la macchina mostruosa: dopo. 18 appresso:  >> pagina 806 DENTRO IL TESTO I contenuti tematici Insonne, Zeno esce di notte e si reca in un caffè, dove incontra per caso un ex compagno di scuola, Tullio, ora claudicante. Costui è evidentemente un nevrotico, la cui malattia assorbe tutti i suoi interessi e diventa pressoché una ragione di vita: (rr. 41-43). I lunghi studi che ha dedicato a essa, abbandonando addirittura il lavoro in banca, lo hanno portato a elaborare una propria personale teoria sul morbo di cui soffre. Egli aveva studiata la sua malattia ed anzi non faceva altro a questo mondo che studiarne le cause e i rimedi Zeno, da parte sua, si lascia facilmente “contagiare” dalla nevrosi dell’amico. Prima esagera narcisisticamente i propri mali, al punto che – come nota ironicamente il narratore, mostrando di conoscere bene certi meccanismi psicologici tipici dei malati – (rr. 59-60). In seguito, impressionato dalla spiegazione dell’amico circa i (r. 75) che muovono la gamba, finisce per fissarvi ossessivamente l’attenzione, con il risultato di non riuscire più a camminare normalmente. In altri termini, nel momento in cui il protagonista presta un’eccessiva (r. 78) alla propria gamba, questa smette di funzionare come prima: (r. 79). Tullio andava sentendosi sempre meglio credendomi più malato di lui cinquantaquattro muscoli attenzione Uscii da quel caffè zoppicando Un malato contagioso Le scelte stilistiche Soffermiamoci brevemente sull’espressione con cui Zeno designa la gamba: (r. 76). Si può ritenere che questo sintagma non sia casuale, ma denunci piuttosto la mutata visione della vita umana determinata dalla scienza moderna. Già il Positivismo vedeva e studiava la realtà del corpo umano nei suoi termini materiali e meccanici, eliminando dal proprio orizzonte la dimensione spirituale. Ora Svevo, al pari di molti suoi contemporanei (si pensi a Pirandello e al suo romanzo ,  p. 890), percepisce acutamente il disagio di un’epoca che ha preteso di spiegare tutto in termini razionali e tende a sostituire gli uomini con le macchine. “Inceppandosi” la fiducia nella scienza, si inceppa anche la “macchina” del corpo umano che essa ha descritto come un aggregato di congegni materiali. Da qui il gusto tipicamente novecentesco (anche in pittura) di isolare o staccare i singoli dettagli del corpo umano: la gamba claudicante di Zeno, l’occhio strabico di Mattia Pascal (nel romanzo , sempre di Pirandello,  p. 865). la macchina mostruosa Quaderni di Serafino Gubbio operatore ▶ Il fu Mattia Pascal ▶ Una metafora pregnante Paul Cézanne,  , 1890-1895. Parigi, Musée d’Orsay. I giocatori di carte  >> pagina 807 VERSO LE COMPETENZE Comprendere  Perché Zeno lascia la solitudine di casa propria per cercare, nel cuore della notte, l’affollamento di un caffè? 1  A che cosa sta pensando Zeno quando incontra inaspettatamente il vecchio compagno di scuola? 2  Il colloquio si svolge in tre momenti: parla Tullio, poi parla Zeno, infine parla di nuovo Tullio a proposito della sua gamba. Come cambia l’umore di Zeno in questi tre passaggi? 3 Analizzare  Individua nel brano gli interventi autoironici del narratore. 4 Interpretare (rr. 32-33): quale tratto del carattere di Zeno emerge da questa confessione? 5 M’affrettai di suggerirgli molte cure . È il vero modo per poter simulare senza grande sforzo una viva partecipazione 6 Poi Tullio finse anche lui di essere ansioso di mie notizie (r. 56): quale elemento accomuna l’atteggiamento di Tullio a quello di Zeno? 7 Perché Zeno dichiara che nell’incontro con Tullio aveva l’assoluto bisogno di essere commiserato (rr. 62-63)? 8 Fra il supplizio di Tantalo, cioè il desiderio inappagato, e le fatiche di Ercole, ovvero il godimento  condizionato da una serie di “prove”, Zeno sceglie decisamente il primo. Spiega le motivazioni di questa scelta alla luce del carattere del personaggio. sviluppare il lessico La terminologia medica fa spesso uso di suffissoidi derivati dal latino e soprattutto dal greco: scrivi almeno cinque termini di uso medico che conosci, poi confrontali con quelli dei tuoi compagni; insieme individuate le ricorrenze di prefissi e suffissi e, con l’aiuto del dizionario, cercatene il significato. 9