L’umorismo L’opera in cui Pirandello definisce i princìpi della propria arte è il saggio L’umorismo , pubblicato una prima volta nel 1908 e poi, in una seconda edizione rivista e integrata, nel 1920 : esso non solo costituisce la chiave d’accesso alla produzione dell’autore ma può essere anche considerato il manifesto teorico di una nuova poetica, in netta antitesi con quella del Verismo. Si tratta di un testo composto per ragioni contingenti e pratiche: Pirandello aveva bisogno di «comprovare» la propria «operosità» accademica e presentare una pubblicazione scientifica per concorrere alla cattedra di professore ordinario al Regio istituto superiore di Magistero femminile a Roma, dove già insegnava come supplente. Tale finalità si coglie nella struttura dell’opera, divisa in , la prima delle quali consiste in un’erudita . L’autore infatti analizza il termine “umorismo” e tratteggia una sorta di storia della letteratura umoristica, cercando di dimostrare che questa particolare attitudine del pensiero e della sensibilità estetica è rintracciabile in ogni epoca. due parti indagine critico-letteraria Un’indagine storico-letteraria… La seconda parte, più strettamente teorica, contiene invece una compiuta : qui si trova la formulazione più stringente e dettagliata del concetto pirandelliano, corredata di esempi divenuti celebri, passaggi determinanti per la comprensione della poetica dell’autore. definizione dell’arte umoristica … e una teoria estetica T1 Il segreto di una bizzarra vecchietta , parte II, capp. 2-6 L’umorismo Presentiamo alcuni passi tratti dalla seconda parte del saggio  L’umorismo , in cui vengono toccati i punti salienti della poetica pirandelliana. Centrale è il passo della «vecchia imbellettata», seguito da considerazioni più ampie sulla funzione della riflessione e sull’identità plurima dei personaggi della vita reale e della letteratura. «Avvertimento» e «sentimento del contrario» Ordinariamente […] l’opera d’arte è creata dal libero movimento della vita interiore che organa le idee e le immagini in una forma armoniosa, di cui tutti gli elementi han corrispondenza tra loro e con l’idea-madre che le coordina. La riflessione, durante la concezione, come durante l’esecuzione dell’opera d’arte, non       resta certamente inattiva: assiste al nascere e al crescere dell’opera, ne segue le fasi 5 progressive e ne gode, raccosta i varii elementi, li coordina, li compara. […] Questo, ordinariamente. Vediamo adesso se, per la natural disposizione d’animo di quegli scrittori che si chiamano umoristi e per il particolar modo che essi hanno di intuire e di considerar gli uomini e la vita, questo stesso procedimento     avviene nella concezione delle loro opere; se cioè la riflessione vi tenga la parte 10 che abbiamo or ora descritto, o non vi assuma piuttosto una speciale attività. Ebbene, noi vedremo che nella concezione di ogni opera umoristica, la riflessione non si nasconde, non resta invisibile, non resta cioè quasi una forma del sentimento, quasi uno specchio in cui il sentimento si rimira; ma gli si pone     innanzi, da giudice; lo analizza, spassionandosene; ne scompone l’immagine; da 15 questa analisi però, da questa scomposizione, un altro sentimento sorge o spira: quello che potrebbe chiamarsi, e che io difatti chiamo il . sentimento del contrario Vedo una vecchia signora, coi capelli ritinti, tutti unti non si sa di quale orribile manteca, e poi tutta goffamente    e parata d’abiti giovanili. Mi metto 1 ▶ imbellettata     a ridere. che quella vecchia signora è il contrario di ciò che una vecchia rispettabile 20 Avverto signora dovrebbe essere. Posso così, a prima giunta e superficialmente, arrestarmi a questa impressione comica. Il comico è appunto un avvertimento del contrario. Ma se ora interviene in me la riflessione, e mi suggerisce che quella vecchia signora non prova forse nessun piacere a pararsi così come un pappagallo, ma     che forse ne soffre e lo fa soltanto perché pietosamente s’inganna che, parata così, 25 nascondendo così le rughe e la canizie, riesca a trattenere a sé l’amore del marito molto più giovane di lei, ecco che io non posso più riderne come prima, perché appunto la riflessione, lavorando in me, mi ha fatto andar oltre a quel primo avvertimento, o piuttosto, più addentro: da quel primo mi avvertimento del contrario     ha fatto passare a questo . Ed è tutta qui la differenza tra il 30 sentimento del contrario comico e l’umoristico. […] Abbiamo detto che, ordinariamente, nella concezione d’un’opera d’arte, la riflessione è quasi una forma del sentimento, quasi uno specchio in cui il sentimento si rimira. Volendo seguitar quest’immagine, si potrebbe dire che, nella concezione     umoristica, la riflessione è, sì, come uno specchio, ma d’acqua diaccia, 35 2 in cui la fiamma del sentimento non si rimira soltanto, ma si tuffa e si smorza: il friggere dell’acqua è il riso che suscita l’umorista; il vapore che n’esala è la fantasia spesso un po’ fumosa dell’opera umoristica. […] Nella sua anormalità, non può esser che amaramente comica la condizione     d’un uomo che si trova ad esser sempre quasi fuori di chiave, ad essere a un tempo 40 violino e contrabbasso, d’un uomo a cui un pensiero non può nascere, che subito non gliene nasca un altro opposto, contrario; a cui per una ragione ch’egli abbia di dir sì, subito un’altra e due e tre non ne sorgano che lo costringono a dir no; e tra il sì e il no lo tengan sospeso, perplesso, per tutta la vita […].     E quest’appunto distingue nettamente l’umorista dal comico, dall’ironico, dal 45 satirico. Non nasce in questi altri il sentimento del contrario; se nascesse, sarebbe reso amaro, cioè non più comico, il riso provocato nel primo dall’avvertimento di una qualsiasi anormalità; la contradizione che nel secondo è soltanto verbale, tra quel che si dice e quel che si vuole sia inteso, diventerebbe effettiva, sostanziale, e     dunque non più ironica; e cesserebbe lo sdegno o, comunque, l’avversione della 50 realtà che è ragione di ogni satira. […] Ora la riflessione, sì, può scoprire tanto al comico e al satirico quanto all’umorista questa costruzione illusoria. Ma il comico ne riderà solamente, contentandosi di sgonfiar questa metafora di noi stessi messa su dall’illusione spontanea;     il satirico se ne sdegnerà; l’umorista, no: attraverso il ridicolo di questa scoperta 55 vedrà il lato serio e doloroso; smonterà questa costruzione ideale, ma non per riderne solamente; e in luogo di sdegnarsene, magari, ridendo, compatirà. […] TRECCANI ▶ Le parole valgono Un tempo con il termine si designava il cosmetico in polvere, pasta o crema usato dalle donne per truccarsi: da qui il verbo o il più frequente riflessivo , che però ha acquistato via via una sfumatura grottesca o caricaturale. Così se a un amico diciamo «ma come ti sei ?» intendiamo sottolineare scherzosamente che si è conciato in modo grossolano, mascherandosi esageratamente per nascondere il proprio aspetto. imbellettato belletto imbellettare imbellettarsi imbellettato ▶ Prima che la lingua inglese condizionasse tanto la nostra comunicazione quotidiana, era il francese a essere usato di più, soprattutto in certi ambiti, come la moda. Sai indicare la parola francese con la quale si indicava – ieri più di oggi – il trucco o il ritocco del volto per esigenze sceniche o per abbellimento? unguento cosmetico per i capelli. 1 manteca: ghiacciata. 2 diaccia: L’arte in genere astrae e concentra, coglie cioè e rappresenta così degli individui come delle cose, l’idealità essenziale e caratteristica. Ora pare all’umorista     che tutto ciò semplifichi troppo la natura e tenda a rendere troppo ragionevole o 60 almeno troppo coerente la vita. Gli pare che delle cause, delle cause vere che muovono spesso questa povera anima umana agli atti più inconsulti, assolutamente imprevedibili, l’arte in genere non tenga quel conto che secondo lui dovrebbe. Per l’umorista le cause, nella vita, non sono mai così logiche, così ordinate, come     nelle nostre comuni opere d’arte, in cui tutto è, in fondo, combinato, congegnato, 65 ordinato ai fini che lo scrittore s’è proposto. L’ordine? la coerenza? Ma se noi abbiamo dentro quattro, cinque anime in lotta fra loro: l’anima istintiva, l’anima morale, l’anima affettiva, l’anima sociale? E secondo che domina questa o quella, s’atteggia la nostra coscienza; e noi riteniamo valida e sincera quella interpretazione     fittizia di noi medesimi, del nostro essere interiore che ignoriamo, perché non 70 si manifesta mai tutt’intero, ma ora in un modo, ora in un altro, come volgano i casi della vita. Sì, un poeta epico o drammatico può rappresentare un suo eroe, in cui si mostrino in lotta elementi opposti e repugnanti; ma egli di questi elementi 3 comporrà     un carattere, e vorrà coglierlo coerente in ogni suo atto. Ebbene, l’umorista 75 fa proprio l’inverso: egli il carattere nei suoi elementi; e mentre quegli scompone cura di coglierlo coerente in ogni atto, questi si diverte a rappresentarlo nelle sue incongruenze. […] Il mondo, lui, se non propriamente nudo, lo vede, per così dire, in camicia:     in camicia, il re, che vi fa così bella impressione a vederlo composto nella maestà 80 d’un trono con lo scettro e la corona e il manto di porpora e d’ermellino […]. 4 Nella realtà vera le azioni che mettono in rilievo un carattere si stagliano su un fondo di vicende ordinarie, di particolari comuni. Ebbene gli scrittori, in genere, non se n’avvalgono, o poco se ne curano, come se queste vicende, questi     particolari non abbiano alcun valore e siano inutili e trascurabili. Ne fa tesoro 85 invece l’umorista. L’oro, in natura, non si trova frammisto alla terra? Ebbene, gli scrittori ordinariamente buttano via la terra e presentano l’oro in zecchini nuovi, ben colato, ben fuso, ben pesato e con la loro marca e il loro stemma bene impressi. Ma l’umorista sa che le vicende ordinarie, i particolari comuni, la     materialità della vita in somma, così varia e complessa, contradicono poi aspramente 90 quelle semplificazioni ideali, costringono ad azioni, ispirano pensieri e sentimenti contrarii a tutta quella logica armoniosa dei fatti e dei caratteri concepiti dagli scrittori ordinarii. […] Non ci sentiamo guizzar dentro, spesso, pensieri strani, quasi lampi di follia, pensieri inconseguenti, inconfessabili finanche     a noi stessi, come sorti davvero da un’anima diversa da quella che normalmente 95 ci riconosciamo? Di qui, nell’umorismo, tutta quella ricerca dei particolari più intimi e minuti, che possono anche parer volgari e triviali se si raffrontano con le sintesi idealizzatrici dell’arte in genere, e quella ricerca dei contrasti e delle contradizioni su cui l’opera sua si fonda, in contrapposizione alla coerenza cercata   dagli altri; di qui quel che di scomposto, di slegato, di capriccioso, tutte 100 quelle digressioni che si notan nell’opera umoristica, in opposizione al congegno ordinato, alla dell’opera d’arte in genere. composizione che si pongono in contrasto reciproco. 3 repugnanti: il riferimento è alla celebre fiaba dello scrittore danese Hans Christian Andersen (1805-1875). 4 in camicia… d’ermellino: I vestiti nuovi dell’imperatore  >> pagina 845 DENTRO IL TESTO I contenuti tematici La prima preoccupazione dello scrittore è stabilire quale sia la differenza tra la nell’opera d’arte classica e in quella umoristica. La metafora dello specchio che riflette e restituisce il dato oggettivo sembrerebbe in un primo momento accomunare l’idea di un’arte armoniosa e organica (qual è quella classica) al risultato dall’azione disgregante dell’umorismo. In realtà, la superficie riflettente osservata dall’umorista è sì ancora uno specchio, ma ormai andato in frantumi, ridotto a una miriade di schegge lucide e taglienti. Nell’opera umoristica la riflessione non è (rr. 14-15). I frammenti di questo specchio rotto non possono più ricomporre l’immagine originale in una visione globale e coerente; o meglio, ci dicono che già in origine la realtà è multiforme, e che tale molteplicità prospettica non va nascosta, ma anzi mostrata dall’opera d’arte. riflessione uno specchio in cui il sentimento si rimira; ma gli si pone innanzi, da giudice; lo analizza, spassionandosene; ne scompone l’immagine Lo specchio della riflessione L’affondo teorico di Pirandello viene d’improvviso illuminato dal celebre esempio della «vecchia imbellettata»; qui lo scrittore chiarisce come vada inteso il ruolo della riflessione nel procedimento umoristico e in che cosa questo differisca da quello comico. Nella sua semplicità, il passo è estremamente efficace, e la figura della donna si fissa nella memoria visiva del lettore con la stessa incidenza dei personaggi pirandelliani più riusciti. Pare quasi di vederla passeggiare, questa vecchia signora, agghindata a festa in modo goffo e ridicolo. Essa suscita il riso, perché chi la osserva “avverte” che è il contrario di ciò che un’anziana signora dovrebbe essere. Ma “avvertire” non è “sentire”, e su questa sostanziale differenza si gioca tutta la poetica dell’umorismo. L’esempio della «vecchia imbellettata» Di fronte a un tale spettacolo, l’artista comico, che si ferma al , si limita alla risata spontanea e superficiale; la sensibilità dell’umorista, invece, va oltre, per scoprire che, in realtà, la storia della nostra signora non è ridicola, ma forse addirittura tragica. Se la riflessione – quella speciale attività dello spirito di cui abbiamo parlato – interviene a suggerire che trucchi, abiti e acconciature sono probabilmente il tentativo disperato di trattenere un po’ di giovinezza e, insieme a quella, l’amore del marito più giovane, allora il nostro atteggiamento cambia, e la smorfia della risata si scioglie in una compassione piena di amarezza. In questo consiste il : esso non cancella il riso, né annulla la prima impressione, ma la corregge mettendola in prospettiva, permettendo di cogliere la profondità che si cela dietro la banalità dell’apparenza ( […] , rr. 28-30). primo avvertimento del contrario sentimento del contrario la riflessione, lavorando in me, da quel primo avvertimento del contrario mi ha fatto passare a questo sentimento del contrario Il comico e l’umorista Importante, ancora, è sottolineare il discrimine tra ironia, comicità, satira e umorismo. Nessuno, fatta eccezione per l’umorista, conosce davvero il ( , rr. 45-46). Se la comicità passasse attraverso la riflessione, non sarebbe più tale, come abbiamo visto; allo stesso modo, se l’ironia facesse ricorso al negherebbe la sua intrinseca sfumatura di leggerezza, che consiste nel proporre contraddizioni soltanto verbali ( […] , rr. 48-49). Nemmeno la satira, che nasce dallo sdegno per le ingiustizie sociali, è in grado di penetrare nel cuore della contraddizione: se lo facesse, lo sdegno verrebbe stemperato dalla compassione, e la satira negherebbe la propria natura. sentimento del contrario E quest’appunto distingue nettamente l’umorista dal comico, dall’ironico, dal satirico. Non nasce in questi altri il sentimento del contrario sentimento del contrario la contradizione tra quel che si dice e quel che si vuole sia inteso I gradi del riso Le scelte stilistiche Il pensiero di Pirandello diviene chiaro e incisivo grazie alle frequenti metafore visive, più che alle argomentazioni teoriche vere e proprie. Tutto il discorso è illuminato dagli esempi e dalle immagini proposte – la vecchia, lo specchio d’acqua ghiacciata, l’oro misto alla terra ( , rr. 86-88). L’oro, in natura, non si trova frammisto alla terra? Ebbene, gli scrittori ordinariamente buttano via la terra e presentano l’oro in zecchini nuovi Le immagini esemplificative  >> pagina 846 Il carattere non sistematico della produzione teorica di Pirandello è evidente anche nella sua prosa libera e fluente, nel ritorno con variazioni degli stessi temi, mai trattati compiutamente in un unico punto del saggio, ma ripresi e corretti, senza arrivare a una formulazione stabile e definitiva. Nel saggio sull’umorismo, insomma, Pirandello fornisce un esempio diretto di scrittura in forma “umoristica”, facendo saltare barriere fittizie, scomponendo gli ingranaggi e disgregando la consueta visione del mondo. La forma “slegata” dell’umorismo, che riempie il testo di digressioni intorno a particolari in apparenza inutili e banali ( , rr. 82-83), è per Pirandello adesione alla «vita nuda» (per dirla con il titolo di una delle sue novelle) e alle sue brucianti contraddizioni, lontane da ogni sintesi idealizzatrice propria dell’arte classica. L’arte, anche sul piano formale, non deve comporre elementi estranei e incompatibili in un tutto ordinato, ma solo prendere atto che la realtà è frammentaria. Nella realtà vera le azioni che mettono in rilievo un carattere si stagliano su un fondo di vicende ordinarie, di particolari comuni Uno stile fluente e non sistematico Gyula Halász (Brassaï),  , 1932-1933. New York, Museum of Modern Art (MoMA). “Bijou” di Montmartre VERSO LE COMPETENZE Comprendere Come agisce in genere la riflessione nella realizzazione di un’opera d’arte? Come agisce, invece, nell’opera umoristica? 1 Nell’esempio della «vecchia imbellettata», che cosa suggerisce la riflessione? 2 Che cosa significa l’espressione (r. 40)? A chi si riferisce? 3 fuori di chiave ANALIZZARE  Quali elementi descrittivi compongono l’immagine della «vecchia imbellettata»? Ricostruiscine il ritratto. 4 INTERPRETARE  Prova a sintetizzare in uno schema il rapporto che intercorre, secondo Pirandello, tra umorismo, comicità, ironia e satira. 5  Perché, a tuo giudizio, fra i tanti possibili esempi l’autore sceglie quello di una vecchia signora? 6 sviluppare il lessico 7 Con l’aiuto del dizionario, stabilisci le diverse sfumature di significato dei seguenti termini e poi scrivi una frase per ciascuno: • umoristico • comico • ironico • sarcastico • buffo • ridicolo • arguto scrivere per... esporre  Il termine “umorismo” viene usato quotidianamente con accezioni diverse. In Pirandello, come abbiamo visto, indica un sentimento in grado di cogliere il risvolto amaro o tragico di una realtà solo apparentemente ridicola. Prova a elaborare in un testo espositivo di circa 30 righe un tuo esempio di personaggio o di situazione umoristica. 8