T8 Io e l’ombra mia , cap. 15 Il fu Mattia Pascal Adriano Meis, innamorato della giovane Adriana Paleari, scopre di essere stato derubato dal cognato di lei. L’episodio lo illumina d’improvviso sulla nullità della propria esistenza fittizia, del suo nome falso, del castello di menzogne che gli sta crollando addosso. Egli non può denunciare il furto, né, soprattutto, può sposare la ragazza, perché per la legge lui non esiste (né come Mattia, né come Adriano). È diventato « un’ombra d’uomo » . Il rapporto tra uomo e legge  Asset ID: 222 ( )  let-altvoc-io-e-lombra-mia-il-fu-m60.mp3 Audiolettura Rimasi, non so per quanto tempo, lì su quella poltrona, a pensare, ora con gli occhi sbarrati, ora restringendomi tutto in me, rabbiosamente, come per schermirmi da un fitto spasimo interno. Vedevo finalmente: vedevo in tutta la sua crudezza la frode della mia illusione: che cos’era in fondo ciò che m’era sembrata la più grande       delle fortune, nella prima ebbrezza della mia liberazione. 5 Avevo già sperimentato come la mia libertà, che a principio m’era parsa senza limiti, ne avesse purtroppo nella scarsezza del mio denaro; poi m’ero anche accorto ch’essa più propriamente avrebbe potuto chiamarsi solitudine e noja, e che mi condannava a una terribile pena: quella della compagnia di me stesso; mi ero     allora accostato agli altri; ma il proponimento di guardarmi bene dal riallacciare, 10 foss’anche debolissimamente, le fila recise, a che era valso? Ecco: s’erano riallacciate da sé, quelle fila; e la vita, per quanto io, già in guardia, mi fossi opposto, la vita mi aveva trascinato, con la sua foga irresistibile: la vita che non era più per me. Ah, ora me n’accorgevo veramente, ora che non potevo più con vani pretesti,     con infingimenti quasi puerili, con pietose, meschinissime scuse impedirmi di assumer 15 coscienza del mio sentimento per Adriana, attenuare il valore delle mie intenzioni, delle mie parole, de’ miei atti. Troppe cose, senza parlare, le avevo detto, stringendole la mano, inducendola a intrecciar con le mie le sue dita; e un bacio, un bacio infine aveva suggellato il nostro amore. Ora, come risponder coi fatti alla     promessa? Potevo far mia Adriana? Ma nella gora del molino, là alla , ci avevano 20 1 Stìa buttato me quelle due buone donne, Romilda e la vedova Pescatore, – non ci 2 s’eran mica buttate loro! E libera dunque era rimasta lei, mia moglie; non io, che m’ero acconciato a fare il morto, lusingandomi di poter diventare un altro uomo, vivere un’altra vita. Un altr’uomo, sì, ma a patto di non far nulla. E che uomo dunque?     Un’ombra d’uomo! E che vita? Finché m’ero contentato di star chiuso in me 25 e di veder vivere gli altri, sì, avevo potuto bene o male salvar l’illusione ch’io stessi vivendo un’altra vita; ma ora che a questa m’ero accostato fino a cogliere un bacio da due care labbra, ecco, mi toccava a ritrarmene inorridito, come se avessi baciato Adriana con le labbra d’un morto, d’un morto che non poteva rivivere per lei!     Labbra mercenarie, sì, avrei potuto baciarne; ma che sapor di vita in quelle labbra? 30 Oh, se Adriana, conoscendo il mio strano caso… Lei? No… no… che! neanche a pensarci! Lei, così pura, così timida… Ma se pur l’amore fosse stato in lei più forte di tutto, più forte d’ogni riguardo sociale… ah povera Adriana, e come avrei potuto io chiuderla con me nel vuoto della mia sorte, farla compagna d’un uomo che     non poteva in alcun modo dichiararsi e provarsi vivo? Che fare? che fare? 35 […] il gorgo in cui è annegato il suicida scambiato per Mattia Pascal. 1 gora del molino: Marianna Dondi, cugina di Batta Malagna, il disonesto amministratore delle proprietà che Mattia ha ereditato dal padre. 2 la vedova Pescatore: Sì! sì! Svelandole che non ero Adriano Meis io tornavo ad essere Mattia Pascal, ! Come si possono dire siffatte cose? Era MORTO E ANCORA AMMOGLIATO il colmo, questo, della persecuzione che una moglie possa esercitare sul proprio marito: liberarsene lei, riconoscendolo morto nel cadavere d’un povero annegato,     e pesare ancora, dopo la morte, su lui, addosso a lui, così. Io avrei potuto ribellarmi 40 è vero, dichiararmi vivo, allora… Ma chi, al posto mio, non si sarebbe regolato come me? Tutti, tutti, come me, in quel punto, nei panni miei, avrebbero stimato certo una fortuna potersi liberare in un modo così inatteso, insperato, insperabile, della moglie, della suocera, dei debiti, d’un’egra e misera esistenza come quella 3     mia. Potevo mai pensare, allora, che neanche morto mi sarei liberato della moglie? 45 lei, sì, di me, e io no di lei? e che la vita che m’ero veduta dinanzi libera libera libera, non fosse in fondo che una illusione, la quale non poteva ridursi in realtà, se non superficialissimamente, e più schiava che mai, schiava delle finzioni, delle menzogne che con tanto disgusto m’ero veduto costretto a usare, schiava del timore     d’essere scoperto, pur senza aver commesso alcun delitto? 50 […] Io mi vidi escluso per sempre dalla vita, senza possibilità di rientrarvi. Con quel lutto nel cuore, con quell’esperienza fatta, me ne sarei andato via, ora, da quella casa, a cui mi ero già abituato, in cui avevo trovato un po’ di    , in cui ▶ requie mi ero fatto quasi il nido; e di nuovo per le strade, senza meta, senza scopo, nel     vuoto. La paura di ricader nei lacci della vita, mi avrebbe fatto tenere più lontano 55 che mai dagli uomini, solo, solo, affatto solo, diffidente, ombroso; e il supplizio di Tantalo si sarebbe rinnovato per me. 4 Uscii di casa, come un matto. Mi ritrovai dopo un pezzo per la via Flaminia, vicino a Ponte Molle. Che ero andato a far lì? Mi guardai attorno; poi gli occhi mi s’affisarono 5     su l’ombra del mio corpo, e rimasi un tratto a contemplarla; infine alzai 60 un piede rabbiosamente su essa. Ma io no, io non potevo calpestarla, l’ombra mia. Chi era più ombra di noi due? io o lei? Due ombre! Là, là per terra; e ciascuno poteva passarci sopra: schiacciarmi la testa, schiacciarmi     il cuore: e io, zitto; l’ombra, zitta. 65 L’ombra d’un morto: ecco la mia vita… Passò un carro: rimasi lì fermo, apposta: prima il cavallo, con le quattro zampe, poi le ruote del carro. «Là, così! forte, sul collo! Oh, oh, anche tu, cagnolino? Sù, da bravo, sì: alza     un’anca! alza un’anca!». 70 Scoppiai a ridere d’un maligno riso; il cagnolino scappò via, spaventato; il carrettiere si voltò a guardarmi. Allora mi mossi; e l’ombra, meco, dinanzi. Affrettai 6 il passo per cacciarla sotto altri carri, sotto i piedi de’ viandanti, voluttuosamente. TRECCANI ▶ Le parole valgono Ci sono giorni nei quali non desideriamo altro che un po’ di : parola latina e un po’ antiquata ma capace come nessun’altra di trasmettere il senso del riposo, della calma, della pace cui tutti aspiriamo nelle fatiche e nelle sofferenze che ci capita di vivere. Per questo speriamo di non dover mai dire: «è un momento che non trovo ». requie requie requie ▶ Il termine requiem si trova come prima parola nella frase latina requiem aeternam dona eis, Domine , “l’eterno riposo dona a loro, Signore”, ed è usata come sostantivo nell’espressione «messa da (o di) requiem »: sai dire di che cosa si tratta? afflitta, malata. 3 egra: secondo la mitologia figlio di Zeus e di una ninfa, Tantalo, per una serie di gravi offese arrecate agli dèi, fu ucciso dal padre e punito nell’oltretomba con il supplizio della fame e della sete: avendo sempre vicino l’acqua di un lago e alberi carichi di frutta, non riusciva mai né a bere né a cibarsi. 4 Tantalo: si fissarono. 5 s’affisarono: con me. 6 meco: Una smania mala mi aveva preso, quasi adunghiandomi il ventre; alla fine non 7 8     potei più vedermi davanti quella mia ombra; avrei voluto scuotermela dai piedi. 75 Mi voltai; ma ecco; la avevo dietro, ora. «E se mi metto a correre», pensai, «mi seguirà!». Mi stropicciai forte la fronte, per paura che stessi per ammattire, per farmene una fissazione. Ma sì! così era! il simbolo, lo spettro della mia vita era quell’ombra:     ero io, là per terra, esposto alla mercé dei piedi altrui. Ecco quello che restava 80 di Mattia Pascal, morto alla : la sua ombra per le vie di Roma. Stìa Ma aveva un cuore, quell’ombra, e non poteva amare; aveva denari, quell’ombra, e ciascuno poteva rubarglieli; aveva una testa, ma per pensare e comprendere ch’era la testa di un’ombra, e non l’ombra d’una testa. Proprio così!     Allora la sentii come cosa viva, e sentii dolore per essa, come il cavallo e le 85 ruote del carro e i piedi de’ viandanti ne avessero veramente fatto strazio. E non volli lasciarla più lì, esposta, per terra. Passò un tram, e vi montai. fissazione maniacale. 7 smania mala: afferrandomi con forza (propriamente con le unghie). 8 adunghiandomi:  >> pagina 885 DENTRO IL TESTO I contenuti tematici A questo punto del romanzo Mattia-Adriano si trova costretto a riflettere sul senso di una libertà che, in un primo tempo, gli era parsa assoluta. La costruzione di una nuova identità, condotta pazientemente nell’arco di due anni, si dilegua sotto lo sguardo deluso del protagonista ( , rr. 3-4). La finzione, infatti, non può continuare, per la mancanza di denaro, per l’estraneità alla legge, per l’impossibilità psicologica di vivere tenendosi lontano dagli altri esseri umani. Di fronte al furto subìto, è il derubato, e non il ladro, a doversi nascondere, proprio come farebbe un uomo colpevole. Vedevo finalmente: vedevo in tutta la sua crudezza la frode della mia illusione Tolta la maschera di Mattia Pascal, insomma, la libertà ha mostrato il volto di una nuova «trappola», in sostanza non diversa dalla precedente. Paradossalmente, l’unica ad aver reciso davvero il legame con il passato è la moglie Romilda, che riconoscendo Mattia nel cadavere di uno sconosciuto (forse in malafede) ha voltato pagina, cominciando un’altra vita. L’inetto Mattia, invece, è (r. 37): non esiste, e nonostante questo è tormentato da un’odiosa eredità familiare. MORTO E ANCORA AMMOGLIATO! I limiti della libertà Percepire la nullità della propria esistenza significa camminare sull’orlo della pazzia. (r. 58): questa è la prima reazione di Mattia di fronte allo scenario di solitudine e desolazione in cui si sente immerso. Il fallimento della seconda vita impostata a Roma sancisce la crisi definitiva del personaggio: egli sa di dover dismettere i panni di Adriano, senza aver ancora deciso di rientrare in quelli del vecchio Mattia. Uscii di casa, come un matto Così, sospeso in un limbo senza speranza, vaga per le strade, umiliato e ridotto a un’ombra ( , rr. 62-63). Egli lascia che i passanti e persino le ruote di un carro calpestino quell’ombra ( , r. 69), ormai più reale dell’uomo in carne e ossa cui appartiene. L’omicidio dell’ombra svela il disgusto che Mattia prova per sé stesso, per quel che è rimasto del suo vero io ( , rr. 79-80). In questo delirio «autopunitivo», ha scritto il critico Mazzacurati, affiora «la minaccia di un’estrema decomposizione patologica dell’io»; ma, una volta conclusa questa sorta di rituale, mosso a pietà Mattia raccoglie metaforicamente la propria ombra dalla strada, per tentare ancora una volta di custodire il nocciolo di un’identità che non si rassegna a considerare perduta. Chi era più ombra di noi due? io o lei? Due ombre! Là, così! forte, sul collo! il simbolo, lo spettro della mia vita era quell’ombra: ero io, là per terra La reazione di un folle e la “punizione” dell’ombra  >> pagina 886 Le scelte stilistiche In questo tormentato dialogo interiore del protagonista (alternato a parti narrative, qui non antologizzate, in cui avviene la scoperta del furto), Adriano Meis sembra appartarsi sul palcoscenico, come se riflettesse tra sé e sé o dialogasse con un ipotetico pubblico chiamato a fungere da testimone della sua crisi. In un crescendo d’intensità e sottigliezza concettuale, il discorso del narratore sembra avvilupparsi in una spirale soffocante, in una prigione verbale fatta di una serie di antinomie e inversioni: […] (rr. 82-84). Tali espedienti retorici rendono efficacemente l’idea di una perdita di senso, di uno smarrimento d’identità, di una confusione tra gli opposti, trasmettendo la sensazione di trovarsi irretiti in un meccanismo volutamente artificioso, che gira su sé stesso come una giostra. aveva un cuore, quell’ombra, e non poteva amare; aveva una testa, ma per pensare e comprendere ch’era la testa di un’ombra, e non l’ombra d’una testa Il soliloquio del narratore VERSO LE COMPETENZE Comprendere  Quando il protagonista ragiona sul suo rapporto con Adriana, intravede per un istante una tenue speranza. Quale? 1  Che cosa rimpiange di non aver fatto Mattia il giorno in cui scopre di essere ufficialmente morto? Come si giustifica subito dopo? 2 ANALIZZARE  Con quali parole il narratore immagina l’infinita solitudine che attende Mattia, dopo che avrà lasciato la casa romana di Paleari? 3 INTERPRETARE (rr. 24-25). Rifletti su questo passo, provando a ripercorrere brevemente le tappe della trasformazione di Mattia Pascal in Adriano Meis. 4 Un altr’uomo, sì, ma a patto di non far nulla. E che uomo dunque? Un’ombra d’uomo! Educazione CIVICA – Spunti di realtà Quasi alla fine del romanzo, l’idea di assoluta si trova drasticamente ridimensionata. libertà Secondo Pirandello, essa in realtà non è mai totale ma condizionata, in quanto è soggetta a un sistema di valori e di leggi imposto dalla società e non elaborato in autonomia dall’individuo. • In che senso si può dire che quello di libertà è un concetto di “relazione”? Secondo te, si può vivere senza limiti? Scrivi un testo argomentativo di circa 30 righe.