SEZIONE C – L’ETÀ DELLE RIVOLUZIONI

CAPITOLO 8 – La Rivoluzione americana

1. LE COLONIE INGLESI IN NORD AMERICA

MERCANTI, PURITANI, DEPORTATI

Le colonie inglesi in Nord America erano abitate da una popolazione variegata: molti coloni provenivano dalle comunità puritane che avevano lasciato l’Inghilterra, alcuni erano esiliati politici, alcuni mercanti in cerca di ricchezze, altri ancora erano semplici criminali deportati nelle colonie. Tutti però avevano due caratteristiche in comune: erano giovani e alla ricerca di un nuovo inizio in una terra dove non esistevano poteri e autorità precostituite, né ceti privilegiati.

LA NUOVA GERUSALEMME

Per i calvinisti inglesi, i puritani, le colonie del nuovo mondo erano un’opportunità per fondare la nuova Gerusalemme, una comunità di “eletti”. Secondo la dottrina calvinista, infatti, la salvezza ultraterrena dell’uomo non dipende dalle opere buone compiute in vita ma è riservata solo ad alcuni predestinati, gli eletti; e l’affermazione e il successo nella vita erano considerati prove dell’appartenenza alla comunità degli eletti. Queste basi religiose e culturali sono fondamentali per comprendere la spinta costante al successo e all’arricchimento individuale che caratterizzò le tredici colonie inglesi in Nord America.

DA NORD A SUD

La colonia inglese più a Nord era il New England, il cui centro più importante era la città portuale di Boston.

Muovendosi verso Sud vi erano poi le colonie che erano state strappate ai Paesi Bassi e che, a differenza del New England che a lungo fu abitato unicamente da coloni inglesi, ebbero sempre un flusso di immigrati costante che garantì alla regione maggiore vivacità economica, sociale e culturale.

Infine, c’erano le colonie più meridionali, vale a dire Delaware, Maryland, Virginia, North Carolina, South Carolina e Georgia, che si differenziarono sin da subito per una economia basata sulla produzione schiavile delle grandi piantagioni di cotone.

2. UN’INSODDISFAZIONE CRESCENTE

I RAPPORTI CON LA MADREPATRIA

Le colonie inglesi ebbero sempre una buona dose di autonomia nel governo locale. Nelle colonie si eleggevano infatti delle assemblee rappresentative in cui dominavano le élite economiche (mercantili nelle colonie centro-settentrionali, latifondiste, legate alla proprietà della terra, in quelle meridionali). Queste assemblee avevano anche il diritto di far sentire la propria voce difronte ai governatori, che non erano eletti ma imposti da Londra, e in questi casi l’Inghilterra cercava di trovare soluzioni di compromesso.

L’unico vincolo per le colonie consisteva nell’obbligo di commerciare solo con la madrepatria, sottoponendo sia le merci in arrivo sia quelle in uscita alla tassazione voluta dal Parlamento inglese.

I CONTRASTI ECONOMICI

Nel corso del XVIII secolo l’economia delle colonie era in piena espansione ed era penalizzata dai limiti imposti da Londra. Dover commerciare solo con la madrepatria e non poter possedere una flotta commerciale propria rendevano i prodotti delle colonie poco concorrenziali.

I CONTRASTI POLITICI

Il tema della rappresentanza politica aveva avuto un’importanza centrale nel dibattito politico e giuridico inglese. Il Parlamento inglese, diviso fra i whigs (cioè il gruppo di ispirazione  liberale e progressista) e i tories (i conservatori) aveva stabilito che tutti coloro che pagavano le tasse avevano il diritto di partecipare alla vita politica e al governo del paese eleggendo propri rappresentanti in Parlamento. Questo però non valeva per le colonie che, sebbene pagassero le tasse, non avevano nessuna rappresentanza in Parlamento.

Le richieste dei coloni di essere rappresentati in Parlamento si fecero sempre più crescenti, e trovarono anche l’appoggio dei whigs.

LE CONSEGUENZE DELLA GUERRA DEI SETTE ANNI

I coloni inglesi in America avevano contribuito alla vittoria nella Guerra dei Sette Anni sia militarmente che economicamente. Lo sforzo era stato tale che per la prima volta si iniziò a parlare di un senso di identità nordamericana, di appartenenza al territorio più che alla madrepatria.

Anche se aveva vinto, l’Inghilterra era uscita dalla guerra molto provata e per coprire le ingenti spese belliche sostenute, tra il 1763 e il 1765, impose numerose nuove tasse alle colonie. Per assicurarsi che queste venissero pagate e per contrastare il contrabbando delle merci, l’Inghilterra decise di portare più soldati nelle colonie e costrinse i coloni a pagare e ospitare le truppe che dovevano controllarli. 

Inoltre venne istituito un nuovo tribunale speciale, la corte del Viceammiragliato, con competenze su commercio e navigazione, completamente privo di rappresentanza popolare.

3. DAL BOSTON TEA PARTY ALL’INIZIO DEL CONFLITTO

NO TAXATION WITHOUT REPRESENTATION, OVVERO “NESSUNA TASSAZIONE SENZA RAPPRESENTANZA”

Nel 1765 il Parlamento inglese introdusse una nuova tassa, lo Stamp Act, con la quale si tassava ogni genere di atto commerciale, perfino i giornali. L’introduzione di questa nuova tassa imposta senza il consenso dei coloni, che penalizzava ulteriormente le prospettive commerciali americane, portò a diffuse proteste con lo slogan No taxation without representation, cioè “nessuna tassazione senza rappresentanza”. Per quasi dieci anni il Parlamento inglese continuò imporre nuove tasse e, anche se spesso poi venivano  abrogate (lo stesso Stamp Act venne abrogato un anno dopo essere stato introdotto) si creò un clima di aperta tensione fra la madrepatria e le colonie, sempre più convinte di essere vittima di decisioni tiranniche da parte di Londra.

Il punto di non ritorno si raggiunse nel 1773 quando il monopolio del commercio del tè con le colonie americane venne assegnato alla Compagnia delle Indie Orientali. In risposta, un gruppo di coloni, travestiti da indiani, abbordò una nave della Compagnia attraccata nel porto di Boston e rovesciò in mare tutto il suo carico di tè. L’episodio, diventato poi noto con il nome di Boston Tea Party, scatenò una dura reazione da parte di Londra: il porto di Boston venne immediatamente chiuso e vennero dati pieni poteri al governatore nominato dal re.

L’INIZIO DEL CONFLITTO

Per trovare un’adeguata risposta alla crisi con la madrepatria, nel 1774 a Philadelphia si riunì il primo congresso continentale dei rappresentanti delle tredici colonie. Il congresso decise di boicottare le merci inglesi, non aderire alle nuove norme commerciali e inviare una petizione al sovrano inglese Giorgio III per chiedere di giungere a un compromesso.

Londra però giudicò la convocazione del congresso continentale come un atto di aperta ribellione e inviò nuove truppe in America per sedare quella che sembrava una rivolta di poco conto.

Nell’aprile 1775 avvennero i primi scontri tra l’esercito inglese e le truppe del Massachusets: iniziava così la Guerra d’indipendenza americana. Nel maggio 1775, in occasione del secondo congresso continentale, i rappresentanti delle tredici colonie stabilirono di creare un esercito, e ne affidarono la guida a un militare che aveva combattuto per gli inglesi nella Guerra dei Sette anni: George Washington.

4. LA GUERRA D’INDIPENDENZA

LA DICHIARAZIONE D’INDIPENDENZA

Inizialmente le sorti del conflitto sembravano volgere a favore delle truppe britanniche, che riuscirono a conquistare New York e Philadelphia. Ben presto però l’esercito inglese si trovò in difficoltà, a causa della scarsa conoscenza del territorio e del mancato appoggio della popolazione civile.

Nel frattempo il congresso americano inviò l’intellettuale e scienziato Benjamin Franklin in Europa, con lo scopo di convincere le monarchie europee a sostenere la causa dei coloni facendo anche leva sui tradizionali conflitti con l’Inghilterra. La strategia fu particolarmente efficace con Francia e Spagna che, nel 1778-79, entrarono ufficialmente in guerra al fianco dei coloni.

Nel frattempo, l’avvocato e politico Thomas Jefferson, stilava la Dichiarazione di indipendenza, un testo che riconosceva il diritto naturale alla vita, alla libertà e alla ricerca della felicità, che venne approvato dal congresso continentale il 4 luglio 1776 a Philadelphia.

LA VITTORIA AMERICANA

Lentamente, e grazie all’intervento delle flotte francesi e spagnole, le truppe americane riuscirono a invertire le sorti del conflitto. Il momento di svolta si ebbe nel 1781 con l’assedio di Yorktown: la città, circondata da terra dalle truppe americane e da mare dalla flotta francese, dovette arrendersi e con lei l’intera guarnigione britannica.

Il trattato di Versailles, firmato nel 1783, pose fine alla Guerra d’indipendenza americana: la Gran Bretagna dovette riconoscere l’indipendenza delle sue ex colonie, che nel frattempo si erano date il nome di Stati Uniti d’America.

5. LA NASCITA DI UNA NUOVA NAZIONE

LA FORMA DA DARE AL NUOVO STATO

Una volta raggiunta l’indipendenza, le colonie si trovarono di fronte alla necessità di definire il proprio assetto istituzionale. Nel marzo 1781, il congresso continentale aveva votato gli Articoli di confederazione con lo scopo di creare una repubblica  federale che unisse i governi delle tredici ex colonie. Gli Articoli di confederazione però assomigliavano molto più a un trattato stipulato fra tredici Stati sovrani che non alla costituzione di un nuovo Stato unitario. Il potere conferito al congresso, in cui sedevano i rappresentanti delle ex colonie, era poco più che simbolico, di coordinamento fra gli Stati e di rappresentanza nei rapporti con l’estero, mentre alle singole ex colonie era riconosciuta un’amplissima autonomia. Si formò quindi un movimento d’opinione, detto federalista o nazionalista, che premeva per un netto rafforzamento del potere centrale.

LA COSTITUZIONE DEGLI STATI UNITI D’AMERICA DEL 1787

Nel settembre 1787 venne approvata quella che sarebbe divenuta la base della Costituzione americana. Questa seguiva il principio della divisione dei poteri, che i  padri fondatori americani ripresero da Montesquieu:

  • il potere legislativo era conferito al Congresso, che era diviso in due camere, la Camera dei rappresentanti, eletta direttamente dai cittadini, e il Senato, dove ogni Stato era rappresentato da due senatori;
  • il potere esecutivo veniva affidato al presidente, in carica per quattro anni.
  • il potere giudiziario risiedeva nella Corte suprema chiamata a difendere la Costituzione e a sanare i conflitti tra le istituzioni federali e quelle dei singoli Stati.

Gli Stati Uniti d’America si costituirono come una repubblica federale, in cui l’autonomia e la sovranità dei singoli Stati convivevano con un forte potere centrale.

Nel 1789 George Washington venne eletto primo presidente degli Stati Uniti, e fu riconfermato anche nelle elezioni del 1793.

I PRIMI EMENDAMENTI

La pressione dei gruppi politici anti-federalisti portò presto all’approvazione di dieci emendamenti alla Costituzione, tutti volti a limitare il potere del Congresso e a salvaguardare l’autonomia degli Stati membri. In particolare gli emendamenti riguardavano: l’espansione verso Ovest, la creazione e l’annessione di nuovi Stati all’Unione, la guerra ai nativi americani e le tensioni crescenti tra Nord e Sud a proposito della politica economica e dell’utilizzo degli schiavi neri.

ESERCIZI

1. Fai la scelta giusta.


a. Le colonie britanniche in Nord America:

  • sono costrette a pagare le tasse.
  • non pagano le tasse.

b. Le colonie britanniche in Nord America:

  • hanno rappresentanti nel Parlamento inglese.
  • non hanno rappresentanti nel Parlamento inglese.

c. Le nuove tasse vengono stabilite:

  • dal congresso continentale.
  • dal Parlamento inglese.

d. Quale evento dà inizio alla Rivoluzione d’Indipendenza americana?

  • L’assedio di Yorktown.
  • Il Boston Tea Party.

2. Colloca nella linea del tempo: Boston Tea Party, Stamp Act, Costituzione degli Stati Uniti, Dichiarazione d’Indipendenza.


3. Completa lo schema sul sistema della divisione dei poteri degli Stati Uniti.