SEZIONE C – L’ETÀ DELLE RIVOLUZIONI
Capitolo 9 – La Rivoluzione francese
LA CRISI ECONOMICA
Alla fine del Settecento la Francia era in una situazione economica gravissima, causata da anni di forti spese per finanziare le molte guerre, gestire l’apparato burocratico e amministrativo del regno e, infine, mantenere la fastosa corte di Versailles.
Per risolvere la situazione, il re Luigi XVI, salito sul trono nel 1774, si affidò a diversi ministri delle finanze. Il più attivo fu Jacques Necker (ministro dal 1776 al 1781) che, costretto a trovare rapidamente fondi, prese prestiti da grandi banchieri, che però imponevano altissimi tassi d’interesse. Contemporaneamente propose di tagliare sia i costi della corte che dell’amministrazione. Per dimostrare l’importanza di questa mossa promosse la pubblicazione di un rendiconto con il bilancio dello Stato, in cui comparivano tutte le spese, comprese le pensioni ed i benefici concessi dal re ai nobili. La nobiltà protestò e riuscì a farlo licenziare.
Nel frattempo una parte sempre maggiore della popolazione era ridotta in condizioni di miseria. La situazione si aggravò quando una serie di cattivi raccolti e una grande carestia dell’inverno 1774-75 ridusse le persone alla fame, causando malcontento e rivolte.
A peggiorare questa situazione l’intero settore manifatturiero stava entrando in crisi a fronte dalla concorrenza inglese.
la crisi politica
Oltre alla crisi economica, la Francia stava vivendo anche una crisi politica. Da più di un secolo la Francia era una monarchia assoluta, in cui tutti i poteri erano concentrati nelle mani del re. Luigi XVI però era giovane, inesperto e facilmente influenzato dai cortigiani. Presto su di lui e sulla regina, Maria Antonietta d’Austria, si diffusero fogli e scritti satirici che li ritraevano come tiranni scansafatiche. Accuse simili iniziarono poi a circolare anche sul clero e la nobiltà, due ceti privilegiati che non pagavano tasse ma avevano il maggiore peso politico.
Nell’antica istituzione degli Stati Generali (⇒ C1.5), clero e nobiltà rappresentavano il Primo e il Secondo Stato, mentre il resto della popolazione era compreso nel Terzo Stato. All’interno di quest’ultimo vastissimo gruppo, vi era un’élite economica e culturale composta da avvocati, medici, professori: persone dunque non solo benestanti, ma soprattutto dotate delle conoscenze e delle competenze culturali necessarie per richiedere un cambiamento del sistema sociale e politico. Fu il Terzo Stato, e questo ceto medio in particolare, a costituire il motore degli eventi rivoluzionari.
UN CLIMA CULTURALE FAVOREVOLE
Naturalmente un cambiamento non sarebbe mai stato possibile senza un clima culturale favorevole. Le idee illuministiche si erano diffuse ampiamente in Francia attraverso gazzette e giornali, ma soprattutto si erano imposte nei salotti, nei caffè e nei club, frequentati da tanti membri del Terzo Stato. Le teorie politiche di autori come Montesquieu e Rousseau mettevano in dubbio le basi del governo assolutista, proponendo la necessità della divisione dei poteri e del principio secondo cui tutti i cittadini dovevano essere rappresentati e prendere parte al governo del paese.
ISTITUZIONI DIMENTICATE
Per risolvere la crisi economica, Luigi XVI pensò di imporre nuove tasse, ma questo non era possibile senza l’approvazione degli Stati Generali. Il re, come i suoi predecessori, era restio a convocarli, perché i rappresentanti dei tre ceti, in cambio dell’autorizzazione all’imposizione di nuove tasse, erano soliti chiedere qualcosa al re, come nuovi privilegi o un maggior peso politico. Proprio per questo i sovrani di Francia non ricorrevano alla convocazione degli Stati Generali da circa 175 anni (l’ultima si era avuta nel 1614). Luigi XVI però non aveva alternative.
2. INIZIA LA RIVOLUZIONE
GLI STATI GENERALI
I problemi iniziarono prima ancora che l’assemblea si riunisse. Una notevole mobilitazione popolare portò alla stesura di circa 60 000 “quaderni delle lamentele” (cahiers de doléances), in cui erano elencati, punto per punto, i problemi del paese e le rivendicazioni per i quali i rappresentanti del popolo avrebbero dovuto battersi negli Stati Generali.
Inoltre si pose da subito il problema della modalità di voto: cioè se a votare fosse ogni Stato (voto per ordine) od ogni singolo deputato (voto per testa). Il numero dei deputati del Terzo Stato infatti era pari alla somma degli altri due; quindi una votazione per testa avrebbe avvantaggiato il Terzo Stato, mentre una per ordine avrebbe consentito a nobiltà e clero di allearsi e proteggere i propri privilegi.
L’ASSEMBLEA NAZIONALE
Gli Stati Generali si riunirono a Versailles nel 1789, ma non riuscirono a trovare un accordo sulle modalità di voto. I rappresentanti del Terzo Stato e alcuni esponenti del clero si separarono dall’assemblea e si proclamarono Assemblea nazionale, cioè unica e vera rappresentante della nazione. Luigi XVI, spaventato dall’idea di perdere il controllo, ordinò ai soldati di sbarrare l’accesso alla sede degli Stati Generali.
Il 20 giugno 1789 i rappresentanti dell’Assemblea nazionale occuparono allora la vicina sala della Pallacorda, si proclamarono Assemblea nazionale costituente e giurando di non sciogliersi fino all’ottenimento di una Costituzione per il regno di Francia. L’adesione dei gruppi liberali, provenienti anche da nobiltà e clero, costrinse infine Luigi XVI ad accettare la piega presa dagli eventi, invitando anche il resto di Primo e Secondo Stato a far parte dell’Assemblea nazionale costituente (9 luglio 1789).
IL 14 LUGLIO 1789
Nel frattempo continuavano a circolare voci sulla decisione del re di raccogliere reggimenti dell’esercito a lui fedeli con i quali stroncare sul nascere le richieste di riforma dell’Assemblea. Le voci si allargarono presto a tutta Parigi, e il 14 luglio 1789 il popolo di Parigi assaltò e distrusse la Bastiglia, un antico castello utilizzato da tempo come carcere per i traditori della monarchia, ma anche come fondamentale deposito di armi e munizioni.
Questo evento e questa data rappresentano storicamente l’inizio della Rivoluzione francese.
Nei giorni successivi molti nobili fuggirono da Parigi, mentre nella capitale si insediava un nuovo governo municipale, dotato di una milizia armata, la Guardia nazionale, capitanata da un nobile di tendenze liberali ed eroe della Rivoluzione americana, Marie-Joseph de Motier, marchese di La Fayette.
Contemporaneamente, nelle campagne si diffuse la “grande paura”: masse di contadini assaltarono i castelli dei loro signori, bruciando gli archivi in cui era custodita la documentazione relativa ai loro debiti ed ai privilegi nobiliari.
I SANCULOTTI
All’indomani della presa della Bastiglia la Francia si trovava in un inedito sistema politico, basato su tre centri: la monarchia, con sede a Versailles; l’Assemblea nazionale a Parigi ed infine il popolo stesso di Parigi che si riuniva nelle piazze. Nella capitale divennero importantissimi i ▶ club politici capaci di influenzare le decisioni dell’Assemblea o di portare folle nelle piazze della città. Per la prima volta nella storia della Francia gli strati più bassi della popolazione, specialmente quelli parigini, divennero una forza capace di influenzare le scelte politiche dello Stato. Simbolo di questa nuova fase furono i ▶ sanculotti, parigini appartenenti alle fasce meno ricche e influenti della società.
LE DECISIONI DELL’ASSEMBLEA
Una delle prime e più attese riforme dell’Assemblea costituente fu l’abolizione del regime feudale e dei suoi privilegi. Venivano così eliminate le corvées (prestazioni di lavoro gratuito), le esenzioni fiscali per i primi due Stati, le ▶ decime, il sistema giuridico separato. I beni ecclesiastici vennero confiscati e incamerati nei beni statali e venne approvata la costituzione civile del clero: tutti i religiosi dovevano prestare giuramento di fedeltà allo Stato, di cui diventavano funzionari stipendiati, e i vescovi e parroci sarebbero stati eletti direttamente dai fedeli.
In seguito, con la proclamazione della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, i diritti individuali vennero sanciti come inalienabili mentre veniva dichiarata l’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge.
Per quanto riguarda il mondo del lavoro, la legge Le Chapelier, varata nel febbraio 1791, sancì la libertà di lavoro e di iniziativa economica, ma allo stesso tempo vietò lo sciopero e qualsiasi associazione dei lavoratori creata a fini di rivendicazione salariale.
UNA MONARCHIA COSTITUZIONALE
Nel settembre 1791 l’Assemblea nazionale emanò la Costituzione. La Francia diventava così una monarchia costituzionale, in cui al re era riservato il potere esecutivo e la nomina di ministri; il potere legislativo andava alla Camera, eletta dai soli cittadini “attivi”, quelli cioè che pagavano tasse pari almeno al salario di tre giornate.
Al re venne riconosciuto solamente un diritto di veto “sospensivo” sulle leggi promulgate dalla Camera, mentre furono soppressi i Parlamenti (incluso quello di Parigi) e si decise la suddivisione del paese in 83 dipartimenti.
Si trattava di uno sviluppo democratico del governo in cui però rimanevano esclusi dal voto non solo le donne, ma anche le fasce più basse dei lavoratori che non contribuivano al versamento delle tasse, i disoccupati, i poveri.
3. DALLA MONARCHIA ALLA REPUBBLICA
GLI ERRORI DI LUIGI XVI
Luigi XVI non era più un monarca assoluto. La sua speranza, condivisa da numerosi nobili ed ecclesiastici, era ora rivolta a un possibile intervento armato in suo favore da parte delle altre monarchie europee, in particolare dell’imperatore d’Austria Leopoldo II, fratello della regina Maria Antonietta.
Temendo che il re potesse tramare un attacco alla Francia, il 6 ottobre 1789 il popolo di Parigi assaltò Versailles e costrinse il sovrano e la sua famiglia a spostarsi al palazzo reale delle Tuileries, nel cuore della capitale, dove potevano essere meglio controllati.
Pochi mesi dopo il re e la sua famiglia tentarono la fuga ma vennero riconosciuti a Varennes e riportati a Parigi.
Da quel momento fu chiaro per l’Assemblea e il popolo francese che il re gli era ostile e si fecero sempre più insistenti le richieste di abbandonare la monarchia e istituire una repubblica.
DESTRA E SINISTRA NELL’ASSEMBLEA LEGISLATIVA
La Camera incaricata di proporre e approvare le leggi al suo interno era divisa in tre principali forze politiche.
A destra sedevano i foglianti, conservatori monarchici; i loro leader erano aristocratici di tendenze liberali, come il marchese de La Fayette.
Al centro c’era un vasto gruppo di orientamento politico incerto, pronto a cambiare schieramento di votazione in votazione, significativamente denominato “palude”.
A sinistra trovavano invece spazio tutte quelle forze radicali che, non ancora soddisfatte dei cambiamenti ottenuti, premevano per la repubblica e per una società più democratica.
All’interno di quest’ultimo schieramento vi erano tre movimenti:
- i giacobini, attivi fin dai primi giorni della rivoluzione e più violenti avversari della monarchia, sedevano nei seggi più alti a sinistra e per questo erano detti “la montagna”;
- i cordiglieri, guidati da Georges Danton, erano più moderati ma comunque su posizioni repubblicane;
- i girondini, repubblicani moderati, spesso espressione di una piccola borghesia liberale.
LA PRESSIONE DELLE POTENZE STRANIERE
In effetti i sovrani d’Europa erano preoccupati dall’evoluzione delle vicende di Francia. L’imperatore d’Austria Leopoldo II e il sovrano di Prussia Federico Guglielmo II siglarono nel 1791 un accordo militare per attaccare congiuntamente la Francia. A sorpresa fu però quest’ultima a dichiarare guerra, nell’aprile 1792. La decisione di dichiarare guerra era stata fortemente voluta dai monarchici e dallo stesso Luigi XVI, fiducioso che l’intervento austriaco avrebbe spazzato via il governo rivoluzionario e restaurato la monarchia assoluta.
L’ASSALTO ALLE TUILERIES
Quando il popolo di Parigi capì che il re aveva iniziato una guerra con il solo scopo di vedere la sua stessa nazione sconfitta, assaltò il palazzo delle Tuilerie (10 agosto 1792). L’Assemblea legislativa fu costretta a ordinare la deposizione e l’arresto di Luigi XVI, accusato di tradimento della patria.
A questo punto la Francia aveva bisogno di una nuova Costituzione non più monarchica ma repubblicana; a stilarla sarebbe stata non più l’Assemblea costituente (in cui erano ancora presenti membri filomonarchici e moderati) ma la Convenzione, eletta a suffragio universale maschile. Con l’apertura di questa nuova fase, emersero sulla scena nuovi leader rivoluzionari, più giovani e radicali, come Maximilien de Robespierre, avvocato e nuovo capo dei giacobini.
LA PROCLAMAZIONE DELLA REPUBBLICA E L’ESECUZIONE DEL RE
Ancora una volta il nuovo cambiamento di regime si accompagnò con il timore che monarchici e moderati potessero tramare con le potenze straniere. Vennero istituiti tribunali speciali per processare coloro che venivano accusati di tradimento contro la Rivoluzione, i beni degli emigrati venivano confiscati e molti presunti nemici della patria vennero trucidati dalla folla.
Nel frattempo l’esercito rivoluzionario francese riuscì a sconfiggere sia gli austriaci che i prussiani a Valmy il 20 settembre 1792. Le perdite francesi però erano state talmente alte che la Convenzione dovette istituire la ▶ leva obbligatoria di massa.
Due giorni dopo, il 22 settembre 1792, la Convenzione proclamò la nascita della Prima Repubblica francese. Luigi XVI fu processato e condannato a morte, venne decapitato con la ▶ ghigliottina il 21 gennaio 1793.
4. GUERRA CIVILE E TERRORE
LA PRIMA COALIZIONE ANTIFRANCESE E LA RIVOLTA DELLA VANDEA
In seguito alla morte di Luigi XVI, tutti gli Stati d’Europa (compresi i piccoli Stati italiani) si unirono in una seconda coalizione antifrancese.
Contemporaneamente una rivolta supportata da membri del clero e della nobiltà locale esplose nella regione francese della Vandea, come reazione all’istituzione della leva obbligatoria. La Convenzione sedò la rivolta nel sangue ma non senza difficoltà, al punto che la Vandea rimase una regione poco governabile per diversi anni.
LA COSTITUZIONE DELL’ANNO I
Fino al 1793 i girondini (moderati) mantennero la maggioranza dei seggi nella Convenzione. Giacobini e cordiglieri però potevano contare su un maggiore seguito fra il popolo di Parigi, quindi nel giugno 1793 riuscirono a ottenere la maggioranza nella Convenzione e il 24 giugno fecero approvare una nuova Costituzione, detta dell’anno I. Si trattava di una Costituzione molto avanzata in senso democratico, che prevedeva la suddivisione dei poteri, il suffragio universale maschile e il riconoscimento del diritto al lavoro e all’assistenza. Dal punto di vista economico infine i montagnardi tutelarono la popolazione più povera imponendo un ▶ calmiere dei prezzi.
IL TERRORE
Mentre le forze delle potenze straniere invadevano la Francia, i girondini scatenarono una serie di rivolte per riprendere il potere. Attaccati su due fronti i “montagnardi” non misero in atto la loro Costituzione ma diedero invece massimi poteri a dodici uomini, fra i quali i leader carismatici Robespierre e Saint-Just, che avrebbero costituito il cosiddetto Comitato di salute pubblica.
Contemporaneamente venne istituito anche un Comitato per la sicurezza generale, che aveva come obiettivo la sicurezza della repubblica e come compiti quelli tipici della polizia politica: l’eliminazione fisica, sistematica e senza possibilità di difesa di tutti i nemici dello Stato, o presunti tali.
Il dominio del Comitato di salute pubblica coincise con i dodici mesi più sanguinosi della rivoluzione: il Terrore (1793-94). Decine di migliaia di persone vennero giustiziate, fra queste l’ex regina Maria Antonietta, leader rivoluzionari non giacobini come Danton, Brissot ed Hébert, aristocratici di tendenze liberali come il duca d’Orléans, intellettuali come il chimico Lavoisier e il poeta André Chenier.
LA “SCRISTIANIZZAZIONE” E IL NUOVO CALENDARIO
Il Comitato diede inizio a un intenso sforzo di “scristianizzazione” della società. Il culto cattolico venne sostituito con il culto della dea Ragione, i santi con i martiri rivoluzionari.
Anche il calendario venne cambiato. Il 22 settembre 1792, giorno della proclamazione della Repubblica, divenne il capodanno dell’anno I, poi il calendario proseguiva seguendo il sistema decimale: ogni giorno era composto da 10 ore, ogni ora da 100 minuti, ogni minuto da 100 secondi. Infine, ogni nome di mese richiamava il clima o fasi della vita contadina (per esempio dicembre venne denominato “nevoso”, settembre “vendemmiaio”).
TERMIDORO E IL “TERRORE BIANCO”
Durante il periodo del terrore Robespierre divenne una figura temuta da tutti. Detto “l’incorruttibile” in quanto totalmente devoto alla causa rivoluzionaria e sempre vicino alle richieste dei più poveri e degli oppressi, con il passare dei mesi si mostrò però sempre più ossessionato dalla paura dei traditori, oltre che assai vendicativo e violento nei confronti dei suoi diretti avversari. Alla fine però finì vittima dello stesso sistema che avevano costruito: una congiura segreta interna al Comitato messa in atto tra l’8 e il 9 del mese di Termidoro (26-27 luglio 1794) accusò lui e Saint-Just di tradimento e li condannò alla ghigliottina.
Dopo la morte dei due capi della montagna, il Comitato venne gradualmente sciolto, le leggi speciali furono abrogate e i girondini tornarono a occupare la maggioranza dei seggi.
Sfruttando questo ennesimo momento di transizione, i moderati e filomonarchici scatenarono quello che è stato definito il “Terrore bianco” ovvero un periodo in cui omicidi politici e linciaggi presero di mira giacobini e sanculotti, provocando centinaia di vittime.
Durante il periodo del Terrore le armate francesi erano riuscite a battere le forze della coalizione e, grazie al calmiere giacobino, i problemi di approvvigionamento della popolazione di Parigi erano stati arginati. I girondini eliminarono però il calmiere e, quando il popolo si rivoltò, la repressione fu brutale.
5. GLI ANNI DEL DIRETTORIO
UNA COSTITUZIONE MODERATA
Il 22 agosto 1795 entrò in vigore una nuova Costituzione, detta dell’anno III. Questa nuova Costituzione reintroduceva il voto per censo e limitava la libertà di stampa e di associazione, assegnando a nuove camere i poteri legislativo e giudiziario. Infine, il potere esecutivo diveniva di competenza di una nuova istituzione, composta da cinque membri: il Direttorio.
LA SVOLTA MILITARE
Nel 1796 il Direttorio decise di affrontare la minaccia esterne della potenze europee. Decise di muovere contro l’Austria con due eserciti: il primo, molto numeroso e ben armato, avrebbe attraversato le pianure tedesche a Nord delle Alpi per giungere a Vienna; il secondo, più piccolo, sarebbe passato dalle Alpi piemontesi e sarebbe servito da diversivo. Il piano però venne ribaltato dagli eventi. Il primo esercito venne ostacolato dalle truppe austriache mentre il secondo, guidato dal generale Napoleone Bonaparte, riuscì a muoversi rapidamente dal Piemonte fino al Veneto. A quel punto l’Austria fu costretta a firmare la pace pur di non essere invasa.
La pace venne firmata nel 1797 a Campoformio: l’impero dovette riconoscere la sovranità francese sui Paesi Bassi meridionali e sulla Lombardia, ma ebbe in cambio i territori della Repubblica di Venezia, che così conobbe la fine della sua millenaria storia di Stato indipendente.
LA RIVOLUZIONE IN ITALIA
Firmata la pace con l’Austria Napoleone guidò il suo esercito verso il Sud della penisola. Uno dopo l’altro gli Stati italiani vennero sconfitti e le loro monarchie vennero sostituite da “Repubbliche sorelle” in cui al pensiero illuminista si univano gli ideali rivoluzionari appoggiati da buona parte della popolazione. Nell’arco di due anni (1797-99) buona parte del Nord Italia si costituì nella Repubblica cisalpina (la prima ad adottare il tricolore verde, bianco e rosso), Genova, Roma e Napoli diedero vita rispettivamente alla Repubblica ligure, la Repubblica romana (con l’espulsione e l’esilio di papa Pio VI) e la Repubblica napoletana, con il sovrano Ferdinando IV di Borbone costretto a rifugiarsi in Sicilia. Anche i Savoia dovettero rifugiarsi in Sardegna, mentre il Granducato di Toscana veniva occupato dalle truppe francesi. Solo il ducato di Parma e Piacenza rimase in mano a Ferdinando di Borbone.
6. LA FINE DELLA RIVOLUZIONE
NAPOLEONE IN EGITTO
In seguito alla serie di vittorie in Italia, il Direttorio decise di mandare Napoleone in Egitto, a capo di un nuovo esercito. Con questa mossa la Francia intendeva minacciare i traffici commerciali inglesi che dall’India portavano merci in Egitto e di lì, attraverso il Mediterraneo e l’Atlantico, in Inghilterra.
Napoleone sconfisse l’esercito egiziano nella battaglia delle Piramidi (1798), ma il dominio inglese sui mari restò inattaccabile: la flotta francese venne infatti sconfitta nelle acque di Abukir (1799) dalle navi inglesi comandate dall’ammiraglio Horatio Nelson.
LA FINE DEL “TRIENNIO GIACOBINO”
La resistenza inglese e l’entrata in guerra della Russia (1798) permisero la nascita di una nuova coalizione antifrancese. A questo punto, il Direttorio fu costretto a richiamare in Francia il grosso delle sue truppe, comprese quelle rimaste in Italia. Prive della protezione militare francese, le “Repubbliche sorelle” caddero tutte in breve tempo, sotto la spinta di aristocratici e membri del clero desiderosi di riconquistare il vecchio potere. Venne così sancita la fine del cosiddetto “Triennio giacobino” in Italia (1796-99).
IL COLPO DI STATO DEL 18 BRUMAIO
Nell’arco di due anni, tra 1797 ed il 1799, si verificarono ben tre colpi di Stato in Francia. I primi due furono orditi dallo stesso Direttorio che prima annullò i risultati delle elezioni del 1797 (in cui avevano vinto i monarchici) e poi quelle del 1798 (in cui invece aveva vinto la forza opposta, ovvero i giacobini).
Il terzo colpo di Stato, 18 brumaio (9 novembre) 1799, fu invece organizzato dall’abate Sieyès (già celebre per il suo ▶ pamphlet “Che cos’è il Terzo Stato?”) che insieme al giurista Roger Ducos e al generale Napoleone Bonaparte rovesciò il Direttorio dando vita a un regime in cui i tre condividevano il titolo di “consoli”.
LA COSTITUZIONE DELL’ANNO VIII
La Costituzione dell’anno VIII, quarta e ultima della Rivoluzione, entrò in vigore il 25 dicembre 1799. Il controllo delle due assemblee legislative venne assegnato ai tre consoli. La carica di primo console, e quindi di capo dello Stato, venne riconosciuta a Napoleone.
Finiva così la Rivoluzione francese.
ESERCIZI
1. Completa lo schema sulle tappe principali della Rivoluzione francese.
