SEZIONE D – IL SECOLO DELLA BORGHESIA E L’ETÀ DELL’IMPERIALISMO
CAPITOLO 14 – L’UNITà D’ITALIA
REPRESSIONE E MALGOVERNO NEL LOMBARDO-VENETO
In seguito alle vittorie contro Piemontesi e rivoluzionari (⇒ C13.4) il maresciallo Radetzky venne nominato governatore del Lombardo-Veneto. Radetzky, ormai più che ottantenne, governò applicando la stessa disciplina cui era abituato nell’esercito: in dieci anni furono migliaia le incarcerazioni, i processi e le esecuzioni di coloro che avevano partecipato ai moti del 1848 o che venivano sospettati di preparare nuove insurrezioni.
Oltre all’aspetto repressivo, gli anni Cinquanta dell’Ottocento nel Lombardo-Veneto furono caratterizzati anche da alcune scelte di governo discutibili: ad esempio furono aumentate le tasse a scapito soprattutto dei ceti popolari e venne reintrodotta la leva obbligatoria. In generale il Lombardo-Veneto venne trattato come una semplice e trascurabile periferia dell’Impero asburgico, dalla quale Vienna pretendeva tasse ma sulla quale investiva poco.
L’ITALIA CENTRALE
Negli Stati dell’Italia centrale, dopo la sconfitta delle rivoluzioni del 1848 i gruppi moderati e liberali che avevano appoggiato le insurrezioni furono costretti al silenzio o, in alcuni casi, all’esilio.
Nel Granducato di Toscana lo Statuto venne abrogato e venne reinserita la pena di morte; allo stesso tempo però il Granducato raggiunse un buon livello di sviluppo economico e ampliò la propria rete ferroviaria.
Differenti furono i risultati nello Stato pontificio, dove Pio IX annullò tutti gli atti della Repubblica romana e reintrodusse la pena capitale e le discriminazioni contro gli ebrei. In seguito il papa si scagliò anche contro la laicizzazione della società in Europa, denunciando le innovazioni della modernità, e stipulò vari concordati con gli Imperi russo e asburgico e con i regni di Spagna e Portogallo, rafforzando la posizione internazionale della Chiesa.
LUCI E OMBRE NEL REGNO DELLE DUE SICILIE
Nel regno delle Due Sicilie, Ferdinando II di Borbone represse i moti con spietatezza, arrivando addirittura a cannoneggiare, radendola quasi al suolo, la città di Messina.
In seguito a questo atto Francia e Gran Bretagna ruppero le relazioni diplomatiche con il regno e la popolazione siciliana soprannominò Ferdinando II “re bomba”.
A caratterizzare il regno delle Due Sicilie era poi la storica sproporzione tra una grande capitale, Napoli, e una periferia rurale. Napoli era la città più popolosa d’Italia (contava circa 450.000 abitanti), era un immenso mercato, un grande porto, un fiorente centro culturale, una meta turistica richiesta, la sede di una corte sfarzosa, nonché la prima città d’Italia a dotarsi di una ferrovia (Napoli-Portici); il resto del regno era invece economicamente arretrato,, privo di infrastrutture e le poche strade erano spesso infestate da banditi.
2. IL PIEMONTE DI CAVOUR
VITTORIO EMANUELE II E IL CONTRASTO CON IL PARLAMENTO
Nell’Italia post 1848, la realtà più vivace dal punto di vista politico e istituzionale era il regno di Sardegna.
Vittorio Emanuele II, dopo essere successo al padre Carlo Alberto (⇒ C13.4), mantenne in vigore lo Statuto albertino; quando però il parlamento si rifiutò di pagare le somme previste dall’accordo di pace con l’Austria, sciolse il parlamento. Con il proclama di Moncalieri il re si rivolse poi direttamente agli elettori consigliandoli di eleggere un nuovo parlamento più favorevole alla corona, minacciando in caso contrario l’abolizione dello Statuto. Nel nuovo parlamento vennero eletti numerosi deputati moderati e filo-monarchici, ma come primo ministro rimase Massimo D’Azeglio, che condusse lo Stato verso la modernizzazione. Particolarmente importante in tal senso fu la legge Siccardi, con la quale si pose fine a numerosi privilegi anacronistici di cui ancora godeva il clero.
UN NUOVO PROTAGONISTA: CAVOUR AL POTERE
Proprio in sta fase, emerse una nuova figura, quella di Camillo Benso conte di Cavour. Cavour non era il classico esponente dell’aristocrazia: aveva girato l’Europa da quando aveva 20 anni, occupandosi al contempo di amministrare le sue terre che divennero presto una fiorente e moderna azienda agricola. Vicino alla politica sin da giovanissimo, Cavour era anche direttore di un giornale che già dal nome indicava il proprio orientamento: “Il Risorgimento”. Cavour era un liberale moderato la cui politica mirava alla tutela delle libertà fondamentali, garantite da una monarchia costituzionale capace di scongiurare il pericolo della rivoluzione.
Nel 1852, dopo essere riuscito a rafforzare in parlamento un centro che unisse i moderati sia di destra che di sinistra, Cavour divenne primo ministro del regno di Sardegna.
LIBERISMO, INFRASTRUTTURE E SVILUPPO INDUSTRIALE
Cavour seguì con decisione la strada del liberismo abolendo le barriere doganali e aprendo il regno di Sardegna al mercato internazionale: tra il 1851 e il 1854 vennero stipulati trattati commerciali con Francia, Belgio, Austria e Gran Bretagna, seguendo una strategia economica di cui beneficiò, in primo luogo, il settore agricolo. Oltre a queste iniziative, Cavour si impegnò per garantire al Piemonte una sostanziale crescita a livello industriale e infrastrutturale costruendo strade, canali e strade ferrate. Tali cambiamenti favorirono lo sviluppo dei commerci e dell’industria, in particolare di quella siderurgica e meccanica. Il Piemonte raggiunse così negli anni Cinquanta una netta posizione di vantaggio rispetto agli altri Stati della penisola, in termini di sviluppo industriale, di rete di trasporti, di scambi commerciali con l’estero. Pur dovendo fare i conti con un tasso di analfabetismo ancora molto alto, il Piemonte si arricchì in quegli anni del contributo politico e intellettuale di molti ▶ esuli che, in fuga da diverse zone d’Italia, trovarono nel regno sabaudo rifugio e protezione.
3. MAZZINI E LA SOCIETÀ NAZIONALE
IL FALLIMENTO MAZZINIANO
Nonostante il fallimento dei moti del 1848, Mazzini continuò nel suo progetto di dare vita a uno Stato italiano democratico e unitario, organizzando insurrezioni in tutta la penisola e fondando nel 1853 il Partito d’Azione.
Allo stesso tempo molti criticavano Mazzini di mostrare poco interesse verso i problemi sociali e di non cercare un dialogo con le altre componenti politiche e sociali.
LA SOCIETÀ NAZIONALE
Proprio l’idea di unire tutte le forze interessate al progetto unitario fu alla base di un movimento che nel luglio 1857 assunse il nome di Società nazionale. Il movimento sosteneva che il regno di Sardegna fosse l’unico Stato ad avere le forze per raggiungere l’obiettivo comune dell’indipendenza, e per questo la monarchia sabauda andava appoggiata fino a quando si fosse impegnata per il raggiungimento dell’Unità nazionale. Daniele Manin, il leader democratico a capo della Repubblica veneta nel 1848-49, fu il primo a proporre questa idea e fra gli aderenti a questa nuova società vi fu anche Giuseppe Garibaldi che, ancora ricercato in tutti gli Stati italiani, era però rientrato nella penisola per tornare a combattere.
4. LA SECONDA GUERRA D’INDIPENDENZA
LA POLITICA ESTERA DI CAVOUR
Cavour fissò sin dagli inizi del suo governo dei precisi obiettivi anche in politica estera.
Nel 1853 la Russia dichiarò guerra all’Impero ottomano (Guerra di Crimea, ⇒ C16.1); il Regno Unito e la Francia, volendo frenare l’espansionismo russo, entrarono in guerra a fianco dell’Impero e Cavour decise di intervenire a sua volta, inviando 18.000 uomini a combattere contro i Russi.
Questo permise a Cavour, una volta terminato il conflitto, di potersi sedere insieme alle potenze vincitrici alla conferenza di pace di Parigi (1856). In quell’occasione Cavour presentò davanti alla comunità internazionale il problema della penisola italiana e venne riconosciuto come punto di riferimento per il movimento indipendentista italiano.
L’ALLEANZA CON LA FRANCIA
La sconfitta subita dal Piemonte nella Prima guerra di indipendenza suggerì a Cavour che prima di affrontare nuovamente l’Austria sarebbe stato necessario trovare un alleato. Nel luglio 1858 Cavour incontrò l’imperatore francese Napoleone III presso Plombières, e in quell’occasione venne siglata un’alleanza franco-piemontese. In cambio dell’appoggio militare francese, il Piemonte avrebbe concesso la città di Nizza e la provincia della Savoia alla Francia.
SUL CAMPO DI BATTAGLIA
La Francia però sarebbe intervenuta solo se il Piemonte fosse stato attaccato. Cavour aveva quindi bisogno di trovare un motivo che spingesse l’Austria a dichiarare guerra al regno di Sardegna. Il governo piemontese cercò in tutti i modi di provocare gli austriaci: schierò l’esercito al confine, iniziò una serie di esercitazioni militari e reclutò un corpo di volontari italiani, i Cacciatori delle Alpi, il cui comando venne affidato a Giuseppe Garibaldi.
Il 23 aprile 1859 da Vienna arrivò un secco ▶ ultimatum in cui si chiedeva lo scioglimento dei corpi volontari e la fine dei movimenti militari al confine. La risposta negativa di Cavour diede avvio alla Seconda guerra d’indipendenza.
La Francia si schierò allora in aiuto del piccolo Stato italiano, e insieme riportarono una vittoria a Montebello, mentre Garibaldi e i suoi volontari impegnavano l’esercito austriaco nel nord della Lombardia; il 4 giugno una nuova vittoria a Magenta portò le truppe franco-piemontesi fino al fiume Ticino; il tentativo di contrattacco asburgico fu poi fermato nella sanguinosa battaglia di Solferino e San Martino (24 giugno 1859).
L’ARMISTIZIO DI VILLAFRANCA E LA PACE DI ZURIGO
Proprio nel momento in cui la vittoria sembrava vicina, Napoleone III decise di ritirarsi dal conflitto, proponendo agli austriaci un armistizio che fu firmato l’11 luglio 1859 a Villafranca. In base all’armistizio di Villafranca, l’Austria cedeva la sola Lombardia alla Francia, che poi l’avrebbe “girata” al Piemonte, mentre manteneva il controllo del Veneto.
I motivi di questa decisione furono diversi: innanzitutto la guerra si era dimostrata ben più costosa, in termini sia umani che economici, di quanto non preventivato; poi Napoleone temeva un intervento della Confederazione germanica a sostegno dell’Austria; infine in tutto il Centro-Nord erano scoppiate insurrezioni con la richiesta di annessione al regno di Sardegna.
5. LA SPEDIZIONE DEI MILLE E L’UNITÀ D’ITALIA
LE ANNESSIONI
Nel gennaio 1860, Cavour raggiunse un nuovo accordo con Napoleone III: il regno sabaudo cedeva Nizza e la Savoia e in cambio la Francia riconosceva il diritto del regno di Sardegna a espandersi in centro Italia.
Nel marzo 1860 in Emilia, Romagna e Toscana furono indetti dei plebisciti in cui a maggioranza schiacciante il popolo decise di unirsi al regno di Sardegna.
LE AMBIZIONI DEI DEMOCRATICI
Francesco Crispi e Rosolino Pilo, esuli in Piemonte, conoscevano bene la condizione di insoddisfazione e perenne ribellione in cui versava la Sicilia. I due decisero di organizzare una spedizione militare di volontari, guidati da Garibaldi, per riaccendere la miccia della rivoluzione nell’isola. Memori della disfatta di Pisacane a Sapri, Crispi e Pilo si adoperarono per organizzare una rivolta locale prima dell’arrivo di Garibaldi.
Cavour, quando venne a sapere della spedizione, decise di non fermarla ma di non appoggiarla nemmeno, temendo che avrebbe messo a rischio il nuovo equilibrio tanto faticosamente ottenuto e che avrebbe riportato alla ribalta quei gruppi democratici da lui avversati.
GARIBALDI IN SICILIA
Garibaldi salpò dalle coste di Quarto, vicino Genova, con poco più di mille volontari su due navi rubate in porto. A differenza di quanto era accaduto a Pisacane tre anni prima, Garibaldi e i Mille furono accolti con entusiasmo dalla popolazione locale e il 15 maggio, a Calatafimi, il corpo di spedizione sconfisse le truppe Borboniche che contavano il doppio degli uomini. Garibaldi e i suoi avanzarono dunque su Palermo: all’arrivo dei garibaldini la città insorse e dopo tre giorni di combattimenti la guarnigione borbonica fu costretta alla fuga.
Garibaldi formò un nuovo governo provvisorio, sotto la guida di Francesco Crispi, che governava in nome di Vittorio Emanuele II. Fra giugno e luglio sbarcarono in Sicilia quasi 15.000 volontari provenienti da tutta Italia con i quali a Milazzo, il 20 luglio, Garibaldi sconfisse le ultime truppe borboniche rimaste in Sicilia.
L’INTERVENTO PIEMONTESE
Il 20 agosto Garibaldi sbarcò in Calabria e sconfiggendo rapidamente le truppe borboniche in brevissimo tempo giunse a Napoli. Intanto a Torino, Cavour osservava con una certa preoccupazione lo svolgersi degli eventi. La fama e il prestigio crescenti di Garibaldi rischiavano di mettere in secondo piano il ruolo del regno sabaudo e di ridare forza alle richieste dei leader democratici. L’esercito piemontese doveva intervenire e così mentre Garibaldi risaliva la penisola da Sud a Nord le truppe piemontesi invasero le Marche, l’Umbria e l’Abruzzo.
LA PROCLAMAZIONE DEL REGNO D’ITALIA
Il 21 ottobre 1860 in tutte le regioni italiane occupate da garibaldini o truppe piemontesi si tennero dei plebisciti a suffragio universale maschile: i cittadini dovettero scegliere se unirsi allo Stato sabaudo. L’affluenza fu molto alta e la vittoria del sì fu schiacciante. Garibaldi si incontrò con Vittorio Emanuele II a Teano, nei pressi di Caserta. Il generale consegnò le province liberate al loro nuovo sovrano e si ritirò nell’isola di Caprera, senza nascondere però la sua intenzione di tornare presto a combattere per la liberazione di Roma e del Veneto.
Il 17 marzo 1861 il primo Parlamento italiano, eletto a suffragio censitario, proclamò Vittorio Emanuele II re d’Italia “per grazia divina e volontà della nazione”.
ESERCIZI
1. Metti nell’ordine temporale giusto le fasi dell’unificazione d’Italia.
- Cavour diventa primo ministro del Regno di Sardegna.
- Garibaldi e i Mille sbarcano in Sicilia.
- Garibaldi incontra a Teano il re Vittorio Emanuele II.
- Vittorio Emanuele II viene proclamato re d’Italia.
- Emilia, Romagna e Toscana con dei plebisciti si uniscono al Regno di Sardegna.
- Cavour decide di intervenire nell’impresa dei Mille.
- Inizia la Seconda guerra d’indipendenza.
- Il Piemonte partecipa alla Guerra di Crimea.
2. Fai la scelta giusta.
a. Radetzky viene nominato governatore del Piemonte/Lombardo-Veneto.
b. Nello Stato pontificio Pio IX mantiene/annulla tutti gli atti della Repubblica romana.
c. La capitale del Regno delle Due Sicilie è Napoli/Palermo.
d. Il primo re di Prussia è Federico Guglielmo/Federico I.
e. Il Navigation Act genera una serie di conflitti tra l’Inghilterra e la Francia/le Province Unite.
3. Collega ogni personaggio storico all’avvenimento che lo riguarda.
Giuseppe Garibaldi | Fonda il Partito d’Azione. |
Camillo Benso Conte di Cavour | Incontra Napoleone III a Plombières. |
Vittorio Emanuele II | Si ritira nell’isola di Caprera dopo l’incontro a Teano. |
Giuseppe Mazzini | Mantiene in vigore lo Statuto albertino. |