L’ORA DI CIVICA RAZZA TRECCANI #paroleper il futuro La parola a… Marcello Flores . Vorrei provare a spiegare come il concetto di « razza », consolidatosi a partire dalla seconda metà del XIX secolo, sia privo di ogni fondamento scientifico Marcello Flores ha insegnato Storia comparata e Storia dei diritti umani all’Università di Siena, dove ha diretto il Master europeo in Human Rights and Genocide Studies, e all’Università di Trieste tra il 1975 e il 1992. Studioso dei totalitarismi, dei genocidi e dei diritti umani, i suoi ultimi lavori sono: (con Giovanni Gozzini, Laterza 2022); (il Mulino 2021); (il Mulino 2021); , il Mulino 2020; (con Mimmo Franzinelli, Laterza 2019). Perché il fascismo è nato in Italia Il mondo contemporaneo 1945-2020 Il genocidio Cattiva memoria Storia della Resistenza e la realtà di un’unica specie umana caratterizzata da piccole e ripetute differenze che non alterano la sostanziale unitarietà della «razza umana». Eppure queste piccole differenze biologiche (la diversità del colore della pelle, dell’altezza, dei capelli, del naso o della struttura ossea) hanno costituito in passato il fondamento per una teoria gerarchica dei gruppi umani, definiti «razze» sulla base prevalente della pigmentazione cutanea, cui si è dato un ordine gerarchico in base al valore arbitrario attribuito al colore della pelle (più positivo nel bianco e più negativo nel nero). Da diversi anni la biologia e la genetica hanno dimostrato scientificamente l’inesistenza delle razze Questa idea di gruppi di persone appartenenti a popolazioni omogenee e caratterizzate da elementi esteriori facilmente riconoscibili – chiamate razze – diventa accettata e condivisa nella seconda metà dell’Ottocento ed è il risultato di un particolare contesto storico. Una errata e banalizzata interpretazione del pensiero di Darwin (l’evoluzione della specie e l’ereditarietà di caratteri naturali) si incrocia con l’idea dello Stato-nazione come forma ideale in cui un popolo omogeneo può vivere: la teoria del cosiddetto – il tentativo di adattare anche alla società umana i criteri di un’evoluzione della specie che per Darwin aveva impiegato centinaia di migliaia di anni – viene utilizzata per giustificare e legittimare le conquiste coloniali, che raggiungono la loro massima espansione proprio all’inizio del XX secolo, facendo diventare comune l’idea di una naturale gerarchia delle razze e delle culture. in cui prevale «il più adatto» allo sviluppo storico, che è inevitabilmente il più forte, mentre coloro che soccombono appaiono i meno adatti all’evoluzione storica della civiltà. I caratteri esteriori degli sconfitti, dei colonizzati, diventano così il segno visibile della loro inferiorità, che si stabilisce essere naturale e quindi inevitabile. socialdarwinismo Secondo questa teoria esisterebbe quindi una gerarchia di comunità L’aspetto paradossale è che questa nuova e coerente idea di razze fissate in modo naturale e gerarchico prende piede nell’Ottocento, dopo che ha avuto luogo la battaglia vincente contro la tratta degli schiavi e contro la schiavitù, in nome di una uguale appartenenza all’umanità. Questa nuova formulazione di una teoria delle razze non nasceva, tuttavia, nel vuoto, ma si ricollegava a idee e pratiche di discriminazione che avevano caratterizzato – sia pure in forme diverse – l’intera storia umana. Si è molto discusso, in questi ultimi anni, proprio con l’emergere di una diffusa coscienza antirazzista e di conoscenze scientifiche che escludono categoricamente qualsiasi possibilità di costruire gerarchie tra i diversi gruppi umani sulla base del loro patrimonio genetico, della loro natura ed eredità storica, se l’idea moderna di razza fosse già presente nell’antichità o nel Medioevo. Una cosa sembra assodata: non erano il colore della pelle o altre sembianze fisiche a determinare il senso di superiorità e inferiorità di un popolo o gruppo nei confronti degli altri nell’antichità greco-romana. Questo non vuol dire che mancassero pratiche discriminatorie o gerarchie di appartenenza e cittadinanza: esistevano, ma non si basavano, come siamo stati abituati a pensare negli ultimi due secoli, sul colore della pelle e i tratti fisici dei gruppi umani. In Grecia la discriminazione di fondo era tra Greci e «barbari» e le differenze fisiche e di comportamento tra i popoli venivano spiegate sulla base dell’ambiente geografico e del clima. , comunque, , che poneva per esempio gli Ateniesi al di sopra non solo dei «barbari» ma anche di altri gruppi greci (Tebani, Macedoni), . Sarà Alessandro Magno, nella sua visione imperiale, a porre fine alla discriminazione tra Greci e non Greci e a proporre una distinzione tra persone di buona o cattiva qualità. Esisteva un’idea di gerarchia fondata però non su aspetti biologici ma culturali, sociali e politici , la cui Repubblica e il cui impero si erano costruiti grazie all’apporto di popoli, gruppi ed etnie sempre più numerose, unificati dall’appartenenza alla medesima cittadinanza, sempre più estesa secolo dopo secolo (la maggiore estensione sarà raggiunta con Caracalla nel 212 d.C. quando tutte le persone libere dentro i confini dell’impero ottengono la piena cittadinanza). Questo non vuol dire che non esistessero discriminazioni e pregiudizi: innanzitutto contro le donne escluse dalla sfera pubblica, e ovviamente contro gli schiavi, la cui presenza caratterizza profondamente l’intero mondo antico e moderno. La discriminazione di tipo etnico era sconosciuta anche nell’antica Roma E domani? La discriminazione, l’odio, la volontà di soggiogare o perfino di sterminare i propri nemici hanno accompagnato la storia umana. L’idea di una gerarchia delle razze (con la costruzione arbitraria dei caratteri delle razze individuate) costituì un momento di svolta, entrato in profondità nel modo di sentire della popolazione occidentale tra Otto e Novecento, tale da permettere le esperienze più tragiche di persecuzione razzista, che hanno segnato in profondità soprattutto il XX secolo. Un’idea a parole non difesa più da nessuno, ma ancora presente nei comportamenti di molti Stati contro gruppi e minoranze e continuamente rinascente nei momenti di crisi nell’opinione pubblica. . Un’idea – quella del razzismo, ma anche della razza – contro cui è necessario vigilare, combattendola con la conoscenza e la scienza