LEZIONE 10.1 – L’affermazione della monarchia Il ruolo del re Nella Roma arcaica, il ( ) comandava l’esercito, amministrava la giustizia ed era sia la suprema carica politica, sia la somma autorità religiosa. Come nelle città-Stato etrusche, il suo potere non era però ereditario: i re venivano , e la loro autorità era perciò fortemente condizionata da un’aristocrazia che, grazie alla ricchezza economica rappresentata dai patrimoni terrieri e dal bestiame, manteneva un ruolo di primo piano nella società romana. Al periodo monarchico (VIII-VI secolo a.C.) risalgono le prime testimonianze scritte della lingua latina. re rex eletti dai membri delle gentes Popoli e lingue p. 366 Patrizi e plebei Nelle sue funzioni pubbliche il re era assistito dal (dal latino , “anziano”), un’assemblea composta da capifamiglia ( ) aristocratici. Essi erano una minoranza della popolazione e costituivano la (cioè appunto dei delle varie aristocratiche). Il resto della popolazione, la (da , “moltitudine”, “popolo”), era invece formato da piccoli proprietari terrieri, lavoratori, artigiani, mercanti e stranieri. Tutti costoro erano liberi, ma esclusi dalle cariche politiche e privi del diritto di partecipare alle riunioni del senato. senato senex patres classe dei patrizi patres familiae plebe plebs Per cercare di sfuggire alle condizioni di estrema povertà in cui vivevano, molti plebei si mettevano al servizio dei patrizi in qualità di ( , termine che deriva dall’etrusco , “ragazzo”, “schiavo”). I clienti mantenevano la propria libertà personale, ma si sottomettevano ai loro padroni ( ) giurando fedeltà, lavorando gratuitamente per loro, combattendo nelle contese con altri patrizi e appoggiandoli nelle assemblee politiche (essi avevano, infatti, gli stessi diritti politici della loro classe di appartenenza – se plebei, poterono votare solo una volta ottenuto il diritto di voto). In cambio, i assicuravano ai clienti donazioni di denaro, la possibilità di coltivare parte delle loro terre e la protezione dalle angherie degli altri patrizi. clienti clientes clan patroni patroni In mancanza di leggi scritte, la risoluzione di liti e controversie era assegnata ai , sacerdoti custodi delle leggi e appartenenti alle famiglie patrizie: senza l’appoggio di un ricco patrono sarebbe stato impossibile, per un plebeo, ottenere giustizia. pontèfici Completamente privi di diritti politici erano invece gli , che in epoca monarchica erano presenti a Roma in numero limitato. Si trattava di plebei che non erano riusciti a pagare i debiti contratti con i patrizi e che avevano perciò perduto la libertà personale. Nei secoli seguenti, con l’estensione dei domini romani, il numero degli schiavi sarebbe aumentato sensibilmente grazie alla cattura dei prigionieri di guerra. schiavi   Video – Plebe e patriziato a Roma  pagina 365  L’esercito e i comizi curiati Il si fondava, oltre che sulla ricchezza economica, sul ruolo che svolgevano (la legione, da , “scegliere”, “arruolare”, termine indicante la leva degli uomini adatti alle armi), . I soldati erano inquadrati nella legione in base all’appartenenza alle tre e alle trenta in cui era suddivisa la popolazione patrizia. A sua volta, ogni curia era composta da dieci . Ogni tribù forniva cento cavalieri e un migliaio di fanti. In totale, dunque, in questo periodo i Romani potevano contare su circa 3000 fanti e 300 cavalieri. potere dei patrizi nell’esercito legere da cui erano esclusi i plebei ▶  tribù ▶  curie gentes Sull’ordinamento dell’esercito si basavano anche . Il termine “comizio” deriva dalle parole latine e , “andare insieme”, e indicava in origine il luogo, situato alle pendici del Campidoglio, adibito alle adunanze popolari. Essi . Essendo formate dai membri delle tribù, che raccoglievano solo la popolazione gentilizia, alle assemblee , mentre i plebei ne erano esclusi. le assemblee politiche, i ▶  comizi curiati cum ire avevano il compito di approvare le proposte di legge formulate dal re partecipavano soltanto i patrizi raggruppamento sociale autonomo formato da più famiglie. Tribù: la più antica ripartizione del popolo romano a fini politici e militari. Curia: adunanza ufficiale di cittadini volta a discutere e deliberare su questioni di interesse comune. Comizio: Un combattimento tra soldati romani e italici raffigurato in un rilievo risalente al II-I secolo a.C. L’organizzazione politica durante la monarchia Le riforme a favore dei plebei Nel VI secolo a.C., con lo sviluppo dell’artigianato e l’incremento dei commerci, molti plebei e molti mercanti provenienti dall’Etruria ebbero la possibilità di arricchirsi. Di conseguenza, essi pretesero il riconoscimento dei diritti politici e la tutela dei loro interessi economici. Queste rivendicazioni furono appoggiate dai re di origine etrusca. Sul modello delle della Magna Grecia, permise l’arruolamento di tutti coloro che fossero in grado di pagarsi un’armatura, indipendentemente dalle origini patrizie. Il numero dei soldati raddoppiò, arrivando a 6000 fanti e 600 cavalieri, divisi in 60 da 100 soldati e 10 cavalieri ciascuna. Chi non aveva un reddito sufficiente a comprare le armi o a mantenere un cavallo rimaneva escluso, ma la riforma rappresentò comunque una limitazione dei privilegi dei patrizi: introducendo per la prima volta il , i plebei più ricchi poterono entrare nelle file dell’esercito, prima riservate ai soli patrizi. póleis Servio Tullio ▶  centurie criterio del censo (la ricchezza personale) per l’arruolamento In questo periodo, inoltre, Roma conquistò i territori della città di Alba Longa e , compresi gli artigiani e i mercanti stranieri immigrati a Roma, cui Servio Tullio estese la . le nuove terre furono distribuite tra tutta la popolazione cittadinanza romana Le antiche suddivisioni amministrative basate sulle tribù gentilizie non avevano ormai più fondamento. La città fu dunque divisa in (4 urbane e 16 rustiche, comprendenti le campagne intorno a Roma). All’interno delle curie, e quindi dei comizi curiati, potevano ora entrare anche individui non appartenenti alle famiglie patrizie o alle loro clientele politiche. Inoltre, a re Servio Tullio si deve probabilmente la definizione di , ossia il comando in guerra esercitato dal re. nuove tribù territoriali imperium nel mondo romano, indicava un gruppo di cento uomini. Centuria: Il tempio di Vesta sul Palatino.  pagina 366  POPOLI E LINGUE  Il protolatino Il , reperto rinvenuto nel XIX secolo nel complesso archeologico del Foro romano, è una delle più antiche testimonianze (risalente al VI secolo a.C.) dell’uso della scrittura nel mondo latino. Il cippo espone una norma destinata a salvaguardare la sacralità di un luogo, probabilmente quello della tomba di Romolo. Le lettere sono composte da linee dai caratteri molto rigidi, come a voler incutere timore nel lettore. L’intera iscrizione è realizzata in , cioè con una direzione alternata per riga: essa procede in un senso (da sinistra a destra) fino alla fine della riga per poi proseguire nel senso opposto (da destra a sinistra) nella riga successiva, con un andamento che richiama i solchi tracciati dall’aratro in un campo. cippo del Foro scrittura bustrofedica Un altro reperto che racconta molto sullo stadio arcaico del latino è la , un cosiddetto “oggetto parlante”. Si tratta di una spilla d’oro risalente alla metà del VII secolo a.C. e ritrovata a fine Ottocento a Palestrina, l’antica Praeneste. Su di essa è incisa un’iscrizione, in latino arcaico, con , come nell’arabo. fibula prenestina andamento da destra a sinistra Reperti come il cippo del Foro e la fibula prenestina sono di fondamentale importanza per i linguisti, perché sono , molto antecedente a quello del latino classico, utilizzato nelle principali opere letterarie. attestazioni di uno stadio antichissimo nell’evoluzione della lingua latina Il cippo del Foro Romano.  pagina 367  STUDIO ATTIVO IN SINTESI Le riforme di Servio Tullio GUIDA ALLO STUDIO Quali erano i poteri e le funzioni del re di Roma? Come era composta la società di Roma? Chi erano i clienti? A quali condizioni dovevano sottostare? Quale importanza aveva l’esercito nella Roma arcaica? Quale riforma fu concessa da Servio Tullio?