LEZIONE 15.3 Divinizzazione: attribuzione a un uomo di caratteristiche proprie degli dèi, molto diffusa nei regni orientali. A Roma, inizialmente, essa riguardava gli imperatori solo dopo la loro morte; in un secondo momento, invece, alcuni imperatori pretesero di applicare questa usanza mentre erano ancora in vita. La scelta del successore Cammeo del I secolo raffigurante l apoteosi di Tiberio e Germanico che rende omaggio all imperatore. L impero di Tiberio Avocare: verbo che significa assumersi un compito prima riservato ad altri . Nel caso specifico si fa riferimento alla politica di accentramento del potere esercitata da Augusto, che aveva gradualmente concentrato su di sé le diverse cariche repubblicane. LA DINASTIA GIULIO-CLAUDIA Augusto morì nel 14 d.C., lasciando ai suoi successori uno Stato pacificato e in buone condizioni economiche. Con la trasmissione del potere per via ereditaria, il principato divenne a tutti gli effetti un impero, guidato da un uomo solo al comando. Alcuni degli imperatori che si succedettero al trono accentuarono il carattere monarchico del loro potere, promuovendo addirittura la divinizzazione della propria figura. In diversi casi vennero attuate feroci persecuzioni contro chiunque fosse sospettato di tramare contro l imperatore. Nonostante Roma dovesse ancora raggiungere l apogeo della sua potenza, comunque, i segni della crisi economica e civile che avrebbe compromesso gli equilibri di potere nei secoli successivi erano già presenti in embrione. Gli eserciti sarebbero presto tornati a ricoprire un ruolo fondamentale nelle vicende politiche dell impero, riportando Roma, nel corso del I secolo d.C., sull orlo di gravi guerre civili. Il metodo della successione dinastica fu impiegato per la prima volta proprio da Augusto. Privo di eredi diretti, nel 4 d.C. egli adottò Tiberio Claudio, figlio di prime nozze della sua terza moglie, Livia, e nel corso degli anni successivi lo investì di tutti i poteri. Alla morte del principe, Tiberio (14-37 d.C.) succedette quindi ad Augusto, divenendo il primo imperatore della dinastia giulio-claudia, così chiamata dal nome della sua gens (Claudia) e di quella del suo padre adottivo (Iulia). La successione era stata organizzata da Augusto in palese contrasto con la prassi repubblicana, che non prevedeva la trasmissione ereditaria delle cariche. Nominando per tempo Tiberio come suo successore, tuttavia, Augusto riuscì a legittimare la sua figura al cospetto del senato, dei comizi e della popolazione, e gli permise di acquisire l autorevolezza e l esperienza di governo necessarie per succedergli al momento opportuno, senza lasciare vuoti di potere. Tiberio fu designato erede di tutti i beni del principe, potendo così disporre delle enormi ricchezze del fisco imperiale. Queste risorse gli conferirono un potere economico unico, grazie al quale poté finanziare l esercito, organizzare elargizioni pubbliche per mantenere il consenso popolare e sovvenzionare le grandi famiglie aristocratiche che ancora avevano un peso nel senato (riuscendo così a influenzare anche parte dell istituzione più importante dello Stato romano). In queste condizioni, era di fatto impraticabile qualsiasi alternativa al suo potere. Tiberio si preoccupò di mantenere efficiente l amministrazione dell impero, controllando direttamente i funzionari e cercando di instaurare buoni rapporti con il senato. Il nuovo imperatore tentò anzi di riaffermare l autorità del senato, restituendo all assemblea molti poteri effettivi che Augusto aveva avocato a sé e conferendone di nuovi, tra cui la facoltà di nominare i magistrati. I senatori, tuttavia, guardarono con diffidenza a questo atteggiamento, temendo che Tiberio mirasse in realtà a far emergere gli eventuali oppositori alla sua figura per poi allontanarli. Si diffuse così un clima di marcato servilismo, che si manifestava nell adeguamento incondizionato dei senatori alle posizioni dell imperatore. Paradossalmente, questa situazione condusse a un ulteriore accentramento del potere nelle mani di Tiberio. Attraverso il controllo della burocrazia statale e delle province, dove si verificavano ampi fenomeni di corruzione, egli impose una politica di rigore nella gestione delle 33