LA SECONDA GUERRA PUNICA
Persa la supremazia marittima, Cartagine decise di ampliare i suoi domini nella penisola iberica, il cui entroterra era ricco di miniere d’argento.
Con queste nuove ricchezze,
Cartagine intendeva recuperare la sua posizione e contrastare il dominio romano.
Venne arruolato a tal fine un grande esercito di mercenari, perché i Cartaginesi questa volta puntavano a uno scontro sulla terraferma.
L’esercito cartaginese guidato da Amilcare Barca proseguì l’espansione nella penisola iberica. Allo stesso tempo però Roma aveva stipulato delle
alleanze con alcune città della penisola iberica, tra cui Sagunto.
Quando il nuovo comandante cartaginese Annibale (figlio di Amilcare Barca) attaccò ed espugnò Sagunto, la città chiese aiuto ai Romani, che a loro
volta dichiararono guerra ai Cartaginesi.
Nel 218 a.C. cominciò la seconda guerra punica.
Annibale era convinto che solo la distruzione di Roma avrebbe ridato a Cartagine il dominio sul mar Mediterraneo. Quindi non attese l’esercito romano in
Spagna ma
avanzò rapidamente fino alle Alpi, le oltrepassò e occupò la Pianura Padana dove, all’esercito cartaginese, si aggiunsero mercenari delle tribù galliche, da sempre insofferenti al dominio romano.
L’arrivo dei Cartaginesi colse di sorpresa i Romani, che nel frattempo avevano mandato una buona parte delle legioni in Spagna.
I Cartaginesi si scontrarono più volte con i Romani e vinsero.
Dopo una vittoria sul lago Trasimeno, nel 217 a.C., Annibale però decise di non attaccare direttamente Roma, la aggirò e proseguì verso l’Italia meridionale.
Il senato romano nominò dittatore Quinto Fabio Massimo.
Questi scelse di non affrontare più i Cartaginesi in modo diretto ma di attuare una strategia di logoramento, con piccoli scontri militari, aspettando che l’esercito di Annibale si indebolisse per la difficoltà di ricevere aiuti da Cartagine.
Questa strategia (che valse a Fabio Massimo l’appellativo di “Temporeggiatore”) però fu accolta male dai grandi proprietari terrieri che vedevano le
loro terre distrutte dall’esercito cartaginese.
Alla fine del suo mandato Fabio Massimo non venne riconfermato e il senato scelse di cambiare strategia e affrontare il nemico per mettere fine
all’occupazione cartaginese nella penisola.
I nuovi consoli quindi marciarono con l’esercito e si scontrarono con i Cartaginesi a
Canne, in Puglia, dove però i Romani subirono una durissima sconfitta.
Ancora una volta però Annibale evitò di attaccare direttamente Roma e in questo modo
si ritrovò in una posizione difficile:
-
i rinforzi dalla madrepatria non arrivavano
perché erano bloccati dai Romani che controllavano le rotte marittime;
-
non si realizzò la sollevazione dei popoli dell’Italia centrale, su cui aveva contato Annibale per mettere in ulteriore difficoltà Roma.
Questi popoli infatti, a differenza dei Galli, che si erano uniti all’esercito cartaginese, avevano con Roma trattati di alleanza, diritti e
interessi comuni.
Alla fine il senato decise di adottare la strategia suggerita da Publio Cornelio Scipione
che voleva portare la guerra direttamente in Africa.
Annibale cercò a quel punto di ritornare in patria ma venne sconfitto a Zama
e con questa sconfitta, nel 202 a.C., finì la seconda guerra punica.