UNITÀ 4 – L’ITALIA PREISTORICA E ROMA

4.4 LE GUERRE CIVILI

LO SCONTRO TRA MARIO E SILLA

Dopo il fallimento delle riforme dei Gracchi e la dura repressione che aveva decimato i loro seguaci, gli ottimati ripresero la guida di Roma.

I popolari però trovarono in Gaio Mario una nuova guida che presto arrivò a dominare la scena politica grazie ai suoi brillanti successi militari.

GAIO MARIO

Gaio Mario non apparteneva all’aristocrazia romana, era un homo novus. Il suo successo politico fu una conseguenza dei suoi successi militari.

Nel 109 a.C. combatté contro Giugurta, re della Numidia, al comando di Cecilio Metello; nel 107 a.C. fu eletto al consolato.

Gli venne poi affidata la guida della guerra in Numidia dove sconfisse definitivamente Giugurta nel 105 a.C.

Tra il 102 e il 101 a.C. Mario sconfisse i Teutoni e i Cimbri, popolazioni germaniche che erano entrate in territorio romano.

la riforma dell’esercito di mario e le sue conseguenze

I successi militari di Mario furono dovuti in gran parte alla sua riforma dell’esercito, che prevedeva:

  • l’arruolamento volontario aperto anche ai proletari e agli italici;
  • l’equipaggiamento dei soldati a spese dello Stato;
  • il pagamento di uno stipendio ai soldati;
  • l’assegnazione ai veterani di una parte delle terre conquistate.

Questa riforma era gradita ai nullatenenti che trovavano lavoro nell’esercito e anche ai ricchi possidenti che potevano più facilmente evitare la leva militare.

La riforma rafforzava l’esercito, ma ne cambiava profondamente la fisionomia. Fino ad allora l’esercito romano era fatto di cittadini obbligati ad arruolarsi e inquadrati nell’esercito sulla base del loro censo. 

Ora invece il servizio militare non era più un dovere civile dei cittadini

Si formò un esercito di professionisti, in sostanza di mercenari, più legati ai loro comandanti che alla repubblica

Questo legame tra i soldati e i loro comandanti diede a questi ultimi un grande potere personale che spesso venne usato per imporre con la forza le proprie decisioni alle istituzioni romane. 

Questa nuova fisionomia dell’esercito portò all’affermarsi di una politica di continuo espansionismo militare in grado di garantire rapidi arricchimenti.

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la guerra sociale e la cittadinanza agli italici

Nel 91 a.C. il tribuno della plebe Marco Livio Druso propose l’ingresso degli equites nel senato e riprese il programma di riforme di Gaio Gracco: la riforma agraria, il grano a prezzo calmierato per i proletari e l’estensione della cittadinanza a tutti gli Italici. Ancora una volta quest’ultima proposta permise al senato di scatenare la popolazione di Roma contro Druso e il tribuno venne assassinato.

Questa volta però gli Italici, che avevano sperato nella cittadinanza, scatenarono una guerra, chiamata guerra sociale, perché essi erano socii, cioè alleati, di Roma. Molte città dell’Italia centro-meridionale si unirono nella lega italica e crearono uno Stato indipendente. La guerra si trascinò per due anni e solo nell’89 a.C. venne vinta da Roma grazie ai comandanti Lucio Cornelio Silla e Gneo Pompeo Strabone.

Nell’88 a.C. fu firmata la pace: Roma riprendeva il controllo del territorio ma i socii ottenevano la cittadinanza. Furono però iscritti in 8 delle 35 tribù che formavano i comizi tributi in modo che nonostante il loro gran numero la loro influenza fosse limitata. Nei comizi tributi infatti si votava per tribù e non per testa.

L’Ascesa di Silla

Alla fine della guerra sociale, Silla guidava il partito degli ottimati, mentre Mario guidava quello dei popolari.

Nell’88 a.C. Silla venne scelto per guidare l’esercito contro Mitridate, re del Ponto, che stava sostenendo la rivolta della provincia dell’Asia Minore.

Gli ottimati avevano scelto Silla per evitare che nuovi successi militari potessero rafforzare troppo Mario. Ma mentre Silla e le legioni stavano per imbarcarsi e partire verso il Ponto, Mario impose con la forza al senato di affidare a lui il comando della spedizione.

Silla allora guidò l’esercito contro Roma, costrinse alla fuga l’avversario e uccise i suoi seguaci. Dopodiché partì per il Ponto.

In assenza di Silla, nell’87 a.C. Mario tornò a Roma, prese di nuovo il potere e scatenò una dura persecuzione contro i sostenitori di Silla. Mario però morì e a capo dei popolari subentrò il figlio Mario il Giovane.

LA GUERRA CIVILE DELL’82 A.C.

Ristabilito il controllo sull’Asia Minore e dopo aver stipulato la pace con Mitridate, nell’83 a.C. Silla tornò in Italia pronto ad affrontare i suoi avversari politici con la forza delle armi delle sue legioni. Iniziò così la guerra civile (82 a.C.) che coinvolse non solo la penisola, ma anche la Sicilia e l’Africa.

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la dittatura di silla

La Guerra civile finì con la vittoria di Silla che, nell’82 a.C., si fece proclamare dittatore a tempo indeterminato, in contrasto con le regole che stabilivano per questa magistratura straordinaria il limite temporale di sei mesi.

Silla eliminò fisicamente migliaia di avversari politici e fece le liste di proscrizione.

Il suo obiettivo però non era instaurare una monarchia, ma rafforzare il ruolo del senato e ridare così stabilità alla repubblica

A questo scopo:

  • fece approvare leggi che rallentavano l’ascesa degli homines novi, costringendoli a ricoprire tutte le cariche prima di poter accedere al senato;
  • stabilì che i consoli non potevano essere eletti per più di un anno;
  • abolì il diritto di veto dei tribuni e sottopose le loro proposte di legge all’approvazione preventiva del senato;
  • i tribunali per i reati di corruzione nelle province, istituiti da Caio Gracco, tornarono a essere composti solo di senatori;
  • infine Silla, consapevole del fatto che aveva conquistato il potere marciando armato su Roma e preoccupato che il suo esempio potesse mettere in pericolo la repubblica, spostò il pomerio (cioè il limite che non doveva essere attraversato in armi) sul fiume Rubicone in Emilia.

Fatte queste riforme, nel 79 a.C. Silla lasciò ogni carica e si ritirò a vita privata. Morì l’anno seguente.

L’affermazione di pompeo e la vittoria su mitridate

Il tentativo di Silla di ridare stabilità alla repubblica romana fallì

Gli scontri tra le opposte fazioni ricominciarono e ormai l’esercito divenne l’arma fondamentale della lotta politica.

LE RIVOLTE SERVILI

Con le grandi campagne militari di Roma era cresciuto enormemente il numero degli schiavi, impiegati nei latifondi e nelle miniere in condizioni di vita terribili. Gli schiavi erano anche addestrati e costretti a combattere come gladiatori nelle arene, in spettacoli crudeli che piacevano molto alla plebe.

Nel 73 a.C. un gladiatore originario della Tracia, Spartaco, diede il via alla rivolta degli schiavi, una delle più gravi rivolte servili. Questa rivolta coinvolse 150mila schiavi, riuniti in bande che compivano azioni di guerriglia e si muovevano continuamente sul territorio per sfuggire alle legioni romane.

Lo scopo degli schiavi non era conquistare il potere ma solo riavere la propria libertà. Però la loro mancanza di organizzazione e di un piano comune li portò alla sconfitta nel 71 a.C. a opera di Marco Licinio Crasso.

Gli storici antichi hanno raccontato le imprese di Spartaco ed esaltato il suo coraggio, contribuendo a costruire il mito dello schiavo ribelle che lotta contro le ingiustizie. Il loro obiettivo probabilmente era soprattutto quello di nascondere la debolezza di Roma e delle sue legioni, per lungo tempo messe in difficoltà da un gruppo di schiavi.

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L’ASCESA DI POMPEO MAGNO

Nella repressione delle rivolte servili, oltre a Crasso si distinse Pompeo Magno. Negli stessi anni Pompeo aveva ottenuto grandi successi in Oriente, dove aveva vinto un’altra guerra con Mitridate, e in Spagna, dove nel 72 a.C. riuscì a sconfiggere gli ultimi seguaci di Mario che avevano dato vita a uno Stato indipendente.

Nel 70 a.C. Pompeo Magno e Licinio Crasso furono eletti consoli con l’appoggio dei Popolari e degli equites.

I due consoli attuarono quindi riforme gradite a chi li aveva sostenuti:

  • venne ridato il potere di veto ai tribuni;
  • vennero ridati agli equites i tribunali speciali contro la corruzione nelle province.

Negli anni seguenti crebbe molto il potere di Pompeo, che si fece nominare dal senato comandante supremo per le operazioni militari nel Mediterraneo orientale.

Pompeo sconfisse i pirati della Cilicia che da tempo danneggiavano i commerci romani in Asia Minore. Poi nel 63 a.C. sconfisse definitivamente Mitridate, e allargò l’influenza di Roma alla Siria e alla Palestina.

Con i poteri speciali che aveva ottenuto dal senato, Pompeo diede un nuovo assetto politico all’Oriente, creando nuove province e affidando a persone di sua fiducia il governo dei regni confinanti con i territori di Roma. Facendo questo Pompeo si sostituì al senato, cui sarebbero spettate queste scelte e dimostrò quindi la debolezza delle istituzioni repubblicane.

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il primo triumvirato

Pompeo aveva dimostrato che ormai il potere di fatto era nelle mani dei comandanti dell’esercito.

In questo periodo tra i popolari emerse la figura di Caio Giulio Cesare, discendente di un’antica famiglia patrizia, che fece una rapida carriera politica grazie all’appoggio degli equites.

la congiura di catilina

Un esempio della debolezza della repubblica fu la congiura di Catilina. Catilina era un nobile romano che, dopo aver tentato inutilmente di farsi eleggere console, nel 63 a.C. organizzò un esercito privato per impadronirsi del potere con un colpo di Stato.

La congiura fu sventata da Marco Tullio Cicerone ma era ormai evidente che il senato non aveva più autorità e la repubblica era in balìa di uomini politici spregiudicati.

L’ACCORDO TRA I TRIUMVIRI

Nel 62 a.C. Pompeo tornò dall’Oriente e avrebbe potuto imporsi a Roma con la forza delle sue legioni, invece decise di sciogliere le truppe. Chiese però al senato che venissero assegnati terreni ai suoi veterani. Il senato rifiutò di soddisfare questa richiesta.

Pompeo allora si accordò nel 60 a.C. con Cesare e Crasso, i tre si appropriarono del potere creando il triumvirato.

Il triumvirato non era una magistratura. Infatti i triumviri:

  • non erano stati eletti dai comizi, ma si erano imposti sulla base di un accordo privato sorretto dalla loro forza militare;
  • il loro mandato non aveva limiti temporali e ogni loro atto era libero dal controllo del senato.

Restava la collegialità, ma questa era ben diversa da quella delle magistrature repubblicane.

Di fatto con il primo triumvirato finì la repubblica.

Secondo gli accordi tra i triumviri:

  • Pompeo ottenne le terre per i suoi veterani e il comando della Spagna e della provincia d’Africa (55 a.C.);
  • a Crasso fu affidata la Siria, e ai suoi sostenitori furono affidati gli appalti per la riscossione dei tributi in Asia Minore;
  • Cesare fu eletto console nel 59 a.C., ottenne il comando dell’Illiria e della Gallia e l’esilio di Cicerone, che era il più autorevole avversario del triumvirato.

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LE CONQUISTE DI CESARE IN GALLIA

Tra il 58 e il 52 a.C. Cesare portò a termine la conquista della Gallia Transalpina combattendo con diverse tribù celtiche e sedando ribellioni. 

Poi si spinse fino in Britannia.

Il senato, preoccupato che i successi di Cesare gli facessero acquistare troppo potere, appoggiò la nomina di Pompeo come console unico, visto che nel frattempo Crasso era morto.

LA GUERRA CIVILE TRA CESARE E POMPEO

Nel 49 a.C. Cesare aveva finito di organizzare la nuova provincia e stava per rientrare in Italia. Il senato allora gli ordinò di sciogliere l’esercito, minacciando in caso di rifiuto di dichiararlo nemico pubblico di Roma.

Cesare invece varcò il Rubicone, ossia il limite sacro, il pomerio voluto da Silla, che segnava il confine tra l’Italia e la provincia della Gallia cisalpina.

Il gesto di Cesare era gravissimo, violava un’antichissima norma che vietava l’ingresso armato oltre il pomerio e sancì di fatto l’inizio di una nuova guerra civile, che questa volta contrappose Cesare a Pompeo.

L’avanzata di Cesare costrinse Pompeo alla fuga. Cesare prima consolidò il suo potere a Roma, poi sconfisse i seguaci di Pompeo in Spagna e infine inseguì il nemico in Grecia, dove si era rifugiato. Cesare sconfisse le truppe di Pompeo in Tessaglia (48 a.C.).

Pompeo allora si rifugiò presso Tolomeo XIII, sovrano del regno ellenistico d’Egitto. Tolomeo XIII però lo uccise pensando di fare cosa gradita a Cesare.

Al suo arrivo in Egitto Cesare destituì Tolomeo XIII, che aveva osato uccidere un cittadino romano, e mise sul trono d’Egitto la sorella di Tolomeo XIII, Cleopatra, di cui Cesare si era innamorato. Così anche l’Egitto entrò a far parte della sfera d’influenza di Roma.

Dall’Egitto Cesare guidò le sue legioni contro Farnace, re del Ponto e figlio di Mitridate. Farnace infatti aveva approfittato della guerra civile romana per estendere i suoi domini sulle coste del mar Nero. Il re del Ponto fu sconfitto e gli ultimi seguaci di Pompeo furono sterminati in Spagna e in Africa.

Cesare a questo punto era rimasto solo sulla scena.